mercoledì 31 gennaio 2018

Stufato alla Sangiovannese per il Calendario del Cibo Italiano


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale dello Stufato, e io partecipo riproponendo una ricetta che è diventata un classico a casa mia, in questo periodo: lo stufato del Castel San Giovanni, o alla Sangiovannese.

Poco conosciuto al di fuori dell’area geografica in cui è nato, lo stufato alla Sangiovannese è un piatto antico e ricco di storia. La ricetta è oggi regolata da un disciplinare e tutelata da un marchio, nonché protagonista di un apposito Palio che si svolge in gennaio, la ricetta si tramanda di padre in figlio da secoli: tradizionalmente infatti sono gli uomini a prepararlo.

Le origini del piatto sono incerte: alcuni le fanno risalire alla grazia ottenuto da Monna Tancia nel 1478: a 75 anni aveva perso per la peste il figlio e la nuora e non sapeva come nutrire il nipotino Lorenzo di 3 mesi. Supplicò la Madonna raffigurata nell’effigie posta all’esterno della Porta del castello, detta Madonna di San Lorenzo, ed ebbe la grazia: dai suoi seni avvizziti sgorgò il latte, che le consentì di nutrire il nipotino. In seguito al miracolo, in città accorsero numerosi pellegrini (pare che Lorenzo De' Medici fosse tra essi): come sfamarli? In paese fu marinata a secco con spezie e aromi una grande quantità di carne ormai eccessivamente frollata, dando vita al piatto.

Probabilmente però il contributo fondamentale alla ricetta fu dato, nella seconda metà dell’Ottocento, dall’arrivo in paese di operai provenienti dall’Europa centrale, impiegati alla Ferriera: costoro avrebbero fatto conoscere la ricetta del gulasch, adattandola al gusto locale e usando abbondanti spezie per mascherarne l’eccessiva frollatura.

Quali che siano le origini della ricetta, una cosa è certa: la composizione del drogo, la miscela di spezie usata per prepararlo, è segreta. Con tutta probabilità ogni famiglia ha la sua; se capitate a San Giovanni Valdarno, magari in occasione del Palio dello Stufato che si tiene tutt’oggi nella Basilica di Santa Maria delle Grazie (che sorge proprio dove si trovava l'immagine miracolosa), potete acquistarla in una delle numerose drogherie della città.

Cercando in rete ho trovato la ricetta scritta in rima, a cura degli Uffizi dell’Industria e del Vicariato di San Giovanni Valdarno:


STUFATO DEL CASTEL SAN GIOVANNI

Nello tempo ch’è detto carnevale
alla Basilica, nelle grandi sale,
si riunivano in tempi ormai lontani
per far doni alla chiesa, i parrocchiani.
Racconta una leggenda che una donna,
per onorare meglio la Madonna
fece uno piatto forte e assai drogato
che battezzò col nome di Stufato.
Questa ricetta tanto decantata
da padre in figlio è stata tramandata
e per la gioia di ogni buon palato,
è giunta a noi in original formato.
Se questo piatto buono tu vuoi fare
questi son gli ingredienti da adoprare:
muscolo libbre tre, tagliato a modo
e di osso e zampa a parte, fai del brodo.
Tanto prezzemolo e di cipolle una
fai un bel battuto con la mezzaluna,
vino, olio di oliva, un’impepata,
spezie, garofano e alfin noce moscata.
Indi di coccio un tegam devi pigliare,
ci versi l’olio ma senza esagerare;
perché riesca bene, se ti preme,
metti la carne col battuto insieme.
Allor che tutto principia a rosolare
non ti stancare mai di razzolare,
quando il colore ha preso marroncino,
metti le droghe e un bel bicchier di vino.
Appena il vino s’è tutto consumato
aggiungi il pomodoro concentrato
a questo punto puoi abbassare il fuoco:
cuoci aggiungendo il brodo, poco a poco.
Questo piatto che viene da lontano
saprà ridarti quel rapporto umano
e far capire anche al più somaro
che il tempo è vita e che non è denaro.


Io l'ho reinterpretata così:

lunedì 29 gennaio 2018

Torta al cioccolato e nocciole



Hai voglia a preferire di cucinare i salati: quando vai fuori, quello che ti chiedono è sempre un dolce. Questo dolce è nato nella mia cucina quasi per caso, ma è subito entrato nella hit parade di famiglia: ogni volta che mia madre ha ospiti, mi chiede di prepararlo.
Questa volta era destinato a un pranzo con dei cugini: telefonata di rito per decidere il menù, poi mia madre mi ha chiesto due cose: la ratatouille (in barba alla stagionalità 😄) e questa torta. La scusa ovviamente (per la torta, non per la ratatouille) era che è facilissima da fare e abbastanza veloce, un classico della filosofia del "minimo sforzo per un massimo risultato".

Ovviamente quando dico che la ricetta è nata nella mia cucina quasi per caso, non intendo dire che l'ho inventata io: la chiarissima ispirazione è la Chocolate Pistachio Cake dell'inossidabile Nigella Lawson. Semplicemente, avevo terminato la farina di pistacchi ma avevo bisogno di smaltire della farina di nocciole. Mi sono limitata a sostituire la frutta secca che è alla base della ricetta, e per aromatizzare la glassa ho usato del caffè solubile al posto dell'acqua di fiori d'arancio. Tutto qui. Il risultato è a mio avviso meno raffinato dell'originale nigelliano, ma l'abbinamento cioccolato-nocciole-caffè è sempre valido, e in questa tenerina è esaltato al massimo.

Il pranzo che ha originato questo ennesimo rifacimento alla fine  è andato in fumo: il marito della cugina si è purtroppo ammalato, ma io la torta l'avevo già fatta. Saputolo, mia madre mi ha prima timidamente chiesto che cosa ne avrei fatto, e quando ho risposto che l'avrei consumata pian pianino a colazione in settimana (colossale bugia: con tutta probabilità l'avrei terminata tutta entro mercoledì, in barba alla dieta e ad ogni altra considerazione razionale sull'eccesso di grassi e zuccheri) mi ha chiesto di portarne un pezzo da loro. Cosa che, sia chiaro, avrei fatto a cuor leggero se non fosse per il fatto che mio padre è diabetico e, manco a dirlo, golosissimo di dolci, specie se al cioccolato.
Poi ha preso il coraggio a due mani, e: "Sai, ho parlato alla Leda di questo dolce: le ho detto 'la Mapi fa una torta così buona che non si può smettere di mangiarla, la prossima volta che la fa te ne porto un pezzo'. Però non portarla tutta, no, tienine un po' per te.".
Infine, la stoccata finale: "Il lunedì vado sempre dalla Sofia (una carissima amica gravemente malata) e porto qualcosa da mangiare per lei ed Antonio: farò una teglia di lasagne apposta per loro, e magari potrei portare anche un po' di questo dolce...".

Insomma, avete capito come è andata a finire. 😂
Se non altro però, il fatto che il dolce potesse essere presentato anche smembrato mi ha consentito di fotografarlo. La ricetta è essenzialmente quella di Nigella, ho solo modificato leggermente il procedimento. Però siete avvertiti: una volta che la presenterete, non avrete scampo: vi chiederanno sempre e solo questa.

domenica 21 gennaio 2018

LASAGNE AL CAVOLFIORE CON BESCIAMELLA ALLA BOTTARGA


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale delle Crucifere (o Brassicacee), verdure che mi piacciono moltissimo e che cucino molto spesso, praticamente in tutte le salse.
Il nome Crucifere deriva dalle infiorescenze, che presentano quattro petali disposti a croce. Fanno parte di quest'ampia famiglia il crescione, i ravanelli, la rucola, la senape e tutti i cavoli, che sono i più ricchi di proprietà nutritive. Tutti i cavoli infatti sono particolarmente ricchi di micronutrienti che aiutano a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi, e contengono in quantità elevate sali minerali, vitamina C, potassio, vitamina K e fibre. Sono utili per rafforzare il sistema immunitario e prevenire alcuni tipi di tumore, e hanno forti proprietà anti infiammatorie. Anche chi è affetto da patologie della tiroide potrà trarre giovamento da una dieta che preveda abbondanti quantità di cavolo,  mentre potassio, vitamina K e lignami (di cui i broccoli sono particolarmente ricchi) stimolano l'attività cerebrale. (Fonte: ideegreen.it)

Oltre a tutte queste proprietà benefiche, le crucifere sono davvero molto buone e se l'odore sulfureo che emanano in cottura risulta sgradevole, il loro sapore compensa ampiamente questo svantaggio. Io le consumo in abbondanza specialmente in inverno, quando se ne trovano diverse varietà.

La ricetta che vi propongo oggi è una lasagna realizzata con il cavolfiore. In pratica ho interpretato la sicilianissima pasta chi vrocculi arriminati in versione lasagna: le foglie esterne del cavolfiore sono state usate nella sfoglia, mentre cimette e torsoli compongono il tradizionale sugo, reso sontuoso dall'aggiunta di pinoli, uvetta e zafferano; la besciamella insaporita con la bottarga contrasta la dolcezza del cavolfiore e la muddrica atturrata (pangrattato tostato) infine, prende il posto del formaggio grattugiato e dà croccantezza alla finitura.

Naturalmente potete preparare questa lasagna anche a partire da lasagne normali, magari comprate nel reparto freschi del supermercato: saranno ugualmente buone e molto più veloci da fare.

lunedì 1 gennaio 2018

Ravioli di lenticchie e cotechino


Oggi il Calendario del cibo italiano celebra la Giornata Nazionale delle lenticchie.
Consumate tradizionalmente durante il cenone di Capodanno in quanto simbolo di ricchezza, le lenticchie devono la loro fortuna alla facilità di coltivazione e conservazione e alle sue notevoli qualità nutrizionali: sono ricche di proteine vegetali e di fibre alimentari, di acido folico e ferro, aiutano a controllare i livelli di colesterolo nel sangue e combattono anemia e astenia.
E poi sono buone e facili da abbinare ad altre pietanze.

In Italia abbiamo diverse DOP: Ustica, Castelluccio, Colfiorito, Norcia, Altamura, Onano, Santo Stefano di Sessanio.

Per la ricetta di oggi, che porta la firma di Massimo Bottura, ho scelto un mix di lenticchie di Castelluccio e decorticate; abbinate al classico cotechino, lessato, poi sgrassato con il vapore di Lambrusco, rinnovano questo classico connubio beneaugurale.

venerdì 22 dicembre 2017

Potage Billi Bi - Paul Gayler


Era da un pezzo che non riprendevo la mia rubrica CHEF-d'Oeuvre, e ringrazio l'imminenza delle feste natalizie per avermi dato l'occasione di presentare una ricetta che ho provato letteralmente in tutte le salse da quando due anni fa allo Starbooks abbiamo recensito il libro sulle zuppe di Paul Gayler, Chef britannico poco conosciuto da noi che io amo alla follia.

Sono molte le ricette che ho sperimentato dal suo Great Homemade Soups, e questa in particolare ricorre nella mia cucina ogni volta che ho per le mani del fumetto di pesce (abbastanza spesso, insomma  😄).

Di una cosa sono consapevole: questa zuppa ha tutto, ma proprio tutto, per fare inorridire i puristi del pesce in generale e delle cozze in particolare. C'è il burro fin dalla preparazione del fumetto, c'è una quantità di panna che fa tornare irresistibilmente la memoria agli anni '80, e soprattutto propone un binomio latticini-pesce che farà sicuramente rizzare i capelli in testa a parecchia gente. Immagino che provocherebbe l'orticaria anche ai cultori dell'autentico Potage Billi Bi, la cui caratteristica è quella di avere il sapore delle cozze senza peraltro contenerle, ma Paul Gayler ce le aggiunge e io non potrei essere più d'accordo.

Ho provato questa ricetta in tutti i modi, dall'originale del libro (quella che ho fotografato e che propongo oggi) a diverse varianti, giocate essenzialmente sulla riduzione della quantità di panna. Mi sono piaciute tutte anche se ho la mia versione preferita; pubblico adesso perché la ritengo un'entréé perfetta del cenone della Vigilia, tradizionalmente a base di pesce.

Le origini di questa ricetta sono controverse; di certo si sa che il suo creatore è lo Chef Louis Barthe, che nel 1925 lavorava al Ciro's di Deauville. Sembra che un cliente Americano abituale, tal William Brand (ma secondo alcuni si tratta del magnate William B. Leeds) amasse particolarmente le cozze ma, volendo invitare alcuni amici a pranzo, volesse risparmiare loro la fatica di sgusciarle. Chiese quindi allo Chef di preparargli una zuppa alle cozze senza mitili, dando vita a un potage che ebbe un notevole successo: gli ospiti di Mr Brand (o Leeds) tornarono separatamente da Ciro's per gustare quella deliziosa zuppa, che lo Chef portò con se' quando si trasferì a Parigi e andò a lavorare da Chez Maxim's.