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lunedì 15 marzo 2021

Sambal Oelek


Dovevo preparare una ricetta per la rubrica quotidiana Keep Calm and What's for Dinner?, e uno degli ingredienti della ricetta assegnatami era il Sambal oelek, una salsa usata nella cucina indonesiana e malese, piccante, speziata e agrodolce; si può trovare nel reparto etnico dei supermercati. Io però non l'ho trovata, e piuttosto che fare l'ennesimo acquisto su Amazon ho preferito cercare la ricetta su internet e farmela in casa. 

In realtà esistono diversi tipi di Sambal in Indonesia e Malesia, ognuno caratterizzato da maggiore o minore speziatura, qualcuno usa perfino i peperoncini fritti; il Sambal Oelek (o Ulek) è la versione base. Il suo nome deriva dal pestello (ulek) usato nei Paesi in cui è nata, dove la lavorano al mortaio un po' come si fa da noi col pesto. La grafia oelek è quella olandese, che ho adottato perché mi è sembrata quella più comunemente usata.

La sua funzione è quella di aggiungere una nota piccante ai piatti, e secondo la ricetta che si segue per prepararla dona maggiore o minore complessità aromatica. E' molto versatile e può essere usata sia per i secondi piatti saltati in padella (siano essi di carne o di pesce), sia per dare una spinta in più alla carne grigliata, etc. Sperimentatene l'uso in diversi piatti: ve ne innamorerete.

Come faccio spesso quando non conosco una ricetta, ne confronto diverse e poi creo la mia versione, prendendo elementi dall'una e dall'altra. Certo, se l'avessi acquistata on line avrei risparmiato tempo e forse denaro, ma volete mettere la soddisfazione?

venerdì 29 gennaio 2021

Oatcakes (Crackers di avena)

 

In primo piano, oatcakes alla paprika; seguono quelli allo za'atar e in fondo quelli semplici

Ho scoperto gli Oatcakes o cracker di avena di recente, e per puro caso: li menzionava un libro che stavo leggendo, e incuriosita mi sono messa a cercare per il Web. Dopo aver messo a confronto diverse ricette, mi sono lasciata convincere da questo blog, di una signora Scozzese emigrata in Australia, estremamente esauriente e ricco di informazioni. Dal suo post ho scoperto finalmente la differenza tra steel-cut oats e rolled oats, ingredienti che ho visto spesso in qualcuno dei miei libri di cucina e che nelle versioni italiane venivano sempre tradotti con fiocchi d'avena (in realtà gli steel-cut oats sono i chicchi d'avena integrali macinati grossolanamente, mentre solo i rolled oats, chicchi chicchi d'avena cotti al vapore, quindi schiacciati per ridurli in fiocchi e fatti essiccare, possono fregiarsi del nome "fiocchi d'avena").

Ho scoperto anche una ricetta facile e veloce per preparare dei cracker croccanti e buonissimi.

L'Autrice, Amy, comincia col dirci che nella ricetta originale scozzese si usa la Scottish Oatmeal, una farina d'avena molto grossolana macinata a pietra, che regala agli oatcakes una consistenza tutta particolare. Vivendo in Australia non riesce a reperire tale farina, quindi si è ingegnata a sperimentare e ha ottenuto i risultati migliori con una miscela 50-50 di steel-cut oats e rolled oats, macinati nel frullatore di casa. In particolare, gli steel-cut oats sono stati macinati più grossolanamente, mentre dai fiocchi d'avena ha ottenuto una farina sottile. 
Scottish Oatmeal, immagine da qui

La prima volta che li ho fatti avevo in dispensa un pacchetto di chicchi d'avena di Nuovaterra e sono riuscita a ottenere uno sfarinato simile a quello fotografato da Amy. In seguito non li ho più trovati nel negozio in cui vado di solito (e data la pandemia in corso, non mi sembrava il caso di girare per i supermercati) e ho usato i soli fiocchi d'avena. La consistenza dei cracker è effettivamente cambiata, il loro sapore rustico però mi ha conquistata e da allora (stiamo parlando di settembre) li preparo spesso, raddoppiando le dosi. 

lunedì 21 dicembre 2020

Bière Brûléé

 


Era circa metà ottobre quando mi è stato chiesto, per un progetto di lavoro, di ideare un menù di Natale che prevedesse l'abbinamento cibo-birra, e come potrete immaginare mi ci sono buttata a capofitto. Circa un mese dopo sono cominciati i lavori su MagAboutFood per A Hug in a Mug, dove ho visto una preparazione simile... a dimostrazione del fatto che davvero non inventiamo nulla, e che quella che credevo un'idea originale era in realtà già stata pensata da altri, in altri Paesi, eoni prima che ci pensassi io. 😂

Per l'aperitivo con gli amici, anche solo virtuale, avevo immaginato il corrispettivo del vin brûlé, fatto però con la birra: una Bière Brûléé, per l'appunto. Tra le tante birre presenti nel portafoglio prodotti ne ho scelte tre e dopo vari assaggi ne ho selezionata una, Birra Moretti Grand Cru, su cui mi sono messa a studiare il giusto mix di spezie. Si tratta di una Ale italiana dal bouquet ampio e articolato, con note fruttate che ricordano l’albicocca e gli agrumi canditi; in chiusura sono chiaramente percepibili una leggera nota speziata e note calde di miele, ed è stata proprio questa nota finale convincermi a studiare un mix di spezie che la valorizzasse, nella versione brûléé. 

Se volete provare a replicare la ricetta, vi raccomando di usare la stessa birra: tenete conto che non tutti gli Stili birrari sono adatti ad essere trasformati in Bière Brûléé, e che occorre fare diverse prove e assaggi per trovare un mix adatto a ciascuna birra. 

Io l'ho accompagnata con una ciotola di frutta secca mista, che ho tostato brevemente in padella insieme a un pizzicone di sale, peperoncino in polvere e paprika dolce.

Con questa ricetta voglio augurare a tutti voi un sereno Natale, speriamo in compagnia di almeno qualcuno dei vostri cari se non tutti, e un 2021 ricco di pace e di soddisfazioni (e povero di Covid). 

venerdì 18 dicembre 2020

Kipferl alla vaniglia


Essere a dieta non comporta necessariamente l'astensione dal preparare i dolci (e possibilmente dal bere alcolici): è meglio evitare di mangiarli e berli, ma nulla ci impedisce di prepararli per poi regalarli. Del resto è quello che faccio praticamente ogni anno: sforno chili e chili di biscotti, di cui tengo per me solo la minima parte. E se quest'anno non avrò neanche quella minima parte, non importa: ci saranno altri Natali e tornerò a mangiare dolci, ma nel frattempo mi toglierò la soddisfazione di farli. 

Come questi Kipferl, che avevo adocchiato da anni e che la cara Mariella ha riproposto su MagAboutFood per A Hug in a Mug, il Calendario dell'Avvento che gira per il mondo alla scoperta dei diversi modi per celebrare il Natale delle varie culture. 

Un biscottino l'ho assaggiato, giusto per vedere se erano degni di essere regalati, 😁e ovviamente ha superato la prova: del resto la ricetta è della compianta e mai dimenticata Alda Muratore, i cui biscotti di panspeziato  sono diventati talmente un classico a casa mia, che se dovessi dimenticarmi di farli la mia famiglia (nipoti in testa) insorgerebbe.

Ma torniamo ai Kipferl: molto buoni, delicati, si sciolgono in bocca: una coccola irrinunciabile, specialmente in questo 2020 che di coccole è stato particolarmente avaro.

lunedì 14 dicembre 2020

Biscotti tre gusti: vaniglia, fragola e cioccolato (Neapolitan Cookies)

Du gust is megl che uàn, diceva una vecchia pubblicità, e seguendo tale logica tri gust is megl che du. 😄 Questo almeno è quello che mi dicevo, mentre addentavo uno di questi biscotti, assaggiando prima i gusti singolarmente e poi l'insieme. E che siano davvero buoni, è un dato di fatto.

Come ogni anno in questo periodo, sono stata presa dalla frenesia di infornare teglie di biscotti una dietro l'altra, complice anche l'ultimo Cookie Swap del Club del 27, ma oltre ai classici biscotti speziati ho volutamente cercato qualcosa di più particolare. Se infatti in Europa biscotti di Natale è sinonimo di lebkuchen, pandizenzero e così via, da altre parti del Mondo non è necessariamente così, come testimonia in questi giorni la carrellata di bevande calde e dolcetti di accompagnamento di A Hug in a Mug, courtesy of MagAboutFood. 

Oltreoceano per esempio, impazzano biscotti al cioccolato e menta, un binomio sdoganato da noi alla grande con gli After Eight, ma che ancora non ha trovato seguito in altre preparazioni. Confesso di essere stata tentata di provarne una versione, quando girovagando per il web mi sono trovata davanti questi biscotti tricolori, ideati dal Pastry Chef Mathew Rice,  in occasione di un evento a Saint Louis nel quale si raccoglievano fondi per i bisognosi. Neapolitan Cookies li ha chiamati il suo ideatore, in omaggio ai tre gusti più amati di gelato italiano: vaniglia, fragola e cioccolato.

Ho dovuto fare qualche piccolo aggiustamento, anche perché per la parte al gusto fragola da noi non si trovano né il Nesquik alla fragola, né le fragole essiccate sotto zero (un procedimento che fa evaporare l'acqua per sublimazione, lasciando intatto il gusto del frutto e rendendolo estremamente friabile). Mi sono comunque ingegnata con delle fragole candite, e il risultato è stato veramente buono.

Se volete provarci anche voi, questi biscotti sono davvero particolari e saranno graditissimi da grandi e piccini.

venerdì 27 novembre 2020

Biscotti alla melassa e 5 spezie cinesi per il Club del 27

 


Mai come quest'anno si avverte il desiderio di festeggiare il Natale, di cercare una luce di speranza per l'umanità, colpita dalla tragedia della pandemia di Covid-19. E mai come quest'anno è stata benvenuta la proposta di Ilaria, responsabile del Club del 27, di fare uno swap natalizio tra i membri del gruppo con i biscotti di Natale. L'elenco di tutte le ricette preparate dagli amici del gruppo, lo trovate qui e vi consiglio di andarle a spulciare tutte, perché sono una più golosa dell'altra.

Naturalmente a causa del lockdown e dei diversi status delle regioni, non tutti abbiamo la possibilità di spedire i nostri pacchetti; ecco che allora lo swap è stato differenziato, tra virtuale e reale. Il mio swap purtroppo è solo virtuale, dal momento che la Lombardia è zona rossa e le code in posta sono infinite, ma mentre sfornavo i biscotti ne ero così dispiaciuta, che ho quasi desiderato poterli spedire, tanto più che voglio un gran bene alla destinataria virtuale dei miei biscotti: Leila de Il profumo dell'acqua.

Pediatra brava e coscienziosa, cuoca eccellente e maestra nel fare i dolci, di Leila colpiscono la semplicità,  la generosità, la pazienza, la signorilità e l'autoironia. Ma soprattutto, quello che mi piace di Leila è il suo cuore grande, la sua vicinanza discreta e generosa a chi ha bisogno, la sua disponibilità. 

La poveretta ha avuto a che fare con me e il mio caratteraccio😅 quando tenevo la rubrica Avanzi Tutta! su MagAboutFood e ancora non so come abbia fatto a non mandarmi a quel paese ai tempi, e fosse solo per scusarmi, avrei tanto voluto spedirle il pacchetto.

I biscotti a lei dedicati sicuramente le piacerebbero: sono i classici crinkle biscuits in versione natalizia. Profumano di spezie, di Natale e di festa. Profumano di casa, di affetti familiari e di abbracci. 

Ed è un grosso abbraccio che mando alla cara Leila e a tutti i membri del Club del 27.

lunedì 23 novembre 2020

Dip di melanzana e ricotta al sumac

 


Sì, lo so: le melanzane non sono di stagione. Se siete dei talebani della stagionalità, passate pure oltre e tornate l'estate prossima.

Adoro i dip in tutte le forme, e se il mio preferito in assoluto è l'hummus, non disdegno certo gli altri. Questo per esempio, una sorta di baba ganoush "diluito" con ricotta e yogurt greco e insaporito con il sumac: uno spuntino proteico perfetto per spezzare la fame a metà mattina, o un goloso antipasto in una riunione informale tra amici. In estate, beninteso: non fate come me, che compro le melanzane in novembre! 😅


lunedì 16 novembre 2020

Cannelloni di porri alla zucca, spinaci e ricotta

 

In cucina come in altri ambiti, ci sono idee che colpiscono, di cui si dice "geniale!" e che si accantonano in attesa che i tempi siano maturi per attuarle. E' quello che mi è successo sfogliando un libro dei magnifici Dave Myers e Si King, alias The Hairy Bikers, i due simpaticissimi Chef in Harley Davidson. Ho tre dei loro libri, uno più bello e goloso dell'altro, e parte del novero è The Hairy Dieters, pieno di ricette compatibili con la perdita di peso, ma dove il gusto è un must. Una di queste ricette, le lasagne magre di manzo, sostituisce la pasta all'uovo delle lasagne con le guaine di porro, tagliate a misura e sbollentate. Un'idea geniale per l'appunto, che consente di soddisfare la voglia di lasagne senza sensi di colpa. L'ho letta anni fa, ma non l'avevo mai messa in pratica... fino ad oggi.

L'altra fonte di ispirazione per questa ricetta è stato l'ultimo Club del 27, dedicato alla zucca: tra le tante ricette golose che mi avevano colpito c'erano anche i cannelloni di zucca, spinaci e ricotta di Anna, proposti da Mai e Antonella. Lì per lì mi aveva lasciato perplessa il connubio tra zucca e spinaci, così come aveva sollevato dubbi anche nelle colleghe che hanno realizzato la ricetta; ho voluto però provarlo lo stesso, e al pari di Mai e Antonella mi sono ricreduta alla grande: è strepitoso!!!

Solo, come far convivere la voglia di provare quei magnifici cannelloni e la mia dieta attuale che, manco a dirlo, mi consiglia di limitare molto fortemente i carboidrati? E' stato proprio mentre mi stavo lambiccando il cervello che mi è tornata in mente quell'idea letta tanti anni fa. Detto fatto ho consultato il libro, verificato la fattibilità e mi sono messa all'opera. Problema numero due: come utilizzare il porro residuo? Non avevo voglia di surgelarlo e poi scordarlo in freezer per i mesi a venire, così ho pensato di utilizzarlo nella besciamella, omettendo la salsa di pomodoro richiesta dalla ricetta originale dei cannelloni. Il risultato? Vi dico solo che li ho rifatti non so quante volte. 😋 

martedì 27 ottobre 2020

Vellutata di zucca e mandorle per il Club del 27 - Tessera n. 18

 

Dopo la lunga pausa estiva ricomincia, con mia grande gioia, il Club del 27: un gruppo di appassionati di cucina che si incontra tutti i giorni in uno spazio virtuale dove ogni mese viene proposto un tema e una serie di ricette che lo rappresentano, cucinano il piatto prescelto discutendone con gli altri, condividendo successi e flop, dubbi e certezze, saperi e dritte, e che si da’ appuntamento il 27 di ogni mese, in una festa di sapori e di colori.

Siamo in ottobre, è la stagione della zucca (una delle poche cose che mi consolano, nella stagione fredda) e la zucca è stata scelta come tema di questo mese.

Ero indecisa tra i cannelloni e questa vellutata, e se la vellutata ha avuto la meglio è solo perché alla sera quando rientro dal lavoro sono sempre infreddolita, e una crema di verdure calda e speziata mi scalda il corpo e il cuore. Ma sono sempre in tempo a fare i cannelloni e a replicare le ricette fatte dalle mie colleghe, che trovate qui: l'inverno non è ancora cominciato e la stagione della zucca è lunga...

lunedì 5 ottobre 2020

Labneh

 


Il Labneh è stata una delle mie scoperte degli ultimi anni, e da quando ho visto quanto sia facile prepararlo, lo faccio spessissimo. La mia proverbiale pigrizia nel fotografare mi ha fatto sempre rimandare la "messa in posa", e quindi la pubblicazione qui: ogni volta mi dico che questa è la volta buona, ma poi al momento opportuno scatta la fame e mi dico che sarà per la prossima volta. Stava per succedere anche a questa tornata, ma una voce dentro di me si è impuntata: o lo metti in posa adesso, o ti faccio vedere io! E così. intimorita dalle minacce, ho tirato fuori un piatto, erbe aromatiche e ammennicoli e ho messo mano alla macchina fotografica. 😅

Il labneh è un formaggio mediorientale ricavato dallo yogurt, realizzato con latte di pecora, mucca, occasionalmente di capra. Oggigiorno in Medio Oriente lo si trova facilmente nei supermercati, un po' come noi troviamo ricotta e mozzarella; tuttavia in gran parte delle case viene ancora preparato direttamente, ed è talmente facile da fare che francamente ne vale la pena: si tratta infatti di mettere lo yogurt a scolare in una garza, in modo che perda gran parte del siero.

Anticamente i nomadi mettevano lo yogurt di latte vaccino o di capra in pelli nelle quali col tempo il siero veniva filtrato attraverso i pori, finché non rimaneva una pasta alla quale si aggiungeva il sale per la conservazione. Oggigiorno le pelli sono state sostituite dalla più pratica e igienica garza, e il sale viene inserito all'inizio, per favorire l'estrazione del siero.

Il sapore dipende in gran parte dal tipo di latte usato: quello preparato con yogurt di latte vaccino ha un sapore più delicato, con ovviamente la punta acida dello yogurt. 

Il labneh può essere consumato subito (quello che faccio sempre io), nel qual caso non c'è bisogno di particolari accorgimenti per la conservazione, oppure si può far scolare un poco di più il siero e ricavare dal formaggio più compatto delle palline di circa 3 cm di diametro, che vengono conservate in barattoli di vetro coperte da abbondante olio extravergine di oliva. Le palline di formaggio possono anche essere fatte rotolare su timo o menta secchi, o sul sumak, pepe o altre spezie, per insaporirle: basta dare il via alla fantasia, le combinazioni sono infinite.

lunedì 28 settembre 2020

Melanzanine ripiene alla genovese della suocera... di Alessandra!


Ci sono ricette che ti rimangono costantemente nel retro-cranio; stanno lì e non si muovono, perché vorresti tanto prepararle, ma attendi di trovare la materia prima perché vuoi solo quella, e non una possibile sostituzione. 

E' il caso di questa ricetta, pubblicata 10 anni fa dalla meravigliosa Alessandra nel suo defunto ex blog, per la quale attendevo di trovare loro, le baby melanzane. Perché è vero che avrei potuto realizzarla ugualmente con delle melanzane normali, ma vuoi mettere la soddisfazione di usare proprio quelle piccine? A questa spasmodica (e fino ad oggi inutile) ricerca, si univa un senso di ingiustizia: nel post originale, Alessandra diceva che si trattava di ricette storiche di famiglia, segno evidente che le baby melanzane si trovano a Genova da tempo immemorabile; perché mai io non riuscivo a trovarle a Milano?

Dopo 10 anni il retropensiero si era oramai sopito, ma quando andando dal fruttivendolo ho visto le melanzanine mi sono illuminata e la ricetta mi è tornata subito alla mente, o meglio mi è tornato in mente il fatto che Alessandra l'aveva pubblicata. A ciò si aggiunga che la mia pianta di maggiorana è divenuta ormai un cespuglio da tanto è rigogliosa, et voilà: in men che non si dica, le melanzanine sono finite nel mio carrello della spesa.

Nel suo post, Alessandra metteva a confronto le ricette di sua mamma e di sua suocera; io oggi ho realizzato quella della Signora Carla, perché volevo una versione totalmente vegetariana; la ricetta della Signora Anna però, prima o poi va provata: la gustosa aggiunta di mortadella mi attira parecchio. 

Alessandra giura che queste melanzanine sono peggio delle ciliegie: una tira l'altra, fino a terminarle tutte. Io non posso che confermarlo. 😋

lunedì 21 settembre 2020

Insalata di erbe aromatiche con melanzane e cavolfiori speziati e Labneh


C'è una cosa che detesto, quando rientro dalle ferie estive, ed è la consapevolezza che di lì a poco le temperature si abbasseranno drasticamente e il sole e il caldo dell'estate faranno posto alle temperature autunnali; so già che il fresco, unito alle giornate che si accorciano sempre di più, mi renderà malinconica.

Ogni anno cerco di tirarmi su e mi racconto dei dorati colori autunnali, delle zucche che torneranno a far capolino sui banchi del mercato e alle zuppe confortanti, che amo tanto ma che in estate non preparo; però dentro di me so già che rimpiangerò le giornate trascorse pigramente in spiaggia, i bagni di mare (e che tristezza, ogni volta che faccio l'ultimo!), il vento che accarezza la pelle scottata dai raggi del sole... Insomma, io amo l'estate e la sua fine mi rattrista sempre. 

Quest'anno però, dopo i primi temporali di fine agosto, siamo stati benedetti da una nuova, meravigliosa ondata di caldo, che mi ha rincuorata: esco spesso dopo il lavoro per fare delle lunghe passeggiate e godermi l'ultimo sole, e in cucina mi sbizzarrisco con le ultime ricette estive, fresche e leggere, che già so mi mancheranno durante la stagione fredda.

Il piatto con cui riprendo le pubblicazioni oggi è un canto all'estate ormai finita, che strizza benevolmente l'occhio all'autunno alle porte. Mi godo le ultime melanzane ed erbe aromatiche della stagione e comincio a inserire i cavolfiori (che dovrebbero comparire molto più in là, ma oramai si trovano tutto l'anno), scaldo tutto con le mie adorate spezie, che stempero con la nota fresca e acidula del labneh. 

Un piatto di ispirazione mediorientale che marca la transizione tra le stagioni, e mi fa guardare all'arrivo dell'autunno con ottimismo. 

lunedì 3 agosto 2020

Gazpacho alle ciliegie


Uno dei miei piatti estivi preferiti è senza dubbio il gazpacho: è una pietanza fresca, gustosa e ricca di vitamine, fibre e sali minerali, l'ideale per reintegrare le preziose sostanze che perdiamo in abbonanza quando le temperature salgono e sfiorano i 40 °C, come in questo periodo.

La ricetta che preparo più di frequente è quella di Omar Allibhoy linkata sopra, ma occasionalmente mi concedo anche delle varianti più sfiziose, alla frutta, che per pigrizia non ho mai fotografato. 😅

Una di queste è il gazpacho alle ciliegie: rinfrescante come il suo fratello maggiore, ha in più il sapore di questi deliziosi frutti, la cui stagione è fin troppo breve, ma che ho trovato sabato mattina al mercato: come non cedere alla tentazione, dietro la promessa che stavolta avrei messo il piatto in posa?

mercoledì 29 luglio 2020

Maionese alla birra


Non ho mai amato particolarmente la maionese fatta in casa: trovo che abbia un fastidioso retrogusto di uovo, che me la rende invisa. 
Non che io consumi così tanta maionese, intendiamoci, ma le volte che mi capitava preferivo mille volte comprarla che non farla, a dispetto del fatto che con un buon frullatore - anche a immersione - la maionese si fa in un attimo.

Durante il lockdown però avevo tantissimo tempo a disposizione, complice il fatto che sono stata messa in cassa integrazione, e per ingannare il tempo ho preparato di tutto, compresa la maionese. Una maionese diversa, però: innanzi tutto perché ho sostituito il succo di limone con una birra chiara, dal sapore delicatamente agrumato, e poi perché provato a farla anche partendo dalle uova sode anziché dai tuorli crudi. Del limone però ho usato la scorza grattugiata, che dà freschezza e un aroma delizioso.

Vi dico subito che i tuorli crudi danno una maionese più densa rispetto alle uova sode (usate intere), probabilmente per qualche cambiamento chimico-fisico dato dalla cottura; il risultato però è davvero buono, una maionese buona e particolare, con un leggero retrogusto amaro dato dalla birra, ma che si abbina praticamente a tutto.

In rete circola una sola ricetta di maionese alla birra, che prevede di far bollire una lattina di birra fino a ridurla a 200 ml, prima di farla raffreddare e unirla alla maionese. A me questo procedimento non piace: innanzi tutto perché con l'ebollizione vanno perduti tutti gli aromi secondari del luppolo, siano essi agrumati, balsamici, fruttati o altro, e in secondo luogo perché si concentrano le sostanze amaricanti del luppolo, dandoci un concentrato molto amaro che a mio avviso risulta fastidioso nella maionese. Tra l'altro in una maionese di 2 uova non ci andrebbero certo 200 ml di succo di limone o aceto, quindi perché diluirla con 200 ml di birra? 

Ho pertanto sviluppato la mia versione, usando la birra così come esce dalla bottiglia, e usandone molto meno. Il risultato è una maionese delicata, dove il retrogusto di birra è appena percettibile, e che accompagna alla perfezione sia il classico hamburger e patatine, sia altre preparazioni che la prevedono, prima fra tutte l'insalata russa.

Quale birra?
Nella foto ho usato una Birra Messina Cristalli di Sale, dal delicato retrogusto agrumato; ho provato a farla anche con la Ichnusa Non Filtrata, e mi è piaciuta ancora di più. Usate una birra lager chiara, dall'amaro non troppo pronunciato (niente Beck's, per intenderci) e partite da lì per le vostre sperimentazioni: se volete provare con qualcosa di più amaro potete inserire una Lagunitas IPA (ma l'amaro deve piacervi proprio tanto!), se volete un "kick" alcolico usate una Strong Ale come la Boucanier, la Bulldog o la Hopus; se preferite una maionese più aromatica e delicata scegliete una Weissbier (Erdinger Hefeweizen, Paulaner Hefeweizen, Birra Moretti La Bianca) o una Bière Blanche (Blanche de Bruxelles o Blanche de Silly), dall'aroma agrumato e speziato e dall'amaro molto contenuto. L'importante è che la birra sia buona e fresca (controllate sempre la data di scadenza).

venerdì 17 luglio 2020

Pesto genovese classico e variante eretica


L'erba aromatica che preferisco in assoluto è senz'altro il basilico, con il suo profumo penetrante che sa di primavera. Lo adoro in tutte le salse, 😏è il caso di dirlo: ne ho estratto la clorofilla e l'essenza per un olio aromatico, l'ho usato nei dolci (anche qui e qui), nelle zuppe, nei risottinella marmellata, nella gelatina, nel favoloso pesto al cioccolato e basilico di Paul A. Young e in un milione di altre preparazioni. E naturalmente, in primavera-estate preparo molto spesso lui, il pesto genovese, un condimento superbo che fa di un semplice piatto di pasta, un piatto da re. 

Mi sono accorta solo adesso di non averne mai pubblicato la ricetta: rimedio subito, perché è davvero un peccato non averla sul blog. La ricetta è quella di un caro amico genovese DOC, Federico Olimpo del blog Il Preboggion: la seguo da anni con grande soddisfazione. Fedo ha inserito le dosi per 1 kg di pesto mentre io le ho ridotte a 100 g, perché faccio fatica a procurarmi 350 g di foglie di basilico. 

Gli accorgimenti per fare il pesto sono pochi, ma fondamentali. Fedo sottolinea che il basilico è importantissimo: dovrebbe essere quello di Pra, raccolto quando le foglie sono piccole, tenere e non più di sei. La pianta poi va estirpata, radici comprese, altrimenti le foglie che ricresceranno saranno dure e dal sapore di menta. Io naturalmente li disattendo tutti, molto puntualmente: uso tutte le foglie di basilico che mi capitano sotto mano, solitamente quelle più grandi, e pazienza se sanno di menta. Mi guardo bene dall'estirpare le piante, che coltivo in vaso con grande cura, e quando in autunno mi muoiono mi sento in lutto: significa che la bella stagione è terminata e che mi attendono i lunghi mesi invernali, bui e freddi. Il pesto teme anche il calore: non solo non va mai cotto, ma anche nel prepararlo occorre fare molta attenzione a non surriscaldarlo. Per questo è preferibile prepararlo nel mortaio (ci vuole un quarto d'ora circa), ma se si ha fretta o non si dispone di un buon mortaio, va bene anche il frullatore a immersione. Meglio in questo caso tenere la parte con le lame in frigorifero fino al momento di fare il pesto, e frullare il più brevemente possibile, per evitare che si surriscaldi e si ossidi. Last but not least, mai allungare il pesto genovese con formaggi molli come la ricotta: è una salsa dal gusto delicato, specialmente se non si esagera con l'aglio, perché diluirne il sapore?   

Il pesto genovese è una religione insomma, ma come tutte le religioni ha i suoi eretici e io, ahimè, sono tra questi: talebana con le preparazioni siciliane, mi prendo delle licenze con quelle degli altri e il pesto genovese non fa eccezione. A dire il vero la mia variante eretica (che preparo solo ogni tanto) rimane entro i confini dei profumi tradizionali liguri: agli ingredienti classici aggiungo le foglie di un rametto di maggiorana, che regala al pesto una nota aromatica particolare a mio avviso deliziosa. Tutto qui, ma se avete voglia di provarla sappiatemi dire. A casa mia piace veramente tanto. 😇

venerdì 29 maggio 2020

Tatin di mele al caramello salato e spezie


I dolci di mele sono i miei preferiti, primo fra tutti lo strudel; che in questo blog non abbiano molto spazio, così come non ce l'hanno i dolci in generale a dispetto del nome, è dovuto al fatto che oggettivamente faccio pochi dolci. La "rinascita" dovuta al periodo di pandemia non durerà a lungo,  già lo so, ma finché ho voglia di farli ne approfitto.

Tra gli utensili e gli stampi che avevo comprato qualche lustro fa, figura un set da Tarte Tatin di Emile Henry in pirofiamma, composto da una teglia in terracotta che va anche sul fuoco e un piatto di servizio. Quando l'ho acquistato vi era allegato anche il libro Tatin dolci e salate di Ernst Knam, il che è stato probabilmente il fattore determinante nell'acquisto: l'unione di due passioni, quella per i libri di cucina e quella per gli stampi. 

A dire il vero l'ho usato veramente poco, quel povero stampo: l'unica altra Tatin che ho pubblicata è quella di fichi all'aceto balsamico, e ben presto l'ho riposto in alto nel mobile del ripostiglio, assieme agli utensili che uso raramente. Fino a una ventina di giorni fa, quando l'ho adocchiato nel suddetto mobile e ho deciso di tirarlo giù, complici alcune mele che mi guardavano dalla fruttiera già da un po'. E quindi tira fuori lo stampo, tira fuori il libro, sfoglialo, pensa che vorresti fare quasi tutte le ricette e di' a te stessa che forse è meglio cominciare dalle mele. Tra l'altro, il caso ha voluto che proprio in quei giorni mi chiamasse mia madre, che aveva visto la ricetta della Tarte Tatin in televisione e voleva provarla. 

Nel frattempo però avevo scoperto l'incredibile bontà del caramello salato, quindi perché non inserirlo nella mia Tatin? E già che c'ero, perché non aggiungere le spezie da Strudel, di cui vado matta? E insomma, ho preso la ricetta di Knam e l'ho variata leggermente. 

Buona? Di più!

sabato 2 maggio 2020

Torta Tiramisù alle fragole


Che la quarantena abbia effetti inaspettati sulle persone, si capisce dall'abnorme quantità di dolci che sta uscendo dalla mia cucina. Mai preparati così tanti dolci in così poco tempo, sono la prima ad esserne esterrefatta. Eppure in questo periodo poche cose mi attirano quanto i dolci, e sto ahimè cedendo alla fantasia, salvo non poter più uscire quando mi sarà consentito, per mancanza di capi di abbigliamento atti a contenermi. Pazienza.

Ho sempre amato le fragole, foriere di Primavera e di temperature più miti. Le adoro, letteralmente, purché gustate in purezza o al massimo in macedonia, accompagnate dalle immancabili banane, o da gelato alla vaniglia o al fiordilatte, o ancora da un ciuffo di panna montata. Tutte le preparazioni che le vedono accostate a sapori più forti, come il vino rosso o l'aceto balsamico, se in teoria mi attirano, all'atto pratico vengono da me fermamente respinte: mangio fragole per un periodo dell'anno relativamente breve, e rovinarle con vino rosso o aceto balsamico, per quanto stuzzicante sia l'abbinamento, è un'idea che mi fa inorridire. Al massimo ci metto una spolverata di pepe nero (che adoro al pari delle fragole), ma è la concessione più estrema che possa fare. 

Visto che adoro le fragole, negli anni ho collezionato tante ricette di tiramisù alle fragole, che però non ho mai realizzato. Perché? Non saprei dirlo. Forse perché mi sembravano tutte banali e incredibilmente piatte: savoiardi, mascarpone zuccherato e fragole: tanto vale fare una semplice macedonia e aggiungerci della panna montata, no? Perché aggiungere altro lavoro inutile ai fini del sapore? 

Poi è arrivato lui, Yotam Ottolenghi. Conosciuto tramite Starbooks nel lontano 2013, quando in Italia  era ancora pressoché sconosciuto al grande pubblico e noi pubblicavamo le ricette nei nostri blog individuali, l'ho subito amato per la bontà delle sue ricette, che sapevano di casa nonostante provenissero da una cucina lontana da quella europea, e che riescono sempre.
La sua torta tiramisù alle fragole è radicalmente diversa dai banali tiramisù alle fragole che si trovano in rete: le fragole di copertura vengono arrostite in forno, uno strato di crema allo zabaglione precede la panna montata, i savoiardi sono inzuppati nello sciroppo di fragole... sono bastati questi semplici tocchi per creare un dolce unico che vale assolutamente la pena fare. 

Questa torta tiramisù è stata realizzata da Biagio l'anno scorso per Mag About Food titillandomi le papille, ed è stata rifatta da Giulia la settimana scorsa... e sarà per lo strano effetto della quarantena su di me, ma stavolta non ho resistito al richiamo, ho aspettato impaziente il giorno in cui di solito faccio la spesa e mi sono messa all'opera. 

Un paio di modifiche soltanto: siccome i savoiardi comprati non mi piacciono, li ho preparati in casa con la ricetta di Giulia per MTChallenge; e dopo avere inserito l'impasto nella sac-à-poche, ho deciso di fare una pasta biscotto unica, da tagliare in due rettangoli secondo le dimensioni del mio stampo. La seconda modifica riguarda il binomio Grand Marnier - caffè espresso: siccome tendenzialmente non mi piace il liquore nei dolci alla crema (unica eccezione: il babà) e siccome come dicevo prima non amo sapori forti in abbinamento con le fragole, li ho sostituiti rispettivamente con latte e acqua di rose: un binomio che si è rivelato vincente. 

Come dice Ottolenghi, questo dessert così bello a vedersi è come un tiramisù estivo. non regge bene il tempo e il calore, quindi mangiatelo tutto non appena esce dal frigo. Il caffè espresso dà un twist adulto, ma può essere tralasciato, se non vi va.

lunedì 27 aprile 2020

BAKLAVA' ALL'ARANCIA


E' da quando Alice ha realizzato questa ricetta per MagAboutFood, che la voglio provare. A "peggiorare" le cose, l'anno scorso MagAboutFood ha fatto il calendario 2019 scaricabile, e quale ricetta campeggiava, golosa e tentatrice, nel mese di gennaio? La baklavà all'arancia di Alice!

Lo scorso anno ero prigioniera di una dieta molto restrittiva che guardava con orrore a zucchero, miele e grano, tanto per citare alcuni alimenti, e mi ero detta che quel dolce sarebbe rimasto per me solo un pio desiderio. Tuttavia a fine anno non me la sono sentita di buttare il bel calendario di Mag, che mi ricordava tanti bei momenti vissuti insieme alla sua magica Community, così l'ho lasciato appeso in cucina.

Nel frattempo mi sono rassegnata al fatto che le diete siano trappole infernali che fanno perdere peso solo fintantoché ti ci attieni, per poi fartelo riprendere con gli interessi nel momento in cui le smetti, pertanto in gennaio ho deciso che non avrei cambiato pagina fino a quando non avessi preparato la baklavà. Siamo a fine aprile e, beh... ho deciso che quel momento è finalmente arrivato. 😇

Il dolce è facilissimo da fare - si tratta di una versione semplificata della baklavà mediorientale -, non richiede alcuna abilità particolare e il risultato è garantito. Che cosa potrei volere più di così? Beh... vorrei non essere in quarantena e poterlo dividere con la mia famiglia e con gli amici, anche perché così mi tocca mangiarmelo tutto io. Ma tanto non sono più a dieta, e quindi... 😆

giovedì 16 aprile 2020

Pasta con sugo di semini di pomodori e petali di pomodoro fritti


E' un periodo un po' così, lo sappiamo. C'è la quarantena in atto (io sono confinata in casa da 8 settimane), alcuni ingredienti sono di difficile reperibilità nonostante le continue assicurazioni da parte del governo che i rifornimenti avvengono regolarmente, e stiamo riscoprendo un po' tutti il gusto di cucinare e, soprattutto, quello di non sprecare. 

Ed è proprio quest'ultimo imperativo che le grandissime Alessandra e Greta ci hanno invitato a seguire sotto la bandiera dell'MTChallenge, chiedendoci di creare un primo piatto preparato a partire da quelli che solitamente sono considerati scarti di cucina. 

Inizialmente mi ero focalizzata su uno scarto diverso, il torsolo del cavolfiore, ma stamattina le cose sono andate diversamente: stavo preparando del ketchup, e mentre spellavo i pomodori e li privavo dei semi mi sono detta che avevo tra le mani degli scarti di prim'ordine, a partire dai quali avrei potuto fare una pasta al sugo. Inoltre ieri sera avevo preparato una crema di patate e porri e avevo tenuto da parte le foglie verdi del porro per usarle come scarto in qualche maniera, ed ecco che, unite ai semi di pomodoro, mi hanno regalato un sughetto semplice ma buono.

Ho usato la pasta che avevo in casa: delle pennette rigate integrali di farro. Inizialmente ero stata tentata di comprare appositamente della pasta, ma poi mi sono detta che era contrario allo spirito di questa sfida. 😇

lunedì 6 aprile 2020

Panini al latte giapponesi


Avevo letto un paio di anni fa del metodo giapponese di panificare preparando un Tang Zhong (o roux all'acqua), che gelatinizza gli amidi e permette di ottenere impasti soffici. L'avevo letto e mi ero detta che prima o poi lo avrei provato, ma senza dargli molta importanza. Poi, poco prima della metà di marzo, la mia azienda è passata dallo smart working alle ferie forzate; una mossa che non ho condiviso per parecchi motivi, non ultimo il fatto che lavorare mi permetteva di passare il tempo, ma tant'è: non ho avuto scelta. Con tanto tempo a disposizione e il pane che cominciava a scarseggiare nel freezer, ho pensato che fosse giunto il momento di provare questa nuova tecnica. Devo dire che ne sono stata estremamente soddisfatta, tanto che voglio sperimentarla anche con impasti diversi da quello del pane al latte che vi propongo oggi.

Ma che cos'è il Tang Zhong? Si tratta di un pre-impasto gelatinoso ad alta idratazione, composto di  farina e acqua in un rapporto di 1:5, oppure di farina e latte in un rapporto di 1:10. Può essere preparato sia direttamente su un pentolino, dove si mescolano acqua e farina con una frusta per evitare la formazione dei grumi, poi si mette il pentolino sul fuoco fino a portare la miscela alla temperatura di 65 °C, infine si toglie dal fuoco, si versa in una ciotola, si copre con pellicola e si fa raffreddare per un minimo di 8 ore e un massimo di 48, prima di aggiungerlo all'impasto.
In alternativa, si  può mettere la farina in una ciotola e scaldare l'acqua a parte, questa volta portandola al bollore, dal momento che una volta versata nella ciotola con la farina subirà un brusco calo di temperatura; la si versa poi sulla farina, mescolando vigorosamente con una frusta per evitare la formazione dei grumi e ottenere un impasto liscio, quindi lo si copre con pellicola e si fa raffreddare come sopra, prima di inserirlo nell'impasto.
Il Tang Zhong consente un migliore sviluppo della maglia glutinica che si traduce in una migliore lievitazione, consentendo così di ottenere dei pani dalla sofficità sorprendente, nonostante l'idratazione dell'impasto non sia particolarmente elevata.