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lunedì 19 dicembre 2022

Petto d'anatra arrosto con chutney di prugne ai profumi asiatici

 


Mi è sempre piaciuto immaginare che il 99,9% dei miei lettori siano persone altamente organizzate, che hanno già deciso 20 giorni fa che cosa cucinare a Natale e hanno già cominciato a preparare parte dei piatti; quelli che hanno l'abbattitore e che sono più organizzati di me, avranno già tutto pronto e surgelato, pronto per essere rigenerato all'ultimo momento.

Io no. 
Io sono il tipo last minute. Anche last second, se è per questo. Tanto per darvi un'idea, mi sono trovata con mia madre ieri pomeriggio, per fare la conta di chi c'è e quando, e decidere i menù della Vigilia e di Natale.

Probabilmente è per questo che amo i piatti da "minimo sforzo per un massimo risultato", e quello che vi presento oggi fa parte senz'altro del novero. La ricetta è semplicissima e abbastanza veloce; il successo è assicurato, se i vostri commensali amano la carne di anatra, e avrete portato in tavola un'anatra deliziosa e non banale. 

La ricetta è di Diana Henry, sicché non c'è bisogno di aggiungere altro. 😋

lunedì 15 febbraio 2021

Fagottini al piccione


Avete presente quando la voglia di cucinare vi prende e non riuscite a darvi pace finché non l'avete soddisfatta? Può cogliervi all'improvviso, oppure può essere frutto di una decisione lungamente maturata. Nel mio caso è stata il frutto del caso: andando dal macellaio ho visto esposti due bei piccioni e non ho resistito: li ho comperati immediatamente, memore delle tante volte che li ho mangiati da bambina, e una volta tornata a casa ho deciso di replicare una ricetta di pasta ripiena preparata per la rubrica Keep Calm and What's for Dinner? due anni fa.

Questa pasta ripiena mi era infatti piaciuta un sacco e stavo giusto meditando di rifarla prima o poi, usando la più comune faraona: quei piccioni mi sono sembrati un segno del destino! 😁

giovedì 23 aprile 2020

Quaglie farcite ai petali di rosa - MTC Smart


L'MTC Smart di questa seconda metà del mese di aprile si sta rivelando molto divertente e stimolante: si tratta di prendere una ricetta di pollame che sia rigorosamente straniera, e di reinterpretarla in modo che, sebbene all'apparenza si tratti proprio di quella ricetta, il piatto in realtà sia diverso. 
Fin da quando è stato lanciato il tema della sfida ho avuto due idee: una soft, che presento oggi, e una più spinta, su cui sto ancora lavorando. E che le mie variazioni sul tema di oggi siano state giocoforza soft, è richiesto dalla ricetta stessa che ho scelto: le Belderchineh too por (quaglie farcite ai petali di rosa) della tradizione culinaria persiana, la cui ricetta ho preso dal libro Pomegranates and Roses di Ariana Bundy. L'Autrice precisa che in Iran, dove le pietanze farcite sono molto diffuse, si usa sempre il riso nella farcia (mai il pane), a cui vengono uniti frutta, semi e verdure. Questa è l'immagine del piatto pubblicata sul libro:


Tre erano le aree di intervento possibili per dare un twist diverso alla ricetta (a dire il vero erano 4, avrei potuto modificare anche la farcia, ma ci tenevo a provare una farcitura con il riso): le spezie, il brodo e la frutta secca. Sulle spezie onestamente non me la sono sentita: l'aroma centrale della ricetta è quello dei petali di rosa, a cui non volevo rinunciare, e sconvolgere l'equilibrio delle spezie della ricetta tradizionale mi sembrava inutilmente rischioso. Le mie modifiche pertanto si sono concentrate sul brodo di pollo (ho reinterpretato una ricetta di brodo aromatico di William Ledeuil con gli ingredienti che avevo in casa) e sulla frutta secca (nella ricetta originale, cranberry e ciliegie disidratate). Inoltre ho omesso, nella farcia, l'aglio e lo zucchero.

Ma andiamo con ordine: il brodo di pollo di Ledeuil prevedeva l'uso di aromi diversi da quelli a cui siamo abituati noi: citronella (lemongrass), peperoncino bird's eye e galanga fresca. Non disponevo di lemongrass e non avevo nemmeno la possibilità di procurarmelo in tempi brevi, quindi l'ho sostituito con 2 piccoli gambi di coriandolo, di cui ho una bella pianta in balcone, e la scorza di un limone che ho messo in infusione a fine cottura del brodo. Non avevo nemmeno la galanga fresca, ma avevo quella essiccata e l'ho adoperata. Il peperoncino bird's eye lo avevo, ma non ho voluto utilizzarlo, né lui, né altri peperoncini meno forti, per rispettare l'equilibrio della ricetta, che come unica nota piccante prevede quella del pepe bianco.

Sul fronte della frutta secca le ciliegie sono state sostituite da altrettante albicocche secche, mentre al posto dei cranberry (che non sono riuscita a trovare, meno che mai le bacche di crespino) ho usato dei lamponi freschi che ho disidratato al microonde, quindi raschiato e compattato con le dita leggermente inumidite, formando tante piccole "pepite" acidule. 

Chiaramente l'apporto aromatico dato dal brodo è stato  ben più decisivo di quello della frutta secca, ma anche questa, unita al fatto che ho rinunciato all'aglio e allo zucchero nella farcia, ha contribuito a creare un piatto diverso dall'originale, anche se devo ammettere che non so quanto tale differenza sia sostanziale; questa ricetta potrebbe in definitiva essere fuori tema, nel qual caso pazienza: la volevo comunque provare, e per l'MTC mi rifarò con l'altra, che è decisamente più innovativa (sempreché i miei esperimenti funzionino 😅).

sabato 9 giugno 2018

Rotolo di faraona alle erbe aromatiche con riso persiano al limone e pistacchi


L'MTChallenge si è concluso, dopo 8 anni, con la sfida n. 72 sulla Tortilla di patate, ma non si è certo fermato: a parte la nascita di MAGaboutFOOD, la nuova rivista on line da sfogliare giorno per giorno che in giugno compie 6 mesi, la nostra sfida si è semplicemente trasformat in MTC S-Cool, la scuola di cucina più cool della blogsfera. L'anno scolastico inizierà in settembre, ma adesso sono in corso le selezioni per formare la classe (25 persone +  la Redazione) che comincerà a frequentare i corsi dopo l'estate.

La prova della Mystery Cloche fa parte per l'appunto delle selezioni, e anche se io sono già dentro perché faccio parte della Redazione, non ho voluto esimermi dal partecipare.


Sette erano gli ingredienti principali, di cui correva l'obbligo di usarne almeno 4 come ingredienti principali per costruire il piatto: fragole, riso, faraona, triglia, pistacchi, caffè e limone.
Accanto ai Magnifici 7, la dispensa prevedeva olio, burro, farina di grano, zucchero, sale, uova di gallina, erbe fresche e secche, spezie, 1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano, aglio, gelatina o colla di pesce, vino e/o alcoolici, aceto, latte vaccino e panna.

Ho meditato a lungo su quale piatto preparare, creando e scartando ipotesi, e mi sono resa conto che in tutte queste un punto fermo c'era: volevo disossare la faraona. Da quando grazie all'MTChallenge n. 51 di ottobre 2015 abbiamo imparato a disossare il pollo, io applico questa tecnica regolarmente, disossando mediamente una volta al mese, da tanto mi piace.

Faraona disossata significava automaticamente creare un fondo con la sua carcassa, e fin qui c'eravamo, ma poi? Erbe aromatiche secche e fresche a piacere: ottimo, io le adoro, avrei potuto razziare tranquillamente i vasi del mio balcone. Di più: il libro The French Laundry di Thomas Keller riporta la ricetta degli olii aromatici da cui lo chef estrae anche la clorofilla, previa una breve sbianchitura, e se da un lato la mia italianità mi faceva inorridire all'idea di sbianchire il basilico, dall'altra mi dicevo che se lo fa Thomas Keller, forse vale la pena provare: perché non sfruttare questa prova per imparare una nuova tecnica?
Mancavano altri 3 ingredienti da scegliere tra i magnifici 7, e una volta delineata la portata principale, non è stato difficile individuarli: riso Basmati aromatizzato con scorza grattugiata di limone e arricchito con i pistacchi; la scorza di limone anche dentro al battuto di erbe aromatiche che farciscono il volatile, e infine l'olio di erbe aromatiche che riprende in forma diversa la farcia della faraona che, a questo punto, sarebbe stata trasformata in un rotolo.

Questa la genesi della mia ricetta, ora passiamo ai dettagli:

giovedì 15 febbraio 2018

Polpettone di anatra affumicata con purè di patate dolci e arancia caramellata


Ci risiamo: ricomincia l'MTChallenge (o meglio, io ricomincio a parteciparvi) e lo fa alla grande, con una sfida con i controfiocchi sull'affumicatura casalinga proposta da Greta De Meo, la cui immensa bravura è stata finalmente compensata con una delle vittorie più meritate degli ultimi 8 anni (andatevi a guardare il suo piatto, per convincervene).

Greta ci ha sfidati su un tema apparentemente difficile: l'affumicatura casalinga. Dico apparentemente difficile perché, benché sia consapevole che ci vogliono anni prima di sviluppare l'abilità di creare dei Signori Piatti affumicando in casa, la tecnica di per se' non è difficile, non per lo meno se a spiegarvelo per filo e per segno è lei in persona. Il difficile semmai è creare un piatto ben bilanciato e strutturato, di cui l'affumicatura è solo un ingrediente.

Ora, quando ho letto quale sarebbe stato il tema, a me è venuto da piangere, perché a me l'affumicato non piace proprio. Affettati come lo speck o il prosciutto di Praga, mi danno letteralmente la nausea ed evito come la peste le scamorze affumicate. Inevitabile quindi un attimo di sconforto, nel leggere il tema della sfida del mese. Poi però mi sono soffermata a riflettere: a me il barbecue piace molto, e quelli sono tutti cibi affumicati! Non è che per caso a non piacermi è l'aroma artificiale di affumicato, che l'industria di sicuro aggiunge a profusione negli alimenti confezionati? A confortarmi poi è giunto anche un altro pensiero: odio il sugo di pomodoro dall'infanzia, ma l'MTChallenge mi ha fatto scoprire che a non piacermi è il sugo preparato con i pelati in scatola, mentre quello con i pomodori freschi è delizioso. E insomma, mi sono detta che forse qui c'era l'occasione di sfatare un altro mito.
E sapete una cosa? E' stato proprio così!


L'idea di partenza di questo piatto era totalmente diversa: volevo preparare un'anatra disossata, affumicata e ripiena. Presa dall'entusiasmo ho comperato tutti gli ingredienti e sono partita da disosso e affumicatura, scegliendo la tecnica a freddo.
Per affumicare la carne di anatra ho scelto di mischiare il delicato legno di arancio con qualche chip di legno di mesquite. Avevo letto che il mesquite è piuttosto forte, quindi ne ho messo molto poco; col senno di poi avrei potuto osare di più, ma per un primo esperimento ho fatto bene a non spingere troppo con l'affumicatura.

Primo errore: essermi focalizzata sulla tecnica di affumicatura e aver perso di vista il tempo di ammollo delle chips di legno, che per la tecnica a freddo è di solo mezz'ora. Io le ho lasciate in ammollo per 9 ore. Poco male, mi son detta, ma avevo fatto i conti senza un altro imprevisto: in assenza di strumentazione specifica, anche l'affumicatura a freddo cuoce parzialmente gli ingredienti: mi sono ritrovata con un'anatra semicotta, assolutamente inadatta ad essere farcita, cucita e rimessa in forno. Che fare? Siccome ero stanca ed era già tardi, l'ho avvolta in alluminio e messa in frigo, decidendo di dormirci sopra. Ed è stato qui che il lungo ammollo delle chips di legno mi è stato utile, perché domenica mattina ho deciso di affumicare la carcassa, per farne un gravy.


La notte mi ha portato consiglio: la carne trita era già stata comprata, quindi avrei spellato e tritato grossolanamente l'anatra e ne avrei fatto un polpettone. Il piatto ha cominciato piano piano a prendere forma nella mia testa, con l'aroma dell'arancia come fil rouge.

mercoledì 24 maggio 2017

Arrosto di Coniglio al limone, timo e capperi - Lemon-Roasted Rabbit with Thyme and Capers


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Ecco, ci risiamo.
Sono di nuovo a dieta.
Una delle mie diete cicliche, perché se hai un blog di cucina, sei una buona forchetta e finché in tavola ci sono cose commestibili non smetti di mangiare, ingrassare è inevitabile.
A meno di non avere un metabolismo che va alla velocità della luce, o di fare una vita attiva, o insomma di essere tutto quello che io non sono.
Naturalmente per mettersi a dieta deve scattare una molla nella testa: non basta dirsi "sono grassa, mi faccio schifo"; non basta guardarsi allo specchio, notare come  pantaloni un tempo morbidi fascino fianchi e glutei come fossero dei leggings: bisogna essere disposti a cambiare lo stato delle cose.

A me di solito la molla scatta quando cominciano a venirmi strette le mutande: gonne e pantaloni passano di moda e comunque dopo qualche anno si usurano, quindi si possono cambiare, ma il parco mutande no, quello non si cambia. Di misura, intendo. 😄 Si usurano, si buttano e si comprano nuove, ma sempre della stessa misura: quella successiva per me è semplicemente inaccettabile.

Quello che è cambiato questa volta è stato il momento in cui la molla è scattata: contrariamente al 99,9% delle donne italiane, che si preparano alla prova bikini intorno a maggio-giugno, io mi metto a dieta in settembre, una volta tornata dalle vacanze estive (e quindi dopo una prova bikini disastrosa).
Del resto, provate voi ad andare in Sicilia per 3 settimane e resistere sistematicamente ad arancine, pane di grano duro, cannoli, brioche col tuppo traboccanti di gelato e con un generoso ciuffo di panna sopra: per me è impossibile. E così mi dò alla pazza gioia, pensando che tanto in settembre mi metto a dieta, e torno dalle ferie con 5 kg buoni in più. A quel punto le mutande mi vanno strette, la molla scatta e sto attentissima alla mia alimentazione fino a novembre. Tutto bene fin lì, ma poi arriva dicembre.

In dicembre, io capitolo.
Un compleanno in famiglia dà il la ♪ ai bagordi, seguono aperitivi, pizzate, pranzi e cene di Natale con un numero disparato di persone: i colleghi, gli ex colleghi, gli amici del gruppo X, gli amici del gruppo Y, quelli del gruppo sub, e chi più ne ha, ne metta. Infine arriva il fatidico triduo di Natale: nella mia famiglia si celebrano la Vigilia, il giorno di Natale e pure Santo Stefano.

Una volta caduta, rialzarmi mi è quasi impossibile: intanto ho in casa il panettone del pacco aziendale, e a me il panettone piace da morire. Poi si comincia a parlare di Capodanno; dopo Capodanno c'è l'Epifania, e terminate le feste mi trovo ad aver ripreso una buona metà dei kg persi nei mesi precedenti. Al lavoro gennaio e febbraio sono mesi pesantissimi, quindi di mettermi a dieta non se ne parla neanche, non ne ho né le energie, né la forza. Intorno a maggio comincio gradualmente a svuotare il freezer, che si è nel frattempo riempito in maniera esagerata, e arrivo alla vigilia della partenza per le ferie estive con il congelatore svuotato e sbrinato, e il corpo adorno di un corposo salvagente, che al mare torna sempre utile.
Ferie, mangiate pantagrueliche, ingrasso estremo, e al ritorno ricomincia tutto daccapo.

Tranne quest'anno. Quest'anno sono inciampata in un libro che parla di una dieta speciale, ideata da una nutrizionista Americana. L'ho acquistato in lingua originale, perché da brava traduttrice mi viene l'orticaria ogni volta che leggo libri mal tradotti, e la sua lettura mi apre un mondo. Il cibo usato come una medicina, grazie alla quale è possibile riattivare il metabolismo; non si contano le calorie, ma si guarda il valore nutritivo dei singoli alimenti; è richiesta una moderata attività fisica, perfino dei massaggi... è incredibile, mi è venuta voglia di mettermi a dieta!!!
Tra l'altro alla fine del libro ci sono una serie di ricette veramente sfiziose, perché non provarci? E così ho cominciato a reperire i vari ingredienti, ho cucinato, porzionato, etichettato e congelato, e mi sono messa a dieta. Occorrono 28 giorni per rieducare il metabolismo e abituarlo a digerire gli alimenti che ingeriamo e a trasformarli subito in energia, anziché immagazzinarli come grassi. Terminato questo periodo, si può proseguire la dieta fino al raggiungimento dell'obiettivo desiderato, ma nel frattempo si godrà dei suoi incredibili benefici: ho cominciato a sprizzare energia da tutti i pori in un periodo dell'anno in cui di solito faccio una cura ricostituente, pelle e capelli sono migliorati sensibilmente, e pure la cellulite ha cominciato piano piano ad andarsene.

Non ve lo racconto, ma vi consiglio di comperare il libro e di leggerlo molto attentamente: la versione italiana è questa, e riporta alla fine del libro le ricette adattate agli ingredienti che reperiamo facilmente in Italia; la versione in lingua originale è questa, e siccome ho in casa la stragrande maggioranza degli ingredienti richiesti e sono riuscita a procurarmi con molta facilità quelli che non avevo, seguo fedelmente quella.

La ricetta che segue è indicata per questa dieta, più precisamente per la Fase 3. Capite perché la sto seguendo volentieri? 😄

mercoledì 19 ottobre 2016

Il salto della quaglia: di tapas, pinchos y montaditos


Da Wikipedia: In natura la quaglia, quando è inseguita dai cani, prima di fermarsi e acquattarsi, dopo aver corso a piedi, fa un salto in modo da disorientare i cani.

Che cosa c'entra il salto della quaglia con un blog di cucina? E soprattutto, che cosa ha a vedere con l'MTChallenge, magnifico contest che vede ogni mese tanti blogger sfidarsi a colpi di ricette?
Elementare, Watson: se la creatività scatenata di Mai Esteve, vincitrice della scorsa edizione, si unisce alla fantasia senza ritegno di Alessandra Gennaro, patron (o forse dovrei dire matron? ok, vado a nascondermi 😅) dell'MTChallenge, ecco che al tapear spagnolo occorre dare un senso, con un filo conduttore che unisca le tre ricette proposte: una tapa, un pincho e un montadito.


E allora vamos de tapeo, e facciamolo declinando la quaglia, uno dei miei pennuti preferiti, in tre versioni monoporzione. E se in natura la quaglia salta per disorientare i suoi nemici, nella mia cucina si limita a saltare da una preparazione all'altra, nella speranza di non disorientare i due giudici. 😉

Le ricette sono presentate in ordine di degustazione, dalla più delicata alla più saporita.


lunedì 18 aprile 2016

CHEF-d'oeuvre - Delizia di quaglia con confit di pera (Bernd Siener)


Oggi insieme alla mia rubrica CHEF-d'oeuvre, inauguro il logo che la bravissima Mai ha disegnato per me, cogliendone in pieno lo spirito. Lo incollerò retroattivamente sugli altri post ma per oggi va solo su questo.


La ricetta che vi presento oggi è la più complessa che abbia preparato finora e ha richiesto molti preparativi, non ultima un'accurata ricerca di alcune ricette di base (baumkuchen e insalata di patate), che il libro non dava.

Si tratta di un antipasto degustazione che ha come protagonista la quaglia, declinata in più versioni e accompagnata da diversi contorni. Secondo le parole di Chef Siener, "questo piatto ha il pregio di dimostrare cosa è possibile creare con un uccello così piccolo, infatti l'antipasto consiste in metà quaglia. La preparazione è laboriosa, ma non bisogna per forza preparare tutti i componenti, [...] tuttavia per un cuoco appassionato nessuna difficoltà è troppo grande, per raggiungere un risultato perfetto."

L'unica componente che io non ho fatto è stato il cestino fritto di patata, per due motivi: innanzi tutto la traduzione zoppicante non mi ha permesso di capire come prepararlo, e in secondo luogo trovo che il fritto sia già sufficientemente rappresentato nel piatto, motivo per cui un terzo elemento fritto è apparso eccessivo al mio gusto. In ogni caso vi scriverò il procedimento per preparare il cestino, e se riuscite a farlo per cortesia fatemelo sapere!



lunedì 15 febbraio 2016

Anitra alla pechinese


Se c'è un volatile che mi piace davvero tanto, quello è l'anatra. Ogni volta che faccio la spesa vado a controllare nel reparto pollame per vedere se c'è, dopo di che devo esercitare tutto il mio autocontrollo per non comperarla, perché purtroppo è un volatile molto grasso e non è quindi adatto a chi come me è in lotta perenne con la linea. Ogni tanto però cedo, e allora parto alla ricerca di ricette nuove da sperimentare.

E' successo così anche questa volta: il copione del venerdì sera mi ha vista dirigermi al reparto pollame della macelleria; ho adocchiato da subito l'anatra e sono anche stata indecisa tra quella intera e quella venduta a metà. Solo che quella intera era proprio bella, l'altra cominciava a presentare qualche segno sulla pelle che non mi piaceva... e insomma, prima che mi rendessi conto di che cosa fosse successo, la mia bella anitra troneggiava nel carrello, mentre io mi dichiaravo pronta a disossarla, che è da un po' che non disosso un volatile.

Avevo già deciso ripieno e tutto, ma una volta a casa mi sono messa pigramente a googolare alla voce anitra ricette, e quando è comparso il link anitra alla pechinese ho fatto una mezza risata: ricetta difficilissima, figurati se mi metto a farla. Per curiosità però ci ho cliccato sopra e ho cominciato a leggere, e a quel punto mi sono resa conto che con quella versione semplificata forse avrei potuto provarci anch'io.
E poi è tornato il freddo a Milano, quindi il balcone, succursale invernale del mio frigo, poteva tranquillamente essere usato per asciugarla.

Per farvela breve, mi sono messa all'opera... e questo è il risultato. Sicuramente un vero cuoco cinese storcerebbe il naso, ma io mi sono detta che è sempre un inizio e comunque prima o poi dovevo pur cimentarmi, no?

lunedì 18 gennaio 2016

Petto d'anatra ai kumquat


Oggi per il Calendario del cibo italiano di AIFB si apre la Settimana degli agrumi, frutti che ci conducono per mano durante tutto l'inverno, regalandoci preziose vitamine e minerali che aiutano l'organismo a superare indenni la stagione fredda.

Gli agrumi sono frutti antichissimi di piante del genere Citrus;  l'uomo li coltiva da 4000 anni, ma le prime notizie circa la loro esistenza risalgono al 2205 A.C.,  nello scritto cinese Tributo a Yu, dove vengono menzionati alcuni agrumi, probabilmente mandarini e pomelo, mentre nell'800 A.C. il Vajaseneyi sambita indiano cita limoni e cedri.

Quello che non tutti sanno, è che gli agrumi che conosciamo attualmente sono il frutto di incroci tra tre specie originarie: il cedro, il mandarino e il pomelo.
L'immagine che riporto, tratta dal blog di Dario Bressanini (che a sua volta l'ha presa da Nature), illustra gli incroci che hanno portato alla creazione di 9 tra le 25 varietà di agrumi ad oggi conosciute.

Immagine da Le Scienze Blog di Dario Bressanini
Mi fermo qui con le notizie generali sugli agrumi, rimandandovi alla lettura del post di Aurelia, ambasciatrice della Settimana a loro dedicata e restringo il campo a quelli che ho scelto per la ricetta che propongo oggi: i kumquat, o mandarini cinesi.

Inizialmente classificati come Citrus Japonica, sono stati spostati nel genere Fortunella Japonica nel 1915, e di recente qualcuno ha perfino messo in discussione la loro appartenenza al genere Citrus. E' però certo che si tratti di agrumi, e al pari di questi ultimi appartengono alla famiglia delle rutacee.
Caratterizzati dalla forma piccola e molto allungata, hanno una polpa molto aspra rivestita da una buccia dolcissima, motivo per cui vengono consumati interi in modo che i due elementi si equilibrino tra loro.
Dal punto di vista nutrizionale sono ricchi di Vitamine C e A, acido folicopotassiomagnesio e calcio e sono  ottimi digestivi se consumati a fine pasto. Sono anche ricchi di carotenoidi e contengono quantità apprezzabili di fibra dietetica, che limita l'assorbimento dei grassi e contrasta la fame nervosa.

Oggi li propongo in una variante della classica anatra all'arancia. Fatto curioso, ho trovato la ricetta in una rivista dedicata alle diete dimagranti. Ero stupita inizialmente vedendo proporre una ricetta col petto d'anatra, notoriamente grasso, ma dopo averne studiato le caratteristiche ho capito il perché! ;-)

venerdì 13 marzo 2015

Torta salata di piccione speziato - quasi Pastilla


Adoro la selvaggina in generale, e faccio fatica a decidere se preferisco quella da pelo o da piuma. Il piccione in particolare, è per me legato a tantissimi ricordi d'infanzia. Ho raccontato qui come da bambina avessi provato a covare un uovo di questo volatile, con scarso successo; ma anche prima di quell'episodio, noi cuginetti ci contendevamo l'onore di buttare il grano alla sera, nella terrazza adibita a piccionaia, per nutrire i piccioni - che durante il giorno volavano liberi - e fidelizzarli a casa nostra. Era divertente vedere la terrazza vuota riempirsi all'improvviso di piccioni, ogni volta che buttavamo una manciata di chicchi di grano presa dal pesante sacco di juta che Nonna Sara sorreggeva per noi. Lei sorvegliava la quantità che spargevamo, ed era sempre con dispiacere che smettevamo, al suo "Basta così".

Tra le ricette a base di piccione che mi sono capitate sotto mano in questi anni, una mi ha sempre affascinata: quella della Bstilla marocchina (detta anche Bastila o Pastilla, e traslitterata nei Paesi anglofoni con Bisteeya), una sontuosa torta salata a base di carne di piccione e spezie, avvolta in pasta Warqua (oggi sostituita dalla fillo) e cosparsa di zucchero a velo.
Ora, se lo zucchero a velo mi è sempre sembrato eccessivo, il ripieno mi ha invece stuzzicato le papille e ho voluto approfittare dell'MTC n. 46, vinto dalla grandissima Flavia con una ricetta di Baci a dir poco strepitosa, che verte sulle torte salate, per provare a realizzarlo.

Oggigiorno nessuno più fa la Bstilla col piccione, che viene comunemente sostituito dal pollo, come suggerisce Claudia Roden. Io però avevo sottomano la ricetta dello Chef Greg Malouf, che richiede 3 piccioni, e "casualmente" tenevo in freezer 4 piccioni, congelati a due a due. Ho deciso di scongelarne una coppia per provare la ricetta, sostituendo il terzo con un galletto, motivo per cui il ripieno della mia torta salata mostra un misto di carne nera e bianca. Col senno di poi, avrei fatto meglio a scongelarli tutti e 4: il mio stampo a fondo amovibile aveva un diametro molto ampio (28 cm), e il ripieno non è bastato a riempirlo completamente. La prossima volta opterò per quello da 24 cm di diametro, che non ho usato questa volta perché non ha il fondo amovibile e temevo di rompere la torta al momento di sformarla.


mercoledì 22 ottobre 2014

Lasagne ai mirtilli con ragù bianco di quaglie ai fichi


Sono reduce da un week-end piacevolissimo ma intenso e da un'apertura di settimana sfibrante, motivo per cui oggi sarò breve.
Molto breve. :-)
Parliamo di MTC, delle lasagne di Sabrina e di uno dei miei abbinamenti preferiti: la selvaggina e la frutta.



A dire il vero io avevo cercato del cinghiale; in difetto, mi sarei accontentata del cervo o del capriolo. Niente. Impossibile reperirli in breve tempo, e siccome sapevo di avere due fine settimana di ottobre impegnati, non potevo aspettare.
Mi sono accontentata delle quaglie, con cui ho preparato un profumatissimo ragù bianco speziato, accompagnato da dolcissimi fichi. La sfoglia è colorata con dei mirtilli frullati, anch'essi perfetti con la selvaggina. Prosciutto crudo per dare sapidità al ragù e croccantezza fuori, et voilà...

mercoledì 26 marzo 2014

Soufflé di piccione con il suo fondo ristretto ai fiori di rosmarino


Questa è l'ultima delle mie proposte per l'MTChallenge di questo mese, vinto da Fabiana che questo mese ci ha sfidati sul soufflé.
L'ispirazione mi è venuta davanti al banco del macellaio, dove facevano bella mostra di se' due piccioni. "Miei!" ho esclamato mentalmente con entusiasmo, ma la richiesta al commerciante è stata fatta in toni più pacati, quasi distaccati, una sorta di "per me fa lo stesso" che celava una bramosia incredibile: adoro infatti il piccione e mentre portavo questi due a casa mi è tornato in mente un episodio della mia infanzia, nell'assolata terra di Sicilia.

lunedì 10 marzo 2014

Paté-Rillette di anatra alle erbe aromatiche


Avevo bisogno di due petti d'anatra per realizzare la ricetta che avevo pensato per Unlamponelcuore; facile trovare i soli petti d'anatra sotto Natale, più difficile trovarli in momenti diversi, come questo. L'anatra intera, quella sì che si trova; i soli petti, no.
Che fare, mi sono chiesta mentre sostavo davanti al bancone macelleria del supermercato, cambio ricetta o compro tutta l'anatra? Di cambiare ricetta non se ne parlava: oramai mi ero fissata, e quella doveva essere. Ho comperato l'anatra intera quindi, ho tolto le piumette rimaste con una pinza, l'ho fiammeggiata, ho scalcato i petti e poi ho guardato la carcassa chiedendole mentalmente cosa voleva che facessi di lei.
La risposta è arrivata un picosecondo dopo: ne farò un paté!

Sono corsa felice a prendere la mia copia de L'ora del paté, il primo libro della collana dell'MTChallenge, e ho cominciato a sfogliarlo.

La ricetta a cui mi sono ispirata è quella di Lucia (Paté-Rillettes di petto d'anatra) ma con qualche modifica, perché, avendo già proposto diverse ricette di anatra all'arancia, stavo cercando qualcosa di diverso (per non parlare del fatto che il petto era esattamente ciò che mancava alla mia anatra J). La ricetta di Lucia in questo senso è perfetta: l'anatra è sì aromatizzata dalla scorza di arancia, ma è essenzialmente cotta con tante, profumate erbe aromatiche. Ecco allora che ho pensato di usare le erbe e omettere l'arancia... e il risultato è stato assolutamente delizioso.

sabato 8 marzo 2014

Petto d'anatra arrosto con salsa ai lamponi, per Unlamponelcuore


Tutto è nato dal commovente post di Anna Maria, che per introdurre una ricetta ha parlato della drammatica storia delle donne di Bratunac, in Bosnia Erzegovina, e del loro faticoso tentativo di tornare alla vita e a una vita dignitosa, dopo che si sono viste portare via e uccidere barbaramente padri, fratelli, mariti e figli maschi - perfino i neonati - e dopo 10 anni di deportazione, il tutto circondato dall'assordante silenzio della vicinissima Europa e dell'ONU, così pronto a intervenire per difendere i diritti umani in Paesi ricchi di petrolio o altri giacimenti importanti per l'economia mondiale.

Ogni anno l'8 marzo trascorre tra retorica stantia, mimose, cene tra donne e spogliarelli con gli emuli dei California Dream Men; qualcuno ci fa ancora gli auguri per il fatto di essere donne (!), cosa che personalmente accetto con un sorriso di plastica sul viso e buona grazia, ma che privatamente ritengo quanto meno surreali; la società dei consumi ci guadagna due soldini, poi tutto riprende come prima.

Quest'anno insieme a un gruppo di food blogger vorrei cogliere l'occasione di questa "festa" ormai datata per parlare di un'iniziativa reale a favore di donne che sono state private di tutto dalla follia di un regime: casa, famiglia, dignità.


Con questa iniziativa, i food blogger che aderiscono a "unlamponelcuore" intendono far conoscere il progetto "lamponi di pace" ella Cooperativa Agricola Insieme (http://coop-insieme.com/), nata nel giugno del 2003 per favorire il ritorno a casa delle donne di Bratunac, dopo la deportazione successiva al massacro di Srebrenica, nel quale le truppe di Radko Mladic uccisero tutti i loro mariti e i loro figli maschi. Per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre devastate dalla guerra civile, dopo circa dieci anni di permanenza nei campi profughi, è nato questo progetto, mirato a riattivare un sistema di microeconomia basato sul recupero dell'antica coltura dei lamponi e sull'organizzazione delle famiglie in piccole cooperative, al fine di ricostruire la trama di un tessuto sociale fondato sull'aiuto reciproco, sul mutuo sostegno e sulla collaborazione di tutti. A distanza di oltre dieci anni dall'inaugurazione del progetto, il sogno di questa cooperativa è diventato una realtà viva e vitale, capace di vita autonoma e simbolo concreto della trasformazione della parola "ritorno" nella scelta del "restare".


lunedì 20 gennaio 2014

Spezzatino di cinghiale in dolce e forte nella zucca, con Biove


Sono reduce da una settimana di "arresti domiciliari" per malattia e sono felicissima di tornare alla vita attiva di sempre, perché se è vero che un po' di riposo non fa mai male, è anche vero che troppo riposo... stanca. :-)
Se non altro durante questo periodo ho meditato a lungo sulla seconda ricetta da proporre per l'MTC di questo mese, che Chiara e Marta del blog La Cucina Spontanea hanno scelto di far vertere sullo spezzatino. Basta minestrine e passati di verdura quindi, che sono stati protagonisti dei miei pasti per tutta la scorsa settimana, e via ad un goloso secondo piatto a base di carne e verdure, cotte a fuoco lento e che hanno riempito la mia casa di profumi primordiali.

Primordiali, sì, perché per la mia seconda proposta ho scelto ancora della selvaggina da pelo, carne di cinghiale questa volta. Mentre riflettevo su come cucinarla, mi è venuto in mente che la mia amica Acquaviva aveva proposto a un MTC passato un coniglio in dolce e forte. Sono quindi andata sul suo blog a cercare la ricetta, ed ecco lì la preziosa annotazione: "Il dolce e forte è una salsa da umido, quindi se lo fai il giorno prima è migliore", seguita dalla ricetta della preziosa, antica salsa. La ricetta contiene anche un'avvertenza: con il dolce e forte evitare di usare il chiodo di garofano. Non lo prevedevo nella mia marinata, meglio così; la riporto ugualmente, ad evitare che qualcuno dei miei lettori commetta questo errore.

Cinghiale in dolce e forte, dunque, soffritto in olio e guanciale, perché la sua carne è molto magra.
E come verdura? Ho scelto la zucca, un ortaggio che sta bene con l'agrodolce, e ho anche scelto di usarla come contenitore per il mio spezzatino. L'idea non è nuova in questo blog, intendiamoci: avevo già fatto uno spezzatino di vitello nella zucca; oggi la ripropongo di nuovo, col cinghiale.
Il pane che ho voluto preparare per accompagnare questo spezzatino è un classico: il Biove di altre due sorelle (tanto per non far sentire sole Chiara e Marta ^_^), Margherita e Valeria Simili.
L'ho scelto per due motivi: il primo è che contiene strutto, un richiamo al guanciale che ho utilizzato per lo spezzatino, e il secondo è che questo pane accompagna alla perfezione qualsiasi menù, con il suo gusto delicato. Chi non riuscisse a procurarsi lo strutto può usare al suo posto del burro chiarificato; sconsiglio il burro semplice perché a differenza degli altri due grassi sopra menzionati contiene circa il 18% di acqua, ed altererebbe quindi l'equilibrio dell'impasto.


lunedì 13 gennaio 2014

Spezzatino di cervo all'arancia con patate, rape e funghi, ed ebelskiver alle erbe aromatiche


Non sapevo davvero cosa aspettarmi dalle Calugi Sisters, vincitrici della scorsa edizione dell'MTChallenge: hanno avuto un mese intero per pensare alla ricetta, realizzarla, fotografarla e metterla on line e devo ammettere che a mano a mano che il 5 gennaio si avvicinava, crescevano in me la curiosità e l'eccitazione per la nuova sfida. Paradossalmente il 5 gennaio me ne sono dimenticata: ero andata via per il week-end e la visita della città mi ha fatto passare di mente che quello era il giorno fatidico. Me ne sono ricordata intorno
alle 15, e ironia della sorte, a pranzo io e l'amica con cui ero partita avevamo parlato di quanto ci piace lo spezzatino; lei aveva scelto appunto questa deliziosa portata per il suo pasto, ed io ero stata tentata di fare altrettanto ma poi avevo optato per altro. Immaginatevi la mia sorpresa quando, verso le 15 appunto, ricordandomi all'improvviso che quel giorno usciva la ricetta della sfida mi sono collegata col Tablet e ho visto che eravamo chiamate a cucinare lo spezzatino!!! Quasi un segno del destino.

Lo spezzatino è una di quelle preparazioni che mi è sempre piaciuta. Mia mamma ce ne fa una versione molto simile a quella pubblicata da Marta e Chiara, e ogni volta noi ci leccavamo i baffi. La cosa curiosa è che anche ai miei nipoti piace tantissimo lo spezzatino di mia mamma, ma guai a chiamarlo con il suo nome! A loro diciamo che sono bocconcini di carne con le patate, perché la parola spezzatino evoca nelle loro giovani menti una preparazione che servivano loro alla mensa della Scuola Materna, e che a giudicare dalle smorfie che fanno ogni volta non doveva essere un granché. Siccome è noto che i traumi infantili rimangono radicati a lungo nella mente, anche adesso che loro sono cresciuti non si parla mai di spezzatino: basta cambiare nome e si leccano i baffi pure loro.

Chiara e Marta hanno scritto che a casa loro una delle poche ricette che non viene mai stravolta è proprio quella dello spezzatino, e che sono curiose di vedere le varie declinazioni che inventeremo noi MTChallengers. Raccolgo volentieri il guanto della sfida, e siccome amo molto la selvaggina il primo spezzatino che propongo contempla la carne di cervo.

martedì 24 settembre 2013

RAVIOLE DEL PLIN MOUSSAKA-STYLE

Dopo una pausa di 2 mesi (che almeno per me ci voleva) l’MTC è ricominciato alla grande, con una splendida ricetta della tradizione langarola propostaci da quel mito di donna che è Elisa, la vincitrice della scorsa edizione. Elisa ci ha sfidate sulle raviòle dël plin, ravioli di dimensioni molto piccole, preparati con una sfoglia all’uovo molto sottile e sigillati con un pizzicotto, che in dialetto piemontese si dice appunto plin.

Una sfida nella sfida per me, che avendo poca manualità mi cimento molto raramente nelle paste ripiene. Intendiamoci, l’attrezzatura ce l’ho tutta: asse per impastare, mattarello lungo 1 metro, raviolatrici di diverse fogge e dimensioni; quello che mi manca spesso è la voglia di cimentarmi, perché le paste ripiene sono una di quelle rare preparazioni lunghe, la cui preparazione mi spaventa. La cosa è veramente strana, perché questo blog è pieno di preparazioni estremamente lunghe e io me la spiego solo con la mia scarsa manualità, per l’appunto. 

Ma Elisa ci è venuta incontro con una ricetta molto dettagliata, una sequenza fotografica puntuale e un meraviglioso video che mostrava passo passo come fare, così ho impastato la mia sfoglia, ho preso in mano il mattarello e mi sono lanciata.

Le prime raviole, diciamolo, erano proprio bruttine.


Piano piano ho cominciato a farci la mano e hanno cominciato ad assomigliare di più alle raviole di Elisa, solo che erano un po’ troppo grosse. Cioè, misuravano i 2 cm richiesti dal regolamento, ma quella è la misura massima e io avevo letto che alcuni le fanno piccole come l’unghia di un pollice.


A mano a mano che proseguivo ho capito come dovevo fare ed ho ottenuto delle raviole piccine, proprio come volevo io.


E quindi ancora una volta vorrei ringraziare Elisa e l’MTC per avermi insegnato qualcosa di nuovo.

venerdì 28 giugno 2013

Charleston Salad Nr. 2


Chiedo scusa a Leo perché lo sto costringendo, in un Emmetichallenge affollato di insalate, a vedere due volte la stessa ricetta.
Il fatto è che non mi andava, per la semplice dimenticanza dei crostini, di andare fuori
concorso: questa è un'insalata che avevo davvero pensato e studiato nei minimi dettagli.

Per farmi perdonare ho fatto qualche variante: ho sostituito gli spinaci baby con cuore di lattuga romana e cuore di radicchio di Chioggia in parti uguali; ho eliminato la maggiorana, che mi serviva a dare freschezza al sapore “scuro” degli spinaci, mentre ho mantenuto basilico e menta nella chiffonnade, perché questi due sapori abbinati stanno benissimo e puliscono il palato.
I crostini sono stati dorati nell’olio extravergine di oliva senz’aglio.
Il resto è tutto uguale, marinatura della carne nella salsa ricavata dalla demi-glace compresa (stavolta ce l’avevo già pronta). Purtroppo ho dimenticato il petto d’anatra in forno e si è cotto un po’ troppo e volete sapere una cosa? Stavo per scordarmi di mettere i crostini anche stavolta, me ne sono resa conto dopo aver scattato due o tre fotografie!!! Secondo me il mio subconscio non ne voleva sapere… :-)

Alla prova assaggio mi sono detta che era ancora più buona della prima!!!

lunedì 24 giugno 2013

Charleston Salad


Leo, vincitore dell'Emmetichallenge di maggio, ci ha sfidati questo mese sulla cucina della Belle Epoque declinata in un'insalata. Lui ha presentato una Caesar Salad, lasciandoci però liberi di reinterpretare la ricetta, rimanendo però fedeli al tema.


Pensando alla Belle Epoque mi è venuto in mente il Charleston, ballo nato in quel periodo nel porto dell'omonima città della Carolina del Sud. 
Diventato popolare nel 1923 quando il pianista compositore James P. Johnson ha composto  "The Charleston" per lo show Running Wild di Broadway, si diffuse molto velocemente. 
I passi di questa danza, studiati da Kathryn Wilson per lo show sopra nominato, dapprincipio seguivano un ritmo più lento, eseguito in coppia; quando però da Broadway il ballo approdò ad Harlem nacque una nuova versione, più veloce, che ad oggi è anche la più conosciuta. A ciò si aggiunga l'abitudine delle flappers, ragazze che ballavano il Charleston da sole o in gruppo tra loro per sfidare i "drys", fautori del rigore e del proibizionismo, e abbiamo davanti agli occhi il lato ribelle di un periodo storico che stava cercando in tutti i modi di dimenticare gli orrori della Prima Guerra Mondiale, ancora ignaro di essere solo un breve interludio.



Pensando quindi alla voglia di spensieratezza e di divertimento sfrenato che ha caratterizzato il periodo tra le due guerre e al Charleston che mi pare dia il ritmo di questa epoca, mi è venuta voglia di dedicargli un'insalata. A dire il vero prima ho verificato che non esistesse già un'insalata con questo nome e a quanto pare non esiste: molto bene, la invento io. :-)

Avevo in freezer del fondo d'anatra e della salsa spagnola, oltre a un bel petto d'anatra intero, che ho pensato di utilizzare questa preparazione. Peccato che l'abbia cucinata venerdì prima di partire per Genova, dove ero stata invitata a partecipare a Sapori da Sfogliare in partnership con Città dell'Olio: ho montato il piatto, l'ho fotografato e mangiato, e solo arrivata a metà alzando la testa ho visto il piatto di crostini in attesa di essere cosparsi sull'insalata. :-S 
Non so se i giudici me l'accetteranno quindi: è una Charleston Salad coi crostini scappati...