venerdì 19 maggio 2017

Giornata Nazionale delle fragole: Pasta al sugo di pomodoro e fragole


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la giornata delle fragole: un'autentica festa per chi come me ama alla follia questo frutto, ch e giunge a maturazione a tarda primavera e preannuncia i meravigliosi sapori dell'estate.

Le fragole sono una gioia per il palato e per gli occhi: a me piacciono anche da sole, ma a dire il vero le ho gustate in quasi tutti i modi: dal famigerato risotto alle fragole così di moda negli anni '80 e '90 (quante ricette ho provato e scartato, prima di decidere che non mi piaceva!) alle classiche fragole con panna, passando per torte, macedonie, gelati e confetture di tutti i tipi. Gli unici abbinamenti noti che non sono ancora riuscita a provare sono quello con il vino rosso e quello con l'aceto balsamico, che mi danno l'impressione di coprirne il meraviglioso sapore.
Il buon proposito di oggi è quello di provarli entrambi, per constatare di persona se è effettivamente così o se mi sono persa qualche cosa in tutti questi anni.

Dai tempi del risotto alle fragole però non avevo più provato un abbinamento salato, fino all'MTChallenge di due anni fa, sulla pasta al pomodoro. In quell'occasione ho sfatato un mito - quello che la pasta al sugo di pomodoro semplice non mi piace - e creato la ricetta che vi ripropongo oggi.

Fragole e pomodori vanno d'accordissimo in questo sugo, ma bisogna fare attenzione all'equilibrio tra i due: la proporzione tra fragole e pomodori deve essere di 1:4 (1 parte di fragole e 4 parti di pomodoro). I pomodori devono essere maturi e da sugo: dai San Marzano ai Piccadilly, devono essere sodi e non acquosi.
Anche le fragole devono essere dolci e mature: si possono utilizzare anche quelle più mature, che non troverebbero posto in una macedonia.

mercoledì 3 maggio 2017

Farina di grano germogliato


Ho cominciato a farmi il pane in casa nel lontano 2004 per far fronte a un'emergenza: ero a casa malata, mi era terminata la scorta di pane in freezer e stavo troppo male per uscire a fare un po' di spesa. Avevo però in casa della farina e del lievito di birra secco, ho letto le istruzioni sul retro della bustina di lievito e ho sfornato una pagnotta che adesso definirei accettabile, ma che allora mi parve buonissima, rispetto al pane che acquistavo. Da allora ho cominciato a fare ricerche: un mese dopo preparavo il mio primo lievito madre, due mesi dopo sfornavo la mia prima colomba, e da allora non mi sono più voltata indietro. I miei gusti si sono affinati e solo in Sicilia il pane comprato è più buono del mio: a Milano e dintorni non c'è proprio paragone.

Non ho pubblicato molte ricette di pane sul blog, essenzialmente perché tendo a rifare sempre le stesse ricette, ma ultimamente la ricerca mi ha spinta su altre strade, e più precisamente su quelle dell'autoproduzione di farina di grano germogliato.
Perché di grano germogliato? Lo spiega benissimo la fantastica Roberta (che se non ci fosse, bisognerebbe inventarla) in questo post: "Quello che non sempre ci dicono, è che nelle farine integrali, [...] sono presenti anche dei cosiddetti "antinutrienti", cioè delle sostanze, per dirla in termini molto poveri, che rendono indisponibili per l'organismo i preziosi elementi nutritivi contenuti nel chicco. Con la germogliazione, il chicco rilascia i preziosi sali minerali contenuti al suo interno e allo stesso tempo aumenta il suo contenuto in vitamine e proteine. Non si eliminano completamente le sostanze antagoniste, ma sicuramente si ottiene una farina con un migliorato apporto nutritivo. Perché questo avvenga, è sufficiente procurarsi dei chicchi di grano biologico, ovviamente interi, non decorticati o trattati in alcun modo. Vanno bene tutti i grani, anche quelli antichi, la spelta, il farro, così come altri cereali. Si mettono in ammollo in acqua fredda per 12 o massimo 24 ore, avendo l'accortezza di scolarli, sciacquarli e cambiare l'acqua di ammollo almeno un paio di volte. Poi si mettono in un recipiente capace, un grande vaso di vetro coperto con una garza fissata con un elastico, e si attende che spuntino i germogli. Di solito bastano 48 ore. Bisognerà solo sciacquarli e scolarli bene ogni 12 ore. Alla fine si distendono sulla placca del forno e si lasciano asciugare a 40° C per una mezza giornata, aprendo il forno per lasciar uscire il vapore e scuotendoli di tanto in tanto. Ancora qualche ora o anche una notte ad asciugare all'aria e sono pronti per essere macinati. Ora, certo sarebbe meglio avere un piccolo mulino casalingo, ma per i primi esperimenti, può andar bene anche un macina caffè o un macina spezie."

A quanto scritto da Roberta aggiungo che l'antinutriente più importante è l'acido fìtico, che inibisce l'assorbimento delle sostanze nutritive in quanto lega a se' minerali importanti quali zinco, magnesio, ferro e calcio: la germinazione invece inibisce i fitati, impedendo loro di trasformarsi in acido fitico, e consente quindi all'organismo di assorbire tutti i preziosi sali minerali presenti nel prodotto finale.

Inoltre il grano (sia duro, sia tenero) da cui vengono ricavate le farine oggi, è geneticamente modificato per resistere agli attacchi della maggior parte degli insetti e perfino agli uragani: cosa volete che possa fare il nostro povero organismo, contro chicchi così resistenti? Le farine di grano quindi rallentano notevolmente il nostro metabolismo, e se come me si desidera perdere peso è meglio rivolgersi alla decisamente più digeribile farina di grano germogliato: la germinazione infatti rompe i legami più resistenti e trasforma l'amido - uno zucchero complesso - in maltosio, uno zucchero semplice, che fornisce facile nutrimento alla nuova pianta che sta per nascere. Il prodotto che si ottiene è pertanto molto più digeribile, e ricco di elementi nutritivi.

Attenzione però: se la germinazione ha come effetto quella di trasformare in zuccheri semplici quelli complessi, ne deriva che chi desidera perdere peso deve bloccare la germinazione non appena questa giunge allo stadio iniziale: quando infatti le radichette raggiungono i 2/3 della lunghezza del chicco, avremo il massimo di presenza di zucchero semplice (maltosio), con il minimo consumo da parte del germoglio. E' il cosiddetto malto, utilizzato nell'industria alimentare come dolcificante, in sostituzione dello zucchero (pensate anche alle fette biscottate al malto, o più semplicemente alla birra: quella bianca è prodotta con malto di frumento!).
Ai fini della produzione di una farina di grano germogliato non eccessivamente zuccherina, è pertanto indispensabile bloccare la germinazione non appena questa si è avviata. Osservate attentamente i chicchi di grano, e quando il germoglio compare passate subito all'essiccazione.

Il procedimento che ho seguito io è quindi leggermente diverso da quello di Roberta: vediamolo insieme.

giovedì 13 aprile 2017

Alkermes per la Giornata Nazionale di Caterina De' Medici


Il patrimonio gastronomico italiano, si sa, è immenso e travalica i confini del suolo italico.
L'esportazione non è avvenuta solo di recente nell'era della globalizzazione, ma risale a diversi secoli fa. Si pensi a Caterina De' Medici ad esempio, a cui oggi il Calendario del Cibo Italiano dedica una Giornata Nazionale.
Caterina aveva solo 14 anni quando andò in sposa a Enrico di Orléans, e sebbene il suo aspetto non l'avvantaggiasse - per diversi anni fu definita la grassa bottegaia fiorentina -  era dotata di un appetito robusto e di gusti molto raffinati. Ai tempi la Corte di Francia era molto sfarzosa ma alquanto rozza, e la nostra compatriota portò seco i cuochi e i pasticceri della Corte Fiorentina, fondando la "famosa cucina francese", che quindi ha origini prettamente italiane.
Non solo: fu la prima a dividere nella cucina i cibi salati da quelli dolci e a portare sulle tavole francesi la forchetta, che era in uso a Firenze già da lungo tempo (non per niente era ritenuta la città più raffinata, elegante e intellettuale d'Europa).


Tra le specialità fiorentine esportate da Caterina De' Medici troviamo l'Alkermes (o Alchermes),
un liquore di probabili origini arabe che, a quanto si narra, era prodotto con il nome di Elisir di lunga vita dalle suore fiorentine dell'Ordine di Santa Maria dei Servi, fondato nel 1233.
A fine Quattrocento si hanno notizie della sua preparazione da parte dei frati di Santa Maria Novella e dai Certosini, con il nome di Alkermes di Firenze o Rosolio. Nel giardino di Lorenzo il Magnifico era la bevanda più apprezzata durante le riunioni di scultori, pittori, poeti, ed era gustata sia dai pontefici De’ Medici (Leone X e Clemente VII), sia dalla regina Caterina, che ne portò la ricetta in Francia, dove divenne nota con il nome di Liquore de’ Medici.
Due secoli più tardi Frà Cosimo Bucelli, Direttore dell'Officina Erboristica di Santa Maria Novella, ne trascriverà la ricetta, gelosamente custodita fino ad oggi dai frati che lo producono.

Il nome di questo liquore speziato deriva dall'arabo al-qirmiz, che letteralmente significa "il verme" e che designa una varietà di cocciniglia che infesta il Coccus Bophica. Il corpo della cocciniglia essiccato e ridotto in polvere fornisce una sostanza rossa fortemente colorante, che da sempre viene impiegata nella preparazione del liquore.


Oltre alla cocciniglia in polvere, gli altri ingredienti di questo liquore sciropposo,  molto dolce e dalla gradazione alcolica che varia tra i 21 e i 32 gradi, sono alcool, zucchero, acqua di rose, scorza d'arancia, vaniglia e diverse spezie: cannella, coriandolo, macis, chiodi di garofano, fiori di anice e cardamomo.

Il metodo di preparazione è ancora quello artigianale, secondo la ricetta codificata dalla tradizione: le spezie sono messe a macerare in alcool per ottenere la cosiddetta tintura, a cui verranno aggiunti l'acqua distillata di rose, la scorza d'arancia (talvolta i fiori), lo zucchero e la tintura ottenuta con la cocciniglia. Il tutto viene mescolato e messo ad affinare in botti di rovere per circa sei mesi, quindi filtrato e imbottigliato.

L'Alchermes ha un impiego importante nella gastronomia e nella pasticceria toscana, come colorante e aromatizzante. E' usato ad esempio nella preparazione della mortadella di Prato e insaporisce le pesche di Prato, la zuppa inglese e il rotolo ripieno al cioccolato.

lunedì 6 marzo 2017

Panini al latte


I primi mesi dell'anno sono stati pesantucci per me dal punto di vista lavorativo, tanto da avermi fatto rinunciare a partecipare al mio adorato MTChallenge per un po', perché non ci sono proprio con la testa. Continuo a cucinare però, sia per mangiare, sia per rilassarmi, e una delle cose che mi rilassa di più e che mi fa sentire in sintonia con le generazioni passate e con quelle future, è fare il pane.
Anche se per lo più uso l'impastatrice per far formare l'impasto, mi piace rovesciarlo poi sul piano di lavoro e impastare a mano, finché non sento la consistenza cambiare e posso formare una bella palla liscia e morbida, da mettere a lievitare.

Di recente mi sono venuti in mente i sandwich che da ragazzina in estate mangiavamo all'ormai chiuso Bar Mokarta, che si affacciava nell'omonima piazza a Mazara del Vallo. Era il luogo di ritrovo del tardo pomeriggio per noi ragazzini, e dalle 18 alle 20:30 era pieno di adolescenti. Ogni gruppo aveva il suo angolo, e "ci vediamo stasera in piazza" era il saluto di ogni pomeriggio, quando si veniva via dalla spiaggia. E lì tra chiacchiere, risate e accordi per la serata, si gustavano arancine, brioche col gelato e i sandwich, quei deliziosi mini panini semidolci farciti con uno strato di burro freschissimo e il prosciutto crudo: una bontà!

Adesso il bar non c'è più, al suo posto è sorta una banca e Piazza Mokarta non è più il luogo di ritrovo degli adolescenti, ma ogni volta che passo da lì mi viene una fitta di nostalgia, al pensiero della piazza piena di ragazzi della mia gioventù.

Immagine dal web
Credo sia per questi ricordi che in occasione dell'ultimo Starbooks ho voluto fare i panini al latte; la ricetta riportata sul libro che abbiamo recensito non mi è riuscita però, e alla fine me la sono rielaborata io. Al primo morso sono tornata indietro di 35 anni, in un autentico viaggio proustiano...


lunedì 20 febbraio 2017

Zuppa di lenticchie decorticate e zucca - Nigel Slater


Se questo blog è nato per partecipare all'MTChallenge, è sicuramente cresciuto grazie allo Starbooks. Grazie a questo splendido progetto infatti, ho conosciuto Autori fantastici e sperimentato ricette che mai avrei cucinato altrimenti.
Il problema sta nella velocità vertiginosa a cui viaggia internet, che mi spinge ad archiviare in fretta anche libri e ricette validissimi, perché questo mese è finito e adesso bisogna recensire un nuovo libro... e così, mentre la biblioteca culinaria aumenta a dismisura, tanto che ho dovuto farmi fare una nuova libreria su misura l'anno scorso, io rischio di farmi sfuggire tanti piatti che pure ho amato sul momento.
Questa volta mi ha salvata la carissima Pellegrina, che mi ha chiesto dove avessi pubblicato una zuppa di lenticchie e qualcos'altro. Ah sì, la Dahl and Pumpkin Soup di Nigel Slater! Ma come, non l'avevo pubblicata anche qui? Rimedio subito!!!

La ricetta è di una facilità disarmante e rapidissima, nel giro di mezz'ora è pronta in tavola. E' quindi perfetta anche per i principianti o per chi ha poco tempo e deve mettere su la cena. Il risultato è una saporitissima zuppa speziata piuttosto leggera, a cui la guarnizione di cipolle e peperoncino regala una spinta in più.

lunedì 13 febbraio 2017

Pollo piccante marinato nello yogurt con insalata di melagrana


Se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo se credo nel colpo di fulmine, risponderei di no, senza neanche pensarci. Se però mi soffermassi a rifletterci, dovrei inevitabilmente ribaltare la mia risposta.
Perché io di colpi di fulmine ne ho avuti diversi, in vita mia.
Tutti culinari, d'accordo, ma sempre di colpi di fulmine si tratta: dal Maitre Chocolatier Paul A. Young, di cui in questo blog ho riportato diverse ricette, a Glynn Purnell, passando per Yotam Ottolenghi, Martha Stewart e, last but not least, Diana Henry.
Spero che nessuno si scandalizzi per il fatto che ho citato Chef e Food Writers Inglesi e Americani: la triste verità è che i libri di cucina scritti dagli Chef nostrani o sono delle solenni prese per i fondelli, o sono troppo tecnici (ho un paio di libri di Bottura, di cui non sono riuscita a realizzare neanche una ricetta perché mi rifiuto di comprare il sifone!). D'altro canto, grazie allo Starbooks è stato sfatato da anni ai miei occhi il mito della cucina inglese come inesistente e in ogni caso pessima, e il libro che abbiamo recensito in gennaio, Simple di Diana Henry (tradotto anche in italiano dall'Editore Guido Tommasi), ne è stata l'ennesima conferma.

La ricetta che vi presento oggi è tratta proprio da questo libro, ed ha stregato me e i miei nipoti a tal punto, che l'ho già rifatta 3 volte, l'ultima proprio sabato sera, per festeggiare il ritorno a casa del maggiore, che era stato all'estero per il Progetto Erasmus.

Il titolo in lingua originale fa un po' ridere: Yogurt-Marinated Spatchcock.
Spatchcock siginifica pollo aperto a farfalla, come quello alla diavola per intenderci, e Diana Henry riporta diverse ricette di spatchcock; a casa nostra però, visto che finora mi sono limitata a proporre questa ricetta, il termine è diventato suo sinonimo.
I miei nipoti sono divertiti dal fatto che suona un po' come "spaccio coca"; a me il suono è simpatico a prescindere, e più di una volta mi sono sorpresa a canticchiare, sulle note di Sex Bomb:

Spatchcock spatchcock you're my spatchcock
You can marinate while I take my rest along...

Non vi dico la faccia di mio nipote quando mi ha sentito cantare la prima volta: ha sgranato gli occhi, visibilmente preoccupato, e stava chiaramente valutando se fossi pericolosa per me e soprattutto per gli altri. Ho smesso all'istante, e lui ha fatto spallucce borbottando qualcosa sulle stranezze di sua zia. Eppure è stato proprio lui a chiedermi espressamente uno "Spatchcock Party" al suo rientro, perché fin dalla prima volta che ho l'ho portato a casa loro lo ha amato alla follia. Anzi, dopo il primo boccone mi ha chiesto quanto voglio essere pagata per cucinarglielo ogni volta che me lo chiede. Il sughetto è così paradisiaco che tutti i commensali se lo sono litigato, quindi portate in tavola pane abbondante per una gloriosa scarpetta.

Quasi tutti gli ingredienti sono di facile reperibilità; le eccezioni sono:

- La melassa di melagrana: se non la trovate potete benissimo farvela da soli, è semplice e veloce e la ricetta è qui.

- Il coriandolo: è un sapore che pochi amano e in ogni caso va messo nell'insalata, quindi a mio avviso se ne può fare a meno. Se vi piace ma non trovate le piantine, prendete qualche semino di coriandolo dalla boccetta delle spezie e seminatelo. Innaffiate e nel giro di un paio di mesi nasceranno le piante. Io l'avevo seminato l'anno scorso ed evidentemente qualche seme delle nuove piante è caduto a terra prima che li raccogliessi tutti, perché pur non avendo curato quel vaso me ne sono trovata una piantina in balcone adesso, nonostante il freddo intenso di gennaio.

Ma passiamo alla ricetta, che a parte i tempi della marinata è molto semplice:

lunedì 6 febbraio 2017

Crostata di mele Annurca alla crema per celebrare il secondo Raduno dell'MTC


L'MTChallenge, a cui ho cominciato a partecipare prima di aprire questo blog, è stato e rimane la ragione della sopravvivenza di questo mio spazio, che diversamente avrebbe chiuso i battenti già da diversi anni. Questione di amicizia, quella autentica che mi lega ad Alessandra Van Pelt Gennaro, Flavia Galasso, Fabio D'Amore e Anna Luisa Vingiani; ma anche voglia di imparare e mettersi in gioco, cucinare e divertirsi insieme alla Community più bella della blogsfera, che è nata e si è andata arricchendo negli anni. 

Perché MTChallenge è molto più di una sfida culinaria, o di una scuola di cucina: è una vita, che ruota attorno a una Community eterogenea di persone  molto ben consolidata, grazie alla guida carismatica di Alessandra (la cosiddetta Dittatura Illuminata della Van Pelt 😄).
In un mondo legato al fuoco fatuo della visibilità quale è la blogsfera, questa è una Community unica nel suo genere, perché fatta di persone vere. La finzione qui non trova posto, chi entra nel gruppo sperando di ottenere solo visibilità finisce con l'abbandonarlo, perché non è questo lo scopo del nostro stare insieme. Ogni singolo componente è così unico e speciale, che la Community non sarebbe la stessa senza di lui. Questo vale anche per le new entries, che arricchiscono e allargano il gruppo, tanto che non riuscirei a pensare la nostra Community senza di loro. Persone arrivate da poco come Giuliana, Elisa e Katia e Silvia, (una no blogger che guarda caso ha appena vinto) sono indispensabili al gruppo tanto quanto gli altri, e sono diventate così intrinsecamente parte del tessuto della Community, che mi sembra ne facciano parte da sempre.

E' questo il retroterra su cui si è innestato il Secondo Raduno dell'MTChallenge: al di là della sempre più appassionante sfida di cucina, che come Alessandra ci ha ricordato ancora in questi giorni rimane sempre fondamentalmente un gioco, la voglia di rivederci e di conoscere altre persone era troppo forte. La location scelta è stata la splendida città di Napoli, di cui mi innamoro ogni volta che ci vado, e la perfetta organizzazione di Fabio ha fatto sì che tutto filasse liscio, nonostante fossimo in 72. Ognuno di noi si è sentito coccolato e a casa, ogni minimo dettaglio era stato pianificato e ho il sospetto che fosse stato approntato anche un manuale degli imprevisti.


Attendevo da mesi il 13 gennaio per riabbracciare gli amici della Community che già conoscevo e conoscere e abbracciare quelli che ancora non avevo incontrato di persona; pazienza se ho perso il treno per un soffio, e saltando su quello seguente ho pagato un'enormità (avevo un biglietto promozionale e non rimborsabile), la gioia di rivedere tutti era tale che ho fatto spallucce e mi sono detta che andava bene così.
Arrivo a ora di pranzo all'Hotel Renaissance, vicino alla centralissima Piazza Municipio, e cominciano saluti, baci e abbracci entusiastici a mano a mano che le persone arrivavano. Siamo usciti tutti insieme per un pranzo con cibo di strada (un cuoppo di fritti), poi ci siamo divisi in due gruppi, per due visite guidate della città. Sono stata nella splendida Napoli diverse volte, e il tour che ho scelto è stato quello del Museo Presepiale alla Certosa di San Martino, accanto a Castel Sant'Elmo.

Foto Cuocicucidici
Guidati dalla bravissima Ludovica abbiamo scoperto i segreti e la storia del Presepe, e ammirato presepi antichissimi e stupendi, vere opere d'arte. La cena tradizionale napoletana del venerdì sera, inizio ufficiale del Raduno, ci ha riuniti nel ristorante dell'Hotel, all'ultimo piano del palazzo, con una magnifica veduta del Vesuvio (ok, di notte non si vedeva, ma il mattino dopo a colazione sì! 😉).

Il 14 mattina tutti in pullman, alla volta di Caserta! Erano in programma infatti una visita al Caseificio Il Casolare, dove abbiamo assistito alla preparazione della mozzarella di bufala (e dove abbiamo messo mano al portafogli per acquistare i loro squisiti formaggi) e una visita da Franco Pepe per il pranzo (la pizza migliore che abbia assaggiato in tutta la mia vita) e dove era previsto un workshop sulla pizza che purtroppo non ha potuto avere luogo, perché abbiamo tardato con la visita al caseificio.
Foto Cuocicucidici
L'appuntamento culturale del pomeriggio è stato fantastico: abbiamo visitato la magnifica Reggia di Caserta, e a ogni sala dicevo tra me e me che Versailles in confronto è la dimora di campagna.

Cena tipica napoletana in trattoria alla sera e poi tutti a nanna, perché il mattino dopo avrebbe avuto luogo il mercatino di beneficienza.
Noi di MTChallenge infatti sosteniamo da anni, con i proventi dei nostri libri, Piazza dei Mestieri, un progetto di recupero dei ragazzi che hanno abbandonato la scuola, insegnando loro un mestiere e inserendoli nel tessuto sociale. Animato da Flavia e dalla sua valletta Cinzia, il mercatino è un momento di grande divertimento e allegria, ma anche di profonda generosità: noi partecipanti abbiamo portato attrezzi di cucina, ingredienti particolari, libri e riviste; il pittore Alessandro Colonnetta ha donato un quadro, che è stato messo all'asta e aggiudicato da Vittoria. Tutto il ricavato del mercatino è stato devoluto a Piazza dei Mestieri, per pagare borse di studio ai ragazzi.

Al termine di una tre giorni piena di affetto, abbracci e risate, abbiamo ricevuto un gradito omaggio dal Pastificio Gentile di Gragnano, un pastificio artigianale che usa grani altamente selezionati, trafilatura al bronzo ed essiccazione naturale, ottenendo un prodotto di altissima qualità.

Affetto, abbracci e risate dicevo, in compagnia della Redazione dell'MTChallenge (oltre ai sopra menzionati Alessandra, Fabio, Anna Luisa e Flavia c'erano Cristiana, Mai, Francesca, Giulietta, Giulia, Alice, Ilaria e Dani) e di tanti amici vecchi e nuovi: Valentina, Lucia, Rossella e suo marito Giovanni (con cui ci dicevamo che, pur abitando vicini, ci tocca andare a Napoli per vederci), Sara (con cui abbiamo rievocato la prima volta che ci siamo conosciute, anni fa, perché avevamo entrambe vinto un contest tra blogger), la carissima Manuela, Sandra, amica di vecchia data, Sabrina (idem), Chiara, Giuliana, Elisa, Marianna, AntoniettaPaola, PattyPatty, Annarita e il suo delizioso frugoletto Dario, la deliziosa Francesca-Acquolina e la dolcissima mamma Francesca "la nuova", Ambra e l'amica Starbooker Patrizia (che ha festeggiato con noi il suo compleanno), Chiara, Flaminia, Maria Teresa, Rosaria, Gaia, Corrado, Juri, Marina, Susy, Pasqualina, Marica, Silvia, Fabio, Cristina, Anna Laura e Mario.

Ho citato Mario per ultimo, last but not least, perché è stato uno dei primi blogger che ho conosciuto quando ho aperto questo spazio; mi aveva regalato un cornino napoletano portafortuna quando aveva saputo che avevo aperto il blog, facendomi commuovere; questa volta si è presentato da Franco Pepe, e quando è andato via mi ha consegnato un pacchettino: mezzo kg di mele Annurca e un vasetto di confettura di fichi. Ecco, per me questo dono è stato un po' l'emblema dell'MTChallenge: un luogo dove le amicizie vere nascono e si consolidano attraverso la comune passione per la cucina. Un luogo arricchente di scambi e consigli. Un luogo che ti permette di essere insieme a tanti amici, anche quando stai spignattando da sola nella tua cucina.

mercoledì 1 febbraio 2017

Sfoglia lorda ai funghi porcini in brodetto di castagne


Ci sono ricette di cui ci si innamora all'istante, ma che sono impegnative: entrano nella nostra to-do list, ogni tanto ci tornano in mente, ma vengono scavalcate da altre priorità, che si sovrappongono, e rimangono ad alto rischio di dimenticatoio.
Per fortuna c'è The Recipe-tionist, un contest grazie al quale oggi riesco a fare per la prima volta una ricetta di cui mi ero innamorata nel 2013, ai tempi dell'MTChallenge sulle castagne. E'stata una delle sfide più belle a cui io abbia partecipato, e quando ho letto questa ricetta di Patty mi sono detta: questa vince!
Non ha vinto la gara, ma ha certamente vinto un posto nel mio cuore, e ora che l'ho preparata... anche nel mio personale olimpo delle migliori ricette che abbia mai realizzato.

E' quindi con grande orgoglio che vi presento una delle ricette di Patty più riuscite: la sfoglia lorda in brodetto di castagne. E' sicuramente un piatto impegnativo, ma non vi pentirete di averlo fatto: è favoloso.
Siccome non siamo più in stagione di castagne, mi sono dovuta accontentare di quelle secche, che ho ammollato per una notte e lessato un'ora in pentola a pressione prima di unirle al brodetto. Quando torneranno le castagne voglio rifarlo con quelle fresche.
Del pari, non ho trovato il prosciutto arrosto e l'ho sostituito con la porchetta: sublime!
Un piatto da rifare, sicuramente: è molto sostanzioso e perfetto per le cene invernali.


lunedì 23 gennaio 2017

La Ribollita di Patty, un piatto che scalda il cuore


Sono stata felicissima di apprendere che la mia amica Patty ha vinto The Recipe-Tionist di dicembre, ma a dire il vero non avevo bisogno di questa ulteriore opportunità per andare a curiosare nel suo blog: lo consulto spesso quando sono alla ricerca di ricette di tradizione toscana, e anche se difficilmente lascio commenti, è uno dei miei blog di riferimento.
Va anche detto che spesso mi capita di non pubblicare le ricette che prelevo da libri o da altri blog per il semplice motivo che non mi piace fotografare, e poi la fame l'ha sempre vinta sulla mia pigrizia! Insomma, lo spirito è pronto ma la carne è debole, e forse proprio a questo mi è servito questo The Recipe-Tionist: a fotografare una delle ricette di Patty che faccio più spesso: la Ribollita.

La Ribollita è uno di quei piatti che quando li assaggi ti chiedi come mai non l'abbia fatta prima. Adoro prepararla nelle fredde giornate di inverno perché la sua preparazione mi rimanda ai gesti antichi di tante massaie, che preparavano amorevolmente la zuppa per la loro famiglia. E' un piatto nutriente e completo di tradizione contadina, risalente a un'epoca dove lo spreco alimentare era inconcepibile e tutto veniva riutilizzato, nei limiti del possibile: se infatti del maiale non si butta via niente, anche degli altri alimenti si sfrutta il massimo del potenziale. Qui abbiamo l'utilizzo del pane raffermo, che fornisce i carboidrati del pasto; i fagioli regalano l'apporto proteico e le verdure danno fibre, vitamine e sali minerali. Gustare la Ribollita al termine di una giornata di lavoro è un gesto che ha il potere di riappacificarmi con il mondo intero e di farmi sentire un tutt'uno con le generazioni passate: scalda il cuore, oltre al corpo.

Un ingrediente molto importante della Ribollita è il pane toscano: è fondamentale usare quello per due motivi: il suo metodo di lavorazione fa sì che non diventi una pappa quando è messo nella ribollita, e l'assenza di sale è perfetta per accompagnare questa sapida zuppa toscana. Se appena potete cercatelo o fatevelo, diversamente scegliete un buon pane casereccio a lievitazione naturale.

Quando compro la verdura, noto spesso che la gente ha la pessima abitudine di defogliare gli ortaggi; posso capire quando le foglie esterne sono rovinate e appassite, ma con le verze ad esempio trovo spesso tante foglie esterne (quelle più ricche di ferro!) bellissime, che sono state scartate. Se devo fare la Ribollita compero proprio queste: da un lato sono più ricche di sali minerali di quelle interne più chiare, e dall'altro è il modo più sicuro di acquistare la quantità giusta: 300 g di verza equivalgono più o meno a 6 foglie grandi, mentre la verza più piccola che trovo pesa circa 1,4 kg: decisamente troppo. Sono un po' matta? E' possibile.

Le dosi che seguono sono solo indicative e servono a dare le proporzioni tra i vari ingredienti: difficilmente una volta si pesavano le verdure al grammo!