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lunedì 4 marzo 2024

Pollo al limone & limone di Ottolenghi

 


Avete presente il pollo al limone del ristorante cinese, con quella deliziosa puccia dove insaporire il riso al vapore, solo perché lì non servono il pane? Ecco, immaginate di portarlo al livello successivo, una sorta di upgrade, firmato Yotam Ottolenghi. Il sughetto è ancora più "limonoso" grazie a una crema di limone (cheat's preserved lemon la chiama Ottolenghi, cioè limoni in conserva veloci), la spinta umami è garantita dalla salsa di soia e dal brodo di pollo, mentre curcuma e cumino aggiungono le loro note speziate per dare carattere al tutto.

Un'avvertenza molto importante riguarda il brodo di pollo che userete: dal momento che la crema di limone è salatissima, è fondamentale che il brodo sia senza sale. Io ho usato la ricetta di Martha Stewart riportata all'interno di questa ricetta. Tuttavia, anche un'amante dei fondi come me si trova ogni tanto a fare uso del brodo in brik acquistato al supermercato. Se questo dovesse essere il vostro caso, preparate la crema di limone senza sale, dimezzandone le dosi per non doverla avanzare. 

Questa ricetta richiede sicuramente un po' di lavoro, ma la si può fare anche in due tempi: la sera prima mettete a marinare i petti di pollo e preparate la crema di limoni, così il giorno stesso dovete solo friggere i petti di pollo, preparare la salsa e assemblare il tutto: mezz'ora di lavoro + 1 pentola e 1 padella da lavare, in cambio di tanto gusto. Per me questa è l'apoteosi del pollo al limone.

lunedì 12 febbraio 2024

Zuppa di ceci e aglio arrostito


Anni fa avevo un'amica che, intorno alla metà di febbraio, toglieva di mezzo maglioni e golfini e cominciava a indossare camicette leggere, magari smanicate, dichiarando: "Io ho chiuso con l'inverno". Confesso che l'ho sempre invidiata: freddolosa come sono piacerebbe anche a me chiudere con l'inverno adesso, peccato che aprirei alla polmonite doppia. Certo, la mia amica soggiungeva subito dopo "Però non so se l'inverno ha chiuso con me", ma restava il fatto che da quel momento lei cominciava ad alleggerire l'abbigliamento, mentre io in questa stagione continuo a imbacuccarmi in bei maglioni caldi, avvolgenti e pesanti. 

E parallelamente ai maglioni, le mie cene continuano ad avere le zuppe come piatto forte, specialmente quelle profumate di spezie come questa. Si può preparare sia a partire dai ceci in scatola, il che velocizza di molto le cose, sia a partire da ceci secchi, ammollati e poi lessati. Io ho fatto entrambe le versioni, anche perché tengo sempre in casa dei ceci secchi.

Di questa zuppa, preparata per lo Starbooks di gennaio, mi aveva incuriosito l'uso della cannella e sapete una cosa? Ci sta benissimo e richiama, curiosamente, il sapore dell'aglio arrostito.

venerdì 24 novembre 2023

Fondo bruno vegetale

 


Di regola non è saggio pubblicare più volte la stessa ricetta su un blog; talvolta però, è la natura stessa della ricetta a renderlo necessario; in questo caso si tratta di una base di cucina a mio avviso essenziale e che merita davvero un post a parte.

Sapete già quanto ami fondi e brodi; quello che vi propongo oggi è un fondo bruno vegetale adatto a qualsiasi zuppa, vegetale e non, cui donerà una complessità di sapore davvero unica. Preparatelo e surgelatelo per averlo pronto quando ne avete bisogno: non ve ne pentirete di certo.


martedì 31 ottobre 2023

Zuppa di cavolfiore, patate e Gruyère

 


La scorsa settimana con il Club del 27 abbiamo trattato l'argomento zuppe, una preparazione che non mi stanca mai. Se in estate mangio volentieri i passati di verdure tiepidi e il Gazpacho, zuppa fredda estiva per eccellenza, in inverno le mie cene sono spesso costituite da zuppe nutrienti e corroboranti, saporite e "coccolose", la quintessenza del comfort food.

Non è un caso che abbia citato il Club del 27: mi riprometto di preparare molte delle zuppe preparate dalle mie colleghe di Club, anche se non tutte troveranno posto in questo blog (il mio atavico odio per la fotografia, sigh), e la prima è quella che vi propongo oggi. Non l'ho preparata la scorsa settimana per il semplice motivo che non avevo trovato il Gruyère, uno dei miei formaggi svizzeri preferiti; l'ho trovato questo fine settimana, e subito dopo averlo messo nel carrello della spesa sono andata al reparto ortofrutta, per comperare cavolfiore e patate.

Ringrazio le colleghe di Club Antonella, Micaela, Milena e Rossella per aver proposto questa zuppa!

venerdì 27 ottobre 2023

Zuppa "Baba Ganoush" per il Club del 27

 

Finalmente le temperature si sono abbassate: per quanto io ami notoriamente il caldo, non è sano avere 30 gradi a metà ottobre, ed era ora che l'autunno arrivasse.

Ce lo siamo augurate a gran voce al Club del 27, e per il mese di ottobre abbiamo scelto un  libro  sulle zuppe, Every Season is Soup Season di Shelly Westerhausen Worcel.


C'erano tantissime scelte golose da vagliare e so già che prima o poi le proverò tutte, che finiscano in questo blog o meno. Le proposte dei colleghi del Club le trovate qui.

Io ho approfittato delle ultime melanzane di stagione per preparare una zuppa ispirata al celeberrimo Baba ganoush, il caviale di melanzane mediorientale che è apprezzatissimo anche da noi. 

A dire il vero sarebbe più corretto dire che questa zuppa è ispirata al Mutabal, un dip mediorientale molto simile al Baba ganoush che è reso cremoso dalla tahina, ingrediente assente nel caviale di melanzane. Yotam Ottolenghi afferma che al cotnrario il Baba ganoush è molto più leggero e contiene sempre, oltre a succo di limone, aglio e olio d'oliva, erbe aromatiche e altre verdure fresche come ad esempio i peperoni.

Sia come sia, ho adorato in questa zuppa i sentori affumicati dati non solo dalle melanzane arrostite e dalla paprika affumicata, ma anche dal fondo bruno vegetale, che prevede di arrostire le verdure prima di lessarle per estrarne i sapori. Un insieme di ingredienti che hanno contribuito a dare profondità di sapori a questa zuppa molto originale.

venerdì 14 febbraio 2020

Fondo bianco di vitello (Martha Stewart)

Immagine presa da qui
Chi mi conosce appena un poco sa quanto sia grande la mia passione per i fondi; come sono solita dire, si tratta di preparazioni di base estremamente umili, ma che se ben fatte daranno a risotti, sughi, arrosti e zuppe tutto un altro sapore.
Sono anche molto comodi: possono infatti essere preparati in anticipo, porzionati e congelati, in modo da trovarseli già pronti al momento opportuno. Ricordatevi di etichettare i contenitori (apponendo le etichette sul lato del contenitore, dove sarà più facile leggerle che non sul coperchio) indicando anche la data della preparazione: non teneteli in freezer per più di 3 mesi.

Questo post era nelle bozze del blog da qualche anno, in attesa che mi decidessi a fotografare questo benedetto fondo bianco, una volta e per tutte. Me ne ero completamente dimenticata a dire il vero, ma nei giorni scorsi ho messo mano alle etichette blog. Lavoro non ancora finito, beninteso, ma che mi ha portata a cliccare per errore sul tasto "pubblica" anziché "torna alla bozza". Non appena me ne sono accorta ho rimediato, ma troppo tardi: un'amica, Edvige, l'aveva visto e, non avendolo più trovato, mi ha scritto in privato per chiedermi dove fosse. Le ho promesso che alla prima occasione l'avrei rifatto e fotografato, ma oggi ho cambiato idea: ho preso un paio di foto dal web (ripromettendomi, come avevo fatto con l'arrosto farcito ai carciofi, di sostituirle con le mie alla prima occasione) e ho pubblicato il post.

I fondi sono per molti ma non per tutti, me ne rendo conto. Non sono "glamour", non attirano come biscotti o torte, ma per chi li ama sono insostituibili.

Pochi sono gli accorgimenti da seguire per preparare un buon fondo:
  1. Usare sempre ingredienti freschissimi e di ottima qualità; le verdure devono avere il giusto grado di maturazione, per dare il massimo del sapore.
  2. Non salare mai il fondo: si tratta infatti di una base e non deve alterare l'equilibrio salino delle pietanze a cui sarà aggiunto.
  3. Tagliare le verdure in pezzi regolari, per favorire il rilascio di tutte le sostanze nutritive (vitamine a parte, naturalmente: quelle ce le giochiamo con la lunga cottura).
  4. Schiumare spesso, specialmente nella prima fase di cottura: le impurità che verranno a galla lo intorbidirebbero, senza aggiungere niente al sapore, ma anzi affaticando la digestione.
  5. Privare per quanto possibile le ossa del midollo, tenendolo da parte per altre preparazioni (il risotto alla milanese, ad esempio).
  6. Usare una pentola da zuppa, pesante e dal fondo spesso, più alta che larga: in questo modo evaporerà meno liquido durante la cottura.
  7. Controllare che tutti gli ingredienti siano sempre immersi nel liquido; se necessario, aggiungere durante la preparazione altra acqua calda.
  8. Far sobbollire appena il fondo, per non intorbidirlo.
  9. Non prolungare i tempi di cottura oltre quanto prescritto dalla ricetta: il rischio è quello di ottenere un brodo amaro!
La ricetta che vi propongo oggi è quella del classico fondo bianco di vitello. L'ho presa dalla Scuola di cucina di Martha Stewart, che mi ha già dato enormi soddisfazioni con il fondo bruno e la glace de viande. Anche in questo caso non sono stata delusa.

giovedì 15 febbraio 2018

Polpettone di anatra affumicata con purè di patate dolci e arancia caramellata


Ci risiamo: ricomincia l'MTChallenge (o meglio, io ricomincio a parteciparvi) e lo fa alla grande, con una sfida con i controfiocchi sull'affumicatura casalinga proposta da Greta De Meo, la cui immensa bravura è stata finalmente compensata con una delle vittorie più meritate degli ultimi 8 anni (andatevi a guardare il suo piatto, per convincervene).

Greta ci ha sfidati su un tema apparentemente difficile: l'affumicatura casalinga. Dico apparentemente difficile perché, benché sia consapevole che ci vogliono anni prima di sviluppare l'abilità di creare dei Signori Piatti affumicando in casa, la tecnica di per se' non è difficile, non per lo meno se a spiegarvelo per filo e per segno è lei in persona. Il difficile semmai è creare un piatto ben bilanciato e strutturato, di cui l'affumicatura è solo un ingrediente.

Ora, quando ho letto quale sarebbe stato il tema, a me è venuto da piangere, perché a me l'affumicato non piace proprio. Affettati come lo speck o il prosciutto di Praga, mi danno letteralmente la nausea ed evito come la peste le scamorze affumicate. Inevitabile quindi un attimo di sconforto, nel leggere il tema della sfida del mese. Poi però mi sono soffermata a riflettere: a me il barbecue piace molto, e quelli sono tutti cibi affumicati! Non è che per caso a non piacermi è l'aroma artificiale di affumicato, che l'industria di sicuro aggiunge a profusione negli alimenti confezionati? A confortarmi poi è giunto anche un altro pensiero: odio il sugo di pomodoro dall'infanzia, ma l'MTChallenge mi ha fatto scoprire che a non piacermi è il sugo preparato con i pelati in scatola, mentre quello con i pomodori freschi è delizioso. E insomma, mi sono detta che forse qui c'era l'occasione di sfatare un altro mito.
E sapete una cosa? E' stato proprio così!


L'idea di partenza di questo piatto era totalmente diversa: volevo preparare un'anatra disossata, affumicata e ripiena. Presa dall'entusiasmo ho comperato tutti gli ingredienti e sono partita da disosso e affumicatura, scegliendo la tecnica a freddo.
Per affumicare la carne di anatra ho scelto di mischiare il delicato legno di arancio con qualche chip di legno di mesquite. Avevo letto che il mesquite è piuttosto forte, quindi ne ho messo molto poco; col senno di poi avrei potuto osare di più, ma per un primo esperimento ho fatto bene a non spingere troppo con l'affumicatura.

Primo errore: essermi focalizzata sulla tecnica di affumicatura e aver perso di vista il tempo di ammollo delle chips di legno, che per la tecnica a freddo è di solo mezz'ora. Io le ho lasciate in ammollo per 9 ore. Poco male, mi son detta, ma avevo fatto i conti senza un altro imprevisto: in assenza di strumentazione specifica, anche l'affumicatura a freddo cuoce parzialmente gli ingredienti: mi sono ritrovata con un'anatra semicotta, assolutamente inadatta ad essere farcita, cucita e rimessa in forno. Che fare? Siccome ero stanca ed era già tardi, l'ho avvolta in alluminio e messa in frigo, decidendo di dormirci sopra. Ed è stato qui che il lungo ammollo delle chips di legno mi è stato utile, perché domenica mattina ho deciso di affumicare la carcassa, per farne un gravy.


La notte mi ha portato consiglio: la carne trita era già stata comprata, quindi avrei spellato e tritato grossolanamente l'anatra e ne avrei fatto un polpettone. Il piatto ha cominciato piano piano a prendere forma nella mia testa, con l'aroma dell'arancia come fil rouge.

giovedì 7 dicembre 2017

Risotto ai Tre Ori - Contest riso, zafferano e...


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la giornata del risotto alla milanese, e lo fa proponendo un piccolo contest tra blogger: l'Azienda Agricola Bramante ci ha gentilmente fornito il suo zafferano, l'oro del Bramante. Ognuna di noi deve realizzare il suo risotto, interpretando il celebre piatto milanese in chiave regionale.
Il regolamento prevede di aggiungere al massimo due ingredienti provenienti dalla regione prescelta.

Giudici d'eccezione, Anna Zerbi dell'Azienda Agricola Bramante, la Chef stellata Sara Preceruti del ristorante Acquada e Simona Sansonetti dellAssociazione Maestro Martino, che valuteranno le nostre interpretazioni e decreteranno quella vincente.

Potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di celebrare la mia amata Sicilia, e più precisamente la città da cui provengo, Mazara del Vallo, inserendola in un risotto lombardo come la mia terra di adozione? Certamente no!

Chi dice Mazara dice gambero rosso, apprezzato per la gustosità delle sue carni bianche e compatte, dal sapore unico e inconfondibile. Per un risotto che prevedesse il gambero crudo, ho adoperato un fumetto di ricciola e gallinella insaporito dall'acqua di apertura delle cozze e profumato con zafferano.

Ora, lo zafferano che ci è stato fornito si chiama L'oro del Bramante; il gambero rosso è chiamato L'oro del Mediterraneo. Mi è venuta spontanea l'associazione ai gioielli ai tre ori, e pensando al celeberrimo risotto alla milanese di Gualtiero Marchesi, che prevede il burro acido e la foglia d'oro, ho trovato la quadra per la mia ricetta.

Il burro acido è stata una scoperta per me, una chicca regalatami da Marina nel gruppo di discussione che parte della Redazione del Calendario del Cibo Italiano ha aperto con noi partecipanti al contest: si un burro aromatizzato alla cipolla, vino bianco e aceto, usato per mantecare il risotto. In questo modo si può dare al risotto il sapore della cipolla, senza tuttavia rischiare che questa si bruci durante la tostatura del riso, rovinando il piatto finale.

E adesso bando alle ciance, e passiamo alla ricetta.

lunedì 24 ottobre 2016

Risotto al granchio e le sue uova, bisque di gamberoni reali e crema di guacamole per il MASTER MTC ALTA CUCINA E SALUTE


Stavolta ce l'ho fatta a partecipare a un Master MTChallenge!!!
Sì, perché se l'altra volta sono stata costretta a ritirarmi per problemi di tempo che non avevo preventivato al momento dell'iscrizione, questa volta ho valutato attentamente i tempi e i miei impegni del fine settimana, dopo di che mi sono iscritta e da lì è stato un crescendo di entusiasmo, coinvolgimento e passione.


Comincio col ringraziare i nostri Tutor, il Dott. Michael Meyers, oncologo di fama internazionale, e la Dott.ssa Arianna Mazzetta, biologa nutrizionista. Entrambi hanno preparato per noi ben 5 dispense sulle vitamine e in particolare sulla B12, oggetto del nostro Master; entrambi sono accomunati da diversi elementi:

  • la passione per la cucina e da competenze in tale campo che noi comuni mortali nemmeno ci sogniamo;
  • un'approfondita conoscenza delle materie prime, dei loro componenti nutritivi e del modo migliore per preservarli;
  • la consapevolezza che mangiare sano non è sinonimo di mangiare piatti tristi;
  • una pazienza e una disponibilità nei confronti di noi discenti, che a mio avviso ha già loro garantito un posto in Paradiso.

Ai nostri due main tutors si è affiancato l'ultima settimana nientepopodimenochè Sandro Sità, Chef all'Hotel Tarabella di Forte dei Marmi, che ci ha fornito una dettagliata dispensa sull'impiattamento e ha letto attentamente, commentato e dato suggerimenti a ciascuno di noi 17 partecipanti, per aiutarci a preparare un piatto che potesse avvicinarsi al concetto di Alta Cucina (dico avvicinarsi perché sono estremamente consapevole dei miei limiti in questo campo).

Giudice d'eccezione è Marco Visciola, Chef da Il Marin - Eataly al Porto Antico di Genova, che valuterà i piatti da noi presentati e decreterà il vincitore.

E infine ci siamo stati noi, i partecipanti. Siamo partiti in 20, siamo arrivati al traguardo in 17 e ci siamo subito trovati estremamente affiatati tra di noi; in parte perché ci conosciamo, anche se solo virtualmente, e in parte perché siamo accomunati dalla stessa voglia di imparare e di metterci in discussione. Ognuno di noi si è sentito libero di fare domande e chiedere pareri; ognuno di noi si è sentito libero di offrire pareri e condividere competenze. Tutti abbiamo sbavato davanti alle proposte degli altri, e sono sicura che tutti gioiremo quando sarà proclamato il vincitore: la sfida più bella è stata proprio esserci e fare insieme questo pezzetto di strada, dandoci una mano o anche solo affettuose pacche sulla spalla. Io ad esempio sono stata aiutata su impiattamento e foto da Michael, Marina e Cristina: un autentico brain storming tra loro tre, mentre io avevo una gran voglia di piangere. Cristina mi ha addirittura fatto uno schizzo del piatto!!! E io ero lì che lavavo i piatti tentativo dopo tentativo, e mi dicevo: "Ma dove altro lo trovi un gruppo così, nel quale i concorrenti si aiutano, anziché farsi lo sgambetto???". Non lo trovi in effetti, se non nella Community dell'MTC.

Già, la Community: perché a lato (e sopra, sotto, a destra, a sinistra, in basso e in alto) di tutto questo c'è la nostra capa, la poliedrica Alessandra Gennaro, ideatrice dell'MTChallenge e fucina pressoché inesauribile di idee, che è pronta a condividere con la Community che ha creato e che dirige con pazienza e passione, tirando fuori il meglio da ciascuno di noi.
E' a lei che dobbiamo la creazione dei Master di cucina dell'MTC, ed è a lei che dobbiamo i loro titoli dissacratori: Il lato B12 dell'Alta Cucina è il sottotitolo di questo nostro Master, il cui scopo è quello di coniugare il gusto alla salvaguardia di questa importante vitamina, la cui carenza nell'organismo porta conseguenze gravissime.

Ed è stata proprio la ricerca di cotture dolci atte a preservare la vitamina B12 che ha portato alla concezione del mio piatto.

La vitamina B12 è contenuta solo ed esclusivamente in alimenti di origine animale: i vegetali ne sono completamente privi, motivo per cui vegetariani e vegani devono assumerla sotto forma di integratore, per evitare di andare incontro a carenze che avrebbero conseguenze molto gravi sulla loro salute. Caratteristica di questa vitamina è la sua estrema idrosolubilità e il fatto che non sopporta temperature superiori ai 160 °C. Questi sono stati i paletti che noi partecipanti abbiamo dovuto rispettare, e che hanno messo a più dura prova la pazienza dei nostri tutor.

E adesso chiudo questa lunghissima introduzione per passare alla ricetta.

mercoledì 19 ottobre 2016

Il salto della quaglia: di tapas, pinchos y montaditos


Da Wikipedia: In natura la quaglia, quando è inseguita dai cani, prima di fermarsi e acquattarsi, dopo aver corso a piedi, fa un salto in modo da disorientare i cani.

Che cosa c'entra il salto della quaglia con un blog di cucina? E soprattutto, che cosa ha a vedere con l'MTChallenge, magnifico contest che vede ogni mese tanti blogger sfidarsi a colpi di ricette?
Elementare, Watson: se la creatività scatenata di Mai Esteve, vincitrice della scorsa edizione, si unisce alla fantasia senza ritegno di Alessandra Gennaro, patron (o forse dovrei dire matron? ok, vado a nascondermi 😅) dell'MTChallenge, ecco che al tapear spagnolo occorre dare un senso, con un filo conduttore che unisca le tre ricette proposte: una tapa, un pincho e un montadito.


E allora vamos de tapeo, e facciamolo declinando la quaglia, uno dei miei pennuti preferiti, in tre versioni monoporzione. E se in natura la quaglia salta per disorientare i suoi nemici, nella mia cucina si limita a saltare da una preparazione all'altra, nella speranza di non disorientare i due giudici. 😉

Le ricette sono presentate in ordine di degustazione, dalla più delicata alla più saporita.


sabato 2 gennaio 2016

Consommè chiarificato di manzo con Zuppa Imperiale


Oggi è la Giornata Nazionale del Consommé, secondo il Calendario del cibo italiano lanciato quest'anno dall'Associazione Nazionale Food Blogger.
Poteva forse un'amante dei brodi come me esimersi dal prepararlo? Certo che no! Anzi, ho approfittato dell'occasione per chiarificare il brodo, cosa non strettamente indispensabile nel Consommé, ma che volevo provare da tempo.

Il Consommé infatti è un brodo di carne, semplice o chiarificato, che può essere servito da solo o accompagnato da vari complementi. Nella cucina classica dell'800 apriva i pranzi eleganti, mentre oggi questa abitudine è andata perduta. Distinguiamo in cucina il Consommé semplice, cioè un brodo di carne di manzo o vitellone abbastanza limpido; il Consommé chiarificato, che viene servito nelle cene eleganti o al ristorante; il Consommé di pollo e quello di selvaggina, più delicato il primo, perfetto per aprire un pranzo dove la selvaggina è il piatto forte il secondo.
Troverete notizie più approfondite nel bellissimo post odierno di Betulla, qui mi limito a dire che tra gli accompagnamenti tipici del Consommé troviamo i classici tortellini, ma vi è anche una preparazione tipica dell'Emilia Romagna che ero curiosa di provare da un po': la Zuppa Imperiale.
Preparazione sostanziosa e nutriente, la Zuppa Imperiale viene prima cotta in forno, poi è fatta raffreddare e tagliata a cubetti, infine viene tuffata nel brodo bollente per qualche minuto, giusto il tempo di scaldarsi. Quando i quadrotti salgono a galla, sono pronti per essere serviti.

Al fine di preservare la trasparenza del mio consommé ho deciso di chiarificare solo 1 litro di brodo -la quantità che mi serviva per 4 persone - e di utilizzare quello rimanente per riscaldarvi la zuppa imperiale.
Per la chiarificazione con il metodo della zattera sono debitrice a Cristiana, e allo splendido articolo che ha scritto per il blog MTChallenge: un metodo semplicissimo e molto efficace, che ha anche il pregio di rinforzare il sapore del brodo.
La ricetta della Zuppa Imperiale invece l'ho tratta dal blog di Marina, e l'ho trovata magnifica.


CONSOMME' CHIARIFICATO DI MANZO CON ZUPPA IMPERIALE



Per 4 persone

Per il brodo:

700 g di muscolo di manzo
1 cipolla media
1 carota
1 gambo di sedano
1 chiodo di garofano
1 foglia di alloro
1 rametto di timo fresco
5 gambi di prezzemolo
5 grani di pepe nero
3 bacche di ginepro
3 l di acqua fredda

Per chiarificare:
(da: MTChallenge, post di Cristiana Di Paola)

150 g di carne macinata di vitellone
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
2 albumi
1,2 litri di brodo

Per la zuppa imperiale:
Da: La tarte maison

150 g di semola di grano duro
125 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
5 uova
100 g di burro fuso e freddo
5 g di lievito chimico per torte salate (io ho usato del cremor tartaro)
1/2 cucchiaino di sale (il Parmigiano era sufficientemente saporito e non l'ho messo)
Noce moscata
Sale
Pepe macinato al momento
Burro per la teglia

Preparare il brodo.
Siccome avevo deciso di chiarificarlo ho evitato di aggiungere il consueto osso, in quanto la gelatina che questo rilascia, pur aggiungendo sapore, lo intorbida parecchio e non permette una chiarificazione ottimale. Il sapore del brodo è comunque stato rafforzato dalla zattera usata per la chiarificazione, e il risultato è stato veramente favoloso.
Mettere in una pentola di adeguata capienza il pezzo di carne con tutti gli altri ingredienti; la carota deve essere raschiata e tagliata a pezzi di circa 2,5 cm, il sedano lavato e tagliato a segmenti di 2,5 cm e la cipolla steccata con il chiodo di garofano. Coprire con l'acqua fredda e portare a bollore, schiumando con cura. Quando l'acqua avrà spiccato il bollore ridurre la fiamma e far cuocere il brodo per 4 ore, schiumando ogni tanto per eliminare le impurità che salgono in superficie. E' importante che il brodo frema senza bollire fortemente, per evitare che risulti torbido.
Assicurarsi che la carne sia coperta dall'acqua di almeno 2,5 cm, se è il caso aggiungere altra acqua calda via via che si rende necessario.
Terminato il tempo di cottura, filtrare il brodo attraverso un colino rivestito con un telo di cotone sottile e pulitissimo (non lavato con ammorbidente!) e farlo raffreddare.
Le verdure a questo punto avranno ceduto tutte le loro sostanze nutritive e possono essere buttate; riservare la carne per altri usi (avendo cotto per sole 4 ore non ha fatto in tempo a cedere tutti i suoi nutrienti al brodo), ad esempio un'insalata di lesso o delle polpette.

Chiarificare il brodo con il metodo della zattera.
Ho messo 200 ml di brodo in più da chiarificare perché la zattera ne assorbe inevitabilmente un po', e volevo darne 250 ml per ciascun commensale.
Mondare  e tritare le verdure, unirle alla carne macinata e agli albumi.
Versare il tutto in una pentola e aggiungervi il brodo freddo, portare a ebollizione mescolando in continuazione, abbassare la fiamma e proseguire la cottura, facendo sobbollire il brodo dolcemente (per evitare di rompere la zattera) per 45 minuti.
Se anche la zattera dovesse rompersi, come è accaduto a me, non disperate: la chiarificazione avverrà ugualmente. Dall'esperienza ho imparato che bisogna far sobbollire sul fornello più piccolo, con la fiamma ridotta al minimo.
La zattera mi si è rotta, ma la chiarificazione è riuscita ugualmente.
A questo punto in superficie si sarà formato il coperchio proteico; con l'aiuto di un cucchiaio aprire un cratere. Foderare un colino con delle garze inumidite e strizzate  (io uso la carta-filtro che si usa per le bustine del tè, di cui posseggo un bel rotolo) e filtrare delicatamente il brodo, poco per volta.

So che è una questione di chimica, ma per me la chiarificazione del brodo ha del miracoloso: vedere un brodo torbido diventare trasparente dà un'emozione incredibile! Ecco la differenza tra il brodo normale e quello chiarificato. Probabilmente se non si fosse rotta la zattera sarebbe venuto ancora più limpido, ma anche così mi ritengo soddisfatta.


Anche la zattera usata per la chiarificazione può essere consumata a parte. Io confesso di averla mangiata così com'era, da tanto il sapore era buono (l'aspetto no, ne convengo), ma se non volete terrorizzare i vostri familiari potete strizzarla, unire del pangrattato e un tuorlo (così sfruttate uno dei due tuorli usati per la chiarificazione) e farne delle polpette che potrete friggere oppure passare in forno o ancora cuocere alla piastra. In alternativa, aggiungendo della passata di pomodoro e facendola cuocere ancora un po', potete ottenere un sugo di carne. Non è propriamente un ragù, ma di sicuro sarà buono.

Preparare la Zuppa Imperiale: preriscaldare il forno a 170 °C in modalità statica. Montare le uova in una ciotola con il Parmigiano Reggiano, il burro fuso e freddo, una macinata di pepe e una bella grattata di noce moscata. Aggiungere il semolino fatto cadere a pioggia e mescolare fino a ottenere un composto omogeneo. Assaggiare e regolare di sale.
Imburrare una teglia di cm 30x40 e versarvi il composto, livellandolo perché abbia uno spessore regolare di circa 1 cm. Infornare per 20-30 minuti, finché il composto non sarà appena dorato. Togliere dal forno, far raffreddare e tagliare a quadretti regolari.


Impiattare e servire: portare il brodo non chiarificato a ebollizione e tuffarvi i cubetti di Zuppa Imperiale, scolandoli con la schiumarola quando verranno a galla.
Portare a ebollizione anche il Consommé e salarlo. Versarlo nelle apposite tazze, unirvi i cubetti di Zuppa Imperiale e servire.



lunedì 30 novembre 2015

Zuppa di pollo con tortilla (Martha Stewart)


Da una settimana circa è arrivato l'inverno a Milano: tutto è cominciato sabato 21 novembre con un vento fortissimo che ha fatto abbassare le temperature, e da una pioggia mista a nevischio che ha consolidato la morsa del freddo anche da queste parti. Il fine settimana appena passato ha dato un'altra botta alle temperature, et voilà: benvenuto inverno!

E che cosa c'è di meglio, in una gelida giornata invernale, di una bella zuppa calda? Quella che vi presento oggi porta la firma di Martha Stewart ed è, manco a dirlo, deliziosa.
L'ho provata per la prima volta a inizio anno per lo Starbooks, e da allora l'ho fatta mia. ;-)

lunedì 23 novembre 2015

Ravioli all'astice e tartufo bianco con bisque ristretta


E' stato un mese veramente complicato per me, questo novembre 2015; ricco di impegni in tutti i fine settimana (talvolta più di uno) e caratterizzato da una grande stanchezza.
Vorrei pertanto scusarmi con Monica e con Alessandra per lo scarso impegno profuso nella sfida MTChallenge corrente, ma non c'ero proprio con la testa.
Mi ripropongo però di provare sia la ricetta della sfida, i meravigliosi raieu co-u tuccu genovesi, non appena riuscirò a mettere le mani su della borragine e della maggiorana fresca.
Intanto vado con la mia unica proposta; l'idea non era male, la realizzazione non è all'altezza dei miei soliti standard e chiedo perdono in ginocchio sui ceci e con la cenere sul capo.


Modifico il post un paio di giorni dopo la pubblicazione per precisare che con "la realizzazione non è all'altezza dei miei soliti standard" intendo dire che i ravioli mi sono venuti tutti diversi, per forma e dimensioni: alcuni quadrati, altri rettangolari, alcuni piccoli, altri grandi, in alcuni è rimasta aria intrappolata dentro e in altri no, alcuni sono venuti "stropicciati" con pieghe di pasta, altri lisci... per la foto ho cucinato i meno peggio. E ora continuate pure a spernacchiarmi. :-)

lunedì 16 novembre 2015

Zuppa di indivia belga caramellata e Gorgonzola piccante con complemento invernale


Sono ancora sconvolta dai fatti di Parigi di venerdì scorso; proprio quella mattina scrivevo sul mio profilo FB che alla radice di ogni forma di violenza c'è la non accettazione della diversità dell'altro e il cercare di schiacciarlo, appiattirlo, omologarlo, ridurlo alla propria misura.
Ed ecco che quella sera è scoppiata la follia a Parigi, e un manipolo di fanatici ha messo la città a ferro e fuoco uccidendo più di 200 persone innocenti e ferendone altrettante: perché la violenza, portata alle estreme conseguenze, distrugge chi è irriducibilmente diverso.

Le uniche parole adeguate a quanto è accaduto, di fronte all'evidenza che una cosa del genere potrebbe accadere anche a me, che prendo la metropolitana tutti i giorni per andare al lavoro, sono state quelle di Julian Carròn: «Davanti ai nostri occhi c’è un’evidenza: la vita di ciascuno è appesa a un filo, potendo essere uccisi in qualsiasi momento e ovunque, al ristorante, allo stadio o durante un concerto. La possibilità di una morte violenta e feroce è divenuta una realtà anche nelle nostre città. Per questo i fatti di Parigi ci mettono davanti alla domanda decisiva: perché vale la pena vivere? È una provocazione che nessuno di noi può evitare. Cercare una risposta adeguata alla domanda sul significato della nostra vita è l’unico antidoto alla paura che ci assale guardando la televisione in queste ore, è il fondamento che nessun terrore può distruggere.
Chiediamo al Signore di poter affrontare questa terribile sfida con gli stessi sentimenti di Cristo che non si lasciò vincere dalla paura: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia” (I Pt 2,23). Con questa Presenza negli occhi potremo guardare perfino la morte, a cominciare da quella di coloro che hanno perso la vita a Parigi, offrire ai nostri figli un’ipotesi di significato per stare davanti a queste stragi e a ciascuno di noi una ragione per tornare al lavoro lunedì mattina continuando a costruire un mondo all’altezza della nostra umanità, con la certezza della speranza che è in noi».

Per questo oggi ho deciso di pubblicare una ricetta: perché partire dal significato del mio vivere, nonostante sia consapevole che potrebbe capitare anche a me di morire all'improvviso, in un giorno qualunque, per mano di qualcuno che mi odia per il semplice fatto che sono diversa da lui, passa anche da un'effimera zuppa.

lunedì 19 ottobre 2015

Galletto piemontese ripieno al tartufo con quenelles di farcia fine e patate duchessa


Strana sfida, l'MTChallenge: ti fa fare cose che mai in vita tua avresti pensato di poter fare; ti lancia a capofitto in preparazioni che tua sponte non avresti affrontato nemmeno per tutto l'oro del mondo (penso alla sfida sul quinto quarto lanciataci da Cristiana); ti fa lanciare "te possino" a mitraglia mentre prepari l'American Breakfast, che non è possibile che quella disgraziata di Roberta ti tenga 6 ore  in cucina per preparare una fucking colazione; e ti fa amare alla follia la Patty, che in cucina ti tiene molto più di 6 ore, e nell'ordine:
1) ti costringe a disossare un pollo (o un altro volatile, oppure un coniglio, a tua scelta);
2) ti chiede di farcire detto pollo/volatile/coniglio;
3) pretende il gravy, che senza di lui il piatto non è completo, e buon peso
4) vuole pure il contorno che, manco a dirlo, deve accordarsi alla perfezione con volatile, farcia e gravy.

Sembra contraddittorio brontolare per un American Breakfast (che adoro mangiare, ma non preparare) ed esaltarsi per un pollo disossato e ripieno, ma non è così.
Il fatto è che io avevo un sogno nel cassetto: imparare a disossare polli e conigli.
Solo che il cassetto in cui lo avevo chiuso era quello etichettato "Miracoli", sito esattamente sopra a quello con etichetta "Impossibili".
E invece no: la Patty ci ha fatto un tutorial da urlo con le foto passo-passo, e io ho cominciato a pensare che forse pure io, con le mie manacce impazienti, avrei potuto farcela.

Visto che dovevo già preparare un fondo bianco di pollo per lo Starbooks di questo mese, ho pensato di acquistare, oltre ad ali e colli, anche due busti di pollo, di cui avrei utilizzato le carcasse per detto fondo e con cui avrei potuto fare prove tecniche di disosso.
Le prove tecniche, manco a dirlo, sono andate benissimo grazie al tutorial di Patty; anzi, per quanto la cosa possa sembrare strana, l'ho trovata un'attività rilassante, un vero e proprio antistress.
In più ho utilizzato i polletti disossati per fare delle prove di farcia, perché per me la difficoltà vera di questa sfida sta proprio qui: nello studiare una buona farcia e un contorno che vi si accordi.
E' dal 5 ottobre che studio e faccio prove, e finalmente mercoledì 14 ho partorito la prima idea, che vi presento oggi.


Mercoledì sera avevo deciso: il giorno dopo all'uscita dal lavoro sarei andata dal mio macellaio di fiducia a comperare un bel pollo ruspante - possibilmente un galletto livornese - e gli ingredienti della farcia, così venerdì sera avrei potuto darmi al disosso, alla farcia e ai fondi bianco e bruno bruno e sabato mattina avrei proceduto con la cottura, il contorno e il gravy.

Giovedì mattina però, un'altra necessità si è imposta: il taglio dei capelli, che oramai erano un ammasso informe che stava insieme in qualche modo. Il problema è che il mio parrucchiere è dalla parte diametralmente opposta di Milano rispetto a dove abito, e per tornare a casa mi ci vuole una buona ora e mezza, il che significa che il macellaio è già chiuso.

Che fare? MTChallenge o Hair Challenge?
Al mattino l'MTC era il grande favorito; col progredire della giornata però ha cominciato a prevalere il parrucchiere, e all'uscita dall'ufficio è lì che sono andata, dicendomi che in fondo il pollo avrei potuto comprarlo anche venerdì.
Esco dal parrucchiere, il cui negozio si trova accanto a una macelleria, e mi cade l'occhio su un bel galletto piemontese munito di zampe, testa, cresta e bargigli. Gli occhi mi si sono illuminati, sono entrata di corsa e ho chiesto il mio bel galletto. Il macellaio mi ha chiesto se dovesse pulirmelo: ancora non era eviscerato! Gli ho detto di sì, ma di fare attenzione a lasciarlo intero, che dovevo disossarlo.

- Se vuole posso disossarglielo io, signora.
- No grazie, preferisco farlo io.
- Guardi che per me non è un problema...
- Neanche per me: sa, ho questa vena sadica, che sfogo su polli e conigli...

E anche sugli astici, ho pensato. Ma quello era un fornitore nuovo, meglio non sputt far figuracce da subito: da lui non ho mai comprato i granelli, per dire, anche se sospetto che non si sarebbe scandalizzato affatto :-).

In realtà il macellaio è stato un po' manesco nell'eviscerare il pollo: me lo ha consegnato in queste condizioni, costringendomi a dare qualche punto di sutura anche davanti. :-) Poco male però, il risultato finale non è stato minimamente compromesso.


lunedì 6 aprile 2015

Arrosto di vitello farcito ai carciofi


Nella blogsfera in questi ultimi anni impazza la moda delle ricette "senza": senza burro, senza panna, senza uova, senza latticini... da oggi io inauguro un nuovo filone del senza: le ricette senza foto. Per lo meno, senza foto scattate da me.

Ci stavo pensando proprio in questi giorni: ho esordito la mia condivisione di ricette nel web nel lontano 2004, quando mi iscrissi a un forum di cucina. Parlare di cibo e condividere ricette era divertente e istruttivo, e ho imparato un sacco di cose. Poi ho deciso di abbandonare i fora e aprire questo blog, per diverse ragioni, ma di quel periodo c'è una cosa che mi manca tremendamente: la possibilità di pubblicare una ricetta senza l'obbligo di fotografarla.

Sì, lo so, l'immagine è tutto nella blogsfera. 
Va anche detto che io odio visceralmente fotografare, è una cosa che mi pesa da matti.
Più di una volta in questi anni mi è capitato di aver preparato una ricetta, di averla trovata squisita ma di non averla pubblicata semplicemente perché non avevo voglia (o tempo, o modo) di fotografarla.

Da oggi questo tabù è superato: prenderò delle foto dal web che assomiglino al mio piatto finito, metterò i credits e pubblicherò le ricette. E' un reato? Spero di no, in ogni modo farò così: pubblico le ricette con foto prese dal web ma mi impegno, la prima volta che le rifaccio, a fotografarle e a inserire man mano le mie foto. Così va meglio? J
Immagine presa da qui... e nel frattempo ho rifatto e fotografato la ricetta.😅
La ricetta che vi presento oggi assomiglia più o meno a quella in foto. Certo, la foto in questione rappresenta una faraona ripiena ai carciofi, non un arrosto di vitello, ma il concetto è quello.

Ho preparato questo arrosto qualche settimana fa per degli amici, ed è piaciuta tantissimo.
E' una ricetta di mia madre, che io ho modificato usando il fondo bruno anziché il brodo come fa lei e preparando un gravy con il fondo di cottura.
E' una ricetta semplicemente divina.
Del resto si sa, come cucina la mamma...

venerdì 3 aprile 2015

Costine brasate al vino (Martha Stewart)



Ho sempre accettato serenamente trascorrere del tempo e non ho mai avuto problemi a dichiarare la mia età. Certo, ogni volta che si giunge a una decina la cosa fa un certo effetto, e se a 30 anni non hai grossi bilanci da fare e a 40 la tua vita bene o male ha preso il suo corso, visto che le scelte più importanti le hai già fatte e le eventuali conseguenze le hai pagate, quando arrivi a 50 due domande te le fai. Almeno, a me è successo così.


Per i 50 però, la musica è cambiata. A 50 anni non solo la giovinezza è abbondantemente fuggita, ma pure l'illusione di essere ancora giovani, che persiste per tutta la quarantina, è costretta a evaporare. Ti ritrovi quindi a fare i conti con il tempo che passa - sembra ieri che hai finito l'università - e con la vecchiaia che inesorabilmente si avvicina. In profumeria cominciano a darti i campioncini di creme per pelli mature e magari una sera, rientrando tardissimo e stremata da un viaggio di lavoro, apri la casella della posta e ci trovi dentro una rivista femminile mai sentita nominare prima, con scritto sotto al titolo "vietato ai minori di anni 50".

Lì per lì non mi ha fatto piacere, ma il mattino dopo l'ho messa in borsa prima di uscire e me la sono letta in metropolitana, mentre andavo in ufficio.
Niente di che, intendiamoci; nell'editoriale magnificavano un dolce di pasta sfoglia con panna e fragole, per dire. Però sfogliarla e leggere i soliti consigli triti e ritriti sul prendersi cura di se', pelle, capelli, trucco, denti, abbigliamento, etc. mi ha messa di buonumore.
Sarà la primavera che incombe, sarà stato il vento che mi ha dato una sferzata di energia, ma quando sono arrivata in ufficio mi ero riconciliata con la vita.
E con i miei 50 anni.

martedì 31 marzo 2015

Fondo bruno di vitello e Glace de viande di Martha Stewart


Ho già pubblicato una ricetta di fondo bruno di vitello agli esordi di questo blog, più precisamente quello di Shaun Hill. La mia passione per le basi di cucina però non si esaurisce in una sola ricetta, anzi: mi piace cercare e provare basi diverse, per sentirne le differenze.
Lo Starbooks di gennaio, dedicato alla Scuola di Cucina di Martha Stewart tradotta in italiano da Giunti, mi ha offerto l'occasione di provare la versione di Martha Stewart; e se Shaun Hill ricava dal fondo bruno il jus lié, Martha Stewart ci insegna a fare la glace de viande, una meravigliosa riduzione che regala un gusto meravigliosamente intenso ad arrosti e brasati.

mercoledì 11 marzo 2015

Dado vegetale casalingo


Ci sono preparazioni che fanno talmente parte della nostra cucina, che le diamo per scontate; questa, che credevo di aver pubblicato agli inizi del blog, è una di quelle.
L'ho trovata 11 anni fa in un forum di cucina a cui mi ero iscritta, pubblicata da Sergio Salomoni, con la precisazione che l'autrice era Elena Collini, e mi è piaciuta così tanto, che quell'anno ne ho preparato una quantità industriale, confezionata in 50 vasetti, da regalare alle amiche per Natale.

Abitavamo a 3 o 4 km di distanza, io e Sergio, e ogni volta che mi capitava di andare a Cernusco mi dicevo che avrei avuto molto piacere a incontrarlo, ma la timidezza mi ha sempre impedito di contattarlo.

Adesso è troppo tardi: ho saputo di recente che a metà febbraio Sergio è mancato, e il dispiacere che ho provato è fatto in parte dal rimpianto di non averlo mai conosciuto di persona, ma sempre e solo attraverso le sue indimenticabili ricette, e l'affabile cortesia con cui rispondeva a tutti.

Preparo questo dado una volta all'anno, e ogni volta penso a Sergio; da quest'anno lo farò ancora più intensamente, accompagnandolo con una preghiera.

Nel tempo ho apportato diverse variazioni: il bello di questa preparazione infatti è che possiamo modificare le quantità degli ingredienti, secondo il nostro bisogno. Io ad esempio ho ridotto notevolmente la quantità di aglio della ricetta originale, che per me era decisamente eccessiva; nel periodo in cui ero fortemente intollerante al sedano l'ho eliminato, per tornare ad aggiungerlo a piccole dosi quando il mio organismo è stato pronto a riassumerlo. Infine, ho aggiunto al mio dado delle erbe aromatiche per aumentarne il profumo.

Le verdure di base che devono comporre un dado vegetale sono quelle che usiamo per il soffritto: carote, cipolle e sedano. A queste possiamo aggiungere altre verdure saporite ed erbe aromatiche. Alcune versioni che ho trovato in rete prevedono pure zucchine e fagiolini, ma siccome si tratta di verdure ricche di acqua ma povere di sapore, personalmente le ho sempre evitate, nel dado.

L'importante è non variare la percentuale di sale rispetto al peso delle verdure, mantenendola tra il 16% e il 18%. Se si mette più sale infatti, non si sentirà quasi più il sapore delle verdure quando useremo il nostro dado per preparare un brodo vegetale per una minestra; meno sale per contro, inciderà sulla conservabilità del prodotto.

Di seguito do la ricetta originale, così come l'avevo trovata scritta sul forum, tanti anni fa.
Tra parentesi e in corsivo le mie variazioni.

mercoledì 26 marzo 2014

Soufflé di piccione con il suo fondo ristretto ai fiori di rosmarino


Questa è l'ultima delle mie proposte per l'MTChallenge di questo mese, vinto da Fabiana che questo mese ci ha sfidati sul soufflé.
L'ispirazione mi è venuta davanti al banco del macellaio, dove facevano bella mostra di se' due piccioni. "Miei!" ho esclamato mentalmente con entusiasmo, ma la richiesta al commerciante è stata fatta in toni più pacati, quasi distaccati, una sorta di "per me fa lo stesso" che celava una bramosia incredibile: adoro infatti il piccione e mentre portavo questi due a casa mi è tornato in mente un episodio della mia infanzia, nell'assolata terra di Sicilia.