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martedì 19 gennaio 2016

Potage Parmentier al fieno di malga


MTC time signori, un appuntamento che mi era davvero mancato, con tutta che il periodo natalizio comporta sempre parecchio lavoro in più, sia in ufficio, sia in cucina.
L'anno si apre con la sfida di Vittoria, vincitrice della scorsa edizione, che ci ha chiesto di inondarla di minestroni e zuppe a base di verdure. Una manna per me, che al liceo ero soprannominata Minestrina perché in gita scolastica chiedevo sempre il bis delle minestre che ci servivano, e che di regola erano snobbate dagli altri compagni.


Zuppe e minestre sono piatti che mi accompagnano spesso durante l'anno, specialmente nelle fredde serate invernali. Piatti apparentemente umili e semplici, richiedono invece un sapiente equilibrio di sapori e consistenze e quindi uno studio accurato, se non vogliamo tirare fuori un triste piatto svuota frigo.

La mia prima proposta è una delle mie zuppe preferite: il Potage Parmentier, cioè la crema di patate e porri. Questa zuppa deve il suo nome ad Antoine Augustin Parmentier, agronomo e nutrizionista sotto Luigi XVI, che scoprì le patate durante la prigionia in Germania (fu catturato dal nemico durante la guerra dei sette anni) e al suo ritorno in patria scrisse un trattato per raccomandarne la coltivazione e il consumo, indicandole come alimenti sostitutivi del grano in caso di carestia.

Il Potage Parmentier ha un sapore molto delicato ed è gradito a tutti; ha elevate proprietà drenanti e depurative, il che non guasta, e può essere servito sia caldo, sia tiepido.

Nella mia versione "da MTChallenge" ho voluto aggiungervi un sapore delicato e particolare, quello del fieno di malga. E' un sapore difficile da descrivere per chi non lo abbia assaggiato: erbaceo, fresco, dolce e fiorito, come un campo appena falciato. Mi sono procurata del fieno per uso alimentare acquistandolo on line qui e in questa ricetta l'ho messo in infusione nel brodo vegetale, alla fine della sua preparazione, prima di usarlo per il potage.
Questa ricetta è anche anti spreco: fa uso infatti di tutto il porro (parte verde e parte bianca), in modo che nulla vada perduto.



venerdì 8 gennaio 2016

Crema di foglie e gambi di carciofo



La settimana che sta volgendo al termine, secondo il Calendario del cibo italiano, celebra la Settimana degli avanzi. Sistemata strategicamente dopo le Feste, quando si presenta il problema di riciclare in maniera gustosa gli avanzi degli ultimi banchetti, questa settimana ci ricorda in realtà che lo spreco è esecrabile in ogni tempo dell'anno.
Non faccio il solito discorso "con tutta la gente che muore di fame", perché il rispetto per il cibo viene ancora prima di queste considerazioni. Il cibo è nutrimento per la vita, sostentamento del corpo. E' quindi mancanza di rispetto per la vita stessa, sprecarlo.

Il bellissimo articolo di Cinzia, Ambasciatrice della Settimana degli Avanzi, si apre con un'affermazione provocatoria di Oldani, secondo cui gli avanzi non dovrebbero esistere proprio. Di fatto però sappiamo bene che esistono, eccome. Tutto sta a presentarli in una veste nuova e appetitosa, che non ce li faccia percepire come "minestra riscaldata" ma come piatti aventi una dignità propria.

Vi è anche un'altra categoria di cibi però, che pur non essendo veri e propri avanzi viene spesso buttata, mentre ha un potenziale alimentare notevole. Si tratta degli scarti di cucina, quelle parti meno nobili dei cibi che un tempo venivano utilizzati appieno - anche perché c'era penuria di tutto - e oggi vengono spesso buttati via senza pensarci troppo.

E' questo genere di scarti che ho deciso di valorizzare per celebrare questa importante settimana.
Il risultato è delizioso, nonostante l'umiltà degli ingredienti di partenza, che richiedono un po' di lavoro in più per estrarne il sapore.

sabato 2 gennaio 2016

Consommè chiarificato di manzo con Zuppa Imperiale


Oggi è la Giornata Nazionale del Consommé, secondo il Calendario del cibo italiano lanciato quest'anno dall'Associazione Nazionale Food Blogger.
Poteva forse un'amante dei brodi come me esimersi dal prepararlo? Certo che no! Anzi, ho approfittato dell'occasione per chiarificare il brodo, cosa non strettamente indispensabile nel Consommé, ma che volevo provare da tempo.

Il Consommé infatti è un brodo di carne, semplice o chiarificato, che può essere servito da solo o accompagnato da vari complementi. Nella cucina classica dell'800 apriva i pranzi eleganti, mentre oggi questa abitudine è andata perduta. Distinguiamo in cucina il Consommé semplice, cioè un brodo di carne di manzo o vitellone abbastanza limpido; il Consommé chiarificato, che viene servito nelle cene eleganti o al ristorante; il Consommé di pollo e quello di selvaggina, più delicato il primo, perfetto per aprire un pranzo dove la selvaggina è il piatto forte il secondo.
Troverete notizie più approfondite nel bellissimo post odierno di Betulla, qui mi limito a dire che tra gli accompagnamenti tipici del Consommé troviamo i classici tortellini, ma vi è anche una preparazione tipica dell'Emilia Romagna che ero curiosa di provare da un po': la Zuppa Imperiale.
Preparazione sostanziosa e nutriente, la Zuppa Imperiale viene prima cotta in forno, poi è fatta raffreddare e tagliata a cubetti, infine viene tuffata nel brodo bollente per qualche minuto, giusto il tempo di scaldarsi. Quando i quadrotti salgono a galla, sono pronti per essere serviti.

Al fine di preservare la trasparenza del mio consommé ho deciso di chiarificare solo 1 litro di brodo -la quantità che mi serviva per 4 persone - e di utilizzare quello rimanente per riscaldarvi la zuppa imperiale.
Per la chiarificazione con il metodo della zattera sono debitrice a Cristiana, e allo splendido articolo che ha scritto per il blog MTChallenge: un metodo semplicissimo e molto efficace, che ha anche il pregio di rinforzare il sapore del brodo.
La ricetta della Zuppa Imperiale invece l'ho tratta dal blog di Marina, e l'ho trovata magnifica.


CONSOMME' CHIARIFICATO DI MANZO CON ZUPPA IMPERIALE



Per 4 persone

Per il brodo:

700 g di muscolo di manzo
1 cipolla media
1 carota
1 gambo di sedano
1 chiodo di garofano
1 foglia di alloro
1 rametto di timo fresco
5 gambi di prezzemolo
5 grani di pepe nero
3 bacche di ginepro
3 l di acqua fredda

Per chiarificare:
(da: MTChallenge, post di Cristiana Di Paola)

150 g di carne macinata di vitellone
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
2 albumi
1,2 litri di brodo

Per la zuppa imperiale:
Da: La tarte maison

150 g di semola di grano duro
125 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
5 uova
100 g di burro fuso e freddo
5 g di lievito chimico per torte salate (io ho usato del cremor tartaro)
1/2 cucchiaino di sale (il Parmigiano era sufficientemente saporito e non l'ho messo)
Noce moscata
Sale
Pepe macinato al momento
Burro per la teglia

Preparare il brodo.
Siccome avevo deciso di chiarificarlo ho evitato di aggiungere il consueto osso, in quanto la gelatina che questo rilascia, pur aggiungendo sapore, lo intorbida parecchio e non permette una chiarificazione ottimale. Il sapore del brodo è comunque stato rafforzato dalla zattera usata per la chiarificazione, e il risultato è stato veramente favoloso.
Mettere in una pentola di adeguata capienza il pezzo di carne con tutti gli altri ingredienti; la carota deve essere raschiata e tagliata a pezzi di circa 2,5 cm, il sedano lavato e tagliato a segmenti di 2,5 cm e la cipolla steccata con il chiodo di garofano. Coprire con l'acqua fredda e portare a bollore, schiumando con cura. Quando l'acqua avrà spiccato il bollore ridurre la fiamma e far cuocere il brodo per 4 ore, schiumando ogni tanto per eliminare le impurità che salgono in superficie. E' importante che il brodo frema senza bollire fortemente, per evitare che risulti torbido.
Assicurarsi che la carne sia coperta dall'acqua di almeno 2,5 cm, se è il caso aggiungere altra acqua calda via via che si rende necessario.
Terminato il tempo di cottura, filtrare il brodo attraverso un colino rivestito con un telo di cotone sottile e pulitissimo (non lavato con ammorbidente!) e farlo raffreddare.
Le verdure a questo punto avranno ceduto tutte le loro sostanze nutritive e possono essere buttate; riservare la carne per altri usi (avendo cotto per sole 4 ore non ha fatto in tempo a cedere tutti i suoi nutrienti al brodo), ad esempio un'insalata di lesso o delle polpette.

Chiarificare il brodo con il metodo della zattera.
Ho messo 200 ml di brodo in più da chiarificare perché la zattera ne assorbe inevitabilmente un po', e volevo darne 250 ml per ciascun commensale.
Mondare  e tritare le verdure, unirle alla carne macinata e agli albumi.
Versare il tutto in una pentola e aggiungervi il brodo freddo, portare a ebollizione mescolando in continuazione, abbassare la fiamma e proseguire la cottura, facendo sobbollire il brodo dolcemente (per evitare di rompere la zattera) per 45 minuti.
Se anche la zattera dovesse rompersi, come è accaduto a me, non disperate: la chiarificazione avverrà ugualmente. Dall'esperienza ho imparato che bisogna far sobbollire sul fornello più piccolo, con la fiamma ridotta al minimo.
La zattera mi si è rotta, ma la chiarificazione è riuscita ugualmente.
A questo punto in superficie si sarà formato il coperchio proteico; con l'aiuto di un cucchiaio aprire un cratere. Foderare un colino con delle garze inumidite e strizzate  (io uso la carta-filtro che si usa per le bustine del tè, di cui posseggo un bel rotolo) e filtrare delicatamente il brodo, poco per volta.

So che è una questione di chimica, ma per me la chiarificazione del brodo ha del miracoloso: vedere un brodo torbido diventare trasparente dà un'emozione incredibile! Ecco la differenza tra il brodo normale e quello chiarificato. Probabilmente se non si fosse rotta la zattera sarebbe venuto ancora più limpido, ma anche così mi ritengo soddisfatta.


Anche la zattera usata per la chiarificazione può essere consumata a parte. Io confesso di averla mangiata così com'era, da tanto il sapore era buono (l'aspetto no, ne convengo), ma se non volete terrorizzare i vostri familiari potete strizzarla, unire del pangrattato e un tuorlo (così sfruttate uno dei due tuorli usati per la chiarificazione) e farne delle polpette che potrete friggere oppure passare in forno o ancora cuocere alla piastra. In alternativa, aggiungendo della passata di pomodoro e facendola cuocere ancora un po', potete ottenere un sugo di carne. Non è propriamente un ragù, ma di sicuro sarà buono.

Preparare la Zuppa Imperiale: preriscaldare il forno a 170 °C in modalità statica. Montare le uova in una ciotola con il Parmigiano Reggiano, il burro fuso e freddo, una macinata di pepe e una bella grattata di noce moscata. Aggiungere il semolino fatto cadere a pioggia e mescolare fino a ottenere un composto omogeneo. Assaggiare e regolare di sale.
Imburrare una teglia di cm 30x40 e versarvi il composto, livellandolo perché abbia uno spessore regolare di circa 1 cm. Infornare per 20-30 minuti, finché il composto non sarà appena dorato. Togliere dal forno, far raffreddare e tagliare a quadretti regolari.


Impiattare e servire: portare il brodo non chiarificato a ebollizione e tuffarvi i cubetti di Zuppa Imperiale, scolandoli con la schiumarola quando verranno a galla.
Portare a ebollizione anche il Consommé e salarlo. Versarlo nelle apposite tazze, unirvi i cubetti di Zuppa Imperiale e servire.



lunedì 21 dicembre 2015

Crema di zucca, arancia e zenzero - Raravis docet


Alessandra ai tempi aveva fatto la C.A.Z.
Io, più modestamente, vi propongo una Z.A.Z.
Sappiate però che sto pensando di fare un upgrade e trasformarla in una C.A.Z.Z.
Sto parlando di creme di verdura, naturalmente. J
Alessandra aveva fatto la celebre zuppa Carote, Arancia e Zenzero, adattandola da una ricetta di Claire Bley; io ho tanta zucca in casa in questi giorni, e ripensando a quella zuppa di tanti anni fa ho deciso di provarla in versione Z.A.Z. per l'appunto: Zucca, Arancia e Zenzero. L'ho trovata semplicemente deliziosa, ma mentre la gustavo ho pensato a un'aggiunta ulteriore: Carote, Arancia, Zucca e Zenzero. La C.A.Z.Z. insomma, che proverò a fare prossimamente.

E' una crema leggera e fresca, grazie allo zenzero e alla scorza di arancia grattugiata, e secondo me può tranquillamente aprire una cena durante queste feste. Servendone poca nei bicchierini, può essere usata per pulire la bocca tra una portata di carne e una di pesce.
Volendo ottenere una consistenza più setosa, passare la crema attraverso un colino a maglie fitte prima di servirla (io non l'ho fatto).

lunedì 30 novembre 2015

Zuppa di pollo con tortilla (Martha Stewart)


Da una settimana circa è arrivato l'inverno a Milano: tutto è cominciato sabato 21 novembre con un vento fortissimo che ha fatto abbassare le temperature, e da una pioggia mista a nevischio che ha consolidato la morsa del freddo anche da queste parti. Il fine settimana appena passato ha dato un'altra botta alle temperature, et voilà: benvenuto inverno!

E che cosa c'è di meglio, in una gelida giornata invernale, di una bella zuppa calda? Quella che vi presento oggi porta la firma di Martha Stewart ed è, manco a dirlo, deliziosa.
L'ho provata per la prima volta a inizio anno per lo Starbooks, e da allora l'ho fatta mia. ;-)

lunedì 16 novembre 2015

Zuppa di indivia belga caramellata e Gorgonzola piccante con complemento invernale


Sono ancora sconvolta dai fatti di Parigi di venerdì scorso; proprio quella mattina scrivevo sul mio profilo FB che alla radice di ogni forma di violenza c'è la non accettazione della diversità dell'altro e il cercare di schiacciarlo, appiattirlo, omologarlo, ridurlo alla propria misura.
Ed ecco che quella sera è scoppiata la follia a Parigi, e un manipolo di fanatici ha messo la città a ferro e fuoco uccidendo più di 200 persone innocenti e ferendone altrettante: perché la violenza, portata alle estreme conseguenze, distrugge chi è irriducibilmente diverso.

Le uniche parole adeguate a quanto è accaduto, di fronte all'evidenza che una cosa del genere potrebbe accadere anche a me, che prendo la metropolitana tutti i giorni per andare al lavoro, sono state quelle di Julian Carròn: «Davanti ai nostri occhi c’è un’evidenza: la vita di ciascuno è appesa a un filo, potendo essere uccisi in qualsiasi momento e ovunque, al ristorante, allo stadio o durante un concerto. La possibilità di una morte violenta e feroce è divenuta una realtà anche nelle nostre città. Per questo i fatti di Parigi ci mettono davanti alla domanda decisiva: perché vale la pena vivere? È una provocazione che nessuno di noi può evitare. Cercare una risposta adeguata alla domanda sul significato della nostra vita è l’unico antidoto alla paura che ci assale guardando la televisione in queste ore, è il fondamento che nessun terrore può distruggere.
Chiediamo al Signore di poter affrontare questa terribile sfida con gli stessi sentimenti di Cristo che non si lasciò vincere dalla paura: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia” (I Pt 2,23). Con questa Presenza negli occhi potremo guardare perfino la morte, a cominciare da quella di coloro che hanno perso la vita a Parigi, offrire ai nostri figli un’ipotesi di significato per stare davanti a queste stragi e a ciascuno di noi una ragione per tornare al lavoro lunedì mattina continuando a costruire un mondo all’altezza della nostra umanità, con la certezza della speranza che è in noi».

Per questo oggi ho deciso di pubblicare una ricetta: perché partire dal significato del mio vivere, nonostante sia consapevole che potrebbe capitare anche a me di morire all'improvviso, in un giorno qualunque, per mano di qualcuno che mi odia per il semplice fatto che sono diversa da lui, passa anche da un'effimera zuppa.

lunedì 28 aprile 2014

Pappa col pomodoro alla pratese


"Viva la pappa col pomodoro!", cantava Rita Pavone nei panni di Gian Burrasca quando ero piccola, e io, che di quel discolaccio di Gian Burrasca ero una grandissima fan, ogni volta avevo un moto di repulsione. Il motivo era semplice: non conoscevo la toscanissima Pappa, ma a casa mia si mangiavano ad ogni pasto gli spaghetti col sugo di pomodoro, che personalmente odiavo, ed era a quelli che associavo la canzone.
Li odiavo così tanto che a tutt'oggi a casa mia gli spaghetti entrano con molta difficoltà, e il sugo di pomodoro semplice non lo faccio praticamente mai. Se poi mi trovo fuori casa e mi presentano un piatto di spaghetti col pomodoro li mangio per educazione (e magari mi piacciono anche), ma da qui ad andarmeli a cercare, ce ne passa.

mercoledì 26 febbraio 2014

Crema di foglie e gambi di carciofo (...perché non si butta via niente!!!)


Il cibo è sacro, si sa, e va rispettato. Il rispetto del cibo va di pari passo col rispetto per la vita: mangiare garantisce la sopravvivenza e buttare via qualcosa di commestibile è un insulto alla miseria: non c'è niente che mi faccia vedere rosso più di quelle feste dove gli invitati cominciano a tirarsi addosso il cibo, per gioco.
E' per questo che mentre preparavo lo Strudel dolce di carciofi che ho proposto per l'MTChallenge di febbraio, mi sono immediatamente posta il problema di come utilizzare le foglie di carciofo che stavo togliendo, perché per la ricetta mi servivano solo i cuori del prezioso ortaggio.

La risposta è stata spontanea: ne farò una crema di carciofi... e già che ci sono utilizzerò pure i gambi!
Così ho riempito il lavello di acqua, l'ho acidulata con abbondante aceto bianco e mi sono messa a sfogliare i carciofi, buttando foglie e gambi nell'acqua acidulata.
Poi, mentre i cuori di carciofo cuocevano, ho riempito la seconda vasca del lavello con acqua fresca, pure quella acidulata con aceto bianco, e mi sono messa a strofinare con le mani tutte le foglie di carciofo, specialmente quelle esterne che erano più sporche, per poi passarle alla seconda vasca.
Terminata l'operazione sono passata a pulire i gambi dei carciofi, ho messo tanta acqua in una pentola molto capace e....

Chiedo scusa per le foto: la luce ha virato al blu e la crema sembra grigia; in realtà era di un delicato verde salvia.

venerdì 31 gennaio 2014

Bisque di gamberi al Brandy


Che bella la neve!!!!
Ci regala paesaggi montani incantati, la magia dei boschi innevati, i suoni ovattati mentre cade e il mondo sembra avvolto in trine leggere dai ricami delicati.
E che dire di quelle belle giornate invernali, quando l'aria è frizzante e il paesaggio è bianco di neve?
Adoro la neve.
In montagna.

lunedì 27 gennaio 2014

Zuppa di ceci neri di Pomarico



Inverno, tempo di zuppe, che scaldano il corpo e il cuore.
Quella che propongo oggi è semplicissima e molto gustosa.
L'unica particolarità che ha sta nella varietà dei ceci che ho usato: i ceci neri di Pomarico, un paesino in provincia di Matera.

ZUPPA DI CECI NERI DI POMARICO




lunedì 2 dicembre 2013

Zuppa speziata di fagioli e castagne secche


E' appena terminato un MTChallenge assolutamente memorabile: per la prima volta oggetto della sfida non era una ricetta da reinterpretare, ma un ingrediente: la castagna.
Più di 200 ricette sono state presentate, una più bella dell'altra, tanto che me ne sono salvate moltissime che volevo provare.

Comincio il mio MTC-Redone con una zuppa deliziosa e saporitissima, perfetta per scaldare nelle fredde serata invernali.
L'ha pubblicata l'eclettica Stefania, la Forno Star del gruppo, ma è una ricetta di sua suocera (di cui ho assaggiato la caponata: un sogno!).

Rispetto alla ricetta di Stefania ho fatto qualche piccola variazione, essenzialmente dovuta al metodo di cottura: lei ha usato la pentola a pressione, io una pentola in coccio che uso per le zuppe. Non fraintendetemi: io sono una grande fan della pentola a pressione e se ho fretta la utilizzo senz'altro per preparare le zuppe. Ma avendo tempo, preferisco di gran lunga il borbottio della cuccuma sul fuoco a un fischio che mi ricorda di correre a prendere il treno, e questa volta mi sono presa tutto il tempo necessario.
Stefania accompagna la sua zuppa con degli gnocchi di castagne che devono essere sublimi; io ho gustato la zuppa così, nature, e l'ho trovata fantastica.

Questa zuppa guadagna in gusto con il riposo: se avete la pazienza di aspettare 24 ore prima di gustarla, non ve ne pentirete. J


lunedì 25 novembre 2013

Potage di castagne


Siena, novembre 1853.
Siamo nella casa dei proprietari del castagneto e dell'uliveto dove lavora Antonio, il marito di Maria.
Nell'enorme cucina lavora Lena, sorella di Maria, in qualità di Aiuto Cuoca.
Lena è lì da tanti anni e si trova bene. Ha cominciato come sguattera di cucina, e la sua diligenza unita a una incontenibile allegria le ha subito guadagnato le simpatie di tutti. Ben presto la Cuoca le ha affidato la preparazione dei pasti della servitù, che le toglievano tempo, vedendo che Lena è brava ed economa, non spreca nulla ma sa tirare fuori dei pranzi gustosi e sostanziosi da quello che c'è a disposizione. La Cuoca può quindi dedicarsi tranquillamente a preparare i pasti dei signori, che richiedono tempo e concentrazione.

Particolarmente apprezzata dalla servitù in inverno è la zuppa di castagne di Lena, una zuppa robusta ed energetica che sostiene fino a sera. Una sera a cena Lena, rossa in volto per i complimenti, confessa che vorrebbe fare assaggiare la zuppa di castagne anche ai signori, perché per lei è un piatto da re. La fragorosa risata di tutta la servitù la coglie in contropiede. "Zuppa di castagne ai signori? Non sono mica dei bifolchi!" le viene detto tra scoppi di risa. Lena ci rimane male, ma non si arrende: lei è perfettamente convinta che le castagne siano adatte anche a una cena raffinata.

La prende in simpatia il Maggiordomo, che scorgendo la delusione sul suo volto e già colpito dai deliziosi pasti che Lena prepara a tutti loro ogni giorno, la incoraggia e le spiega come deve essere una zuppa da presentare ai piani alti. "Non devi pensare alla zuppa densa e sostanziosa che mangiamo noi: per noi questo è il piatto principale, per i signori è una portata destinata ad aprire lo stomaco e non deve quindi saziare. Deve essere molto liquida perciò, e dal sapore delicato e complesso."

Lena non ci aveva pensato. Da quel giorno osserva attentamente la Cuoca mentre questa prepara i pasti per i piani alti, specialmente quando ci sono ospiti. Ha ragione il maggiordomo: la Cuoca chiama la zuppa Potage, e la fa talmente liquida che Lena pensa che non arriverebbe fino a sera, con quell'acquetta nello stomaco. Qualche piccolo assaggio di qua e di là la convince però della bontà dei potage, e così inizia i suoi esperimenti, con la complicità del Maggiordomo che si presta agli assaggi e le dà ottimi consigli. Ad esempio lei mai avrebbe messo un liquore all'amaretto nella zuppa, nemmeno sapeva cosa fosse, quando abitava a Piancastagnaio! Eppure quel delizioso sapore di mandorla amara si sposa a meraviglia con le castagne. E poi il Maggiordomo le ha consigliato di sostituire l'acqua con brodo di pollo, più sostanzioso.

Piano piano Lena mette a punto la sua ricetta, e un giorno decide di prepararne un assaggio per la servitù, giusto per sentire il loro parere. Certo, preparerà anche altro perché devono tutti lavorare sodo fino a sera, ma vorrebbe il parere di più persone.
Solo che quella mattina all'improvviso la Cuoca viene chiamata al capezzale di una zia, gravemente malata. Lena la deve sostituire e si dedica al pranzo dei piani alti, quindi niente zuppa di castagne per la servitù, quest'oggi: un bel piatto di spaghetti al pomodoro riempirà gli stomaci. E poi nel pomeriggio, una notizia che inizialmente la costerna: la signora scende in cucina per ordinare una cena più raffinata perché sono arrivati ospiti improvvisi. "E mi raccomando Lena, prepari un buon potage!". Lena è elettrizzata. Il potage è già pronto, occorre solo scaldarlo. Le viene improvvisamente l'idea di aggiungervi un po' di panna, per dare consistenza al tutto e amalgamare i sapori. Poi si dedica alle altre portate.

Quella sera a cena riesce a malapena a mangiare, nonostante sia stanchissima. Non vuole ammetterlo neppure con se stessa, ma ha paura che la sua zuppa, pardon, potage di castagne non venga apprezzata. Il valletto torna in cucina con le ciotole sporche e perfettamente vuote, e le chiede il secondo. Nulla trapela dal suo aspetto, del resto lui ignora che quel potage è un esperimento che Lena ha azzardato, e che potrebbe costarle il lavoro.

Subito dopo aver servito il caffè, il Maggiordomo torna negli appartamenti della servitù e subito si avvicina a Lena: "Ma che potage hai preparato? La Signora ha giurato di non aver mai assaggiato nulla di simile prima d'ora!" Lena impallidisce e si prepara a ricevere una solenne lavata di capo; spera solo che la signora non la licenzi, magari si accontenterà di retrocederla al rango di sguattera. Poi alza gli occhi e vede che il Maggiordomo ha un sorriso da un orecchio all'altro: "La Contessa si è complimentata con la Signora sull'abilità della Cuoca, che ha messo in tavola un potage così delizioso con un preavviso così scarso. Le ha detto che la invidiava perché è chiaro che in questa casa si mangia benissimo tutti i giorni."

sabato 16 novembre 2013

Pappa alle castagne


Sono molto presa ultimamente e si può dire che il mio blog va avanti grazie all'MTChallenge, visto che non cucino quasi per niente altro. Da un lato mi dispiace che la mia vena creativo-culinaria si debba esaurire con le sfide che si succedono di mese in mese, ma dall'altro lato devo dire che tali sfide sono così appassionanti e impegnative da assorbire veramente tante energie.

Questo mese l'impegno sale alle stelle: la sfida infatti non è su una ricetta da reinterpretare, ma su un ingrediente: la castagna. Serena di Pici e Castagne infatti ci ha introdotti con un post commovente alla sua Piancastagnaio nel pieno dell'atmosfera invernale, con l'aria pungente profumata di bosco e la legna che arde nel camino.
Per me è più facile reinterpretare una ricetta che inventarne una a partire da un ingrediente, ma proprio per questo la sfida novembrina è ancora più appassionante, tanto più che l'uso della castagna va inquadrato nell'ambito della cucina povera, di cui questo umile ma squisito ingrediente è stato una colonna portante nella sussistenza degli strati più poveri della popolazione, nei secoli passati.

E castagna sia! Mi son detta dopo aver letto il tema della sfida, e quasi senza che me ne rendessi conto il mio cervello ha cominciato a rimuginare la cosa.
Alla sera tornata a casa mi sono messa a buttare giù idee, facendo un brain storming con me stessa. Poi ho cominciato a limare la lista, a pensare più attentamente agli ingredienti da usare per ogni ricetta, ma... ma c'era sempre qualcosa che non mi convinceva.
Ci ho dormito su e il mattino dopo, EUREKA!!!! E' arrivata la prima idea.
Uno dei miei piatti preferiti della cucina povera toscana è la pappa al pomodoro. Perché non provare a preparare una pappa alle castagne?
Più ci pensavo e più l'idea mi piaceva. Occorreva solo perfezionare gli ultimi dettagli, come ad esempio il tipo di castagne da utilizzare. Dopo attenta riflessione e dopo aver pelato un chilo e mezzo di castagne fresche ho deciso che per una pappa alle castagne era molto meglio usare quelle secche e così ho fatto.
Poi ci voleva il pane toscano, ma quello era il minore dei problemi: bastava prepararlo; e poi... e poi ancora un po' di sapore, regalato dai funghi e dalle erbe aromatiche.

Per farla breve, vi presento la prima ricetta che ho ideato per la sfida di questo mese:

giovedì 28 marzo 2013

Fideuà-Bouillabaisse per l'MTC di marzo!


La mia seconda e ultima proposta per l'MTC di questo mese è un'interpretazione mediterranea, la cui ispirazione viene da un Paese limitrofo alla Spagna. 
Lo splendido post di Mai, straordinaria vincitrice della scorsa edizione dell'Emmeti Challenge, mi ha fatto venire in mente infatti la Bouillabaisse francese, una zuppa nata per
utilizzare il pescato del giorno rimasto invenduto in un'epoca in cui i congelatori a bordo dei pescherecci non erano neppure immaginabili.
Un'altra cosa che accomuna questi due piatti peraltro diversissimi - la Fideuà non è brodosa, mentre la Bouillabaisse è una zuppa di pesce a tutti gli effetti - è il fatto che entrambi vanno accompagnati obbligatoriamente da una salsa, che nel caso della Bouillabaisse è la salsa rouille.
Ho così pensato di unire i due procedimenti e di preparare una Fideuà i cui spaghettini vengono cotti nel brodo della Bouillabaisse, e condita con il pesce della zuppa.

La salsa rouille (che significa ruggine, per via del suo colore) è tecnicamente una salsa aioli con l'aggiunta di paprika dolce. Ne esistono però anche delle versioni più rustiche che vedono l'impiego della patata lessa o addirittura di una fetta di pane raffermo ammollata nel brodo, ed è proprio quest'ultima versione che ho preparato io, pensando che in un peschereccio dell'800 niente era più facile che trovare del pane raffermo, che bisognava pure utilizzare in qualche modo.

Vi presento quindi la mia

mercoledì 23 gennaio 2013

Saxe-Coburg Soup - Zuppa di Sassonia-Coburgo per lo Starbooks


Questo libro mi sta piacendo sempre più e la sua giovane autrice è sicuramente da tener d'occhio: mai avrei pensato che una crema di cavoletti di Bruxelles potesse avere una tale complessità di gusto ed essere così deliziosa. Tutto merito dello sherry (lei non specifica
quale, io ho interpretato come sherry secco), che esalta la dolcezza del cavoletto di Bruxelles e gli regala un retrogusto aromatico delizioso. Mi lasciava un po' perplessa il cucchiaio di zucchero, ma anche quello è azzeccato. 


Ancora una volta quindi mi trovo a ringraziare Alessandra per avere insistito nel farci testare proprio questo libro: li acquistiamo sempre a scatola chiusa, seguendo l'impressione che ci fanno copertina, presentazione, etc., consapevoli del fatto che corriamo il rischio di prendere delle gran ciofeche, come qualunque ignaro acquirente di libri (e non solo di cucina). 
Ci è già capitato in passato e capiterà ancora in futuro, ma lo Starbooks - progetto ideato da Alessandra Gennaro - è proprio questo: siamo delle lettrici qualunque, seguiamo il criterio di acquisto di tutti, solo che poi proviamo le ricette seguendole pedissequamente e scrivendo sui nostri blog le nostre impressioni. 
Guidiamo i vostri acquisti insomma, e personalmente mi sento di consigliare questo libro a chiunque sia alla ricerca di una cucina raffinata e a tratti insolita, sicuramente mai banale e scontata.

Prima di passare alla mia ricetta però, vi invito a dare un'occhiata alle ricette testate dalle altre Starbookers: avranno avuto anche loro la mia stessa impressione? A loro la sentenza...

Daniela - Menù Turistico: Eccles Cakes
Roberta - Le Chat Egoiste: Crisp Chestnut Soup
Stefania - Araba Felice in Cucina: Sweet Brown Sugar Shortbread
Patrizia - Andante Con Gusto: Mrs Bates's Chicken and Mushroom Pie
Cristina - Vissi d'Arte e di Cucina: Patate con caviale e crème fraîche
Alessandra - Ale Only Kitchen: Biscotti Digestive al cioccolato
Emanuela - Arricciaspiccia: Traditional Bakewell Tart

lunedì 10 settembre 2012

Cous Cous trapanese per Cinegustologia!


La commedia è servita è il titolo del bellissimo contest della Patty, che consiste essenzialmente nella libera associazione tra un film e un piatto. La prima volta che ho letto di che si trattava e il regolamento, confesso di essermi spaventata: apprezzo i buoni film come tutti, ma non posso certo definirmi un'appassionata o un'intenditrice. Poi ho

lunedì 6 febbraio 2012

CREMA DI CAVOLO ROMANESCO CON LE COZZE


Driving lesson number two: turn on the ignition key.
Proseguono le mie avventure con la mia nuLova macchina usata: sono così abituata al mio vecchio catorcio atecnologico che in questi giorni mi sembra di guidare la macchina di Diabolik. Una volta aperta la portiera con la chiave (ché facevo confusione tra i pulsanti e ogni volta premevo quello che azionava l'allarme), ho avuto una seconda prova da affrontare: accendere l'auto.
Accendere l'auto è semplicissimo: si inserisce la chiave nell'apposita serratura, la si gira e il motore si accende. 
In teoria.
Salgo quindi sull'auto e giro la chiave. Immediatamente parte l'autoradio a tutto volume, ma il motore non si accende. Cerco freneticamente di abbassare il volume, ma tutto quello che ottengo è cambiare stazione radio: il livello assordante di decibel rimane invariato. Spengo l'auto, tiro un grosso respiro e ci riprovo: inserisco la chiave, la giro, il quadro dei comandi s'illumina tutto, l'autoradio parte a tutto volume alla stessa stazione della prima volta ma il motore non parte. 
Mi accorgo che sulla chiave c'è una sorta di pulsante: che debba schiacciare quello mentre accendo? Riprovo, ma il risultato non cambia. Alla fine mi rassegno all'umiliazione suprema: tiro fuori il libretto delle istruzioni e cerco il capitolo "accensione dell'automobile". Inutile dire che il capitolo si limita a dire di introdurre la chiave e girare. Nessun accenno a pulsanti e bottoni, si direbbe che sia un'auto come tutte le altre.
Sentendomi una perfetta idiota faccio un altro tentativo, con i medesimi risultati. Sto cominciando a irritarmi e in un moto d'impazienza giro la chiave con maggior forza di prima. Miracolo!!! Il motore si accende. Si trattava solo di girare un pochino di più, quel pochino di più che prima non avevo osato fare perché mi sembrava di forzarla eccessivamente. 
Annamo bbene... :-D  E adesso mi domando, come caspita si farà ad abbassare il volume dell'autoradio?

[to be continued]

sabato 28 gennaio 2012

Zuppa di cicerchie e piselli secchi


Ultima puntata di noi (St)renne fondatrici, che prelude alla settimana in cui pubblicheranno le nostre (St)renne per un mese, le blogger cioè che hanno vinto la tornata novembrina del

venerdì 20 gennaio 2012

Jota Triestina


Avevo già accennato, mi pare, al fatto che la mia auto non è propriamente uno degli ultimi modelli usciti sul mercato. Il fatto è che nella top ten delle mie attività preferite la guida non figura proprio. Per essere più precisi, si trova all'ultimo posto della top 1000
di conseguenza dell'auto non me ne è mai importato un granché. La mia definizione di automobile è "veicolo con 4 ruote e un motore, per condurre il quale occorre avere la patente" ed eccezion fatta per le prime due macchine, ho sempre riconosciuto i miei automezzi dalla targa (con qualche brutta figura seminata qui e là). Ho sempre posseduto auto di seconda mano e le ho sempre tirate fino all'ultimo rantolo, quando erano pronte per spirare tra le braccia del demolitore. 

Anche il Catorcino, come lo chiamavo affettuosamente (o Vecchio Catorcio, come lo chiamava il Dolce Principe), ha seguito la stessa sorte dei suoi predecessori. L'inizio della fine è cominciato quando l'autoradio ha smesso di funzionare. Un annetto dopo anche la chiusura centralizzata ha cominciato a fare le bizze: ogni volta che pioveva si azionava automaticamente, aprendo e chiudendo freneticamente le portiere fino a quando la batteria non si scaricava, motivo per cui ho dovuto farla disabilitare dall'elettrauto. Il Catorcino si è vendicato dell'affronto chiudendo risolutamente le portiere posteriori, così che per aprirle occorreva fare leva dall'interno passando per lo sportello anteriore e nel contempo premere la maniglia e tirare dall'esterno. Dopo qualche anno di questo maneggio, il Catorcino ha trovato il modo di tenere saldamente chiuse le portiere posteriori, senza possibilità alcuna di aprirle e a quel punto è entrata in campo la grande capacità di contorsionismo della Pulcetta, che ogni volta che la portavo in giro si arrampicava tra i due sedili anteriori prima di arrivare a quello posteriore. Abbiamo continuato così ancora per qualche anno, fino a quando un paio di mesi fa il finestrino dal lato del guidatore, comandato elettricamente, non ha rifiutato di aprirsi. Restava solo il finestrino del lato passeggero e mi stavo giusto chiedendo quanto tempo sarebbe passato prima che entrasse in sciopero pure quello, quando mi è capitata l'imperdibile occasione di acquistare un'auto usata in ottime condizioni a un buon prezzo. L'acquisto ha segnato la fine del Catorcino, che ho portato a rottamare con non poco rimpianto e mezzo serbatoio di benzina che non sono riuscita a recuperare.  
Ma il più dispiaciuto di tutti nell'apprendere della rottamazione del Catorcino è stato lui, il Dolce Principe: "Zia, ma hai comperato una macchina nuova? Che peccato, adesso non ti posso prendere più in giro sul tuo Vecchio Catorcio!
Non preoccuparti amore, sono certa che troverai altri spunti...

Ma basta con i discorsi tristi: parliamo della ricetta di oggi, che fa parte del nuovo progetto delle (St)renne legato alle zuppe della tradizione. Nel corso della settimana siete già passati da Ale e Dani, Annalù e Fabio, Stefania e Flavia
Oggi tocca a me proporre una zuppa, e questa è proprio speciale. La ricetta è di Giorgio e Valeria, la coppia più simpatica e fuori di testa dell'MTChallenge, e io ho avuto l'immenso piacere di gustarla, preparata dalle loro abili mani, un paio di anni fa. E' una minestra robusta, fatta apposta per contrastare il gelo polare di questi giorni, e l'ho gustata con immenso piacere. E' più buona il giorno dopo e l'ideale per prepararla sono i fagioli borlotti di Lamon, che hanno la caratteristica di rimanere perfettamente integri anche dopo ore e ore di cottura. Se però non trovate i preziosi legumi, o se il loro prezzo è un po' fuori dalla portata delle vostre tasche (io ho trovato una confezione da 300 g a € 4,50), sostituiteli con dei fagioli borlotti normali.
Essenziale alla preparazione è la carne affumicata di maiale, stinchetto o costine. Se non trovate questa lasciate perdere e non cedete alla tentazione di sostituirla con lo speck, che perde tutto il suo sapore in cottura.

venerdì 13 gennaio 2012

Gerstsuppe - Zuppa d'orzo e verdure


Che non sia la solita zuppa, l'avete già capito: a poco più di un anno dalla fondazione del gruppo, le (St)renne si sono già connotate come un gruppo di blogger sicuramente matte, ma con gli zoccoli saldamente ancorati a terra e se lo scorso anno in questo periodo vi
abbiamo proposto una serie di ricette per smaltire gli avanzi della tavola delle Feste, quest'anno vi proponiamo una raccolta di ricette di zuppe fumanti.
Niente minestrine light che facciano pensare a tristi diete post-bagordi, ma Mine-(ST)renne attinte dalla nostra tradizione culinaria, zuppe spesse e corpose, corroboranti al punto giusto e che scaldino il cuore, oltre al corpo. Zuppe antifreddo che scacciano la malinconia e che fanno pensare ai tempi andati, quando nel pentolone di rame sospeso sul camino sobbolliva una robusta minestra profumata.

Avete già gustato il minestrone alla genovese di Alessandra, la pasta, patate e provola di Annalù, la Ciorba di Stefania e il Ricucùricò di Flavia; oggi tocca a me proporre una ricetta altoatesina che amo particolarmente, perché riunisce ingredienti semplici e saporiti e mi ricorda le cene dopo una intensa giornata trascorsa sulla neve.
E non dimenticate che se per le prime tre settimane postiamo noi, la quarta settimana è dedicata alle (St)renne per un mese, che hanno vinto la seconda tornata del contest di Stefania sulle (St)renne gluten-free: si avvicenderanno quindi Greta, Eleonora, Loredana, Simonetta e Mai (non necessariamente in quest'ordine ^_^) con le loro proposte.
Volete partecipare anche voi alla prossima raccolta delle (St)renne, condividendo il nostro backstage e concorrendo all'estrazione di un week-end per due persone in un agriturismo in Sicilia? Correte da Stefania per saperne di più e... in bocca al lupo!