lunedì 27 giugno 2016

Hallacas di amaranto e polenta bianca


Da due anni a questa parte ho l'abitudine, mezz'ora prima di partire per l'aeroporto di Palermo al rientro dalle vacanze, di tagliare qualche foglia di banano dal nostro giardino per metterle in valigia; una volta a destinazione le lavo con acqua e bicarbonato, le asciugo e le congelo.
E' da allora che mi tormenta una ricetta vista per la prima volta in un libro di cucina, e che mi intriga assai: le hallacas.

Le hallacas (pronuncia: haiàcas) sono il piatto più antico del Venezuela e la portata più diffusa del tradizionale pranzo di Natale, laggiù (teniamo presente che dall'altra parte del Pianeta, Natale cade in estate). Sono anche tra le icone più rappresentative del patrimonio multiculturale venezuelano, dato che la loro preparazione comprende ingredienti europei (uva passa, noci e olive), indigeni ( pasta di mais colorata con semi di annatto) e africani (foglie di banano).
Come per tutti i piatti di antica tradizione, molte sono le storie sulle origini del piatto; secondo la più popolare, è stato creato dagli schiavi ai tempi del colonialismo. A quell'epoca gli schiavi, poverissimi, preparavano il pranzo di Natale utilizzando gli avanzi del pranzo natalizio del padrone, che avvolgevano prima in pasta di farina di mais (la masa harina), poi in foglie di banano, lessandoli infine in abbondante acqua per amalgamare i sapori.
Si tratta un piatto lungo e impegnativo che di regola coinvolge tutta la famiglia, in un rituale che è parte integrante della sua preparazione, nella festosa attesa del Natale. (notizie tratte da qui)

Le hallacas originali sono fatte con carni miste (maiale, pollo e manzo), ma le varianti locali e familiari non si contano: gli Andini ad esempio aggiungono uova sode, e in linea generale ogni famiglia ha la sua ricetta, tanto che in Venezuela c'è il detto nessuna hallaca ha lo stesso sapore di un'altra.
E' proprio per questo motivo che ho deciso di proporre la mia versione di hallacas, utilizzando amaranto e farina di polenta bianca al posto della masa harina, che non trovo facilmente (ovviamente dopo averle cucinate l'ho vista in un negozio, ma lasciamo perdere... :-) ).
Ho inoltre sostituito i semi di annatto con della curcuma: so che il sapore è diverso, ma la colorazione è analoga.

Per la ricetta mi sono rifatta a questo dettagliatissimo post, che riporta anche le foto passo passo della preparazione. Sfortunatamente le foglie di banano che mi ero portata dalla Sicilia erano troppo poche per fare le mie hallacas, quindi ne ho comperate altre on line qui, e già che c'ero ho scelto di acquistare quelle tagliate in cerchi del diametro di circa 20 cm, per risparmiarmi la fatica del sorting di cui si parla nel post di Venezuelan Cooking sopra citato.
Ho ridotto le dosi dello spezzatino a 1/4, ma me ne è avanzato comunque tantissimo: l'ho porzionato e congelato e lo consumerò poco per volta.
Nella ricetta riporto le dosi da me usate.

Questa ricetta può essere preparata in due tempi: faremo lo spezzatino il giorno prima, e assembleremo tutto il giorno dopo.

domenica 26 giugno 2016

Pizza al piatto maturata nel fieno: 3 farciture, un unico impasto


Questo mese di giugno è stato un delirio per me: lavoro massacrante, fine settimana impegnati e nel mezzo un pensiero che mi rodeva: l'MTChallenge
Sì, perché la vincitrice dello scorso mese, Antonietta, la maga dei lievitati che la prima volta che ha vinto ci ha sfidati sul Babà, questo mese ci ha sfidati sulla PIZZA NAPOLETANA


Cioè, rendiamoci conto: una sfida sulla pizza napoletana, fatta secondo il disciplinare, e spiegata per filo e per segno nel suo magnifico post! E io che non avevo il tempo per partecipare!!! Non era possibile, non poteva essere... e così per tutto il mese, dai fumi della stanchezza che mi annebbiavano il cervello, da un lato emergeva il dispiacere per non poter partecipare, e dall'altro il neurone si lambiccava: se avessi tempo per farla, come la farcirei? Era dal 6 giugno che ci pensavo, e ancora non riuscivo a trovare una risposta soddisfacente, dove per soddisfacente intendo dire una pizza che parli di me, che porti la mia impronta e la mia firma.

Poi mi sono capitati due colpi di fortuna: innanzi tutto il prolungamento della scadenza della sfida a domenica 26 giugno, cosa che mi permetteva di partecipare in extremis, e poi, nella notte tra mercoledì e giovedì, l'illuminazione.
Dovete sapere che da qualche mese a questa parte mi sveglio intorno alle 3:30 - 4 del mattino e faccio fatica a riaddormentarmi, cosa che aggrava la stanchezza. Ebbene, giovedì quando ho avuto questa interruzione del sonno, il mio primo pensiero cosciente è stato per il fieno.
Ho già adoperato il fieno per uso alimentare (acquistato on line qui) in altre ricette, questa e questa (tutte guarda caso legate all'MTChallenge). Avrei usato il fieno per farvi prima lievitare e poi maturare l'impasto, in modo che il suo delicato sapore erbaceo, fresco, dolce e fiorito si trasmettesse all'impasto, profumandolo. A partire dal quel momento, il cammino è stato in discesa.

martedì 14 giugno 2016

Pimientos rellenos de brandada de bacalao per lo Starbooks di giugno!


Giugno è il mese in cui si comincia a pensare alle vacanze (i più fortunelli si concedono una settimana di stacco dal lavoro proprio in questo periodo) e alla spensieratezza del vivere all'aria aperta, ritrovandosi con gli amici.

E che cosa incarna meglio questo spirito delle tapas spagnole? Lo Starbooks di questo mese è tutto dedicato a Tapas Revolution di Omar Allibhoy, di cui presenteremo le ricette ogni giorno a partire da oggi.

Io ho provato i peperoni ripieni di merluzzo: secondo voi mi sono piaciuti? :-)
Ricetta e commenti li trovate qui, poi non vi resta che procurarvi i pochi ingredienti e procedere alla preparazione, per vedere se condividete il mio giudizio. :-)

Buona appetito!

lunedì 6 giugno 2016

Shawarma di pollo al forno


Ce lo dice l'Araba nell'ultimo Starbooks: non chiamatelo kebab. Si chiama shawarma. Lo shawarma è un piatto arabo a base di carne che, al pari del turco kebab e del greco gyro,  prevede che i pezzi di carne siano sovrapposti su uno spiedo verticale e che si arrostiscano lentamente, mentre lo spiedo gira su se stesso; a mano a mano che la parte più esterna è cotta, viene tagliata con un coltello affilato e servita in un piatto (o come farcitura di un panino), con un contorno di verdure crude e salse speziate.
Lo shawarma può essere composto da più tagli di carne, ma spesso ne comprende uno solo, alternato a pezzi di grasso perché non risulti stopposo.

Ma Nigella Lawson nel suo ultimo libro, Simply Nigella, ci dice che lo shawarma può essere cucinato anche in forno. Ed è qui che troviamo la chiave di questa ricetta, semplicissima da preparare e molto gustosa. Perfetta per una cena informale tra amici.


lunedì 23 maggio 2016

Cheesecake cocco e limone


L'idea per questo Cheesecake (al maschile, sì!) mi è venuta immediatamente, ispirata alla tarte cocco e limone, detta la Stupendissima, di Alessandra. Quella tarte era stata un tormentone del forum a cui entrambe eravamo iscritte tanti anni fa, e ogni tanto la replico perché è molto buona e facile e veloce da fare. Per questo MTChallenge, proposto da quei geniacci di Annaluisa e Fabio che hanno vinto la scorsa edizione, ho pensato di declinarla in forma di Cheesecake.


Avere l'idea  però è una cosa, trovare il tempo per realizzarla è un'altra. Una serie di impegni che si sono accavallati mi hanno impedito di dedicarmi alla cucina come avrei voluto (e lo si vede dagli ultimi post del blog), e mi sono ridotta all'ultimo momento grazie a Laura, un'amica che - puro caso, giuro! - mi ha commissionato un cheesecake per la festa del suo 50° compleanno.
Conosco Laura dalla scuola media, l'ho persa di vista negli anni del liceo perché il lavoro di suo padre ha portato la famiglia a trasferirsi in Medio Oriente prima e negli Stati Uniti poi, ma al loro rientro in Italia, subito dopo la laurea di entrambe, ci siamo ritrovate e la nostra amicizia si è rinnovata.

Laura soffre di intolleranze da una vita; le ultime in ordine di tempo sono quella al glutine (ma non è celiaca) e quella al lattosio. Ho pertanto adattato la mia idea iniziale, che era quella di preparare una frolla 3-2-1 da far cuocere insieme al cheesecake, utilizzando come base dei biscotti Digestive gluten-free procuratimi da lei, tenuti insieme da olio di cocco (che a temperatura ambiente ha la consistenza del burro in pomata ed è molto stabile alle alte temperature).
L'intolleranza al lattosio di Laura ha dettato tutte le scelte successive: lemon curd all'olio d'oliva (un'altra variante di Alessandra Van Pelt Gennaro che è stata subito copiata in tutto il web - ovviamente senza riferimenti a lei, perché mai avrebbero dovuto?), Philadelphia e panna senza lattosio.

Questo cheesecake è più buono il giorno dopo, quando i sapori si sono amalgamati.
Lemon curd e marmellata di limoni possono essere fatti prima (io avevo i tempi stretti e ho finito di cuocere la marmellata il giorno dopo aver preparato il cheesecake, ma voi organizzatevi meglio!).

Un'ultima notazione riguarda l'estetica: il risultato che avrei voluto ottenere era qualcosa di simile a questo.
Immagine presa da qui
Quello che ho ottenuto io, lo vedete nelle foto ed è stato il frutto di una serie di decisioni prese all'ultimo minuto. Diciamo che proverò a rifare il mio cheesecake e sostituirò le foto, appena possibile. Sorry anche per il fondo della teglia visibile sotto al cheesecake: stavo per trasferire il tutto nel porta torte e avevo paura di fare un disastro. :-)

Ah, dimenticavo: alla festa non mi è stato possibile scattare una foto della fetta, quindi sono pure fuori concorso. :-)
Però ci tenevo a partecipare...

lunedì 16 maggio 2016

Thai Noodles with Cinnamon Prawns di Nigella Lawson per lo Starbooks!


Starbooks time my friends!
Oggi preparo e commento per voi gli Spaghetti Thai con gamberoni alla cannella.
Ricetta e giudizio qui, non perdeteli!

giovedì 12 maggio 2016

Coniglio ai pomodori secchi


Ve lo ricordate il pandemonio causato da Bigazzi quando diede la ricetta del gatto in umido alla Prova del Cuoco? All'epoca ci fu uno scandalo che costò al povero Bigazzi la presenza alla nota trasmissione, ma io ho subito pensato che si stesse facendo molto rumore per nulla.
Adesso siamo abituati all'abbondanza, ma fino alla prima metà del secolo scorso, quando le proteine scarseggiavano, i gatti venivano mangiati, eccome. Del resto è risaputo che da secoli gli osti spacciavano il gatto per coniglio, e non certo da ieri: nell'Assommoir di Émile Zola, durante il pranzo di nozze di Coupeau e Gervaise, un personaggio fa una battuta su un lapin qui miaulait, un coniglio che miagolava, da tanto questa abitudine era inveterata.

Certo, io non mangerei mai un gatto scientemente, ma non sono pronta a giurare di non averlo mai mangiato, al ristorante. :-)
Tutto questo mi è venuto in mente l'altra sera mentre facevo la spesa: sul banco del macellaio ho visto dei bei conigli fare bella mostra di se', e mi è tornata in mente una discussione divertente fatta su un forum di cucina che frequentavo tanti anni fa, nella quale l'amica Cecilia Deni ci diede una ricetta di gatto ai pomodori secchi, precisando che per realizzarla era possibile usare anche il coniglio: una sorta di inversione della ricetta, in cui il gatto era il protagonista e il coniglio costituiva una possibile alternativa.

Mi permetto di riportare la bellissima premessa di Cecilia, permeata da ricordi d'infanzia.
La ricetta è antica, diceva mia madre che c’erano un tempo gli appassionati del gatto arrosto, che si riunivano apposta per gustare tale prelibatezza. Quando ero bambina ricordo che per un lungo periodo ogni mattina per prima cosa controllavo se il nostro gattaccio semiselvatico era tornato sano e salvo dalle sue scorribande notturne e guardavo con sospetto i clienti della vicina cantina col loro boccale di rosso e la gazzosa davanti. Pensavo che tra loro si celassero, dietro le apparenze innocue degli avvinazzati, i potenziali assassini desiderosi di cannibalizzare il mio peloso amico. Che, tra parentesi, era lui un vero assassino, responsabile accertato della morte violenta di almeno due suoi rivali in amore, nonché, naturalmente di regolari massacri di polli, piccioni, conigli, tutti rubati e accuratamente nascosti e divorati. Alcuni li abbiamo dovuti pagare ai proprietari incavolati, e forse ne abbiamo pagato anche qualcuno in più: si sa, quando uno si fa una cattiva fama si piglia pure le colpe che non ha. Si chiamava Aino, con l'accento sulla A iniziale, vezzeggiato in Ainetto. E mordeva i bambini sconosciuti. Un pessimo soggetto. Noi tutti l'amavamo di un amore, chiaramente, cieco.

Vi propongo oggi la ricetta di Cecilia in versione conigliesca, e con aggiunte le dosi: quella originale, che riporto integralmente nelle note, fa parte delle antiche ricette in cui si parla di coniglio, prezzemolo, aglio, pomodori secchi, vino bianco e aceto di vino bianco, senza precisare né le quantità, né la temperatura del forno, né i tempi di cottura. All'epoca questi pochi dati erano sufficienti, oggi occorre precisare tutto per benino, ed è quello che ho cercato di fare.

lunedì 2 maggio 2016

Cheesecake bicolore alla nutella


Lei dice che la sua è una cucina cialtrona. Io vorrei che tutte le cialtrone della blogsfera avessero la sua competenza o, in mancanza, la sua autoironia. Perché la cialtroneria è un'altra cosa, e lei di competenza in cucina ne ha da vendere, come dimostra da anni (se mai avesse bisogno di dimostrarlo) il lavoro di approfondimento che fa sullo Starbooks - nel blog e soprattutto nel dietro le quinte, dove ci offre quotidianamente la sua preziosa consulenza.
Sto parlando di Stefania, alias Araba Felice in cucina, una delle blogger più amate dalla blogsfera per la verve della sua penna spiritosa e per le splendide ricette che pubblica.

Quest'anno Stefania mi ha salvato la Pasqua: mi era infatti stato commissionato un dolce, e il diktat era che questo fosse morbido e umido, per esigenze di uno dei nostri commensali. Niente Colomba, per intenderci. Io non sono tipo da dolci, mi mancano pazienza e creatività. Ancora ancora quelli lievitati, che però a questa tornata non potevo assolutamente considerare. Mi stavo giusto arrovellando il cervello, quand'ecco che lei ha pubblicato una Cheesecake New York Style che faceva proprio al caso mio. morbida, umida e pure cioccolatosa, che a Pasqua il cioccolato è d'obbligo o quasi. Molto semplice e veloce da realizzare tra l'altro, il che non guasta. Insomma, si definirà anche cialtrona (ma noi sappiamo benissimo che non lo è), ma quest'anno mi ha salvato la Pasqua con un dolce che ha riscosso un successo unanime e immediato, e io le sono immensamente grata!

lunedì 25 aprile 2016

Frollini al cappuccino


Oggi è l'ultimo giorno utile per postare le ricette che partecipano all'MTChallenge di aprile, imperniato sui biscotti a base di frolla. Terzi giudici della sfida, i bravissimi Dani e Juri di Acqua e Menta, che hanno sbaragliato tutti lo scorso mese con il loro favoloso cuscus alla trapanese.
Terzi giudici di grande competenza, che ci hanno proposto tre tipi di frolla con cui realizzare i nostri biscotti: la frolla classica, la frolla sablée e la più difficile di tutte: la frolla montata.


E' proprio con quest'ultima frolla che mi cimento in questo post, e comincio descrivendone le caratteristiche (fonte: Alma - Pasticceria di base). La frolla montata deve contenere burro da un minimo del 60% a un massimo dell'80% rispetto al peso della farina (le frolle comuni hanno un contenuto di burro che varia dal 30% al 70%). Il burro deve essere alla temperatura di 13 °C circa e va montato in planetaria fino a ottenere una pomata soffice, a cui si aggiunge poi lo zucchero a velo. Si continua a montare e infine si incorpora la farina mescolata con un pizzico di sale. L'impasto così ottenuto è sofficissimo e va inserito in sac-à-poche e utilizzato subito per formare i biscotti o i fondi di crostata. Il riposo in frigo o in abbattitore avviene dopo la formatura, per permetterle di prendere consistenza.

I biscotti ottenuti con la frolla montata rientrano nel novero della pasticceria secca e della biscotteria fine; sono caratterizzati da una grande friabilità e sono buoni da morire!
Ricordiamoci però che, avendo un così alto contenuto di burro, durante la cottura tendono a "sedersi". Occorre quindi fare delle forme molto cicciottelle, se non si vogliono ottenere dei dischi volanti. I biscotti vanno inoltre ben distanziati e cotti in forno ben caldo (180-200 °C).

L'idea per questi biscotti mi è venuta un mattino a colazione, mentre sorseggiavo il mio caffellatte: perché non provare a realizzare dei biscotti che ricordassero il cappuccino? Da lì a pensare di unire una frolla al caffè con un po' di cioccolato bianco, è stato un attimo. :-)