Visualizzazione post con etichetta gluten-free. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gluten-free. Mostra tutti i post

mercoledì 29 luglio 2020

Maionese alla birra


Non ho mai amato particolarmente la maionese fatta in casa: trovo che abbia un fastidioso retrogusto di uovo, che me la rende invisa. 
Non che io consumi così tanta maionese, intendiamoci, ma le volte che mi capitava preferivo mille volte comprarla che non farla, a dispetto del fatto che con un buon frullatore - anche a immersione - la maionese si fa in un attimo.

Durante il lockdown però avevo tantissimo tempo a disposizione, complice il fatto che sono stata messa in cassa integrazione, e per ingannare il tempo ho preparato di tutto, compresa la maionese. Una maionese diversa, però: innanzi tutto perché ho sostituito il succo di limone con una birra chiara, dal sapore delicatamente agrumato, e poi perché provato a farla anche partendo dalle uova sode anziché dai tuorli crudi. Del limone però ho usato la scorza grattugiata, che dà freschezza e un aroma delizioso.

Vi dico subito che i tuorli crudi danno una maionese più densa rispetto alle uova sode (usate intere), probabilmente per qualche cambiamento chimico-fisico dato dalla cottura; il risultato però è davvero buono, una maionese buona e particolare, con un leggero retrogusto amaro dato dalla birra, ma che si abbina praticamente a tutto.

In rete circola una sola ricetta di maionese alla birra, che prevede di far bollire una lattina di birra fino a ridurla a 200 ml, prima di farla raffreddare e unirla alla maionese. A me questo procedimento non piace: innanzi tutto perché con l'ebollizione vanno perduti tutti gli aromi secondari del luppolo, siano essi agrumati, balsamici, fruttati o altro, e in secondo luogo perché si concentrano le sostanze amaricanti del luppolo, dandoci un concentrato molto amaro che a mio avviso risulta fastidioso nella maionese. Tra l'altro in una maionese di 2 uova non ci andrebbero certo 200 ml di succo di limone o aceto, quindi perché diluirla con 200 ml di birra? 

Ho pertanto sviluppato la mia versione, usando la birra così come esce dalla bottiglia, e usandone molto meno. Il risultato è una maionese delicata, dove il retrogusto di birra è appena percettibile, e che accompagna alla perfezione sia il classico hamburger e patatine, sia altre preparazioni che la prevedono, prima fra tutte l'insalata russa.

Quale birra?
Nella foto ho usato una Birra Messina Cristalli di Sale, dal delicato retrogusto agrumato; ho provato a farla anche con la Ichnusa Non Filtrata, e mi è piaciuta ancora di più. Usate una birra lager chiara, dall'amaro non troppo pronunciato (niente Beck's, per intenderci) e partite da lì per le vostre sperimentazioni: se volete provare con qualcosa di più amaro potete inserire una Lagunitas IPA (ma l'amaro deve piacervi proprio tanto!), se volete un "kick" alcolico usate una Strong Ale come la Boucanier, la Bulldog o la Hopus; se preferite una maionese più aromatica e delicata scegliete una Weissbier (Erdinger Hefeweizen, Paulaner Hefeweizen, Birra Moretti La Bianca) o una Bière Blanche (Blanche de Bruxelles o Blanche de Silly), dall'aroma agrumato e speziato e dall'amaro molto contenuto. L'importante è che la birra sia buona e fresca (controllate sempre la data di scadenza).

domenica 26 luglio 2020

Red Rice Gullah ai gamberoni


Scroll down for English version

MTC Taste the World è l'evoluzione dell'MTChallenge, e parte dall'assunto che il cibo è l'espressione culturale di un popolo; come scrive Alessandra nel post linkato sopra, "intorno a noi c’è un mondo fatto di tante voci e tanti sguardi, ognuno portatore di una propria eredità, di un proprio patrimonio e per questo meritevole di essere ascoltato, conosciuto, compreso."


L'esordio di questo nuovo, entusiasmante corso della sfida riguarda il Red Rice dei Gullah Geechee, di cui ho parlato qui e su cui anche Alessandra si è soffermata a lungo (qui trovate tanti articoli e video di approfondimento) e la sfida si articola in due parti: una in cui riproponiamo la ricetta tale e quale, per "entrare" nel piatto e nella cultura che esprime, e una prova creativa in cui reinterpretiamo il piatto, senza però tradire le sue origini e il suo significato.

Per la prova creativa i miei colleghi hanno elaborato dei piatti meravigliosi, con interpretazioni splendide e originali. Io invece mi sono trovata fin da subito a corto di idee: affascinata dalle origini del piatto e dalla cultura che ci sta dietro, sono stata presa dal sacro timore di profanarlo con i miei estri pindarici; d'altro canto, c'è un'altra ricetta Gullah che mi ha letteralmente stregato, i Louisiana Barbecue Shrimps secondo la ricetta di Toni Tipton-Martin, e ogni volta che pensavo al Red Rice, non potevo fare a meno di pensare a quei magnifici gamberoni. 

Mi sono fustigata a lungo rimproverandomi per la mia mancanza di idee, finché non mi sono resa conto che in realtà io un'idea ce l'avevo, ed era proprio quella di unire queste due ricette, fondendole in un unico piatto. Naturalmente ho aggiustato le dosi di burro nella ricetta dei gamberi, per evitare di trovarmi con un brodo troppo unto. Ho inoltre aggiunto una bisque, preparata con le teste dei gamberi, per avere una quantità sufficiente di brodo.

Una facile via d'uscita? Sicuramente. Però ragazzi, questo riso è così buono che per capirlo bisogna provarlo.

English
MTC Taste the World is the natural evolution of MTChallenge, and has as a starting point the assumption that food is part of the cultural expression of a population; as Alessandra says in the above-linked post, "there is a World all around us, made of many voices and many outlooks, each one the bearer of its own heritage, which makes it worthy of being listened to, known and understood ."


The very first challenge of this enthusing new project is Gullah Geeche Red Rice, (more about it here and here) and our task is divided into two parts: during the first part we prepare the dish according to the original recipe, so as to "understand" the dish and the culture it expresses, and a second part where we reinterpret the dish, without losing sight of its origins and its meaning. 

In the creative part, my co-workers in challenge have come up with wonderful dishes, giving fantastic and original interpretations of Gullah Red Rice. Contrary to them, I found myself without the merest trace of an idea from the beginning: overawed by the dish origins and the culture that lies behind it, I've been gripped by the fear of profaning it with my own interpretation.
On the other hand, there's another Gullah recipe that bewitched and besotted me beyond belief: Toni Tipton-Martin's recipe of Louisiana Barbecue Shrimps
Every time that I thought of Red Rice, I couldn't help seeing those wonderful barbecue shrimps on top of it, creating a unique entity.  

I have long been lashing at myself for my lack of ideas, until I realized that this was indeed an idea: merging the two recipes in a single dish wasn't so bad, after all. Of course I adjusted the quantity of butter in the shrimp recipe, so as not to have a greasy stock; similarly, I adjusted the salt in the final rice recipe. I also added a bisque, by way of obtaining more stock.

An easy way out? Sure. 
But boy, this rice is so good, that I beg you to taste it, before looking askance at me. 

venerdì 17 luglio 2020

Pesto genovese classico e variante eretica


L'erba aromatica che preferisco in assoluto è senz'altro il basilico, con il suo profumo penetrante che sa di primavera. Lo adoro in tutte le salse, 😏è il caso di dirlo: ne ho estratto la clorofilla e l'essenza per un olio aromatico, l'ho usato nei dolci (anche qui e qui), nelle zuppe, nei risottinella marmellata, nella gelatina, nel favoloso pesto al cioccolato e basilico di Paul A. Young e in un milione di altre preparazioni. E naturalmente, in primavera-estate preparo molto spesso lui, il pesto genovese, un condimento superbo che fa di un semplice piatto di pasta, un piatto da re. 

Mi sono accorta solo adesso di non averne mai pubblicato la ricetta: rimedio subito, perché è davvero un peccato non averla sul blog. La ricetta è quella di un caro amico genovese DOC, Federico Olimpo del blog Il Preboggion: la seguo da anni con grande soddisfazione. Fedo ha inserito le dosi per 1 kg di pesto mentre io le ho ridotte a 100 g, perché faccio fatica a procurarmi 350 g di foglie di basilico. 

Gli accorgimenti per fare il pesto sono pochi, ma fondamentali. Fedo sottolinea che il basilico è importantissimo: dovrebbe essere quello di Pra, raccolto quando le foglie sono piccole, tenere e non più di sei. La pianta poi va estirpata, radici comprese, altrimenti le foglie che ricresceranno saranno dure e dal sapore di menta. Io naturalmente li disattendo tutti, molto puntualmente: uso tutte le foglie di basilico che mi capitano sotto mano, solitamente quelle più grandi, e pazienza se sanno di menta. Mi guardo bene dall'estirpare le piante, che coltivo in vaso con grande cura, e quando in autunno mi muoiono mi sento in lutto: significa che la bella stagione è terminata e che mi attendono i lunghi mesi invernali, bui e freddi. Il pesto teme anche il calore: non solo non va mai cotto, ma anche nel prepararlo occorre fare molta attenzione a non surriscaldarlo. Per questo è preferibile prepararlo nel mortaio (ci vuole un quarto d'ora circa), ma se si ha fretta o non si dispone di un buon mortaio, va bene anche il frullatore a immersione. Meglio in questo caso tenere la parte con le lame in frigorifero fino al momento di fare il pesto, e frullare il più brevemente possibile, per evitare che si surriscaldi e si ossidi. Last but not least, mai allungare il pesto genovese con formaggi molli come la ricotta: è una salsa dal gusto delicato, specialmente se non si esagera con l'aglio, perché diluirne il sapore?   

Il pesto genovese è una religione insomma, ma come tutte le religioni ha i suoi eretici e io, ahimè, sono tra questi: talebana con le preparazioni siciliane, mi prendo delle licenze con quelle degli altri e il pesto genovese non fa eccezione. A dire il vero la mia variante eretica (che preparo solo ogni tanto) rimane entro i confini dei profumi tradizionali liguri: agli ingredienti classici aggiungo le foglie di un rametto di maggiorana, che regala al pesto una nota aromatica particolare a mio avviso deliziosa. Tutto qui, ma se avete voglia di provarla sappiatemi dire. A casa mia piace veramente tanto. 😇

giovedì 23 aprile 2020

Quaglie farcite ai petali di rosa - MTC Smart


L'MTC Smart di questa seconda metà del mese di aprile si sta rivelando molto divertente e stimolante: si tratta di prendere una ricetta di pollame che sia rigorosamente straniera, e di reinterpretarla in modo che, sebbene all'apparenza si tratti proprio di quella ricetta, il piatto in realtà sia diverso. 
Fin da quando è stato lanciato il tema della sfida ho avuto due idee: una soft, che presento oggi, e una più spinta, su cui sto ancora lavorando. E che le mie variazioni sul tema di oggi siano state giocoforza soft, è richiesto dalla ricetta stessa che ho scelto: le Belderchineh too por (quaglie farcite ai petali di rosa) della tradizione culinaria persiana, la cui ricetta ho preso dal libro Pomegranates and Roses di Ariana Bundy. L'Autrice precisa che in Iran, dove le pietanze farcite sono molto diffuse, si usa sempre il riso nella farcia (mai il pane), a cui vengono uniti frutta, semi e verdure. Questa è l'immagine del piatto pubblicata sul libro:


Tre erano le aree di intervento possibili per dare un twist diverso alla ricetta (a dire il vero erano 4, avrei potuto modificare anche la farcia, ma ci tenevo a provare una farcitura con il riso): le spezie, il brodo e la frutta secca. Sulle spezie onestamente non me la sono sentita: l'aroma centrale della ricetta è quello dei petali di rosa, a cui non volevo rinunciare, e sconvolgere l'equilibrio delle spezie della ricetta tradizionale mi sembrava inutilmente rischioso. Le mie modifiche pertanto si sono concentrate sul brodo di pollo (ho reinterpretato una ricetta di brodo aromatico di William Ledeuil con gli ingredienti che avevo in casa) e sulla frutta secca (nella ricetta originale, cranberry e ciliegie disidratate). Inoltre ho omesso, nella farcia, l'aglio e lo zucchero.

Ma andiamo con ordine: il brodo di pollo di Ledeuil prevedeva l'uso di aromi diversi da quelli a cui siamo abituati noi: citronella (lemongrass), peperoncino bird's eye e galanga fresca. Non disponevo di lemongrass e non avevo nemmeno la possibilità di procurarmelo in tempi brevi, quindi l'ho sostituito con 2 piccoli gambi di coriandolo, di cui ho una bella pianta in balcone, e la scorza di un limone che ho messo in infusione a fine cottura del brodo. Non avevo nemmeno la galanga fresca, ma avevo quella essiccata e l'ho adoperata. Il peperoncino bird's eye lo avevo, ma non ho voluto utilizzarlo, né lui, né altri peperoncini meno forti, per rispettare l'equilibrio della ricetta, che come unica nota piccante prevede quella del pepe bianco.

Sul fronte della frutta secca le ciliegie sono state sostituite da altrettante albicocche secche, mentre al posto dei cranberry (che non sono riuscita a trovare, meno che mai le bacche di crespino) ho usato dei lamponi freschi che ho disidratato al microonde, quindi raschiato e compattato con le dita leggermente inumidite, formando tante piccole "pepite" acidule. 

Chiaramente l'apporto aromatico dato dal brodo è stato  ben più decisivo di quello della frutta secca, ma anche questa, unita al fatto che ho rinunciato all'aglio e allo zucchero nella farcia, ha contribuito a creare un piatto diverso dall'originale, anche se devo ammettere che non so quanto tale differenza sia sostanziale; questa ricetta potrebbe in definitiva essere fuori tema, nel qual caso pazienza: la volevo comunque provare, e per l'MTC mi rifarò con l'altra, che è decisamente più innovativa (sempreché i miei esperimenti funzionino 😅).

venerdì 3 aprile 2020

Capricciosa di verdure in agrodolce


Mia sorella è sempre stata piuttosto schizzinosa a tavola e non mangiava volentieri le verdure. Non sto parlando dell'età infantile, quando è difficile far mangiare le verdure a quasi tutti i bambini, ma degli anni successivi: anche da adolescente e da giovane donna non amava le verdure, che ha riscoperto solo dopo essere diventata mamma ed essersi piegata alla necessità di far mangiare i suoi bambini in modo sano ed equilibrato. Mia madre si è quindi trovata a dover inventare mille modi per far mangiare verdure alla sua piccola, una sfida non da poco che perdeva quasi sempre. 

Un giorno  si è messa a buttare in pentola un po' di verdure - non dico a caso, ma quasi - per cercare di fare un contorno che potesse risultare gradito anche a lei. Quando lo ha assaggiato, mia sorella ha chiesto: Come si chiama? Dopo un attimo di esitazione, mia madre ha risposto: Capricciosa di verdure. L'ironia deve essere sfuggita alla diretta interessata, che se ne è servita ancora, commentando: Buonissima.

Mia madre ha la cucina sulla punta delle dita: laddove io ho bisogno di dosi precise e di un procedimento ben strutturato, lei cucina a sentimento e mette in tavola dei piatti da leccarsi le dita. Quando le chiedo una ricetta, me la dà elencandomi solo gli ingredienti, e le dosi sono sempre "un pochino", "una manciata", "qualche", come facevano le donne di una volta, che cucinavano a occhio e riuscivano sempre.

Avevo fatto una bella spesa di verdure con l'idea di non uscire più per 15 giorni, e davanti a tanta abbondanza mi è venuto in mente che avrei potuto preparare una Capricciosa. Sono andata a recuperare le note sul cellulare, dove avevo annotato il procedimento un paio di anni fa, quando mia madre la stava preparando davanti a me, e ci ho trovato le tipiche indicazioni generiche: soffriggere la cipolla, aggiungere prima questa e poi quella verdura...
Nella mia spesa monumentale non erano state comprese le zucchine, quindi non le trovate in foto, ma ci vanno e ci stanno bene. 

Posso solo dirvi di provare a farla, questa Capricciosa di verdure: ricorda un po' la caponata trapanese ma è più leggera, perché le verdure non vengono fritte. Ed è di una bontà incredibile, parola di Apple Pie!

lunedì 30 marzo 2020

Chutney di mango


Da Wikipedia: i chutney sono un condimento tipico della cucina asiatica, composto da frutta o verdura e spezie. Condiscono e accompagnano i piatti principali, sia a base di carne, sia di riso, e le verdure. In alcuni casi durante la preparazione si tostano per alcuni minuti le spezie in modo da far loro aromatizzare gli altri ingredienti; l'aggiunta di zucchero e aceto conferisce in genere ai chutney un sapore agrodolce, ma la prevalenza degli uni o degli altri elementi fa sì che esistano chutney salati e chutney dolci. I chutney possono essere sia umidi, sia secchi, e possono avere una consistenza grossolana o fine. La parola indiana चटनी, caṭnī, si riferisce indistintamente ai preparati freschi e marinati, con conserve spesso zuccherate. Diverse lingue indiane usano la parola solo per i preparati freschi.

Dalla Apple Pie di Mary Pie: i chutney sono stati una scoperta meravigliosa, ricca di sapori e di aromi, che ho scoperto tardi, ahimè, ma a cui da allora non rinuncio. Quelli che preparo io sono agrodolci e piccanti, e li uso per dare un po' di sprint a carni di pollo o di maiale.

La ricetta che segue è fatta con il mango, frutto che adoro, ed è del bravissimo chef Jamie Oliver.


venerdì 14 febbraio 2020

Fondo bianco di vitello (Martha Stewart)

Immagine presa da qui
Chi mi conosce appena un poco sa quanto sia grande la mia passione per i fondi; come sono solita dire, si tratta di preparazioni di base estremamente umili, ma che se ben fatte daranno a risotti, sughi, arrosti e zuppe tutto un altro sapore.
Sono anche molto comodi: possono infatti essere preparati in anticipo, porzionati e congelati, in modo da trovarseli già pronti al momento opportuno. Ricordatevi di etichettare i contenitori (apponendo le etichette sul lato del contenitore, dove sarà più facile leggerle che non sul coperchio) indicando anche la data della preparazione: non teneteli in freezer per più di 3 mesi.

Questo post era nelle bozze del blog da qualche anno, in attesa che mi decidessi a fotografare questo benedetto fondo bianco, una volta e per tutte. Me ne ero completamente dimenticata a dire il vero, ma nei giorni scorsi ho messo mano alle etichette blog. Lavoro non ancora finito, beninteso, ma che mi ha portata a cliccare per errore sul tasto "pubblica" anziché "torna alla bozza". Non appena me ne sono accorta ho rimediato, ma troppo tardi: un'amica, Edvige, l'aveva visto e, non avendolo più trovato, mi ha scritto in privato per chiedermi dove fosse. Le ho promesso che alla prima occasione l'avrei rifatto e fotografato, ma oggi ho cambiato idea: ho preso un paio di foto dal web (ripromettendomi, come avevo fatto con l'arrosto farcito ai carciofi, di sostituirle con le mie alla prima occasione) e ho pubblicato il post.

I fondi sono per molti ma non per tutti, me ne rendo conto. Non sono "glamour", non attirano come biscotti o torte, ma per chi li ama sono insostituibili.

Pochi sono gli accorgimenti da seguire per preparare un buon fondo:
  1. Usare sempre ingredienti freschissimi e di ottima qualità; le verdure devono avere il giusto grado di maturazione, per dare il massimo del sapore.
  2. Non salare mai il fondo: si tratta infatti di una base e non deve alterare l'equilibrio salino delle pietanze a cui sarà aggiunto.
  3. Tagliare le verdure in pezzi regolari, per favorire il rilascio di tutte le sostanze nutritive (vitamine a parte, naturalmente: quelle ce le giochiamo con la lunga cottura).
  4. Schiumare spesso, specialmente nella prima fase di cottura: le impurità che verranno a galla lo intorbidirebbero, senza aggiungere niente al sapore, ma anzi affaticando la digestione.
  5. Privare per quanto possibile le ossa del midollo, tenendolo da parte per altre preparazioni (il risotto alla milanese, ad esempio).
  6. Usare una pentola da zuppa, pesante e dal fondo spesso, più alta che larga: in questo modo evaporerà meno liquido durante la cottura.
  7. Controllare che tutti gli ingredienti siano sempre immersi nel liquido; se necessario, aggiungere durante la preparazione altra acqua calda.
  8. Far sobbollire appena il fondo, per non intorbidirlo.
  9. Non prolungare i tempi di cottura oltre quanto prescritto dalla ricetta: il rischio è quello di ottenere un brodo amaro!
La ricetta che vi propongo oggi è quella del classico fondo bianco di vitello. L'ho presa dalla Scuola di cucina di Martha Stewart, che mi ha già dato enormi soddisfazioni con il fondo bruno e la glace de viande. Anche in questo caso non sono stata delusa.

lunedì 10 febbraio 2020

Spiedini di pollo alla turca


Ogni anno in febbraio qualcosa si smuove dentro di me: le giornate si allungano visibilmente, le temperature rimangono spesso piuttosto basse (e il fatto che quest'anno non sia esattamente così è la classica eccezione che conferma la regola), decido che ne ho abbastanza dell'inverno e comincio a cercare ricette che mi ricordino la bella stagione. 
I miei lettori mi perdoneranno quindi, se ho eccepito sulla stagionalità andando a cercare dei pomodori: quelli di Pachino sono in ogni caso coltivati in serra, e il loro sapore dolce e pieno mi ricorda l'estate.

Questi spiedini, marinati per una notte nello yogurt aromatizzato con aglio, cipolla e spezie, quindi cotti sotto al grill (oh come anelo i barbecue estivi!), costituiranno un delizioso secondo piatto per il pranzo della domenica: più informali di un arrosto, hanno gusto da vendere e fanno sognare i luoghi esotici che ne hanno concepito la ricetta. Basta chiudere gli occhi e ci si trova nel cuore di Istambul, con il suo allegro vociare e i suoi profumi speziati.

Buon appetito.


lunedì 29 aprile 2019

Salse Guacamole e Pico de Gallo


Ieri sera ho preparato una cena Tex-Mex a base di tacos, accompagnati dalle tradizionalissime salse Pico de Gallo e Guacamole. Si tratta di due salse molto semplici e veloci da realizzare, assolutamente deliziose.
Gli ingredienti di entrambe sono di facile reperibilità: anche le foglie di coriandolo oramai si trovano senza troppe difficoltà: perfino nella ridente città dormitorio in cui risiedo, le vendono al mercato e sul mio balcone una piantina non manca mai (nel senso che ne ho seminata una qualche anno fa, e da allora ogni anno in primavera spuntano le piantine nuove). Se non doveste trovarlo o non dovesse piacervi, sostituitelo con altrettanto prezzemolo: non è proprio la stessa cosa, ma direi che non muore nessuno. 😅 

Perfette per accompagnare i tacos o da gustare con i nachos, io le trovo ottime anche per gli aperitivi e gli antipasti che prevedono tante cosine sfiziose: secondo me sono le cene migliori!

lunedì 1 aprile 2019

Piovra stufata con salsa di lime, olive e rucola - FMD F3

Immagine presa da cooked.com
Riprendo le pubblicazioni dopo un periodo denso di avvenimenti, non tutti piacevoli, che mi hanno tenuta lontana dal web e in parte anche dai fornelli. 
Sabato al mercato ho visto una bellissima piovra e non ho resistito: la piovra è ammessa nella Fase 3 della dieta del Supermetabolismo, sarebbe stato un peccato non prenderla. Arrivata a casa però mi sono chiesta se ci fossero altri modi di gustarla che non semplicemente in umido con i pomodorini, come la faccio di solito. Ho sfogliato il bellissimo libro dello Chef Nathan Outlaw, Fish Kitchen, e sono incappata in questa ricetta facilissima e diversa dal solito.

Siccome va bene riprendere a pubblicare, ma anche a fotografare no, 😂 ho pensato bene di usare la foto del libro. L'ho trovata on line su cooked.com e ve la beccate in tutta la sua sfacciataggine, con tanto di scritte sopra. 😃 Sappiate che era buonissima, oltre che davvero facile.

lunedì 21 maggio 2018

Pesto di foglie di carota - FMD Fase 3


Il primo indicatore che la bella stagione è tornata, per me ogni anno è vedere esposti al mercato i primi mazzi di carote novelle con il loro bel ciuffo rigoglioso di foglie verdi. Non vado particolarmente matta per le carote, tranne in questa stagione: tenere, croccanti, deliziose... e con in più quella magnifica criniera di foglie tenere e gustose.

La primavera è anche la stagione che invita più di ogni altra a depurare l'organismo dalle tossine accumulate durante il freddo inverno - e il cielo sa quanto sia stato freddo quest'inverno, con il colpo di coda (per me un colpo di grazia!) di Burian, in marzo.

Cogliendo al volo il desiderio di depurazione profonda ho ripreso la mia amata FMD (Fast Metabolism Diet, o dieta del metabolismo superveloce), che più che una dieta è un vero e proprio stile di vita, sano ed equilibrato. La sua ideatrice, la Dott.ssa Haylie Pomroy, raccomanda di abbracciare la propria cultura e celebrarla anche con il cibo, istanza che ho parimenti colto al volo per modificare la nota ricetta del pesto di foglie di carota, rendendola adatta alla FMD.

La ricetta che segue è perfetta per la Fase 3, quella che consente il consumo di abbondanti grassi sani: possiamo gustare questo meraviglioso pesto a cena, insieme a una pasta integrale di kamut o segale, oppure a pranzo, spalmato sulle melanzane grigliate o come condimento delle verdure di fase.

Se non seguite la FMD potete tostare leggermente mandorle e semi di girasole e sostituire il lievito alimentare in fiocchi con altrettanto Pecorino grattugiato.

mercoledì 25 aprile 2018

Tortilla di patate classica


Niente Mai, non ce l'ho fatta. 😩
Non ce l'ho fatta e sono mortificata.
Avrei voluto tirare fuori qualcosa di eclatante dal cappello a cilindro, ma il mio povero neurone è nel frullatore da qualche mese a causa del cambio di lavoro, e la mente non è riuscita a partorire niente di particolare: idee banali a iosa, ma nulla che fosse degno di chiudere la mia partecipazione all'ultima sfida dell'MTChallenge, così come lo abbiamo conosciuto da giugno 2010 ad oggi.

Devo dire che sono anche molto delusa da me stessa: ero decisamente più avanti 8 anni fa che non adesso, e se oggi quelle foto tremende mi fanno sentire a metà tra l'orrore e la tenerezza, devo constatare che per quanto sia cresciuta in cucina, la mia creatività è rimasta decisamente indietro.


Presento solo la tortilla classica quindi, forte dello studio del tuo bellissimo post, unito a quello della Tortilla Chips di Ferràn Adrià e alla Tortilla di Omar Allibhoy.
Le ho cucinate e gustate tutte e tre, e alla fine ho realizzato un misto tra le tre tecniche: differenze minime (frittura previa delle cipolle, riposo di mezz'ora delle patate fritte nel composto di uova sbattute e aggiunta dell'ultimo uovo appena prima della cottura in padella).
Ah, e ho dovuto comperare una padella del diametro di 15 cm, per poter fare la mia monodose: adesso possiedo 18 padelle, e considerando che friggo pochissimo, non mi spiego una quantità del genere. Ma si sa, melius est abundare, quam deficere...


Ho scoperto che hai ragione tu: la tortilla deve avere l'interno cremoso, se è troppo asciutta non è così buona (e se fai cuocere troppo la tortilla chips, peggio che andar di notte). Inoltre, dopo aver assaggiato la tortilla fatta da te, sono felicissima di poterla realizzare anch'io a casa mia!


lunedì 29 gennaio 2018

Torta al cioccolato e nocciole



Hai voglia a preferire di cucinare i salati: quando vai fuori, quello che ti chiedono è sempre un dolce. Questo dolce è nato nella mia cucina quasi per caso, ma è subito entrato nella hit parade di famiglia: ogni volta che mia madre ha ospiti, mi chiede di prepararlo.
Questa volta era destinato a un pranzo con dei cugini: telefonata di rito per decidere il menù, poi mia madre mi ha chiesto due cose: la ratatouille (in barba alla stagionalità 😄) e questa torta. La scusa ovviamente (per la torta, non per la ratatouille) era che è facilissima da fare e abbastanza veloce, un classico della filosofia del "minimo sforzo per un massimo risultato".

Ovviamente quando dico che la ricetta è nata nella mia cucina quasi per caso, non intendo dire che l'ho inventata io: la chiarissima ispirazione è la Chocolate Pistachio Cake dell'inossidabile Nigella Lawson. Semplicemente, avevo terminato la farina di pistacchi ma avevo bisogno di smaltire della farina di nocciole. Mi sono limitata a sostituire la frutta secca che è alla base della ricetta, e per aromatizzare la glassa ho usato del caffè solubile al posto dell'acqua di fiori d'arancio. Tutto qui. Il risultato è a mio avviso meno raffinato dell'originale nigelliano, ma l'abbinamento cioccolato-nocciole-caffè è sempre valido, e in questa tenerina è esaltato al massimo.

Il pranzo che ha originato questo ennesimo rifacimento alla fine  è andato in fumo: il marito della cugina si è purtroppo ammalato, ma io la torta l'avevo già fatta. Saputolo, mia madre mi ha prima timidamente chiesto che cosa ne avrei fatto, e quando ho risposto che l'avrei consumata pian pianino a colazione in settimana (colossale bugia: con tutta probabilità l'avrei terminata tutta entro mercoledì, in barba alla dieta e ad ogni altra considerazione razionale sull'eccesso di grassi e zuccheri) mi ha chiesto di portarne un pezzo da loro. Cosa che, sia chiaro, avrei fatto a cuor leggero se non fosse per il fatto che mio padre è diabetico e, manco a dirlo, golosissimo di dolci, specie se al cioccolato.
Poi ha preso il coraggio a due mani, e: "Sai, ho parlato alla Leda di questo dolce: le ho detto 'la Mapi fa una torta così buona che non si può smettere di mangiarla, la prossima volta che la fa te ne porto un pezzo'. Però non portarla tutta, no, tienine un po' per te.".
Infine, la stoccata finale: "Il lunedì vado sempre dalla Sofia (una carissima amica gravemente malata) e porto qualcosa da mangiare per lei ed Antonio: farò una teglia di lasagne apposta per loro, e magari potrei portare anche un po' di questo dolce...".

Insomma, avete capito come è andata a finire. 😂
Se non altro però, il fatto che il dolce potesse essere presentato anche smembrato mi ha consentito di fotografarlo. La ricetta è essenzialmente quella di Nigella, ho solo modificato leggermente il procedimento. Però siete avvertiti: una volta che la presenterete, non avrete scampo: vi chiederanno sempre e solo questa.

venerdì 18 agosto 2017

Liquore di fichi d'India - Giornata Nazionale di liquori e sciroppi


Oggi il Calendario del cibo italiano celebra la Giornata Nazionale di Liquori e Sciroppi: potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di ripubblicare la ricetta di un liquore tipico della mia terra, fatto per giunta con i fichi d'India di casa mia? Cerrrto che no!

Vi invito ad andare a leggere sia l'articolo sul Calendario dedicato alla giornata odierna, sia i contributi di tutte le mie colleghe blogger: vi garantisco che avrete l'imbarazzo della scelta e avrete voglia di provarli tutti. Io mi sto già procurando un bel po' di ingredienti, che Natale non è poi così lontano e un liquore o uno sciroppo fatto con le vostre mani sarà un gradito regalo per amici e colleghi!


lunedì 5 settembre 2016

Budino di quinoa all'acqua di rose


Dopo la lunga pausa estiva, riprendo le pubblicazioni sul blog con un dolce facile e veloce da preparare, perfetto sia come dessert, sia per la colazione del mattino.

Stavo cercando qualcosa di simile a un budino di riso, quando mi è capitata sotto gli occhi una nota informativa sulla quinoa che mi ha letteralmente elettrizzata: spesso confusa con i cereali, in realtà la quinoa è imparentata con gli spinaci (e infatti le sue foglie si cucinano nello stesso modo e hanno un sapore simile), ed è ricchissima di proteine, fibre, vitamine e sali minerali: potassio, magnesio, calcio, ferro, fosforo, zinco, vitamina C, vitamina B2 e vitamina E.
Un autentico tesoro per la salute, che può essere usato sia in preparazioni salate (in sostituzione del riso), sia dolci. Ecco trovata la base del mio dolce!

Restava solo di trovare il modo di declinarlo in versione dolce. Alla vaniglia? Troppo banale. Ai frutti di bosco? Goloso, sì... e poi l'occhio mi è caduto sul vasetto di rose secche commestibili e l'idea ha messo radici nella mia testa così rapidamente, da escludere categoricamente tutte le altre.
La bottiglia di acqua di rose per uso alimentare è proprio lì accanto, che altro aspettavo?

E poi - con un occhio alla linea e uno alla gola - mi sono detta che forse avrei avuto qualche senso di colpa in meno, se avessi sostituito lo zucchero con della stevia. So che la sostituzione suona ridicola: in questo budino ci sono panna e tuorli. La quinoa però è molto ricca di amidi, cioè di zuccheri complessi. Aggiungere uno zucchero semplice quando avevo a portata di mano un valido sostituto mi sembrava sciocco, e così ho deciso per la stevia. Riporto ovviamente anche la (più o meno) equivalente dose di zucchero, per chi la stevia non l'avesse e non fosse nemmeno intenzionato a usarla.

lunedì 18 luglio 2016

CHEF-d'oeuvre - Gazpacho (Omar Allibhoy)


Riprendo la mia rubrica CHEF-d'oeuvre, che nelle mie intenzioni doveva essere regolare e comparire ogni 3 settimane, ma che di fatto è diventata quasi subito randomica, a causa di impegni di lavoro estremamente gravosi che mi hanno prosciugato le energie.

La riprendo con una ricetta all'apparenza semplice, ma in cui l'equilibrio tra gli ingredienti è essenziale per una buona riuscita: il Gazpacho, uno dei piatti-simbolo della Spagna e dell'estate.


Curiosamente, parlo di equilibrio in una ricetta in cui l'autore, lo Chef Spagnolo Omar Allibhoy, dà le dosi senza precisare le grammature, come nelle ricette di una volta. 
Qui l'equilibrio non è infatti dato dalle dosi esatte pesate col bilancino, ma dal perfetto bilanciamento dei sapori, cui il cumino regala una nota aromatica in più che si armonizza felicemente con il tutto, creando un piatto fresco e piacevole da gustare, perfetto per le cene estive.
Le grammature le ho inserite io, che per rendermi conto delle proporzioni ho pesato tutti gli ingredienti, prima di metterli nel robot da cucina.

Ricetta antichissima nata in Andalusia, dove la temperatura in estate arriva facilmente a 50 °C, in origine era una semplice zuppa fredda a base di pane raffermo, olio e aceto: il suo nome deriva dall'accadico kasâpu (frantumare), per via del pane raffermo frantumato che ne era la base, e che oggi viene sostituito dai crostini.

Con il passare dei secoli la ricetta si è evoluta: agli ingredienti di base sono stati aggiunti pomodori, peperoni, cipolle, aglio, cetriolo e una serie di altri componenti aromatici; esiste anche una versione che prevede di servirlo accompagnato da un uovo sodo sbriciolato, mentre il Gazpacho Manchego, che ha la carne tra i suoi ingredienti, può essere servito caldo.

Al pari di molte ricette di tradizione, il Gazpacho non è sfuggito alle rielaborazioni moderne: ne esistono attualmente versioni a base di anguria e di altra frutta, come fragole, lamponi e ciliegie. Quella che ho scelto per CHEF-d'oeuvre è però tradizionale, perché prima di lanciarsi in fantasiose rielaborazioni occorre conoscere a fondo l'originale.


lunedì 11 luglio 2016

Tarta asada de queso fresco y moras (cheesecake alle more)


Se questo cheesecake avesse bisogno di un sottotitolo (e vi garantisco che non ne ha alcun bisogno), questo sarebbe "il cheesecake cotto più facile e veloce del mondo".
Perché è proprio così, sapete? Facile e veloce. E pure versatile. E buonissimo, ovviamente.

La colpa della mia ennesima deroga all' "adesso faccio sul serio e mi metto a dieta", manco a dirlo, è dello Starbooks. che il mese scorso mi ha fatto scoprire Tapas Revolution, opera prima (e speriamo non ultima) del giovane Chef Spagnolo Omar Allibhoy, che ha aperto nel Regno Unito una catena di ristoranti dallo stesso nome. Tapas di tutti i tipi, da quelle classiche a quelle più inconsuete, e una piccola sezione di dolci semplici, che farebbero venire l'acquolina in bocca anche ai meno golosi, figuriamoci a me che invece sono golosissima e mi devo trattenere!

Il fatto è che avevo in frigo, oltre a una confezione di formaggio fresco spalmabile, anche una confezione di mascarpone che avevo acquistato per un'altra ricetta, di cui ho in seguito rimandato la realizzazione. Non potevo mica farli scadere, giusto? Soprattutto perché il bell'Omar ci dice che qualsiasi formaggio fresco può andar bene per questa torta, e Patty, che aveva provato questo dolce per lo Starbooks, aveva incoraggiato la sperimentazione parlando proprio di mascarpone.
Detto fatto.

lunedì 27 giugno 2016

Hallacas di amaranto e polenta bianca


Da due anni a questa parte ho l'abitudine, mezz'ora prima di partire per l'aeroporto di Palermo al rientro dalle vacanze, di tagliare qualche foglia di banano dal nostro giardino per metterle in valigia; una volta a destinazione le lavo con acqua e bicarbonato, le asciugo e le congelo.
E' da allora che mi tormenta una ricetta vista per la prima volta in un libro di cucina, e che mi intriga assai: le hallacas.

Le hallacas (pronuncia: haiàcas) sono il piatto più antico del Venezuela e la portata più diffusa del tradizionale pranzo di Natale, laggiù (teniamo presente che dall'altra parte del Pianeta, Natale cade in estate). Sono anche tra le icone più rappresentative del patrimonio multiculturale venezuelano, dato che la loro preparazione comprende ingredienti europei (uva passa, noci e olive), indigeni ( pasta di mais colorata con semi di annatto) e africani (foglie di banano).
Come per tutti i piatti di antica tradizione, molte sono le storie sulle origini del piatto; secondo la più popolare, è stato creato dagli schiavi ai tempi del colonialismo. A quell'epoca gli schiavi, poverissimi, preparavano il pranzo di Natale utilizzando gli avanzi del pranzo natalizio del padrone, che avvolgevano prima in pasta di farina di mais (la masa harina), poi in foglie di banano, lessandoli infine in abbondante acqua per amalgamare i sapori.
Si tratta un piatto lungo e impegnativo che di regola coinvolge tutta la famiglia, in un rituale che è parte integrante della sua preparazione, nella festosa attesa del Natale. (notizie tratte da qui)

Le hallacas originali sono fatte con carni miste (maiale, pollo e manzo), ma le varianti locali e familiari non si contano: gli Andini ad esempio aggiungono uova sode, e in linea generale ogni famiglia ha la sua ricetta, tanto che in Venezuela c'è il detto nessuna hallaca ha lo stesso sapore di un'altra.
E' proprio per questo motivo che ho deciso di proporre la mia versione di hallacas, utilizzando amaranto e farina di polenta bianca al posto della masa harina, che non trovo facilmente (ovviamente dopo averle cucinate l'ho vista in un negozio, ma lasciamo perdere... :-) ).
Ho inoltre sostituito i semi di annatto con della curcuma: so che il sapore è diverso, ma la colorazione è analoga.

Per la ricetta mi sono rifatta a questo dettagliatissimo post, che riporta anche le foto passo passo della preparazione. Sfortunatamente le foglie di banano che mi ero portata dalla Sicilia erano troppo poche per fare le mie hallacas, quindi ne ho comperate altre on line qui, e già che c'ero ho scelto di acquistare quelle tagliate in cerchi del diametro di circa 20 cm, per risparmiarmi la fatica del sorting di cui si parla nel post di Venezuelan Cooking sopra citato.
Ho ridotto le dosi dello spezzatino a 1/4, ma me ne è avanzato comunque tantissimo: l'ho porzionato e congelato e lo consumerò poco per volta.
Nella ricetta riporto le dosi da me usate.

Questa ricetta può essere preparata in due tempi: faremo lo spezzatino il giorno prima, e assembleremo tutto il giorno dopo.

lunedì 11 aprile 2016

Byaldi Confit (Ratatouille) - Thomas Keller


Se c'è una cosa che detesto, è realizzare ricette "di moda" solo perché in quel momento vanno per la maggiore. Non fraintendetemi, sono stata anch'io vittima dei tormentoni e ho preparato anch'io ricette che in un dato momento venivano proposte con insistenza da più parti, quando frequentavo i fora di cucina. Un conto però è provare la ricetta di un'amica - per quanto virtuale - consigliata caldamente da altre amiche (altrettanto virtuali); un altro conto è invece fare una ricetta solo perché magari è la protagonista del film del momento.

Ad esempio vi ricordate di Ratatouille? Il film (2007) è carinissimo, ma quando è uscito la rete è stata letteralmente invasa dalla ricetta della ratatouille di Ratatouille, e la domanda che mi sono posta all'epoca è stata: se non fosse uscito il film, quante blogger avrebbero pubblicato quella ricetta? Pochissime, secondo me. Di sicuro, non tutte quelle che lo hanno fatto. Ecco, è di questo che parlo quando dico che detesto realizzare ricette "di moda", perché l'unica moda che seguo in cucina è quella del gusto. Il mio gusto personale, certo, che so benissimo essere influenzato dalle tendenze del momento, ma sempre in modo ragionato.

Se mi decido a pubblicare a 9 anni dall'uscita del film la ricetta di ratatouille che è stata usata nel film Ratatouille, è solo perché si tratta della miglior ratatouille che abbia mai mangiato, e non potrebbe essere altrimenti: i produttori del film si sono avvalsi della consulenza di Thomas Keller, Chef e Patron del The French Laundry di Yountville e del Per Se di New York (al mio prossimo viaggio negli States non voglio farmi mancare una puntatina chez lui) e il risultato è eccezionale.

Un anno a Pasqua mia madre mi chiese di preparare, oltre ai soliti tonnarelli con pesto al cioccolato e basilico, un contorno di verdure. Ratatouille, ho deciso io, e dopo aver consultato il mio ampio database di ricette, mi sono decisa ad andare on line. La ricetta di Thomas Keller mi ha subito conquistata, e da allora a casa mia ratatouille ha un solo significato.

Tranne che non si tratta di ratatouille, ma della rivisitazione di una ricetta turca chiamata Imam Bayildi, letteralmente "l'Imam è svenuto", che consiste in melanzane ripiene e fritte. Comunque la vogliamo chiamare, la ricetta è strepitosa e da allora ha fatto la fine dei summenzionati tonnarelli: mi viene chiesta in tutti i pranzi primaverili o estivi di famiglia. Oggi finalmente ho fotografato il piatto e vi propongo la ricetta.

venerdì 19 febbraio 2016

Salmone gravlax marinato nel miele di tiglio e fleur de sel alla vaniglia, con salsa di kumquat al miele di arancio


Chiedo scusa fin d'ora per il titolo kilometrico della ricetta; mi scuso innanzi tutto con Roberta, che all'MTChallenge è la paladina di questi titoli. :-)
Il fatto è che la sfida di questo mese è molto particolare: Eleonora e Michael, vincitori dell'edizione di gennaio, questo mese ci sfidano non su una ricetta, ma su un ingrediente: il miele.
Leggete con attenzione il loro post, dove parlano di tutti i benefici del miele per il nostro organismo, e ne rimarrete ammaliati.

Ora, io da sempre amo il miele e mi piace assaggiare tutti i tipi che mi capitano sottomano. Il mio approccio è puramente amatoriale e dettato dall'estrema curiosità delle mie papille gustative, ma non ho mai approfondito più di tanto. Un recente inventario della mia dispensa mi ha rivelato che avevo miele dai seguenti nettari:

- Ailanto
- Acacia
- Arancio
- Cardo
- Castagno
- Girasole
- Millefiori
- Timo

Mi piace gustarli insieme a formaggi di diverse stagionature, oppure usarli per dolcificare le tisane (come quello di Tiglio, che uso per dolcificare le tisane e che ha causato il sopracitato inventario: mi pareva di ricordare che avevo altri mieli in dispensa... :-) ).
Raramente però lo uso in cucina, e di solito questo avviene nel periodo di Natale quando prepararo i biscotti di panspeziato, ma la mia conoscenza si ferma qui.
Quale occasione migliore dell'MTChallenge quindi, per studiare più a fondo il miele e le sue variate applicazioni in cucina?

La mia proposta salata riguarda una preparazione che amo moltissimo: il salmone gravlax, marinato cioè a secco con sale, zucchero, erbe aromatiche e spezie. L'azione igroscopica di sale e zucchero ne elimina i liquidi in eccesso aumentandone la conservabilità, mentre spezie ed erbe aromatiche gli donano quel suo sapore così particolare.

In questo blog ci sono già tre ricette di salmone gravlax: una presa dalla scuola di cucina del Cordon Bleu, che io considero quella classica; una presa dal Grande Libro dei Cuochi, che vede nel Tè Darjeeling l'aroma caratterizzante e la terza, il salmone gravlax "radioattivo", ispirata a una ricetta dello Chef Danilo Angè.

Era ora insomma che studiassi una mia ricetta di salmone gravlax, e questa sfida me ne ha dato l'occasione: un ringraziamento doppio quindi a Eleonora e Michael, per avermi donato questa opportunità!

Mi scuso solo per il fatto che il colore del salmone e quello della salsa fanno un po' a pugni. I sapori però sono perfettamente armonizzati. :-)


Per marinare il salmone ho scelto di sostituire lo zucchero con il miele di timo, dopo essermi documentata sulle sue caratteristiche e sugli abbinamenti gastronomici più indicati:

timo - indicato per salmoriglio e per marinare carne di manzo e pesce
prodotto tra la seconda metà di giugno e la prima di luglio, per gli antichi greci il miele migliore al mondo; di colore ambra più o meno chiaro poi beige o nocciola; cristallizzato, al naso è intenso di fiori di magnolia, di erbe aromatiche e di grafite, in bocca, di buona dolcezza e persistenza, è fresco e ricorda i frutti tropicali, il dattero ed il pepe.

Mentre è molto facile distribuire la mistura di sale, zucchero, spezie ed erbe nelle carni del salmone, non altrettanto si può dire della mistura col miele: il mio era cristallizzato e quindi piuttosto denso. Ho quindi aggiunto un cucchiaio di aceto di mele, per fluidificare la mistura e poterla agevolmente massaggiare sul pesce.

Per la salsa invece era giocoforza utilizzare il miele di arancio, sia per l'affinità con i kumquat, sia per le caratteristiche che ho appreso dal sito cui ho fatto riferimento:

arancio - con olio extra vergine e limone per insalate e pinzimonio
prodotto nel mese di aprile, miele cristallizzato che gratifica sempre; di colore chiaro variabile da un tenue giallo paglierino al bianco madreperla sino al beige chiaro, il profumo ricorda chiaramente le fragranze dei fiori di zagara, il sapore con il tempo assume un tono delicatamente fruttato ed un sapore leggermente acidulo.