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venerdì 25 marzo 2016

CHEF-d'oeuvre - Agnello alla Muritz con ravioli alla ricotta di capra, spinaci all'aglio orsino, peperonata e fagiolini (Bernd Siener)


Seconda puntata di CHEF-d'oeuvre, la rubrica in cui esploro i piatti degli Chef per cercare di carpirne trucchi e segreti. Quella di oggi è una ricetta in tema pasquale visto che l'agnello è il protagonista indiscusso del piatto: i suoi aromi sono esaltati da accompagnamenti diversi, in un vero e proprio percorso di degustazione. Perfino i ravioli alla ricotta di capra assumono, grazie all'aglio orsino, un particolare aroma che ricorda moltissimo quello della carne di agnello. 

Se non riuscite a trovare l'aglio orsino sostituitelo con foglie di aglio fresco oppure con la parte verde e più tenera delle foglie di cipollotto. Io però vi consiglio caldamente di cercarlo, perché è un'erba aromatica eccezionale dalle numerose proprietà benefiche e si sposa benissimo con l'agnello.

Dedico questa ricetta a Sandro, un follower silenzioso del mio blog che qui non commenta mai, ma con cui negli anni si è stabilito un piacevole rapporto epistolare. Sandro mi ha passato di recente una ricetta di pasta fresca per certi versi simile a quella di questi ravioli, e che presenterò prossimamente; con questo piatto gli mando un abbraccio virtuale, e faccio a tutti voi i miei più sentiti auguri di BUONA PASQUA.

Parto subito con la ricetta, che è lunga e impegnativa, e copio quanto scritto da Siener nella sua introduzione: "Osservate attentamente la carne dell'agnello che avete acquistato: se il grasso dalla schiena non fosse morbido, eliminatelo. Per i ravioli propongo un impasto diverso da quello della pasta tradizionale: deve essere molto elastico per non rompersi con un ripieno umido come questo. I ravioli in più possono essere tranquillamente congelati e cotti buttandoli direttamente dal freezer in acqua bollente salata. Per il ripieno potete prendere qualsiasi ricotta di capra, è importante però che il sapore non sia troppo forte. L'aglio orsino non solo si sposa benissimo con l'agnello, ma può essere anche una base deliziosa per una zuppa."

lunedì 7 marzo 2016

CHEF-d'oeuvre - Filetto di manzo in crosta di coda di bue e patate ripiene - Bernd Siener


Oggi inauguro su questo blog una rubrica , che andrà in onda ogni 3 settimane:

CHEF-d'oeuvre.

L'idea mi è nata durante lo scorso MTChallenge, che è l'unico momento in cui do' la stura alla fantasia in cucina, cercando di studiare ricette che siano in tema con la sfida. Mentre nei primi anni le mie ricette mi entusiasmavano ed ero contenta del lavoro fatto, da un paio d'anni a questa parte sono rare le volte in cui mi sento veramente soddisfatta, mi sembra che il mio lavoro sia diventato noioso e ripetitivo.

Sento l'esigenza di approfondire la conoscenza delle materie prime e delle tecniche di base, nonché dei metodi corretti per creare piatti che uniscano sapori e consistenze diverse e complementari, e la soluzione è una sola: andare a scuola. Non ho né i soldi, né il tempo per frequentare un buon corso di cucina, ma possiedo una discreta biblioteca culinaria nella quale figurano nomi di Chef di spicco, così mi sono detta: ecco la mia scuola! E siccome la passione per la cucina per me è qualcosa che va condiviso, vorrei condividere con voi il mio percorso, attraverso questa rubrica.

C'è un libro che staziona nella mia libreria da qualche anno, ma che finora mi ero limitata a sfogliare, perché le ricette che propone sono piuttosto impegnative. Si tratta di Cucina per tutte le stagioni di Bernd Siener.

Chef stellato di indiscussa bravura, Siener ha lavorato al Rosenpark di Marburg. Il suo motto è "La perfezione non è non avere più nulla da aggiungere, ma non avere più nulla da tralasciare", e chi mi conosce anche solo un po' capirà come mai abbia deciso di cominciare proprio da lui il mio percorso di studio.

Il libro, il cui titolo in lingua originale è Kulinarischer Kalender, Il calendario della cucina, propone un menù al mese, usando i migliori prodotti che la stagione ha da offrire. Se sapete il tedesco vi consiglio vivamente di acquistarlo in versione originale: la traduzione italiana infatti è a tratti palesemente infelice e sicuramente è stata fatta da qualcuno che non sa cucinare e che di cucina non si intende.

Il piatto con cui inauguro CHEF-d'oeuvre è sublime. La sua preparazione è lunga e laboriosa, ma il risultato finale vi ripagherà di tutta la fatica fatta.
I singoli elementi che lo compongono devono essere preparati rigorosamente nella sequenza indicata. Il jus lié può essere preparato in anticipo, porzionato e congelato. La salsa vigneron può essere preparata il giorno prima e conservata in frigo.

venerdì 26 febbraio 2016

Fesenjan - Spezzatino iraniano di pollo, melagrana e noci


C'era una volta una blogger malaticcia e un po' stufa di tutto. Gli ultimi mesi del 2015 erano stati pesanti per lei, tra le chiusure di fine anno al lavoro e una serie di acciacchi che l'avevano costretta ad assentarsi più di una volta. Era demoralizzata e demotivata, e aveva bisogno di una bella sferzata per tirarsi su. Siccome Natale si avvicinava, la blogger si mise a girare per il web alla ricerca di dolcetti speziati diversi dai suoi soliti lebkuchen, e finì per trovare una ricetta di pain d'épices che la ispirava. Li preparò e ne pubblicò la ricetta.

Ed è qui che la storia della ricetta di oggi ha inizio, perché quel post mi permise di conoscere Alessia, una neo blogger di tutto rispetto di cui mi è bastato leggere il manifesto per capire che abbiamo un approccio molto simile in cucina. 
Non solo il suo manifesto: fate un giro sul suo blog e leggete le sue ricette: amore e cura per i dettagli, studio e ricerca degli abbinamenti e delle materie prime, fanno di Alessia una cuoca e una blogger di prim'ordine. 

Dal suo blog ho già copiato il ragout di coniglio al caffè (ma devo rifarlo, perché mi mancano le tagliatelle alla farina di castagne :-) ) e oggi prendo un'altra ricetta sensazionale: uno spezzatino iraniano, il Fesenjan, cucinato anticamente per festeggiare l'arrivo della primavera.

Rispetto alla ricetta di Alessia ho apportato qualche piccola modifica: ho tostato le spezie insieme alla cipolla prima di unirvi la carne rosolata e il brodo, e ho usato del fondo bruno di pollo, che avevo in freezer. La scelta si è rivelata azzeccata: il sapore tostato del fondo bruno si sposa alla perfezione sia con le spezie, sia con le noci tostate, creando un intingolo saporitissimo.
Ho inoltre preferito tritare grossolanamente le noci al coltello anziché ridurle in farina (non avevo voglia di tirare fuori il robot da cucina) e in seguito ho visto che anche Ariana Bundy, nel suo Pomegranates and Roses, fa così. Chiamasi botta di chiulo, sia chiaro. :-)
L'equilibrio delle spezie, come nota anche Alessia, è semplicemente perfetto e nessuna prevale sulle altre.  

Solo al momento di scrivere il post mi è venuto in mente di consultare Pomegranates and Roses, per confrontare le ricette. :-) Ho comunque riscontrato una grande similitudine tra questa ricetta e il Koresht Fesenjan della Bundy. Proverò anche il suo, ma intanto mi sono goduta questo... e consiglio anche a voi di fare altrettanto. 

lunedì 15 febbraio 2016

Anitra alla pechinese


Se c'è un volatile che mi piace davvero tanto, quello è l'anatra. Ogni volta che faccio la spesa vado a controllare nel reparto pollame per vedere se c'è, dopo di che devo esercitare tutto il mio autocontrollo per non comperarla, perché purtroppo è un volatile molto grasso e non è quindi adatto a chi come me è in lotta perenne con la linea. Ogni tanto però cedo, e allora parto alla ricerca di ricette nuove da sperimentare.

E' successo così anche questa volta: il copione del venerdì sera mi ha vista dirigermi al reparto pollame della macelleria; ho adocchiato da subito l'anatra e sono anche stata indecisa tra quella intera e quella venduta a metà. Solo che quella intera era proprio bella, l'altra cominciava a presentare qualche segno sulla pelle che non mi piaceva... e insomma, prima che mi rendessi conto di che cosa fosse successo, la mia bella anitra troneggiava nel carrello, mentre io mi dichiaravo pronta a disossarla, che è da un po' che non disosso un volatile.

Avevo già deciso ripieno e tutto, ma una volta a casa mi sono messa pigramente a googolare alla voce anitra ricette, e quando è comparso il link anitra alla pechinese ho fatto una mezza risata: ricetta difficilissima, figurati se mi metto a farla. Per curiosità però ci ho cliccato sopra e ho cominciato a leggere, e a quel punto mi sono resa conto che con quella versione semplificata forse avrei potuto provarci anch'io.
E poi è tornato il freddo a Milano, quindi il balcone, succursale invernale del mio frigo, poteva tranquillamente essere usato per asciugarla.

Per farvela breve, mi sono messa all'opera... e questo è il risultato. Sicuramente un vero cuoco cinese storcerebbe il naso, ma io mi sono detta che è sempre un inizio e comunque prima o poi dovevo pur cimentarmi, no?

domenica 31 gennaio 2016

Giornata Nazionale dello Stufato alla Sangiovannese


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale dello Stufato alla Sangiovannese.

Ho avuto il piacere e l'onore di esserne Ambasciatrice, e vi invito a cliccare sul link sopra per leggere articolo di presentazione e ricetta.

Avevo già preparato una volta questo profumatissimo stufato, ma la ricetta che presento oggi sul sito AIFB è diversa e, spero, più aderente a quella tradizionale.

Ringrazio il Direttivo dell'Associazione Nazionale Foodblogger per aver lanciato questo splendido calendario e per avermi permesso di partecipare attivamente alla sua realizzazione e diffusione.

Ringrazio altresì i Blogger che hanno dato il loro contributo alla Giornata Nazionale, pubblicando la loro versione della ricetta.

Buona lettura e buon appetito!

lunedì 18 gennaio 2016

Petto d'anatra ai kumquat


Oggi per il Calendario del cibo italiano di AIFB si apre la Settimana degli agrumi, frutti che ci conducono per mano durante tutto l'inverno, regalandoci preziose vitamine e minerali che aiutano l'organismo a superare indenni la stagione fredda.

Gli agrumi sono frutti antichissimi di piante del genere Citrus;  l'uomo li coltiva da 4000 anni, ma le prime notizie circa la loro esistenza risalgono al 2205 A.C.,  nello scritto cinese Tributo a Yu, dove vengono menzionati alcuni agrumi, probabilmente mandarini e pomelo, mentre nell'800 A.C. il Vajaseneyi sambita indiano cita limoni e cedri.

Quello che non tutti sanno, è che gli agrumi che conosciamo attualmente sono il frutto di incroci tra tre specie originarie: il cedro, il mandarino e il pomelo.
L'immagine che riporto, tratta dal blog di Dario Bressanini (che a sua volta l'ha presa da Nature), illustra gli incroci che hanno portato alla creazione di 9 tra le 25 varietà di agrumi ad oggi conosciute.

Immagine da Le Scienze Blog di Dario Bressanini
Mi fermo qui con le notizie generali sugli agrumi, rimandandovi alla lettura del post di Aurelia, ambasciatrice della Settimana a loro dedicata e restringo il campo a quelli che ho scelto per la ricetta che propongo oggi: i kumquat, o mandarini cinesi.

Inizialmente classificati come Citrus Japonica, sono stati spostati nel genere Fortunella Japonica nel 1915, e di recente qualcuno ha perfino messo in discussione la loro appartenenza al genere Citrus. E' però certo che si tratti di agrumi, e al pari di questi ultimi appartengono alla famiglia delle rutacee.
Caratterizzati dalla forma piccola e molto allungata, hanno una polpa molto aspra rivestita da una buccia dolcissima, motivo per cui vengono consumati interi in modo che i due elementi si equilibrino tra loro.
Dal punto di vista nutrizionale sono ricchi di Vitamine C e A, acido folicopotassiomagnesio e calcio e sono  ottimi digestivi se consumati a fine pasto. Sono anche ricchi di carotenoidi e contengono quantità apprezzabili di fibra dietetica, che limita l'assorbimento dei grassi e contrasta la fame nervosa.

Oggi li propongo in una variante della classica anatra all'arancia. Fatto curioso, ho trovato la ricetta in una rivista dedicata alle diete dimagranti. Ero stupita inizialmente vedendo proporre una ricetta col petto d'anatra, notoriamente grasso, ma dopo averne studiato le caratteristiche ho capito il perché! ;-)

domenica 3 gennaio 2016

Cavatelli integrali di Tumminìa con ragout di coniglio al caffè


Oggi 3 gennaio, secondo il Calendario del cibo italiano è la Giornata Nazionale dei Cavatelli.
Patty, Ambasciatrice AIFB di questo piatto, ha scritto uno splendido post che vi consiglio caldamente di leggere: al pari di quelli che lo hanno preceduto infatti, darà interessanti informazioni storiche sulle sue origini e sul perché vale la pena celebrarlo a livello nazionale.

Originari del Molise, questi gnocchetti di semola di grano duro sono diffusi in tutto il Sud Italia e conosciuti con nomi leggermente diversi, che dipendono anche dal numero di dita usate per dar loro la tipica foggia. Se si usa un dito sono infatti detti cavatelli; fatti con tre dita prendono il nome di capunti e con 4 dita vengono chiamati strascinati. Pare che con 2 dita non li faccia quasi nessuno, motivo per cui ho deciso di farli io. :-) Indipendentemente dal numero di dita che usiamo per farli, invito tutti a provarli: ripetere gesti antichi crea un legame misterioso tra noi e il passato, aiutandoci a fare memoria della nostra storia e del vissuto quotidiano.

Una volta deciso di preparare i cavatelli (mai fatti in vita mia), avevo un problema: con quale sugo condirli? Mi sono lambiccata il cervello per giorni, finché non ho scoperto lo splendido blog di Alessia (leggete il suo manifesto e ditemi se non è una grande!) e ho trovato una sua ricetta di ragout di coniglio al caffè. Leggerla e innamorarmene è stato tutt'uno, e guarda caso questo magnifico ragout si sposava a meraviglia con la mia idea di cavatelli, che ho voluto preparare usando della semola integrale di grano duro Tumminìa, un grano antico siciliano usato tra l'altro per fare il pane nero di Castelvetrano. Una farina delle mie parti insomma, dal gusto unico e che porta il calore della mia Sicilia anche a Milano. Come dice Alessia, il gusto caffè non predomina, ma costituisce una piacevole nota di fondo che è pressoché impossibile associare alla bevanda così come la conosciamo. Da provare, ecco! ;-)

sabato 2 gennaio 2016

Consommè chiarificato di manzo con Zuppa Imperiale


Oggi è la Giornata Nazionale del Consommé, secondo il Calendario del cibo italiano lanciato quest'anno dall'Associazione Nazionale Food Blogger.
Poteva forse un'amante dei brodi come me esimersi dal prepararlo? Certo che no! Anzi, ho approfittato dell'occasione per chiarificare il brodo, cosa non strettamente indispensabile nel Consommé, ma che volevo provare da tempo.

Il Consommé infatti è un brodo di carne, semplice o chiarificato, che può essere servito da solo o accompagnato da vari complementi. Nella cucina classica dell'800 apriva i pranzi eleganti, mentre oggi questa abitudine è andata perduta. Distinguiamo in cucina il Consommé semplice, cioè un brodo di carne di manzo o vitellone abbastanza limpido; il Consommé chiarificato, che viene servito nelle cene eleganti o al ristorante; il Consommé di pollo e quello di selvaggina, più delicato il primo, perfetto per aprire un pranzo dove la selvaggina è il piatto forte il secondo.
Troverete notizie più approfondite nel bellissimo post odierno di Betulla, qui mi limito a dire che tra gli accompagnamenti tipici del Consommé troviamo i classici tortellini, ma vi è anche una preparazione tipica dell'Emilia Romagna che ero curiosa di provare da un po': la Zuppa Imperiale.
Preparazione sostanziosa e nutriente, la Zuppa Imperiale viene prima cotta in forno, poi è fatta raffreddare e tagliata a cubetti, infine viene tuffata nel brodo bollente per qualche minuto, giusto il tempo di scaldarsi. Quando i quadrotti salgono a galla, sono pronti per essere serviti.

Al fine di preservare la trasparenza del mio consommé ho deciso di chiarificare solo 1 litro di brodo -la quantità che mi serviva per 4 persone - e di utilizzare quello rimanente per riscaldarvi la zuppa imperiale.
Per la chiarificazione con il metodo della zattera sono debitrice a Cristiana, e allo splendido articolo che ha scritto per il blog MTChallenge: un metodo semplicissimo e molto efficace, che ha anche il pregio di rinforzare il sapore del brodo.
La ricetta della Zuppa Imperiale invece l'ho tratta dal blog di Marina, e l'ho trovata magnifica.


CONSOMME' CHIARIFICATO DI MANZO CON ZUPPA IMPERIALE



Per 4 persone

Per il brodo:

700 g di muscolo di manzo
1 cipolla media
1 carota
1 gambo di sedano
1 chiodo di garofano
1 foglia di alloro
1 rametto di timo fresco
5 gambi di prezzemolo
5 grani di pepe nero
3 bacche di ginepro
3 l di acqua fredda

Per chiarificare:
(da: MTChallenge, post di Cristiana Di Paola)

150 g di carne macinata di vitellone
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
2 albumi
1,2 litri di brodo

Per la zuppa imperiale:
Da: La tarte maison

150 g di semola di grano duro
125 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
5 uova
100 g di burro fuso e freddo
5 g di lievito chimico per torte salate (io ho usato del cremor tartaro)
1/2 cucchiaino di sale (il Parmigiano era sufficientemente saporito e non l'ho messo)
Noce moscata
Sale
Pepe macinato al momento
Burro per la teglia

Preparare il brodo.
Siccome avevo deciso di chiarificarlo ho evitato di aggiungere il consueto osso, in quanto la gelatina che questo rilascia, pur aggiungendo sapore, lo intorbida parecchio e non permette una chiarificazione ottimale. Il sapore del brodo è comunque stato rafforzato dalla zattera usata per la chiarificazione, e il risultato è stato veramente favoloso.
Mettere in una pentola di adeguata capienza il pezzo di carne con tutti gli altri ingredienti; la carota deve essere raschiata e tagliata a pezzi di circa 2,5 cm, il sedano lavato e tagliato a segmenti di 2,5 cm e la cipolla steccata con il chiodo di garofano. Coprire con l'acqua fredda e portare a bollore, schiumando con cura. Quando l'acqua avrà spiccato il bollore ridurre la fiamma e far cuocere il brodo per 4 ore, schiumando ogni tanto per eliminare le impurità che salgono in superficie. E' importante che il brodo frema senza bollire fortemente, per evitare che risulti torbido.
Assicurarsi che la carne sia coperta dall'acqua di almeno 2,5 cm, se è il caso aggiungere altra acqua calda via via che si rende necessario.
Terminato il tempo di cottura, filtrare il brodo attraverso un colino rivestito con un telo di cotone sottile e pulitissimo (non lavato con ammorbidente!) e farlo raffreddare.
Le verdure a questo punto avranno ceduto tutte le loro sostanze nutritive e possono essere buttate; riservare la carne per altri usi (avendo cotto per sole 4 ore non ha fatto in tempo a cedere tutti i suoi nutrienti al brodo), ad esempio un'insalata di lesso o delle polpette.

Chiarificare il brodo con il metodo della zattera.
Ho messo 200 ml di brodo in più da chiarificare perché la zattera ne assorbe inevitabilmente un po', e volevo darne 250 ml per ciascun commensale.
Mondare  e tritare le verdure, unirle alla carne macinata e agli albumi.
Versare il tutto in una pentola e aggiungervi il brodo freddo, portare a ebollizione mescolando in continuazione, abbassare la fiamma e proseguire la cottura, facendo sobbollire il brodo dolcemente (per evitare di rompere la zattera) per 45 minuti.
Se anche la zattera dovesse rompersi, come è accaduto a me, non disperate: la chiarificazione avverrà ugualmente. Dall'esperienza ho imparato che bisogna far sobbollire sul fornello più piccolo, con la fiamma ridotta al minimo.
La zattera mi si è rotta, ma la chiarificazione è riuscita ugualmente.
A questo punto in superficie si sarà formato il coperchio proteico; con l'aiuto di un cucchiaio aprire un cratere. Foderare un colino con delle garze inumidite e strizzate  (io uso la carta-filtro che si usa per le bustine del tè, di cui posseggo un bel rotolo) e filtrare delicatamente il brodo, poco per volta.

So che è una questione di chimica, ma per me la chiarificazione del brodo ha del miracoloso: vedere un brodo torbido diventare trasparente dà un'emozione incredibile! Ecco la differenza tra il brodo normale e quello chiarificato. Probabilmente se non si fosse rotta la zattera sarebbe venuto ancora più limpido, ma anche così mi ritengo soddisfatta.


Anche la zattera usata per la chiarificazione può essere consumata a parte. Io confesso di averla mangiata così com'era, da tanto il sapore era buono (l'aspetto no, ne convengo), ma se non volete terrorizzare i vostri familiari potete strizzarla, unire del pangrattato e un tuorlo (così sfruttate uno dei due tuorli usati per la chiarificazione) e farne delle polpette che potrete friggere oppure passare in forno o ancora cuocere alla piastra. In alternativa, aggiungendo della passata di pomodoro e facendola cuocere ancora un po', potete ottenere un sugo di carne. Non è propriamente un ragù, ma di sicuro sarà buono.

Preparare la Zuppa Imperiale: preriscaldare il forno a 170 °C in modalità statica. Montare le uova in una ciotola con il Parmigiano Reggiano, il burro fuso e freddo, una macinata di pepe e una bella grattata di noce moscata. Aggiungere il semolino fatto cadere a pioggia e mescolare fino a ottenere un composto omogeneo. Assaggiare e regolare di sale.
Imburrare una teglia di cm 30x40 e versarvi il composto, livellandolo perché abbia uno spessore regolare di circa 1 cm. Infornare per 20-30 minuti, finché il composto non sarà appena dorato. Togliere dal forno, far raffreddare e tagliare a quadretti regolari.


Impiattare e servire: portare il brodo non chiarificato a ebollizione e tuffarvi i cubetti di Zuppa Imperiale, scolandoli con la schiumarola quando verranno a galla.
Portare a ebollizione anche il Consommé e salarlo. Versarlo nelle apposite tazze, unirvi i cubetti di Zuppa Imperiale e servire.



venerdì 1 gennaio 2016

Ravioli di cotechino e lenticchie in salsa di fagioli per la Giornata Nazionale delle lenticchie


Come si può evincere dal banner sito a destra del blog, faccio orgogliosamente parte dell'Associazione Italiana Foodblogger, e mi sono iscritta fin dalla sua fondazione. L'AIFB, nata per formare e tutelare quei foodblogger italiani che intendono farsi ambasciatori di una cultura culinaria autentica, quest'anno lancia un progetto entusiasmante: il Calendario del cibo italiano.

Il progetto prevede che ogni giorno di ciascun mese sia dedicato a un piatto o un prodotto o anche un personaggio italiano legato in qualche modo al cibo: tutti sono legati dal filo rosso della tradizione culinaria italiana, che è il vero denominatore comune del progetto. Anche le 52 settimane dell'anno sono legate a un ingrediente/argomento culinario, nell'intento di recuperare in toto il nostro enorme patrimonio culturale, una ricchezza a cui vorremmo che il nostro popolo attingesse a piene mani.

Oggi 1 gennaio è la Giornata Nazionale delle lenticchie; vi invito a leggere il magnifico post di Maria Greco Naccarato, che apre il Calendario Nazionale del Cibo Italiano con questo legume, il più antico coltivato dall'uomo, e base del sostentamento delle popolazioni meno abbienti da secoli.
Io le amo particolarmente, e per questo apro volentieri il nuovo anno ripubblicando una ricetta di Massimo Bottura che avevo già pubblicato nel 2013, proprio il 1 gennaio (forse me lo sentivo J).

La tradizione popolare vuole che le lenticchie portino prosperità e soldi, forse per la loro forma che ricorda quella delle monetine. Questo è l'augurio che faccio a tutti voi, per questo 2016: prosperità e ricchezza non solo materiali. Ricchezza di amore, di amici, di persone care, di cui vi invito a circondarvi.
Tagliate i rami secchi della vostra vita: gli invidiosi, i maligni, quelli che con la scusa che vi sono amici si permettono di dirvi cattiverie al solo scopo di buttarvi giù.
Privilegiate gli amici veri, quelli che non vi dicono tante belle frasi ma che vi sono vicini in tutti i momenti della vostra vita, quelli che sanno gioire sinceramente dei vostri successi e che si stringono a voi nei momenti tristi.
E' questa la vera ricchezza, non lasciatevela sfuggire... e gustate questo magnifico primo piatto firmato Massimo Bottura, insieme a tutti i vostri cari!

lunedì 30 novembre 2015

Zuppa di pollo con tortilla (Martha Stewart)


Da una settimana circa è arrivato l'inverno a Milano: tutto è cominciato sabato 21 novembre con un vento fortissimo che ha fatto abbassare le temperature, e da una pioggia mista a nevischio che ha consolidato la morsa del freddo anche da queste parti. Il fine settimana appena passato ha dato un'altra botta alle temperature, et voilà: benvenuto inverno!

E che cosa c'è di meglio, in una gelida giornata invernale, di una bella zuppa calda? Quella che vi presento oggi porta la firma di Martha Stewart ed è, manco a dirlo, deliziosa.
L'ho provata per la prima volta a inizio anno per lo Starbooks, e da allora l'ho fatta mia. ;-)

lunedì 9 novembre 2015

Pollo ripieno di coniglio, salsiccia di pollo e mortadella


Come avevo scritto qui, prima di cimentarmi con la sfida di ottobre dell'MTChallenge, che prevedeva da parte nostra il disosso di un volatile con tanto di foto che provassero il misfatto, ho fatto un paio di prove tecniche su due busti di pollo che avevo in casa. Lì per lì ero stata molto soddisfatta del mio lavoro, il che significava semplicemente che ero felice di essere riuscita a disossarli entrambi senza fare uno scempio eccessivo. Avevo poi surgelato separatamente i due polletti, riproponendomi di cucinarli più avanti.

Questo fine settimana ne ho scongelato uno, ho preparato un ripieno delicato a base di carni bianche e poi l'ho tirato fuori dal frigo. Ed è stato allora che mi sono resa conto che:

1) il lavoro di disosso era stato tutt'altro che pulito;
2) ero stata incredibilmente incosciente a lanciarmi nella sfida di ottobre con dei galletti ruspanti, che avevano poca polpa, molto soda;
3) avevo avuto una gran botta di chiulo nel riuscire a disossarli entrambi senza danni.

Po'ro pollo, ho pensato mentre stendevo i miseri resti sul tagliere. Epperò il ripieno era pronto, il menù del pranzo domenicale era già stato deciso e quindi sono andata avanti con la preparazione.
La prima decisione è stata quella di utilizzare tutto il ripieno, benché abbondante: niente avanzi in freezer, che poi me ne dimentico e mi ritrovo in luglio a scofanarmi cose incredibilmente caloriche prima della pausa estiva.

Conseguenza di questa decisione è stata quella di non cucire il pollo, ma di legarlo semplicemente con lo spago da cucina; saggia decisione, perché il pollo non si è aperto in cottura e la legatura ha tenuto perfettamente.

Il risultato? Delizioso. Niente di paragonabile alle due proposte per l'MTChallenge, chiaro, ma per un pranzo domenicale con i propri cari è assolutamente perfetto. Oltretutto ho potuto qui fare tesoro di un'osservazione di Tamara, che non ha partecipato alla sfida per motivi etici ma la cui mamma era bravissima a fare la cacciagione ripiena. Tamara ha detto che il ripieno deve essere tritato grossolanamente perché si deve sentire di che carne si tratti. Non lo sapevo prima, lo so adesso. E confermo che la mamma di Tamara aveva perfettamente ragione. :-)

domenica 25 ottobre 2015

Galletto Livornese ripieno all'uva nera e vino cotto, finto gelato al Parmigiano e patate fondenti


Cara Patty,

Ho una confessione da farti: se per la mia prima proposta dell'MTChallenge di questo mese ho studiato come una pazza attingendo ai sacri testi della cucina classica francese, per questa seconda versione ho copiato spudoratamente. Hai presente lo Starbooks di ottobre? All'MTC eravamo tutti impegnati a tirare sfoglie per sfornare deliziosi croissants, sfida che tu hai vinto a mani basse con i tuoi tautologici Croissants au chocolat au chocolat, e parallelamente allo Starbooks stavamo esaminando il libro sul pollo di Diana Henry. Un libro-rivelazione per me, di quelli che riempi di segnalibri perché vuoi provare pressoché tutte le ricette, e difatti oltre a quella che ho starbookato ne ho provate altre, senza fotografarle ma mangiandole con mucho gusto.

Di queste, una mi ha colpito in modo particolare: i Poussins with Black Grapes, Juniper and Saba. Divini. Una volta rotto il ghiaccio col disosso del pollo, ho pensato di proporla in chiave di pollo ripieno. Occorreva soltanto studiare il ripieno, ma soprattutto il contorno. La Henry qui non mi era di nessun aiuto: suggeriva cavolfiori al burro, oppure farro o orzo perlato lessati, o infine le classiche patate al forno. Niente che potessi presentare all'MTChallenge, insomma, a parte le patate.


Per la farcia è stato facile: che cosa sta bene con l'uva? Il prosciutto crudo. Ci ho aggiunto una bacca di ginepro pestata per richiamare il profumo leggermente resinoso del sugo e un goccio di vino rosso (avevo stappato un Bordeaux per una cena tra amici e non avevamo finito la seconda bottiglia... peccato lasciarlo marsalare, no?), polpa tritata di maiale, e il gioco è fatto.
Ma il contorno? Quello richiedeva studi più approfonditi, perché di cavolfiore saltato al burro proprio non se ne parlava.

L'illuminazione è arrivata all'improvviso, ed è qui che si colloca la seconda, spudorata copiatura: anni fa Raravis, alias Alessandra Van Pelt Gennaro, in un forum a cui entrambe partecipavamo aveva pubblicato la ricetta di un finto gelato al Parmigiano Reggiano che aveva "rubato" a Moreno Cedroni. E che cosa si sposa con uva e prosciutto crudo? Il Parmigiano Reggiano!!! Trovata la quadratura del cerchio (o l'uovo di Colombo, per rimanere in tema gallinaceo), non mi restava che realizzare l'idea.

E quindi, cara Patty, oggi aggiungo ai miei sentiti ringraziamenti dell'altra volta per avermi insegnato a disossare un pollo, anche quelli dei miei nipoti, che hanno mangiato questo galletto e si sono leccati i baffi, le dita e pure il piatto, in barba al bon ton. Effetto MTChallenge!!!

lunedì 19 ottobre 2015

Galletto piemontese ripieno al tartufo con quenelles di farcia fine e patate duchessa


Strana sfida, l'MTChallenge: ti fa fare cose che mai in vita tua avresti pensato di poter fare; ti lancia a capofitto in preparazioni che tua sponte non avresti affrontato nemmeno per tutto l'oro del mondo (penso alla sfida sul quinto quarto lanciataci da Cristiana); ti fa lanciare "te possino" a mitraglia mentre prepari l'American Breakfast, che non è possibile che quella disgraziata di Roberta ti tenga 6 ore  in cucina per preparare una fucking colazione; e ti fa amare alla follia la Patty, che in cucina ti tiene molto più di 6 ore, e nell'ordine:
1) ti costringe a disossare un pollo (o un altro volatile, oppure un coniglio, a tua scelta);
2) ti chiede di farcire detto pollo/volatile/coniglio;
3) pretende il gravy, che senza di lui il piatto non è completo, e buon peso
4) vuole pure il contorno che, manco a dirlo, deve accordarsi alla perfezione con volatile, farcia e gravy.

Sembra contraddittorio brontolare per un American Breakfast (che adoro mangiare, ma non preparare) ed esaltarsi per un pollo disossato e ripieno, ma non è così.
Il fatto è che io avevo un sogno nel cassetto: imparare a disossare polli e conigli.
Solo che il cassetto in cui lo avevo chiuso era quello etichettato "Miracoli", sito esattamente sopra a quello con etichetta "Impossibili".
E invece no: la Patty ci ha fatto un tutorial da urlo con le foto passo-passo, e io ho cominciato a pensare che forse pure io, con le mie manacce impazienti, avrei potuto farcela.

Visto che dovevo già preparare un fondo bianco di pollo per lo Starbooks di questo mese, ho pensato di acquistare, oltre ad ali e colli, anche due busti di pollo, di cui avrei utilizzato le carcasse per detto fondo e con cui avrei potuto fare prove tecniche di disosso.
Le prove tecniche, manco a dirlo, sono andate benissimo grazie al tutorial di Patty; anzi, per quanto la cosa possa sembrare strana, l'ho trovata un'attività rilassante, un vero e proprio antistress.
In più ho utilizzato i polletti disossati per fare delle prove di farcia, perché per me la difficoltà vera di questa sfida sta proprio qui: nello studiare una buona farcia e un contorno che vi si accordi.
E' dal 5 ottobre che studio e faccio prove, e finalmente mercoledì 14 ho partorito la prima idea, che vi presento oggi.


Mercoledì sera avevo deciso: il giorno dopo all'uscita dal lavoro sarei andata dal mio macellaio di fiducia a comperare un bel pollo ruspante - possibilmente un galletto livornese - e gli ingredienti della farcia, così venerdì sera avrei potuto darmi al disosso, alla farcia e ai fondi bianco e bruno bruno e sabato mattina avrei proceduto con la cottura, il contorno e il gravy.

Giovedì mattina però, un'altra necessità si è imposta: il taglio dei capelli, che oramai erano un ammasso informe che stava insieme in qualche modo. Il problema è che il mio parrucchiere è dalla parte diametralmente opposta di Milano rispetto a dove abito, e per tornare a casa mi ci vuole una buona ora e mezza, il che significa che il macellaio è già chiuso.

Che fare? MTChallenge o Hair Challenge?
Al mattino l'MTC era il grande favorito; col progredire della giornata però ha cominciato a prevalere il parrucchiere, e all'uscita dall'ufficio è lì che sono andata, dicendomi che in fondo il pollo avrei potuto comprarlo anche venerdì.
Esco dal parrucchiere, il cui negozio si trova accanto a una macelleria, e mi cade l'occhio su un bel galletto piemontese munito di zampe, testa, cresta e bargigli. Gli occhi mi si sono illuminati, sono entrata di corsa e ho chiesto il mio bel galletto. Il macellaio mi ha chiesto se dovesse pulirmelo: ancora non era eviscerato! Gli ho detto di sì, ma di fare attenzione a lasciarlo intero, che dovevo disossarlo.

- Se vuole posso disossarglielo io, signora.
- No grazie, preferisco farlo io.
- Guardi che per me non è un problema...
- Neanche per me: sa, ho questa vena sadica, che sfogo su polli e conigli...

E anche sugli astici, ho pensato. Ma quello era un fornitore nuovo, meglio non sputt far figuracce da subito: da lui non ho mai comprato i granelli, per dire, anche se sospetto che non si sarebbe scandalizzato affatto :-).

In realtà il macellaio è stato un po' manesco nell'eviscerare il pollo: me lo ha consegnato in queste condizioni, costringendomi a dare qualche punto di sutura anche davanti. :-) Poco male però, il risultato finale non è stato minimamente compromesso.


lunedì 12 ottobre 2015

Torta salata al pollo e funghi (Jamie Oliver)


La ricetta che vi presento oggi è una deliziosa torta salata di pollo e funghi tratta da Jamie's Confort Food di Jamie Oliver. Posto che condivido in pieno l'analisi del fenomeno Jamie che Alessandra ha fatto qui e qui, questa pie è risultata veramente buona e perfetta per la stagione autunnale che è appena cominciata.

Non fatevi impressionare dal fatto che nella lista degli ingredienti sia previsto un pollo intero da 1,6 kg: leggendo il procedimento, al momento di riempire il guscio di briséé, Jamie dice di versarvi solo metà della farcia, riservando quella restante "for another lucky day". In realtà per riempire la mia pie mi ce ne sono voluti i 2/3 circa, quindi meglio abbondare che trovarsi con poca farcia al momento meno opportuno.

lunedì 22 giugno 2015

Burger al fieno "Erba di casa mia"


Avete presente quando ci diciamo "non ce la posso fare"?
Ecco, io non ce la posso fare.
A resistere fino alle ferie, intendo.
Sul lavoro sto preparando le attivazioni di settembre (in ritardo e con l'acqua alla gola, naturalmente) e in cucina - più precisamente nell'MTChallenge - ho deciso che eravamo avanti, avantissimo, tanto che praticamente la sfida di giugno era finita.
Proprio questo dicevo sabato ad Alessandra: peccato che la sfida sia finita, l'ingrediente chiave per la mia seconda ricetta mi è arrivato solo mercoledì, troppo tardi perché possa fare qualcosa...
Lei mi ha guardato stranita e mi ha fatto notare che la sfida termina il 25 e che eravamo solo al 20 giugno.
Cavoli!!!! Allora ce la faccio!!!! Ero già proiettata ai primi di luglio...

E insomma eccomi qui, cara Arianna, a proporti la mia seconda ricetta.
L'ingrediente principale della mia seconda proposta è al contempo semplicissimo e difficile da reperire: il fieno per uso alimentare.


Molto usato per la stagionatura dei formaggi e presente in alcuni piatti della cucina di montagna, da qualche anno è stato riscoperto dagli Chef ed è entrato a pieno titolo tra gli ingredienti dei piatti dell'Alta Cucina.

Io ovviamente non ho pretese del genere: la mia idea è semplicissima e mi è venuta perché ai primi del mese ho gustato in un noto ristorante milanese del pane fatto in casa, adagiato sul fieno. Il dolce e delicato profumo erbaceo del fieno ha insaporito deliziosamente la mollica conferendo un sapore molto delicato e caratteristico al pane, e subito mi sono detta che dovevo procurarmi del fieno per qualche ricetta.

Pochi giorni dopo è uscita la ricetta della sfida di questo mese, l'American Burger di Arianna, e ho quindi subito trovato la scusa per comperarlo. Solo... dove procurarmelo? Nell'era di internet è facile trovare una risposta a ogni domanda, così ho effettuato il mio acquisto on line qui... e atteso con impazienza che mi arrivasse!

lunedì 6 aprile 2015

Arrosto di vitello farcito ai carciofi


Nella blogsfera in questi ultimi anni impazza la moda delle ricette "senza": senza burro, senza panna, senza uova, senza latticini... da oggi io inauguro un nuovo filone del senza: le ricette senza foto. Per lo meno, senza foto scattate da me.

Ci stavo pensando proprio in questi giorni: ho esordito la mia condivisione di ricette nel web nel lontano 2004, quando mi iscrissi a un forum di cucina. Parlare di cibo e condividere ricette era divertente e istruttivo, e ho imparato un sacco di cose. Poi ho deciso di abbandonare i fora e aprire questo blog, per diverse ragioni, ma di quel periodo c'è una cosa che mi manca tremendamente: la possibilità di pubblicare una ricetta senza l'obbligo di fotografarla.

Sì, lo so, l'immagine è tutto nella blogsfera. 
Va anche detto che io odio visceralmente fotografare, è una cosa che mi pesa da matti.
Più di una volta in questi anni mi è capitato di aver preparato una ricetta, di averla trovata squisita ma di non averla pubblicata semplicemente perché non avevo voglia (o tempo, o modo) di fotografarla.

Da oggi questo tabù è superato: prenderò delle foto dal web che assomiglino al mio piatto finito, metterò i credits e pubblicherò le ricette. E' un reato? Spero di no, in ogni modo farò così: pubblico le ricette con foto prese dal web ma mi impegno, la prima volta che le rifaccio, a fotografarle e a inserire man mano le mie foto. Così va meglio? J
Immagine presa da qui... e nel frattempo ho rifatto e fotografato la ricetta.😅
La ricetta che vi presento oggi assomiglia più o meno a quella in foto. Certo, la foto in questione rappresenta una faraona ripiena ai carciofi, non un arrosto di vitello, ma il concetto è quello.

Ho preparato questo arrosto qualche settimana fa per degli amici, ed è piaciuta tantissimo.
E' una ricetta di mia madre, che io ho modificato usando il fondo bruno anziché il brodo come fa lei e preparando un gravy con il fondo di cottura.
E' una ricetta semplicemente divina.
Del resto si sa, come cucina la mamma...

venerdì 3 aprile 2015

Costine brasate al vino (Martha Stewart)



Ho sempre accettato serenamente trascorrere del tempo e non ho mai avuto problemi a dichiarare la mia età. Certo, ogni volta che si giunge a una decina la cosa fa un certo effetto, e se a 30 anni non hai grossi bilanci da fare e a 40 la tua vita bene o male ha preso il suo corso, visto che le scelte più importanti le hai già fatte e le eventuali conseguenze le hai pagate, quando arrivi a 50 due domande te le fai. Almeno, a me è successo così.


Per i 50 però, la musica è cambiata. A 50 anni non solo la giovinezza è abbondantemente fuggita, ma pure l'illusione di essere ancora giovani, che persiste per tutta la quarantina, è costretta a evaporare. Ti ritrovi quindi a fare i conti con il tempo che passa - sembra ieri che hai finito l'università - e con la vecchiaia che inesorabilmente si avvicina. In profumeria cominciano a darti i campioncini di creme per pelli mature e magari una sera, rientrando tardissimo e stremata da un viaggio di lavoro, apri la casella della posta e ci trovi dentro una rivista femminile mai sentita nominare prima, con scritto sotto al titolo "vietato ai minori di anni 50".

Lì per lì non mi ha fatto piacere, ma il mattino dopo l'ho messa in borsa prima di uscire e me la sono letta in metropolitana, mentre andavo in ufficio.
Niente di che, intendiamoci; nell'editoriale magnificavano un dolce di pasta sfoglia con panna e fragole, per dire. Però sfogliarla e leggere i soliti consigli triti e ritriti sul prendersi cura di se', pelle, capelli, trucco, denti, abbigliamento, etc. mi ha messa di buonumore.
Sarà la primavera che incombe, sarà stato il vento che mi ha dato una sferzata di energia, ma quando sono arrivata in ufficio mi ero riconciliata con la vita.
E con i miei 50 anni.

martedì 31 marzo 2015

Fondo bruno di vitello e Glace de viande di Martha Stewart


Ho già pubblicato una ricetta di fondo bruno di vitello agli esordi di questo blog, più precisamente quello di Shaun Hill. La mia passione per le basi di cucina però non si esaurisce in una sola ricetta, anzi: mi piace cercare e provare basi diverse, per sentirne le differenze.
Lo Starbooks di gennaio, dedicato alla Scuola di Cucina di Martha Stewart tradotta in italiano da Giunti, mi ha offerto l'occasione di provare la versione di Martha Stewart; e se Shaun Hill ricava dal fondo bruno il jus lié, Martha Stewart ci insegna a fare la glace de viande, una meravigliosa riduzione che regala un gusto meravigliosamente intenso ad arrosti e brasati.

venerdì 13 marzo 2015

Torta salata di piccione speziato - quasi Pastilla


Adoro la selvaggina in generale, e faccio fatica a decidere se preferisco quella da pelo o da piuma. Il piccione in particolare, è per me legato a tantissimi ricordi d'infanzia. Ho raccontato qui come da bambina avessi provato a covare un uovo di questo volatile, con scarso successo; ma anche prima di quell'episodio, noi cuginetti ci contendevamo l'onore di buttare il grano alla sera, nella terrazza adibita a piccionaia, per nutrire i piccioni - che durante il giorno volavano liberi - e fidelizzarli a casa nostra. Era divertente vedere la terrazza vuota riempirsi all'improvviso di piccioni, ogni volta che buttavamo una manciata di chicchi di grano presa dal pesante sacco di juta che Nonna Sara sorreggeva per noi. Lei sorvegliava la quantità che spargevamo, ed era sempre con dispiacere che smettevamo, al suo "Basta così".

Tra le ricette a base di piccione che mi sono capitate sotto mano in questi anni, una mi ha sempre affascinata: quella della Bstilla marocchina (detta anche Bastila o Pastilla, e traslitterata nei Paesi anglofoni con Bisteeya), una sontuosa torta salata a base di carne di piccione e spezie, avvolta in pasta Warqua (oggi sostituita dalla fillo) e cosparsa di zucchero a velo.
Ora, se lo zucchero a velo mi è sempre sembrato eccessivo, il ripieno mi ha invece stuzzicato le papille e ho voluto approfittare dell'MTC n. 46, vinto dalla grandissima Flavia con una ricetta di Baci a dir poco strepitosa, che verte sulle torte salate, per provare a realizzarlo.

Oggigiorno nessuno più fa la Bstilla col piccione, che viene comunemente sostituito dal pollo, come suggerisce Claudia Roden. Io però avevo sottomano la ricetta dello Chef Greg Malouf, che richiede 3 piccioni, e "casualmente" tenevo in freezer 4 piccioni, congelati a due a due. Ho deciso di scongelarne una coppia per provare la ricetta, sostituendo il terzo con un galletto, motivo per cui il ripieno della mia torta salata mostra un misto di carne nera e bianca. Col senno di poi, avrei fatto meglio a scongelarli tutti e 4: il mio stampo a fondo amovibile aveva un diametro molto ampio (28 cm), e il ripieno non è bastato a riempirlo completamente. La prossima volta opterò per quello da 24 cm di diametro, che non ho usato questa volta perché non ha il fondo amovibile e temevo di rompere la torta al momento di sformarla.


lunedì 24 novembre 2014

Tajine di agnello con zucca e ceci


Avevo testato questo gustoso spezzatino di agnello in maggio per lo Starbooks, avvertendo un po' di disagio per via della stagionalità (avevo ancora un po' di zucca in freezer), anche se in realtà quest'anno abbiamo avuto le stagioni primaverile ed estiva fredde e un autunno che assomigliava di più alla primavera.
L'ho replicata in questo fine settimana di novembre, quando il freddo ha finalmente cominciato a mordere i polpacci, e devo dire che questa volta ci stava tutta e l'abbiamo davvero apprezzata. :-)

La ricetta è tratta dall'ultimo libro di Gwyneth Paltrow e Julia Turshen, It's All Good, e come promette il libro, è veramente buona: equilibrio di sapori perfetto e la marinata col prezzemolo è assolutamente da urlo, parola di una che del prezzemolo farebbe volentieri a meno. 
E' un po' lunga da fare e richiede del lavoro il giorno prima, ma organizzandosi bene con i tempi ce la si fa benissimo. Per maggiore comodità ho suddiviso le preparazioni in due giornate, sì da aiutarvi con le tempistiche.

Questo libro segue l'onda salutista della cucina "senza": le ricette sono infatti concepite per eliminare o ridurre significativamente dall'alimentazione l'apporto di glutine e latticini. Io non sono d'accordo con questo approccio: gli intolleranti devono seguire dei regimi dietetici precisi, ma per una persona sana eliminare determinati alimenti dalla propria dieta significa abituare l'organismo a non produrre più gli enzimi per digerirli, creando così delle intolleranze autoindotte. 
Non a caso, per eliminare il glutine le autrici consigliano di accompagnare questo spezzatino con miglio lesso per evitare il glutine, mentre io ho voluto preparare un buon cous cous.

Nel libro questa Tajine viene cotta in una pentola di ghisa; io ho preferito usare un tegame di coccio, che ho idratato insieme al suo coperchio tenendolo immerso in acqua fredda per 24 ore, per fargli reggere la cottura in forno senza danni.