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lunedì 17 febbraio 2025

Maxi rotolo ai funghi con salsa verde


Io ve lo dico: Ixta Belfrage non è di questo pianeta. Tutto il complottismo, il non cielo diconoh! e via dicendo mi è venuto in mente mentre preparavo questo magnifico rotolo ai funghi con salsa verde, che la Nostra ha inserito in Mezcla

Mademoiselle Marina ha fatto qualcosa di analogo a Natale (e invece di postare la ricetta sul blog, l'ha scritta su Facebook) e sono stata tentata di preparare prima la sua versione, ma la ricetta di Ixta aveva il segnalibro "urgente" già da un po', sicché ho deciso di darle la precedenza.

Ixta dice che la ricetta è ispirata a un'altra che avevano fatto nella Ottolenghi Test Kitchen, il Celebration Sticky Rice Cake: entrambe vedono i funghi nel ruolo dei protagonisti, arrostiti non solo per cuocerli ma anche per creare una salsa gravy, tipicamente ottenuta dal fondo di cottura degli arrosti di carne, ma in versione vegana.

La ricetta richiede sicuramente un po' di tempo e di lavoro, ma credetemi: ne vale assolutamente la pena e non c'è bisogno di avere ospiti vegani per servire questo rotolo come secondo piatto, al posto del classico arrosto di carne.

lunedì 16 settembre 2024

Pan di panna con tang zhong

 


Avevo comperato un brick da 500 ml di panna per fare l'ultimo birramisù e, manco a dirlo, l'avanzo mi guardava sconsolato ogni volta che aprivo il frigo. Occorreva un'idea per smaltirlo e anche in fretta, ché si era a fine giugno e il caldo, si sa, non perdona. Lì per lì ho pensato di fare una classica pasta panna, prosciutto e piselli, tuttavia non ero del tutto convinta da questo revival degli anni '80 - anche perché, diciamolo, non sono una grande fan della pasta e piselli. All'improvviso mi è venuto in mente il pan di panna, di cui in rete si trovano ormai mille versioni inclusa quella con il lievito madre, ed essendo nel pieno delle mie sperimentazioni con il tang zhong ho pensato di immettere nel web l'ennesima variante. 😄 Già che c'ero ho diminuito fortemente lo zucchero della ricetta originale, portandolo da 80 g a 20 g: non volevo dei panini semidolci (anche se so che con le farciture salate sono il top).

Al posto del lievitino ho preparato una biga poolish, più che altro per necessità: ho impastato questo pane il giorno del funerale della mia amica Laura, compagna di scorribande enogastronomiche e non solo. Ho preparato tang zhong e biga poolish prima di andare al funerale e proseguito con la preparazione del pane al mio rientro, due ore e mezza più tardi; e non ho fatto che pensare tutto il tempo a lei, che aveva il gusto delle cose buone e del fatto in casa. 

Ciao Lau, veglia su tutti noi da lassù. Ti voglio bene. 💖 

lunedì 15 luglio 2024

Focaccia con Tang Zhong (Water Roux)

    

Ogni volta mi dico che questo è l'ultimo lievitato di stagione, ma la volta successiva trovo una scusa per proseguire con gli esperimenti sul tang zhong o water roux (e no, il caldo estivo non è mai stato un deterrente, per me). 

Dopo aver fatto il pane in cassetta integrale col tang zhong ho cominciato a chiedermi se lo stesso procedimento potesse applicarsi alla focaccia: per anni avrei voluto portare una bella focaccia fragrante ai colleghi di ufficio, ma la levataccia antelucana per togliere l'impasto dal frigo, riportarlo in temperatura, farlo rilievitare e quindi cuocerlo mi ha sempre frenata: voglio bene ai miei colleghi, ma non fino al punto di sacrificare metà del mio riposo notturno per loro. 😅 Ora, l'idea di un metodo che consenta di avere una focaccia soffice anche se fatta il giorno prima, mi allettava assai: è stato questo a spingermi a provare il tang zhong sulla focaccia. 

Ho fatto un po' di esperimenti e la formula che mi ha soddisfatto di più è quella che riporto qui sotto.

Ho impastato il venerdì sera e cotto sabato mattina, testando la "freschezza" e la tenuta della focaccia il giorno stesso e il giorno dopo: mi sono detta che il superamento del test mi avrebbe consentito di organizzarmi in modo da avere una focaccia cotta la sera prima di portarla in ufficio.

Dal momento che la focaccia è più sottile del pane ed è quindi sottoposta a un calore più forte in cottura, ho scelto di usare la percentuale massima di tang zhong, e cioè l'8% del peso della farina, per garantirne una durata più lunga.

lunedì 6 maggio 2024

Pane in cassetta integrale con Water Roux (Tang Zhong)

 


Ecco, lo sapevo: mi è partito un trip. Dopo i panini della scorsa settimana, ho deciso di sperimentare con il Tang Zhong o Water Roux. Il fatto è che mi era stata messa una pulce nell'orecchio: anche i panini giapponesi fatti con questo metodo contemplavano l'uovo tra gli ingredienti, e la mia domanda era: il pane avrà la stessa sofficità, se preparo un roux all'acqua ma non aggiungo l'uovo e limito la quantità di grassi? Così ho fatto qualche ricerca sul Tang Zhong e su come funziona.

Essenzialmente, cuocere farina e acqua o latte nelle proporzioni di 1:5 alla temperatura di 65 °C, quando gli amidi si gelatinizzano, permette all'impasto di assorbire più liquidi anche con una idratazione inferiore, risultando in una mollica molto più soffice; inoltre la gelatinizzazione degli amidi ne previene la cristallizzazione, causa dell'indurimento progressivo del pane: in parole povere la mollica trattiene meglio l'umidità, aumentando la durata del pane (shelf life), che rimane morbido per diversi giorni anziché essere già raffermo il giorno dopo.

Di solito il Tang Zhong viene preparato sul fornello; lo si può fare anche al microonde però, procedendo così: mescolare farina e liquido in una ciotola che possa andare nel forno a microonde, facendo attenzione a sciogliere tutti i grumi. La ciotola deve essere capiente, perché l'ebollizione nel microonde è alquanto feroce. 💪 Scaldare la mistura a 750 W per 20 secondi, quindi tirarla fuori e mescolarla con una frusta per mantenerla liscia e senza grumi. Rimettere nel microonde e fare andare per altri 20 secondi, quindi mescolare e osservarne la consistenza: deve essere una massa gelatinosa piuttosto densa. Probabilmente ci vorrà un altro giro di 20 secondi per completare la preparazione: di solito ci mette un minuto, ma come per il forno tradizionale i tempi variano secondo i forni e dipendono anche dalla quantità: i tempi che vi ho indicato io vanno bene per 30 g di farina e 150 ml di acqua.

La quantità ideale di Tang Zhong da usare per ogni ricetta varia dal 4% all'8% del peso totale della farina del nostro pane; al di sopra o al di sotto di queste percentuali non si sono misurati benefici (o aumentati benefici) apprezzabili, e cioè:

  • Aumentata morbidezza della mollica anche senza uova e grassi
  • Idratazione inferiore dell'impasto (55-60%) con pari morbidezza della mollica
  • Impasto più forte e meno appiccicoso anche in presenza di livelli di idratazione più alti
  • Prolungata durata del pane e rallentamento del processo di raffermimento

Insomma, avevo abbastanza motivi per sperimentare ulteriormente! Avevo bisogno di preparare un pane in cassetta per lo Starbooks di maggio, e avevo pure bisogno di consumare dei pacchetti di farina iniziata: quale occasione migliore per sperimentare questa tecnica?

lunedì 29 aprile 2024

Panini da burger al Water Roux (Tang Zhong) con autolisi


Ieri sera riflettevo sul fatto che panifico davvero molto raramente ormai, mentre quando è iniziata la mia avventura col pane, nel febbraio 2004 (ossantocielo, sono già passati 20 anni!!! 😱) facevo il pane almeno una volta alla settimana. Certo, oltre all'impasto ho cominciato a lievitare pure io, ed è proprio questo il motivo per cui adesso panifico sì e no due o tre volte all'anno.  

Quelle due o tre volte però ne deve valere la pena: devo cioè aver bisogno di un tipo specifico di pane, oppure incontro un procedimento che mi incuriosisce e che voglio sperimentare. E' proprio sotto la seconda casistica che ricade il pane che vi presento oggi: avevo già sperimentato il Tang Zhong o Water Roux nel 2020, quando avevo preparato per la prima volta i panini al latte giapponesi. Mi ero ripromessa di sperimentare altri pani con quel sistema, ma durante la pandemia sono lievitata oltre misura ed è stato urgente, per motivi di salute prima ancora che estetici, perdere peso, il che ha messo in secondo piano tutti gli esperimenti sul pane.

Mercoledì scorso però, alla vigilia del ponte del 25 Aprile, la Signora Marisa Giordano ha pubblicato sul gruppo FB di Gennarino la ricetta di questi panini da burger che prevedevano due procedimenti che non ho mai sperimentato abbastanza: l'autolisi e il Water Roux. La decisione è stata presa all'istante: tornata a casa dal lavoro ho preparato l'autolisi e il Tang Zhong, dopo due ore ho impastato tutto e messo in frigo e il mattino dopo ho stagliato, formato e cotto il pane.

Il risultato sono stati dei panini morbidissimi e veramente buoni, perfetti per i burger, gli Sloppy Joe o anche una semplice merenda di pane, burro e marmellata.

Io me ne sono innamorata e spero che a voi accada lo stesso.

lunedì 23 gennaio 2023

Panini ai cipollotti e Comté

 


Ho preparato questi deliziosi panini l'anno scorso per lo Starbooks, e nella loro semplicità li ho trovati spaziali. Li ho rifatti qualche volta e li ho anche surgelati (in abbattitore) e scongelati: sono rimasti perfetti.

L'impasto è quello dei panini al latte, a cui però si aggiunge una farcia di formaggi e cipollotti che li rende particolarmente goduriosi perché sono un trionfo di umami, il quinto gusto. Ne sono ricchi il lievito di birra (presente in forma ultra concentrata nel Marmite), i formaggi stagionati e i cipollotti. Il risultato sono dei panini veramente appetitosi, morbidi e invitanti, e in più semplicissimi da fare.

L'impasto è molto morbido e si manipola facilmente, cosa che ho sperimentato una volta di più sabato scorso, l'ultima volta che li ho fatti: per la rubrica l'angolo dell'imbranata, mi stavo apprestando a tagliare il rotolo, quando mi è caduto l'occhio sulla ciotola dei cipollotti, che avevo dimenticato di inserire. Ho srotolato delicatamente l'impasto e cosparso i cipollotti, quindi l'ho arrotolato di nuovo. I panini sono venuti benissimo.

Spendo due parole su due ingredienti fondamentali, il Comté e il Marmite. 

Il Comté appartiene alla grande famiglia dei formaggi a pasta cotta, la stessa a cui appartengono gli svizzeri Gruyère, Etivaz ed Emmenthaler o i francesi Beaufort e Abondance. Se non lo trovate, potete sostituirlo con uno di questi formaggi. Io ho provato a fare questi panini anche con un Parmigiano Reggiano stagionato 30 mesi, e sono riusciti alla perfezione.

Il Marmite è una crema spalmabile a base di estratto di lievito, dal sapore piuttosto deciso e molto salato, simile a un mix fra salsa di soia e brodo.  Scoperta per caso dallo scienziato tedesco Justus Liebig, fu prodotta per prima dalla britannica Marmite Food Company, che acquistava il lievito direttamente dai tanti birrifici sparsi per la città di Burton on Trent. Inizialmente la crema veniva conservata in vasi di terracotta dalla forma simile a quella di una pentola, chiamata marmite in francese, da cui il nome. Se non lo trovate lo potete sostituire con l'estratto di carne (in Veneto è molto diffuso il Bovril), ma secondo me vale la pena cercarlo, nei negozietti di specialità etniche oppure on line. 

domenica 16 ottobre 2022

Flatbread alla paprika affumicata e halloumi


Il mio blog è nato il 18 ottobre di 12 anni fa, e in tutto questo tempo ho avuto un'idea fissa, simile ai buoni propositi di inizio anno: pubblicare una ricetta di pane per il World Bread Day, la giornata mondiale del pane, che cade il 16 ottobre. 

In realtà la vera ricorrenza di oggi è la giornata mondiale dell'alimentazione, che ricorda la fondazione della FAO, il 16 ottobre 1945. Istituita nel 1979, la giornata mondiale dell'alimentazione ha adottato dal 1981 un tema diverso ogni anno, al fine di evidenziare le aree necessarie per l'azione e fornire un approccio comune. La maggior parte dei temi ruotano attorno all'agricoltura, perché gli investimenti nell'Agricoltura registrano ogni anno dei notevoli cali: il ruolo del settore pubblico è essenziale, e aiuterebbe a veicolare in tale settore anche gli investimenti privati.


A partire dal 2006, a latere della giornata mondiale dell'alimentazione è stata istituita, sempre il 16 ottobre, la giornata mondiale del pane: alimento di alta valenza simbolica, il pane fa parte del nostro quotidiano al punto da essere entrato nel lessico comune e religioso. Dall'espressione "guadagnarsi il pane" come sinonimo di guadagnarsi da vivere a "dacci oggi il nostro pane quotidiano", preghiera a Dio di non farci mancare il sostentamento essenziale, il pane ha un ruolo centrale, benché spesso dato per scontato, nella vita di tutti i popoli del Mondo.

E' dal 2010, dicevo, che mi ripropongo di pubblicare una ricetta di pane in questa giornata; solo a distanza di 12 anni sono riuscita a mantenere questo proposito (quindi c'è qualche speranza per tutti gli altri propositi, che da quando sono nata compongono una to-do list chilometrica) e lo faccio con un flatbread, un pane piatto, che è stato realizzato su Starbooks venerdì scorso dalla bravissima Stefania - Araba Felice (lei si definisce cialtrona, ma voi non credetele!).

Come scrive Stefania nell'introduzione al suo post, di flatbread è pieno il mondo: hanno nomi esotici come chapati, naan, roti, paratha, pita, tortilla, ma ci sono anche flatbread italiani come le nostre piadine o il pane carasau, per non parlare delle focacce non lievitate mangiate dagli antichi Romani. Tutti sono accomunati dalla semplicità della preparazione e soprattutto dalla velocità di cottura, spesso effettuata in padella o su un testo. Questo pane non fa eccezione: è semplice e veloce da preparare (salvo il tempo di lievitazione), facilissimo da maneggiare e molto gustoso. L'altro ieri quando ne ho letto la ricetta ho deciso di prepararlo quanto prima, e ho approfittato della ricorrenza odierna per mettermi all'opera. L'Autrice accompagna questi panini farciti con una fresca insalata di pomodori: non potrei essere più d'accordo!

sabato 13 novembre 2021

La Challah (חלה) di Michael (in alto, a sinistra...)

 

Ogni anno, tra la fine di ottobre e il 13 novembre, ripenso al periodo analogo del 2017; all'alternarsi di speranze, timori, gioie, sollievi, trepidazione e infine all'immenso dolore per la scomparsa del nostro Doc, Michaël MeyersEx chirurgo oncologo, ex vegetariano, ex osservante. Un bandito errante, eretico anarchico, così si definiva lui sulla testata del suo blog; e se era tutto questo, era molto, ma molto di più. Ogni anno in questo periodo vado a rileggermi il post struggente scritto da Alessandra sul blog della nostra Community, e mi vengono le lacrime agli occhi; ricordo la sua simpatia, la sua enorme premura, la chat che ha aperto con me per supplicarmi di non mangiare soia mentre ero a dieta perché è il legume più geneticamente modificato in natura ed è nocivo, oppure quella in cui mi chiedeva lumi sulla traduzione in italiano di un termine culinario francese, o ancora le preoccupazioni per la salute della sua Eleonora, la figlia che non ha mai avuto e che le è stata affidata dal suo amico d'infanzia Robert. 

Ogni anno mi entra sempre più prepotentemente nel cuore, con quella presa salda che è propria degli affetti più cari, e mi dispiaccio per non averlo conosciuto di più e meglio. E ogni anno mi torna in mente una delle sue ultime conversazioni con Lolo, il suo nipotino putativo, così come lui l'ha riferita alla sua mamma: 
No, mamma, ti sbagli. Gli animali muoiono, ma le persone no. Le persone rimangono, basta guardare il cielo in alto a sinistra per trovarle.
Lolo, ma dove l'hai sentita questa?
Me l'ha detto lui, quindi è vero. In alto, a sinistra...

Gli altri anni mi sono limitata a pensare a lui e a pregare per lui e per la sua famiglia: la moglie Micol, la figlia Eleonora, i nipoti Lorenzo e Sébastien, e poi tutti i suoi amici più cari, quelli che ha conosciuto tramite la Community dell'MTChallenge e tutti gli altri, conosciuti nella sua vita reale e professionale. Quest'anno sono riuscita a fare un passo in più e ho deciso di preparare una Challah (חלה) seguendo la sua ricetta. Negli anni ho provato diverse ricette di Challah, e quella che mi è piaciuta più di tutte è senza dubbio quella di Hamelman; ma una ricetta dedicata a Michaël non può che essere fatta seguendo la sua ricetta e soprattutto rileggendo il meraviglioso post che lui ha scritto insieme a Eleonora sulla sua storia, tradizioni, usi e costumi. Perché Michaël si definiva un Ebreo ex osservante, ma in realtà era religiosissimo e aveva molto a cuore (giustamente) la storia del suo Popolo, cui inevitabilmente si è intrecciata la sua storia personale, e tutte le tradizioni che ne derivano.

Ho seguito la sua ricetta alla lettera, impastando a mano la mia Challah, e quando lo sguardo mi si è posato sulla planetaria ho sorriso ripensando alle parole che ha detto a Ele, nella situazione analoga: qu'est-ce-que tu me fabriques? E ho voluto anche omaggiare la sua stella, che continua a splendere luminosa nel cielo del mio cuore, in alto a sinistra; così ho dato alla mia Challah la forma della Stella di David (מגן דוד), Magen David; è venuta sgraziata, lo so, ma so anche che sicuramente con gli anni migliorerà. Perché da ora in poi questa sarà la mia tradizione, il 13 novembre, in memoria di Michaël: preparare una Challah a forma di Magen David.

Mi manchi Doc, non so dirti quanto. 💖

lunedì 7 giugno 2021

Pita semi integrale (Khubez)

 

Negli anni ho preparato tante volte il pane arabo, o pita; buono, per carità, ma in ogni ricetta c'era qualcosa che non mi convinceva fino in fondo, tanto è vero che non ne ho mai pubblicata nessuna: mi limitavo a mangiare i miei pani (con molto gusto, devo dire) e ad attendere la ricetta perfetta, quella che mi avrebbe fatto saltare sulla sedia esclamando EUREKA!

Quest'anno finalmente l'ho trovata, guarda caso su Falastin. Sami Tamimi propone la ricetta normale, ma suggerisce anche le proporzioni per una versione semi integrale, ed è questa che ho voluto provare, certa che se mi fosse piaciuta, l'avrei adottata in entrambe le varianti. 

Sì, perché la vera pita è molto soffice, ma ha una "tasca" al suo interno, perfetta per accogliere le golose farciture di shawarma (o kebab) così tipiche del Medio Oriente. Ed è proprio con la shawarma di pollo e la salsa tahini di questa pie che ho gustato la mia prima pita perfetta, aggiungendovi qualche foglia di lattuga, anelli di cipolla e falde di peperone rosso: un'autentica goduria.

La pita dà il meglio di se' il giorno stesso in cui è stata sfornata; Sami tuttavia ci dice che tutte le pita che hanno più di un giorno possono essere strappate a pezzetti e usate per il fattoush, l'insalata libanese, oppure fritte in metà olio d'oliva e metà burro per essere usate nelle zuppe come crostini; in alternativa possono essere congelate, e messe brevemente a rinvenire in forno per goderne appieno la freschezza qualche giorno dopo (esattamente quello che ho fatto io). 

Altri suggerimenti dell'autore sono quelli di preparare, con lo stesso impasto, i manakeesh za'atar: basta mischiare in una ciotola 120 ml di olio extravergine di oliva e 100 g di za'atar, spennellare ogni pita con un cucchiaio di questa profumata mistura e magari aggiungerci qualche pezzetto di pomodoro fresco. Cuocere per 10 minuti come da ricetta, e avremo fra le mani delle simil pizzette mediorientali che faranno la gioia dei nostri commensali.

lunedì 29 marzo 2021

Bruschette di pane naan al pollo Tikka Masala

Il fine settimana appena trascorso è stato all'insegna del bel tempo e le temperature stanno cominciando ad alzarsi, aumentando la mia voglia di piatti diversi, ma anche veloci da fare e da consumare. Sarà per il lungo inverno freddo punteggiato da lunghi periodi di lockdown, sarà perché il sole e le temperature miti mi invogliano a trascorrere più tempo all'aperto, fatto sta che ho rispolverato questa ricetta realizzata tre anni fa per la rubrica quotidiana Keep Calm and What's for Dinner?, rapida e gustosa, che mi ha consentito di dedicare poco tempo in cucina (in mezz'ora era tutto pronto) per potermi poi dedicare al giardinaggio (o forse dovrei dire balconaggio? 😂) e a delle belle passeggiate nella villa comunale non lontana da casa. 

Adoro la cucina indiana e le spezie e i mix per preparare la pasta di curry tikka masala sono parte integrante della mia dispensa. Come sempre i sapori sono perfettamente bilanciati, con lo yogurt e il pane che "spengono" la piccantezza del peperoncino e la breve marinatura della cipolla nell'aceto, che ne attenua il sapore pungente.

Il chutney di mango, di cui vado pazza, accompagna egregiamente queste bruschette asiatiche: provare per credere!

Io ho preparato al volo del pane naan (mi sono appena resa conto che non ne ho mai pubblicato la ricetta qui, rimedierò quanto prima!), ma se non avete tempo o voglia, vanno benissimo anche dei panini arabi tagliati a metà. In questo caso, non c'è bisogno di spruzzarli con l'acqua prima di farli tostare in forno.

lunedì 1 marzo 2021

Taralli napoletani 'nzogna e pepe


Regola n. 1 quando si prepara una ricetta per la prima volta: andare sempre alla fonte. E' una cosa che faccio praticamente sempre, ma talvolta si verificano le eccezioni. 
Come la prima volta che ho fatto i taralli, un paio di settimane fa.

Avevo invitato a casa un'amica con la figlia e la Pulcetta, per tenere una mini lezione di panificazione. Tra le ricette che avevo scelto di far realizzare alle mie allieve c'erano anche loro: i taralli napoletani 'nzogna e pepe. Finora li avevo solo assaggiati, ma un giro in rete mi ha fatto trovare una blogger che aveva riproposto i taralli del grande Raffaele Pignataro, con tanto di foto passo passo: perfetto! Ho fatto un bel copia-incolla, ho risistemato il testo per la mini dispensa che stavo preparando per le mie allieve e al momento della realizzazione non mi sono posta alcun dubbio: le ricette di Raffaele sono perfette. Mi ha stupita un po' la quantità massiccia di pepe - ben 4 cucchiai su mezzo kg di farina -  ma in fondo non è un caso se il pepe è parte del nome della ricetta, e poi a me comunque piace molto, tanto che ne mastico i grani da soli perché ne amo l'aroma.

Altra stranezza: gli impasti di entrambe le ragazze hanno richiesto un'aggiunta di acqua. Strano ma non troppo, visto che sappiamo tutti che la farina può assorbire più o meno acqua secondo le condizioni meteorologiche. Impasto e formatura sono comunque andate benissimo, idem la lievitazione. Una volta in forno, i taralli hanno cominciato a sprigionare un intenso aroma di pepe: musica per il mio olfatto! 

Poi li abbiamo estratti dal forno e fatti intiepidire, e mentre chiacchieravo con la mia amica le ragazze ne hanno preso uno, se lo sono diviso e lo hanno assaggiato. Un picosecondo dopo entrambe si sono letteralmente buttate sul bicchiere e hanno cominciato a bere grandi sorsate di acqua. Io mi sono voltata  e credo che la mia espressione abbia ricordato un po' quella di Morgan l'anno scorso a San Remo, dopo l'uscita di Bugo. 


Anche la mia amica ha assaggiato un tarallo e la reazione è stata identica: buttarsi verso l'acqua come se la sua vita dipendesse da quello. A quel punto ho assaggiato un tarallo anch'io: pepatino, sì, ma piccante in modo piacevole mi sono detta, mentre davo un altro morso. Ovviamente mi sono sentita mortificata per le mie ospiti, ma che cosa potevo fare, se non ripromettermi di dimezzare le dosi di pepe? 

A fine giornata ho equamente diviso i pani preparati tra le due ragazze e, dopo che l'amica e la figlia sono andate via ho riaccompagnato la Pulcetta a casa. Mentre chiacchieravo con mia sorella è arrivato mio cognato, che ha tuffato la mano nel sacchetto e ha addentato un tarallo. "Accidenti se picchia!" ha esclamato, al che mia sorella ha voluto assaggiare e si è catapultata in cucina a prendere un bicchiere d'acqua. Rientrata a casa sono andata sul blog di Raffaele a cercare la ricetta, e lì i dubbi si sono dissolti: il pepe era solo 7 grammi, pari a 3 o 4 cucchiaini; lo strutto era di più e la farina grossolana di mandorle era di meno. Insomma, la mia fonte secondaria si è rivelata totalmente inaffidabile, avendo triplicato le quantità di pepe, aumentato gli ingredienti secchi e diminuito in proporzione lo strutto, che aiuta a contenere i liquidi. Mentre davo dell'impunita a costei, mi sono ripromessa di rifare i taralli al più presto (a me comunque erano piaciuti da morire), ma questa volta sono andata direttamente alla fonte. Manco a dirlo, ho imparato la lezione... e classificato inaffidabile la blogger imprecisa. 😆 


venerdì 29 gennaio 2021

Oatcakes (Crackers di avena)

 

In primo piano, oatcakes alla paprika; seguono quelli allo za'atar e in fondo quelli semplici

Ho scoperto gli Oatcakes o cracker di avena di recente, e per puro caso: li menzionava un libro che stavo leggendo, e incuriosita mi sono messa a cercare per il Web. Dopo aver messo a confronto diverse ricette, mi sono lasciata convincere da questo blog, di una signora Scozzese emigrata in Australia, estremamente esauriente e ricco di informazioni. Dal suo post ho scoperto finalmente la differenza tra steel-cut oats e rolled oats, ingredienti che ho visto spesso in qualcuno dei miei libri di cucina e che nelle versioni italiane venivano sempre tradotti con fiocchi d'avena (in realtà gli steel-cut oats sono i chicchi d'avena integrali macinati grossolanamente, mentre solo i rolled oats, chicchi chicchi d'avena cotti al vapore, quindi schiacciati per ridurli in fiocchi e fatti essiccare, possono fregiarsi del nome "fiocchi d'avena").

Ho scoperto anche una ricetta facile e veloce per preparare dei cracker croccanti e buonissimi.

L'Autrice, Amy, comincia col dirci che nella ricetta originale scozzese si usa la Scottish Oatmeal, una farina d'avena molto grossolana macinata a pietra, che regala agli oatcakes una consistenza tutta particolare. Vivendo in Australia non riesce a reperire tale farina, quindi si è ingegnata a sperimentare e ha ottenuto i risultati migliori con una miscela 50-50 di steel-cut oats e rolled oats, macinati nel frullatore di casa. In particolare, gli steel-cut oats sono stati macinati più grossolanamente, mentre dai fiocchi d'avena ha ottenuto una farina sottile. 
Scottish Oatmeal, immagine da qui

La prima volta che li ho fatti avevo in dispensa un pacchetto di chicchi d'avena di Nuovaterra e sono riuscita a ottenere uno sfarinato simile a quello fotografato da Amy. In seguito non li ho più trovati nel negozio in cui vado di solito (e data la pandemia in corso, non mi sembrava il caso di girare per i supermercati) e ho usato i soli fiocchi d'avena. La consistenza dei cracker è effettivamente cambiata, il loro sapore rustico però mi ha conquistata e da allora (stiamo parlando di settembre) li preparo spesso, raddoppiando le dosi. 

lunedì 8 giugno 2020

Spaccatini


La pandemia di Covid-19 e il conseguente lockdown della popolazione, hanno avuto effetti diversi nei diversi Paesi. Se da noi la reazione è stata quella di indurre moltissimi a panificare come se non ci fosse un domani, rendendo introvabili farina e soprattutto lievito di birra, nel Regno Unito a essere introvabile è stata, curiosamente, la carta igienica. Meglio avere le mani in pasta che in c*lo ho pensato quando ho sentito la notizia, e mi sono ritenuta fortunata perché poco prima che i fatti di Codogno venissero pubblicizzati avevo acquistato del lievito di birra, e usandone 5 g alla volta avevo la possibilità di panificare quanto volevo... se solo avessi trovato la farina adatta.

Il libro a cui ho attinto di più è stato The Book of Buns di Jane Mason, il cui acquisto mi era stato caldamente consigliato da Alessandra alcuni anni fa, ma che da allora era rimasto in libreria. E la ricetta che mi ha più incuriosita è stata proprio quella di questi panini italiani, gli spaccatini. La ricetta mi intrigava non tanto e non solo perché prevedeva la preparazione di una biga e l'uso di pochissimo lievito, quanto perché non li avevo mai sentiti nominare in vita mia.

Consapevole che l'esistenza degli spaccatini prescindesse dalla mia conoscenza dei medesimi, ho cominciato a fare un po' di ricerche in rete per vedere da quale Regione venissero, ma niente: il massimo che ho trovato, è stata una marca di grissini chiamata Spaccatini. Curiosamente invece, nei siti americani gli spaccatini erano conosciuti, e tutti unanimemente dichiarati tipici panini italiani. Ho allora pensato che fosse un formato di pane che gli immigrati Italiani avevano portato nel Nuovo Mondo, e che in qualche modo avevano trovato grande diffusione in America, decadendo invece qui da noi. Mi ero pressoché convinta che questa fosse l'ipotesi più corretta quando sono approdata su questo sito, dove dopo una lunga introduzione sui panini imbottiti italiani e sui pani italiani in generali, l'autore si è focalizzato sugli spaccatini, "a crusty but soft chewy roll from Lugano" (un panino dalla crosta croccante e dalla mollica morbida, di Lugano). 😵 

'Tacci loro. 
🙈🙉🙊

lunedì 1 giugno 2020

Panini da hamburger alla birra rossa


I panini da hamburger hanno sicuramente il loro perché: morbidissimi, semidolci, spesso coperti da quei golosissimi semini di sesamo, sono l'ideale per accogliere un hamburger e le sue verdure e salse di accompagnamento, per un pranzo veloce all'americana che ogni tanto a me personalmente non dispiace. 

Negli anni ho provato diverse ricette di panini da burger, senza tuttavia mai rimanere pienamente soddisfatta, fino a quando non sono inciampata nella ricetta di Justin Gellatly, pubblicata nel suo Baking School che avevamo recensito su Starbooks. Certo, i suoi panini sono decisamente più dolci per i miei gusti personali, ma quando ho addentato il primo mi sono detta: ecco, ci siamo.

Per i panini che vi presento oggi sono partita proprio dalla sua ricetta, ma con qualche piccola variante: innanzi tutto ho diminuito drasticamente il lievito, portandolo dai 22 g iniziali a soli 5 (+ altri 5 se si ha fretta, ma io quando panifico cerco di non averne mai); in secondo luogo ho quasi dimezzato lo zucchero, portandolo a 25 g anziché i 44 previsti dalla ricetta. E, last but not least, ho sostituito tutta l'acqua con della birra rossa: il fatto che la ricetta ne prevedesse esattamente 33 ml, il contenuto di una normale bottiglia di birra, mi ha sicuramente semplificato la vita, ma confesso di averne stappato una seconda per sorseggiarla, mentre aspettavo che il lievito e il forno compissero la loro magia. 😎

Il risultato sono dei panini morbidi, semidolci, cui la birra dona un retrogusto maltato gradevolissimo. Se volete provarli anche voi, ecco la ricetta:

lunedì 4 maggio 2020

Kahvalti - panini turchi alla Feta


Ho realizzato questa ricetta il 19 marzo, durante un periodo di ferie forzate in cui ero stata presa, anzi ripresa dopo tanti anni, dal sacro fuoco della panificazione. Sfornavo pane a giorni alterni, provando nuove ricette che avevo adocchiato negli anni e la cui realizzazione avevo rimandato in attesa dell'occasione, della voglia, delle circostanze, o altro. Ed ecco che le circostanze mi costringevano a casa con due cubetti di lievito di birra fresco che doveva essere utilizzato, e sapete com'è: ne usi metà per un pane, un quarto per un altro, e l'ultimo quarto lo vuoi lasciare a languire in frigorifero fino al momento di buttarlo? Certo che no! Si poneva però a quel punto il problema della programmazione del blog: non volevo pubblicare tante ricette di pane una dietro l'altra, così ho pensato di pubblicare un pane al mese, fino a esaurimento ricette. 😅

I panini che vi presento oggi sono tratti dal bellissimo The Book of Buns di Jane Mason, che avevo acquistato dietro consiglio di Alessandra, sempre sul pezzo quando si tratta di scovare libri strepitosi, e che è stato presentato nella rubrica Shelfie di MTChallenge un paio di anni fa.
Non avevo mai fatto dei panini così morbidi, tanto che ne ho filmato morbidezza ed elasticità, caratteristica quest'ultima che non avevo mai riscontrato in nessuno dei panini che ho fatto.


L'Autrice spiega che la parola kahvalti in turco significa prima colazione, e che questi panini fanno parte di una serie di pani da colazione che ha gustato in Turchia anni fa. Oltre alla loro bontà intrinseca, che goduria quando capita tra i denti un pezzetto di Feta! 

La realizzazione non è particolarmente impegnativa ma è piuttosto lunga, a causa dei tempi di lievitazione e di riposo tra un'operazione e l'altra. Vale però la pena rimanere in ballo tanto tempo con la preparazione, perché il risultato è davvero strepitoso.
Fondamentale è portare il latte fin quasi al punto di ebollizione e poi farlo raffreddare a temperatura ambiente per qualche ora o per tutta la notte: l'ebollizione denatura alcune proteine del latte e favorisce la lievitazione. Va da se' che il latte deve essere fresco e intero, il sapore che dona al pane fa tutta la differenza del mondo, rispetto a un latte parzialmente scremato e/o a lunga conservazione.

L'autrice raccomanda inoltre di non sgonfiare l'impasto, tra una lavorazione e l'altra: si tratta di una tecnica oramai superata e noi vogliamo rimanere al passo coi tempi, giusto? 😊

lunedì 6 aprile 2020

Panini al latte giapponesi


Avevo letto un paio di anni fa del metodo giapponese di panificare preparando un Tang Zhong (o roux all'acqua), che gelatinizza gli amidi e permette di ottenere impasti soffici. L'avevo letto e mi ero detta che prima o poi lo avrei provato, ma senza dargli molta importanza. Poi, poco prima della metà di marzo, la mia azienda è passata dallo smart working alle ferie forzate; una mossa che non ho condiviso per parecchi motivi, non ultimo il fatto che lavorare mi permetteva di passare il tempo, ma tant'è: non ho avuto scelta. Con tanto tempo a disposizione e il pane che cominciava a scarseggiare nel freezer, ho pensato che fosse giunto il momento di provare questa nuova tecnica. Devo dire che ne sono stata estremamente soddisfatta, tanto che voglio sperimentarla anche con impasti diversi da quello del pane al latte che vi propongo oggi.

Ma che cos'è il Tang Zhong? Si tratta di un pre-impasto gelatinoso ad alta idratazione, composto di  farina e acqua in un rapporto di 1:5, oppure di farina e latte in un rapporto di 1:10. Può essere preparato sia direttamente su un pentolino, dove si mescolano acqua e farina con una frusta per evitare la formazione dei grumi, poi si mette il pentolino sul fuoco fino a portare la miscela alla temperatura di 65 °C, infine si toglie dal fuoco, si versa in una ciotola, si copre con pellicola e si fa raffreddare per un minimo di 8 ore e un massimo di 48, prima di aggiungerlo all'impasto.
In alternativa, si  può mettere la farina in una ciotola e scaldare l'acqua a parte, questa volta portandola al bollore, dal momento che una volta versata nella ciotola con la farina subirà un brusco calo di temperatura; la si versa poi sulla farina, mescolando vigorosamente con una frusta per evitare la formazione dei grumi e ottenere un impasto liscio, quindi lo si copre con pellicola e si fa raffreddare come sopra, prima di inserirlo nell'impasto.
Il Tang Zhong consente un migliore sviluppo della maglia glutinica che si traduce in una migliore lievitazione, consentendo così di ottenere dei pani dalla sofficità sorprendente, nonostante l'idratazione dell'impasto non sia particolarmente elevata.  

sabato 28 marzo 2020

Panini ai 5 cereali con siero di yogurt


Poche cose danno la sensazione di casa, nel senso di focolare domestico, centro degli affetti e porto sicuro, quanto il profumo del pane che cuoce nel forno, e si spande lentamente per tutta la casa. E' un profumo umile che parla di condivisione e di quotidianità, di una famiglia unita intorno al desco per condividere i pasti, e con essi le gioie e i dolori, le soddisfazioni e le delusioni della giornata.

Anche quando in casa abita una persona sola, come nel mio caso, il profumo del pane conforta e consola: sono giunta al termine della quinta settimana di isolamento a casa, e confesso che la durezza degli "arresti domiciliari" è stata parecchio alleviata dall'intensa attività di panificazione che ho praticato. Un mese fa ero riuscita a mettere le mani su due cubetti di lievito di birra - all'epoca si trovava facilmente - e attualmente ho il secondo cubetto usato solo per 1/4. Sì, perché panificare va bene, ma usare poco lievito di birra è molto meglio: dà impasti più profumati perché i tempi di lievitazione più lunghi permettono all'impasto di maturare, sviluppandone appieno tutti gli aromi.

La ricetta di oggi è quella del pane ai 5 cereali delle Sorelle Simili, che faccio da una vita, ma con due varianti: buona parte dell'acqua è stata sostituita dal siero di yogurt, ottenuto scolando per 3 giorni 500 g di yogurt intero ottenendo così il Labneh, un formaggio fresco mediorientale. Il siero scolato non va però scartato: può essere usato in vari modi, per marinare la carne di pollo e renderla più tenera, oppure per fare il pane, a cui dona una grande morbidezza. La seconda variante è che non ho aggiunto lievito di birra il secondo giorno: i 5 g del prefermento, uniti ai batteri lattici del latticello, erano più che sufficienti per farmi ottenere un pane perfettamente lievitato. Questa volta invece della solita pagnotta ho preferito fare dei panini, più pratici da porzionare e congelare, e perfetti come base per degli ottimi hamburger.

lunedì 23 marzo 2020

Kubaneh


Era metà dicembre 2018 quando, nel corso di una conversazione via FB con una coppia di amici Ebrei di origine yemenita, mi è stata riportata alla memoria una ricetta che avevo già adocchiato nello Starbooks di febbraio 2017, Breaking Breads di Uri Scheft: il Kubaneh. Questo pane sofficissimo e ricco di burro che a noi ricorda la torta delle rose, viene servito a colazione ogni Shabbat nelle case degli Ebrei Yemeniti, insieme al pomodoro grattugiato e alla salsa zhug

Quando abbiamo recensito Breaking Breads avevo messo questa (ed altre) ricette nella mia to-do list, ma sapete come vanno queste cose: le ricette che vorremmo provare sono tante e la lista si allunga ogni giorno, sicché il povero Kubaneh è andato ben presto in fondo. Un anno e mezzo dopo, la sopracitata conversazione su FB l'ha fatto tornare al primo posto, da cui però è inevitabilmente sceso per tantissimi motivi, non ultima l'importante presenza di burro: era un periodo in cui ero a dieta strettissima e i latticini mi erano proibiti; quand'anche non lo fossero stati, un pane con tutti quei grassi era contrario a qualsiasi dieta dimagrante degna di questo nome.

Adesso però la situazione è cambiata: mi sono rassegnata al fatto che non c'è dieta che tenga (nel senso che o stai a dieta per tutta la vita, o sei inevitabilmente destinata a ingrassare) e in più sono confinata a casa dalla fine di febbraio per l'emergenza sanitaria legata al Covid-19. E' vero che durante il giorno lavoro, ma l'azienda in più ci ha chiesto di prendere qualche giorno di ferie per smaltirne il monte ore, e che cosa si può fare in ferie, se non si può né partire, né uscire? Si rispolvera la to-do list e ci si mette ai fornelli! Tra l'altro la forte presenza del burro adesso è diventata un vantaggio: con tutte le energiche lavate di mani a cui mi sto sottoponendo, la pelle è diventata molto secca. Dopo aver formato il kubaneh era invece morbidissima!

Non so se questa ricetta sia ammissibile allo Starbooks Redone, perché ho apportato qualche piccola modifica alle quantità di lievito, acqua e sale utilizzate (vedi note); in ogni caso io ci provo. 😅


lunedì 9 dicembre 2019

Ghirlanda di Natale al formaggio


Avevo preparato questa ghirlanda per lo Speciale Natale 2017 dell'MTChallenge e, inutile dirlo, me ne sono innamorata: semplice da fare ed estremamente gustosa, è un simpatico antipasto che addobberà la tavola di Natale, anche se per un tempo limitato: un boccone tira l'altro, e a metà pasto sarà già finita. 
Ma perché a Natale si fanno le ghirlande? Ce lo ha raccontato Alessandra nel suo articolo di due anni fa, che riporto qui abbreviandolo un poco.

La ghirlanda è un accessorio importante nell’antichità: la forma circolare è infatti il simbolo dell’eterno ritorno, della morte che si fa vita, dell’incessante ciclo di trasformazione della natura, in un misterioso ma costante collegamento con il divino. L’imperatore ha la corona perché l’Impero è eterno, cosi come eterna è l’ispirazione che Apollo darà ai poeti e la forza che infonderà agli atleti e ai condottieri vittoriosi. A ribadire il concetto, sempreverdi sono anche le piante che la compongono: l’alloro, rami di abete e conifere. Il Cristianesimo recuperò la ghirlanda come simbolo di eternità, riferendola però all’amore di Dio, eterno, incessante ed immutabile. 

Pur essendo nata in ambito cristiano, la ghirlanda di Natale deriva dai riti invernali druidici e celtici, nei quali si scacciavano gli spiriti della notte tenendo accese 4 candele su una corona di rami sempreverdi, a simboleggiare la resistenza della luce contro le tenebre.  A questo concetto si ispirò un Pastore protestante Tedesco, che pensò di associare le candele alle settimane dell’Avvento. 
La decorazione col passare del tempo si arricchì di bacche rosse e foglie di agrifoglio, a simboleggiare il sangue e la Passione di Cristo. 

Dal Nord della Germania la tradizione arrivò negli Stati uniti, dove esplose in un tripudio di decorazioni e di forme: è a loro che si deve il ritorno di questo simbolo natalizio nelle nostre case, anche se la ghirlanda si è ormai ridotta a elemento meramente ornamentale. Da qui a trasformarla in qualcosa di buono da mangiare il passo è stato breve: i centrotavola commestibili sono una delle gioie di una bella apparecchiatura, e quelli a forma di corona decorata lo sono di più.

Ecco, la mia ghirlanda è nata nell'ambito del progetto natalizio di MTC di due anni fa, insieme a diverse altre. Se volete provarle tutte, scaricate QUI il libretto che le riporta!
Intanto passiamo alla ricetta di questa. 😋

giovedì 25 luglio 2019

Piadina ai fiori di zucca e crema di ricotta dura alle erbe


Il caldo non dà tregua come è giusto che sia, visto che siamo in pieno luglio; non me ne lamento di certo, tanto attendo l'estate durante i freddi inverni milanesi, e pazienza se la voglia di cucinare scappa un po': ci sono tantissimi piatti gustosi che richiedono poco sforzo in cucina e danno grande soddisfazione, ed è a questi che mi rivolgo in questa stagione.

Per quanto io ami molto il fai da te, non disdegno certo i prodotti già pronti, purché siano veramente di qualità. E' per questo che ho messo nel carrello la piadina al lievito madre di Frescopiada, un'azienda artigianale che lavora le sue piade con sapienza e amore e le precuoce singolarmente, sicché a noi rimane solo da terminare la cottura sulla piastra e farcirle.
Ho costruito intorno alla mia piada una farcia fresca, leggera e saporita: fiori di zucca, zucchine e ricotta stagionata li ho acquistati; le erbe aromatiche prosperano sul mio balcone e il mio armadietto delle spezie è ben fornito. All'avvicinarsi dell'ora di pranzo mi sono messa all'opera e in un quarto d'ora avevo già la mia piadina sul piatto!