Sono ancora sconvolta dai fatti di Parigi di venerdì scorso; proprio quella mattina scrivevo sul mio profilo FB che alla radice di ogni forma di violenza c'è la non accettazione della diversità dell'altro e il cercare di schiacciarlo, appiattirlo, omologarlo, ridurlo alla propria misura.
Ed ecco che quella sera è scoppiata la follia a Parigi, e un manipolo di fanatici ha messo la città a ferro e fuoco uccidendo più di 200 persone innocenti e ferendone altrettante: perché la violenza, portata alle estreme conseguenze, distrugge chi è irriducibilmente diverso.
Le uniche parole adeguate a quanto è accaduto, di fronte all'evidenza che una cosa del genere potrebbe accadere anche a me, che prendo la metropolitana tutti i giorni per andare al lavoro, sono state quelle di Julian Carròn: «Davanti ai nostri occhi c’è un’evidenza: la vita di ciascuno è appesa a un filo, potendo essere uccisi in qualsiasi momento e ovunque, al ristorante, allo stadio o durante un concerto. La possibilità di una morte violenta e feroce è divenuta una realtà anche nelle nostre città. Per questo i fatti di Parigi ci mettono davanti alla domanda decisiva: perché vale la pena vivere? È una provocazione che nessuno di noi può evitare. Cercare una risposta adeguata alla domanda sul significato della nostra vita è l’unico antidoto alla paura che ci assale guardando la televisione in queste ore, è il fondamento che nessun terrore può distruggere.
Chiediamo al Signore di poter affrontare questa terribile sfida con gli stessi sentimenti di Cristo che non si lasciò vincere dalla paura: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia” (I Pt 2,23). Con questa Presenza negli occhi potremo guardare perfino la morte, a cominciare da quella di coloro che hanno perso la vita a Parigi, offrire ai nostri figli un’ipotesi di significato per stare davanti a queste stragi e a ciascuno di noi una ragione per tornare al lavoro lunedì mattina continuando a costruire un mondo all’altezza della nostra umanità, con la certezza della speranza che è in noi».
Per questo oggi ho deciso di pubblicare una ricetta: perché partire dal significato del mio vivere, nonostante sia consapevole che potrebbe capitare anche a me di morire all'improvviso, in un giorno qualunque, per mano di qualcuno che mi odia per il semplice fatto che sono diversa da lui, passa anche da un'effimera zuppa.
Zuppa di indivia belga caramellata e Gorgonzola piccante con complemento invernale
Da: Paul Gayler – Great Homemade Soups, a Cook's Collection – Jacqui Small
Per 4 persone:
450 g di indivia belga
25 g di burro
1 cipolla tritata grossolanamente
1 cucchiaio di light brown sugar*
1/2 cucchiaino di foglie di timo fresco (o un pizzichino di foglie di timo secco)
750 ml di fondo bianco di pollo (vedere sotto)
100 ml di latte intero
100 ml di doppia panna (io ho usato panna fresca da montare)
75 g di Gorgonzola piccante (la ricetta originale richiede il Crozier Blue, un erborinato fatto con latte di pecora)
Succo di 1/4 di limone
Sale marino integrale
Pepe nero
* Light Brown Sugar: può essere fatto in casa, seguendo la ricetta di Laurel Evans, mischiando 200 g di zucchero bianco e 10-15 g di melassa calda (il Brown Sugar ne prevede 20 g, quindi diminuendone le dosi si ottiene il Light Brown Sugar e aumentandole il Dark Brown Sugar).
Per guarnire:
75 g di riso selvaggio (non l'ho trovato e l'ho sostituito con riso rosso della Camargue)
1 mela Granny Smith
75 g di nocciole tostate, tagliate a lamelle (io le ho tritate)
50 g di uvetta fatta rinvenire in acqua calda e scolata
2 cucchiai di erba cipollina tritata
Succo di 1/2 limone
1 pizzico di cannella in polvere (mi raccomando, solo un pizzico!!!)
Per il fondo bianco di pollo (3 l circa):
2 kg di carcasse di pollo (oppure un misto di cosce e ali di pollo)
5 l di acqua fredda
2 cipolle tritate grossolanamente
2 gambi di sedano tritati grossolanamente
2 grosse carote tritate grossolanamente
1 porro mondato e tritato grossolanamente
1 cucchiaino di grani di pepe nero
1 foglia di alloro
1 bouquet garni (gambi di prezzemolo, rametti di timo, foglia di alloro, avvolti in una foglia di porro – parte verde)
Il giorno prima preparare il fondo bianco di pollo: mettere le carcasse di pollo in una pentola capiente (io ho una pentola da brodo della capacità di 10 l e uso quella, mi ci vuole tutta!), versarci sopra l’acqua fredda e portare lentamente a ebollizione, schiumando ogni tanto per eliminare le impurità che salgono in superficie.
Unire i restanti ingredienti, abbassare la fiamma e far sobbollire per 4 ore.
Togliere dal fuoco, filtrare attraverso uno scolapasta rivestito di mussola, poi metterlo in frigo fino al momento dell’uso. Se fosse affiorato e si fosse solidificato del grasso in superficie, eliminarlo.
Il brodo non va mai salato: serve infatti a completare le pietanze e non deve alterarne l’equilibrio salino. Può essere porzionato e congelato per usi futuri e in questo caso va usato entro 3 mesi. Fresco, deve essere usato entro 3 giorni dalla sua preparazione.
Il giorno dopo mettere sul fuoco una pentola con mezzo litro d’acqua e al bollore salare e buttarci il riso. Abbassare la fiamma e cuocere per 45 minuti (o per il tempo indicato sulla confezione). Scolare e tenere da parte.
Tritare finemente l’indivia belga, scaldare una padella e mettervi il burro, la cipolla, il light brown sugar e l’indivia lavata e tagliata a listarelle. Cuocere a fuoco medio-alto per 8 minuti mescolando spesso, per caramellare leggermente la verdura. Aggiungere il timo e cuocere per un altro minuto.
Versare il brodo di pollo e il latte, alzare la fiamma e portare a ebollizione. Abbassare la fiamma e far sobbollire per 20 minuti. Frullare quindi il tutto con un frullatore a immersione, ottenendo un composto liscio. Passarlo attraverso un colino a maglie fitte e rimetterlo in una pentola pulita; portare a ebollizione, aggiungere la panna e il Gorgonzola tagliato a dadini e mescolare finché non si sia sciolto. Spruzzare il succo di limone, salare e pepare.
Nel frattempo completare la guarnizione: sbucciare la mela e togliere il torsolo, quindi ridurla a dadini. Metterli nella ciotola con il riso e gli altri ingredienti, mescolare bene e salare e pepare a piacere.
Suddividere la zuppa tra 4 piatti, completare con la guarnizione e servire immediatamente.
Note della Apple Pie:
Nell'introduzione del libro, Paul Gayler dice una cosa molto importante sulla preparazione dei fondi: molti considerano il brodo come una sorta di svuota frigo e ci mettono ingredienti che erano in frigo da tempo. La qualità di un brodo invece – e quindi la perfetta riuscita di una zuppa – dipende dalla qualità e dalla freschezza degli ingredienti usati. Secondo la sua espressione, se mettete nel brodo spazzatura, otterrete spazzatura!
Una volta preparato il brodo, la preparazione di questa zuppa è facile e veloce: nel giro di 40 minuti è in tavola.
Il timo deve essere fresco; se lo si trova solo secco, calcolare 1/3 della quantità perché l'aroma è più concentrato.
Confesso che l'unione di tanti sapori diversi - verdura amarognola, formaggio erborinato, succo di limone, cannella, uvetta, mela verde - aveva suscitato in me qualche perplessità. Mi sono però voluta fidare dello Chef e sono rimasta estasiata dal perfetto e sorprendente equilibrio di sapori e consistenze. Delicata, gustosa, leggera e nutriente, è perfetta per aprire un pranzo elegante, ma è anche adatta a una cena in famiglia, specialmente quando si sente il bisogno di coccolarsi. Anche la cannella, elemento che più di tutti gli altri mi faceva temere per il risultato finale, è risultata un tocco da maestro.
La zuppa è morbida, cremosa e setosa; il riso integrale è consistente; la mela e la nocciola sono croccanti, l'uvetta è morbida e dolce. Il succo di limone contribuisce con la sua acidità a pulire la bocca dal grasso della panna. Il piatto che risulta dall'unione di tutti questi elementi, è una delle zuppe più buone e raffinate che abbia mai mangiato.
Buon lunedì a tutti.
Certo che vale la pena vivere, cara Mapi è la nostra anima che lo "pretende" per spingerci a riconoscerla al di là del corpo, dei pensieri, delle emozioni... siamo molto di più di tutto ciò e ogni esperienza vissuta dovrebbe servire a "risvegliarci" da questa illusione. Pensare di comprenderlo in una sola vita è un po' limitante e tanti aspetti si riescono a riconoscere solo allargando lo spazio temporale in più vite, in moltissime vite vissute con il solo compito di aiutarci a mettere in pratica: "Ama il prossimo tuo come te stesso" e finché non ci riusciremo continueremo a nascere e morire... questo è quanto ho compreso fino ad ora guardandomi dentro e "leggendo" la mia anima, ovviamente non ho la presunzione di sapere il perché della sofferenza altrui ma sto comprendendo il perché delle mie sofferenze e cara Mapi ogni volta che ne divento consapevole quella esperienza dolorosa si trasforma in compassione...
RispondiEliminaDetto ciò posso solo aggiungere che la mia anima sta già apprezzando molto questa zuppa nel solo leggerla, chissà quanto gongolerebbe nell'assaggiarla... grazie Mapi la mia anima ringrazia la tua anima <3
Anime gemelle. <3
EliminaGrazie di cuore. :-)
Complimenti per avere scelto di pubblicare, perché questa ricetta è un inno alla vita, intesa come passioni e cura che ci fanno vivere... pazienza per chi non lo capisce. Il testo che hai scelto non mi rappresenta molto, ma sono d'accordo senza riserve sulla decisione di dare appunto, un cenno di vita, sola barriera possibile aux "artisans du néant".
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