mercoledì 3 maggio 2017

Farina di grano germogliato


Ho cominciato a farmi il pane in casa nel lontano 2004 per far fronte a un'emergenza: ero a casa malata, mi era terminata la scorta di pane in freezer e stavo troppo male per uscire a fare un po' di spesa. Avevo però in casa della farina e del lievito di birra secco, ho letto le istruzioni sul retro della bustina di lievito e ho sfornato una pagnotta che adesso definirei accettabile, ma che allora mi parve buonissima, rispetto al pane che acquistavo. Da allora ho cominciato a fare ricerche: un mese dopo preparavo il mio primo lievito madre, due mesi dopo sfornavo la mia prima colomba, e da allora non mi sono più voltata indietro. I miei gusti si sono affinati e solo in Sicilia il pane comprato è più buono del mio: a Milano e dintorni non c'è proprio paragone.

Non ho pubblicato molte ricette di pane sul blog, essenzialmente perché tendo a rifare sempre le stesse ricette, ma ultimamente la ricerca mi ha spinta su altre strade, e più precisamente su quelle dell'autoproduzione di farina di grano germogliato.
Perché di grano germogliato? Lo spiega benissimo la fantastica Roberta (che se non ci fosse, bisognerebbe inventarla) in questo post: "Quello che non sempre ci dicono, è che nelle farine integrali, [...] sono presenti anche dei cosiddetti "antinutrienti", cioè delle sostanze, per dirla in termini molto poveri, che rendono indisponibili per l'organismo i preziosi elementi nutritivi contenuti nel chicco. Con la germogliazione, il chicco rilascia i preziosi sali minerali contenuti al suo interno e allo stesso tempo aumenta il suo contenuto in vitamine e proteine. Non si eliminano completamente le sostanze antagoniste, ma sicuramente si ottiene una farina con un migliorato apporto nutritivo. Perché questo avvenga, è sufficiente procurarsi dei chicchi di grano biologico, ovviamente interi, non decorticati o trattati in alcun modo. Vanno bene tutti i grani, anche quelli antichi, la spelta, il farro, così come altri cereali. Si mettono in ammollo in acqua fredda per 12 o massimo 24 ore, avendo l'accortezza di scolarli, sciacquarli e cambiare l'acqua di ammollo almeno un paio di volte. Poi si mettono in un recipiente capace, un grande vaso di vetro coperto con una garza fissata con un elastico, e si attende che spuntino i germogli. Di solito bastano 48 ore. Bisognerà solo sciacquarli e scolarli bene ogni 12 ore. Alla fine si distendono sulla placca del forno e si lasciano asciugare a 40° C per una mezza giornata, aprendo il forno per lasciar uscire il vapore e scuotendoli di tanto in tanto. Ancora qualche ora o anche una notte ad asciugare all'aria e sono pronti per essere macinati. Ora, certo sarebbe meglio avere un piccolo mulino casalingo, ma per i primi esperimenti, può andar bene anche un macina caffè o un macina spezie."

A quanto scritto da Roberta aggiungo che l'antinutriente più importante è l'acido fìtico, che inibisce l'assorbimento delle sostanze nutritive in quanto lega a se' minerali importanti quali zinco, magnesio, ferro e calcio: la germinazione invece inibisce i fitati, impedendo loro di trasformarsi in acido fitico, e consente quindi all'organismo di assorbire tutti i preziosi sali minerali presenti nel prodotto finale.

Inoltre il grano (sia duro, sia tenero) da cui vengono ricavate le farine oggi, è geneticamente modificato per resistere agli attacchi della maggior parte degli insetti e perfino agli uragani: cosa volete che possa fare il nostro povero organismo, contro chicchi così resistenti? Le farine di grano quindi rallentano notevolmente il nostro metabolismo, e se come me si desidera perdere peso è meglio rivolgersi alla decisamente più digeribile farina di grano germogliato: la germinazione infatti rompe i legami più resistenti e trasforma l'amido - uno zucchero complesso - in maltosio, uno zucchero semplice, che fornisce facile nutrimento alla nuova pianta che sta per nascere. Il prodotto che si ottiene è pertanto molto più digeribile, e ricco di elementi nutritivi.

Attenzione però: se la germinazione ha come effetto quella di trasformare in zuccheri semplici quelli complessi, ne deriva che chi desidera perdere peso deve bloccare la germinazione non appena questa giunge allo stadio iniziale: quando infatti le radichette raggiungono i 2/3 della lunghezza del chicco, avremo il massimo di presenza di zucchero semplice (maltosio), con il minimo consumo da parte del germoglio. E' il cosiddetto malto, utilizzato nell'industria alimentare come dolcificante, in sostituzione dello zucchero (pensate anche alle fette biscottate al malto, o più semplicemente alla birra: quella bianca è prodotta con malto di frumento!).
Ai fini della produzione di una farina di grano germogliato non eccessivamente zuccherina, è pertanto indispensabile bloccare la germinazione non appena questa si è avviata. Osservate attentamente i chicchi di grano, e quando il germoglio compare passate subito all'essiccazione.

Il procedimento che ho seguito io è quindi leggermente diverso da quello di Roberta: vediamolo insieme.

giovedì 13 aprile 2017

Alkermes per la Giornata Nazionale di Caterina De' Medici


Il patrimonio gastronomico italiano, si sa, è immenso e travalica i confini del suolo italico.
L'esportazione non è avvenuta solo di recente nell'era della globalizzazione, ma risale a diversi secoli fa. Si pensi a Caterina De' Medici ad esempio, a cui oggi il Calendario del Cibo Italiano dedica una Giornata Nazionale.
Caterina aveva solo 14 anni quando andò in sposa a Enrico di Orléans, e sebbene il suo aspetto non l'avvantaggiasse - per diversi anni fu definita la grassa bottegaia fiorentina -  era dotata di un appetito robusto e di gusti molto raffinati. Ai tempi la Corte di Francia era molto sfarzosa ma alquanto rozza, e la nostra compatriota portò seco i cuochi e i pasticceri della Corte Fiorentina, fondando la "famosa cucina francese", che quindi ha origini prettamente italiane.
Non solo: fu la prima a dividere nella cucina i cibi salati da quelli dolci e a portare sulle tavole francesi la forchetta, che era in uso a Firenze già da lungo tempo (non per niente era ritenuta la città più raffinata, elegante e intellettuale d'Europa).


Tra le specialità fiorentine esportate da Caterina De' Medici troviamo l'Alkermes (o Alchermes),
un liquore di probabili origini arabe che, a quanto si narra, era prodotto con il nome di Elisir di lunga vita dalle suore fiorentine dell'Ordine di Santa Maria dei Servi, fondato nel 1233.
A fine Quattrocento si hanno notizie della sua preparazione da parte dei frati di Santa Maria Novella e dai Certosini, con il nome di Alkermes di Firenze o Rosolio. Nel giardino di Lorenzo il Magnifico era la bevanda più apprezzata durante le riunioni di scultori, pittori, poeti, ed era gustata sia dai pontefici De’ Medici (Leone X e Clemente VII), sia dalla regina Caterina, che ne portò la ricetta in Francia, dove divenne nota con il nome di Liquore de’ Medici.
Due secoli più tardi Frà Cosimo Bucelli, Direttore dell'Officina Erboristica di Santa Maria Novella, ne trascriverà la ricetta, gelosamente custodita fino ad oggi dai frati che lo producono.

Il nome di questo liquore speziato deriva dall'arabo al-qirmiz, che letteralmente significa "il verme" e che designa una varietà di cocciniglia che infesta il Coccus Bophica. Il corpo della cocciniglia essiccato e ridotto in polvere fornisce una sostanza rossa fortemente colorante, che da sempre viene impiegata nella preparazione del liquore.


Oltre alla cocciniglia in polvere, gli altri ingredienti di questo liquore sciropposo,  molto dolce e dalla gradazione alcolica che varia tra i 21 e i 32 gradi, sono alcool, zucchero, acqua di rose, scorza d'arancia, vaniglia e diverse spezie: cannella, coriandolo, macis, chiodi di garofano, fiori di anice e cardamomo.

Il metodo di preparazione è ancora quello artigianale, secondo la ricetta codificata dalla tradizione: le spezie sono messe a macerare in alcool per ottenere la cosiddetta tintura, a cui verranno aggiunti l'acqua distillata di rose, la scorza d'arancia (talvolta i fiori), lo zucchero e la tintura ottenuta con la cocciniglia. Il tutto viene mescolato e messo ad affinare in botti di rovere per circa sei mesi, quindi filtrato e imbottigliato.

L'Alchermes ha un impiego importante nella gastronomia e nella pasticceria toscana, come colorante e aromatizzante. E' usato ad esempio nella preparazione della mortadella di Prato e insaporisce le pesche di Prato, la zuppa inglese e il rotolo ripieno al cioccolato.

lunedì 6 marzo 2017

Panini al latte


I primi mesi dell'anno sono stati pesantucci per me dal punto di vista lavorativo, tanto da avermi fatto rinunciare a partecipare al mio adorato MTChallenge per un po', perché non ci sono proprio con la testa. Continuo a cucinare però, sia per mangiare, sia per rilassarmi, e una delle cose che mi rilassa di più e che mi fa sentire in sintonia con le generazioni passate e con quelle future, è fare il pane.
Anche se per lo più uso l'impastatrice per far formare l'impasto, mi piace rovesciarlo poi sul piano di lavoro e impastare a mano, finché non sento la consistenza cambiare e posso formare una bella palla liscia e morbida, da mettere a lievitare.

Di recente mi sono venuti in mente i sandwich che da ragazzina in estate mangiavamo all'ormai chiuso Bar Mokarta, che si affacciava nell'omonima piazza a Mazara del Vallo. Era il luogo di ritrovo del tardo pomeriggio per noi ragazzini, e dalle 18 alle 20:30 era pieno di adolescenti. Ogni gruppo aveva il suo angolo, e "ci vediamo stasera in piazza" era il saluto di ogni pomeriggio, quando si veniva via dalla spiaggia. E lì tra chiacchiere, risate e accordi per la serata, si gustavano arancine, brioche col gelato e i sandwich, quei deliziosi mini panini semidolci farciti con uno strato di burro freschissimo e il prosciutto crudo: una bontà!

Adesso il bar non c'è più, al suo posto è sorta una banca e Piazza Mokarta non è più il luogo di ritrovo degli adolescenti, ma ogni volta che passo da lì mi viene una fitta di nostalgia, al pensiero della piazza piena di ragazzi della mia gioventù.

Immagine dal web
Credo sia per questi ricordi che in occasione dell'ultimo Starbooks ho voluto fare i panini al latte; la ricetta riportata sul libro che abbiamo recensito non mi è riuscita però, e alla fine me la sono rielaborata io. Al primo morso sono tornata indietro di 35 anni, in un autentico viaggio proustiano...


lunedì 20 febbraio 2017

Zuppa di lenticchie decorticate e zucca - Nigel Slater


Se questo blog è nato per partecipare all'MTChallenge, è sicuramente cresciuto grazie allo Starbooks. Grazie a questo splendido progetto infatti, ho conosciuto Autori fantastici e sperimentato ricette che mai avrei cucinato altrimenti.
Il problema sta nella velocità vertiginosa a cui viaggia internet, che mi spinge ad archiviare in fretta anche libri e ricette validissimi, perché questo mese è finito e adesso bisogna recensire un nuovo libro... e così, mentre la biblioteca culinaria aumenta a dismisura, tanto che ho dovuto farmi fare una nuova libreria su misura l'anno scorso, io rischio di farmi sfuggire tanti piatti che pure ho amato sul momento.
Questa volta mi ha salvata la carissima Pellegrina, che mi ha chiesto dove avessi pubblicato una zuppa di lenticchie e qualcos'altro. Ah sì, la Dahl and Pumpkin Soup di Nigel Slater! Ma come, non l'avevo pubblicata anche qui? Rimedio subito!!!

La ricetta è di una facilità disarmante e rapidissima, nel giro di mezz'ora è pronta in tavola. E' quindi perfetta anche per i principianti o per chi ha poco tempo e deve mettere su la cena. Il risultato è una saporitissima zuppa speziata piuttosto leggera, a cui la guarnizione di cipolle e peperoncino regala una spinta in più.

lunedì 13 febbraio 2017

Pollo piccante marinato nello yogurt con insalata di melagrana


Se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo se credo nel colpo di fulmine, risponderei di no, senza neanche pensarci. Se però mi soffermassi a rifletterci, dovrei inevitabilmente ribaltare la mia risposta.
Perché io di colpi di fulmine ne ho avuti diversi, in vita mia.
Tutti culinari, d'accordo, ma sempre di colpi di fulmine si tratta: dal Maitre Chocolatier Paul A. Young, di cui in questo blog ho riportato diverse ricette, a Glynn Purnell, passando per Yotam Ottolenghi, Martha Stewart e, last but not least, Diana Henry.
Spero che nessuno si scandalizzi per il fatto che ho citato Chef e Food Writers Inglesi e Americani: la triste verità è che i libri di cucina scritti dagli Chef nostrani o sono delle solenni prese per i fondelli, o sono troppo tecnici (ho un paio di libri di Bottura, di cui non sono riuscita a realizzare neanche una ricetta perché mi rifiuto di comprare il sifone!). D'altro canto, grazie allo Starbooks è stato sfatato da anni ai miei occhi il mito della cucina inglese come inesistente e in ogni caso pessima, e il libro che abbiamo recensito in gennaio, Simple di Diana Henry (tradotto anche in italiano dall'Editore Guido Tommasi), ne è stata l'ennesima conferma.

La ricetta che vi presento oggi è tratta proprio da questo libro, ed ha stregato me e i miei nipoti a tal punto, che l'ho già rifatta 3 volte, l'ultima proprio sabato sera, per festeggiare il ritorno a casa del maggiore, che era stato all'estero per il Progetto Erasmus.

Il titolo in lingua originale fa un po' ridere: Yogurt-Marinated Spatchcock.
Spatchcock siginifica pollo aperto a farfalla, come quello alla diavola per intenderci, e Diana Henry riporta diverse ricette di spatchcock; a casa nostra però, visto che finora mi sono limitata a proporre questa ricetta, il termine è diventato suo sinonimo.
I miei nipoti sono divertiti dal fatto che suona un po' come "spaccio coca"; a me il suono è simpatico a prescindere, e più di una volta mi sono sorpresa a canticchiare, sulle note di Sex Bomb:

Spatchcock spatchcock you're my spatchcock
You can marinate while I take my rest along...

Non vi dico la faccia di mio nipote quando mi ha sentito cantare la prima volta: ha sgranato gli occhi, visibilmente preoccupato, e stava chiaramente valutando se fossi pericolosa per me e soprattutto per gli altri. Ho smesso all'istante, e lui ha fatto spallucce borbottando qualcosa sulle stranezze di sua zia. Eppure è stato proprio lui a chiedermi espressamente uno "Spatchcock Party" al suo rientro, perché fin dalla prima volta che ho l'ho portato a casa loro lo ha amato alla follia. Anzi, dopo il primo boccone mi ha chiesto quanto voglio essere pagata per cucinarglielo ogni volta che me lo chiede. Il sughetto è così paradisiaco che tutti i commensali se lo sono litigato, quindi portate in tavola pane abbondante per una gloriosa scarpetta.

Quasi tutti gli ingredienti sono di facile reperibilità; le eccezioni sono:

- La melassa di melagrana: se non la trovate potete benissimo farvela da soli, è semplice e veloce e la ricetta è qui.

- Il coriandolo: è un sapore che pochi amano e in ogni caso va messo nell'insalata, quindi a mio avviso se ne può fare a meno. Se vi piace ma non trovate le piantine, prendete qualche semino di coriandolo dalla boccetta delle spezie e seminatelo. Innaffiate e nel giro di un paio di mesi nasceranno le piante. Io l'avevo seminato l'anno scorso ed evidentemente qualche seme delle nuove piante è caduto a terra prima che li raccogliessi tutti, perché pur non avendo curato quel vaso me ne sono trovata una piantina in balcone adesso, nonostante il freddo intenso di gennaio.

Ma passiamo alla ricetta, che a parte i tempi della marinata è molto semplice: