Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale dello Stufato, e io partecipo riproponendo una ricetta che è diventata un classico a casa mia, in questo periodo: lo stufato del Castel San Giovanni, o alla Sangiovannese.
Poco conosciuto al di fuori dell’area geografica in cui è nato, lo stufato alla Sangiovannese è un piatto antico e ricco di storia. La ricetta è oggi regolata da un disciplinare e tutelata da un marchio, nonché protagonista di un apposito Palio che si svolge in gennaio, la ricetta si tramanda di padre in figlio da secoli: tradizionalmente infatti sono gli uomini a prepararlo.
Le origini del piatto sono incerte: alcuni le fanno risalire alla grazia ottenuto da Monna Tancia nel 1478: a 75 anni aveva perso per la peste il figlio e la nuora e non sapeva come nutrire il nipotino Lorenzo di 3 mesi. Supplicò la Madonna raffigurata nell’effigie posta all’esterno della Porta del castello, detta Madonna di San Lorenzo, ed ebbe la grazia: dai suoi seni avvizziti sgorgò il latte, che le consentì di nutrire il nipotino. In seguito al miracolo, in città accorsero numerosi pellegrini (pare che Lorenzo De' Medici fosse tra essi): come sfamarli? In paese fu marinata a secco con spezie e aromi una grande quantità di carne ormai eccessivamente frollata, dando vita al piatto.
Probabilmente però il contributo fondamentale alla ricetta fu dato, nella seconda metà dell’Ottocento, dall’arrivo in paese di operai provenienti dall’Europa centrale, impiegati alla Ferriera: costoro avrebbero fatto conoscere la ricetta del gulasch, adattandola al gusto locale e usando abbondanti spezie per mascherarne l’eccessiva frollatura.
Quali che siano le origini della ricetta, una cosa è certa: la composizione del drogo, la miscela di spezie usata per prepararlo, è segreta. Con tutta probabilità ogni famiglia ha la sua; se capitate a San Giovanni Valdarno, magari in occasione del Palio dello Stufato che si tiene tutt’oggi nella Basilica di Santa Maria delle Grazie (che sorge proprio dove si trovava l'immagine miracolosa), potete acquistarla in una delle numerose drogherie della città.
Cercando in rete ho trovato la ricetta scritta in rima, a cura degli Uffizi dell’Industria e del Vicariato di San Giovanni Valdarno:
STUFATO DEL CASTEL SAN GIOVANNI
Nello tempo ch’è detto carnevale
alla Basilica, nelle grandi sale,
si riunivano in tempi ormai lontani
per far doni alla chiesa, i parrocchiani.
Racconta una leggenda che una donna,
per onorare meglio la Madonna
fece uno piatto forte e assai drogato
che battezzò col nome di Stufato.
Questa ricetta tanto decantata
da padre in figlio è stata tramandata
e per la gioia di ogni buon palato,
è giunta a noi in original formato.
Se questo piatto buono tu vuoi fare
questi son gli ingredienti da adoprare:
muscolo libbre tre, tagliato a modo
e di osso e zampa a parte, fai del brodo.
Tanto prezzemolo e di cipolle una
fai un bel battuto con la mezzaluna,
vino, olio di oliva, un’impepata,
spezie, garofano e alfin noce moscata.
Indi di coccio un tegam devi pigliare,
ci versi l’olio ma senza esagerare;
perché riesca bene, se ti preme,
metti la carne col battuto insieme.
Allor che tutto principia a rosolare
non ti stancare mai di razzolare,
quando il colore ha preso marroncino,
metti le droghe e un bel bicchier di vino.
Appena il vino s’è tutto consumato
aggiungi il pomodoro concentrato
a questo punto puoi abbassare il fuoco:
cuoci aggiungendo il brodo, poco a poco.
Questo piatto che viene da lontano
saprà ridarti quel rapporto umano
e far capire anche al più somaro
che il tempo è vita e che non è denaro.
Io l'ho reinterpretata così:
STUFATO ALLA SANGIOVANNESE
Per 8-10 persone:
1 stinco anteriore di manzo (poco meno di 2 kg)
2 cipolle
4 coste di sedano
3 carote
1 mazzo di prezzemolo (foglie)
2 spicchi d’aglio
1 cucchiaio di doppio concentrato di pomodoro
1 l di Chianti
1 limone non trattato (scorza)
Sale marino integrale iodato
Olio extravergine di oliva toscano
Per il drogo (10 g per ogni kg di carne):
Chiodi di garofano macinati al momento (1 presa abbondante)
Cannella in polvere macinata al momento (1 presa abbondante)
Zenzero in polvere (1 presa abbondante)
Pepe nero (una generosissima macinata)
½ noce moscata
La sera prima preparare il brodo: disossare lo stinco, eliminando dalla carne anche il grosso del tessuto connettivo che avvolge il muscolo; ridurre la carne a bocconcini ma tenere da parte il tessuto connettivo con i pezzetti di carne che vi rimangono attaccati: servirà per il brodo.
Togliere quanto più midollo possibile dall’osso, avvolgerlo in pellicola trasparente e congelarlo: nel brodo non serve (si scioglierebbe rendendolo grasso e andrebbe eliminato), mentre noi lo useremo un’altra volta per preparare il vero risotto alla milanese.
Con l’osso, i ritagli di tessuto connettivo e carne (a cui sarà bene aggiungere un pezzetto di coda), 2 litri d’acqua, 1 cipolla, 2 coste di sedano e 1 carota preparare il brodo, facendolo sobollire per 2 o 3 ore.
Preparare il soffritto: la ricetta tradizionale parla genericamente di due battuti, uno con cipolla, carote, sedano e prezzemolo, l’altro con aglio e scorza di limone. I due battuti vanno poi messi in pentola insieme alla carne, in fase di rosolatura. In realtà un buon soffritto è molto più di un insieme di verdure aromatiche crogiolate insieme in un grasso: prepararlo nel modo giusto ci farà ottenere un risultato finale molto migliore. Il segreto per sfruttare la sinergia dei sapori consiste nel cuocerle in momenti diversi, mettendo prima la cipolla e facendola addolcire in modo che il suo forte aroma non impregni le altre, annullando il loro; segue il sedano, poi il prezzemolo e infine le carote.
Tritare finemente 2 carote, 1 cipolla, 2 coste di sedano private dei filamenti e le foglie di un mazzo di prezzemolo, tenendo però le verdure in ciotole separate.
Tritare finemente anche i 2 spicchi d’aglio.
Versare nel tegame di coccio in cui si cuocerà lo stufato abbondante olio extravergine di oliva e mettervi la cipolla. Porre sul fuoco proteggendo con un frangi fiamma e tenedo la fiamma al minimo e cuocere la cipolla per 10 minuti circa, finché sia divenuta trasparente. Aggiungere il sedano e dopo un paio di minuti il prezzemolo. Mescolare e farlo insaporire per altri 2 minuti, quindi unire le carote e amalgamarle al tutto. Far rosolare dolcemente, poi spostare il soffritto ai lati del tegame, là dove il calore è meno forte. Mettere l’aglio al centro del tegame e farlo rosolare per 2-3 minuti, quindi aggiungere la scorza di limone grattugiata e mescolare bene il tutto.
A questo punto aggiungere la carne poca per volta e rosolarla da tutti i lati. A rosolatura terminata coprire con il Chianti, salare e aumentare la fiamma per fare evaporare il liquido: ci vorrà circa un’ora e la carne sarà di un bel marrone. Aggiungere a questo punto il drogo e mescolare bene per insaporirla. Unire il concentrato di pomodoro sciolto in poca acqua (senza far diventare rosso lo stufato) e aggiungere il brodo caldo, a mano a mano che la carne lo richiede. Coprire il tegame e proseguire la cottura, che in tutto deve durare di circa 4 ore: la carne diventerà morbidissima e molto saporita.
Servire lo stufato insieme a polenta fumante.
Note della Apple Pie:
Il taglio di carne indicato è lo stinco anteriore di bovino, dalle carni meno compatte di quello posteriore, che tende quindi a diventare più tenero dopo la cottura.
Per il drogo, ho tirato a indovinare. :-) Ma ogni volta che faccio questo stufato mi riprometto di andare a San Giovanni Valdarno per procurarmene un po'. ;-)
Ero più giovane e il cognato del mio ex fidanzato era tra gli organizzatori degli Uffizi di San Giovanni Valdarno ... ecco perchè lo conosco benissimo. Complimenti Mapi, ottima esecuzione! Un abbraccio
RispondiEliminaMa che figata!!! Uno dei miei sogni è proprio quello di andare a San Giovanni Valdarno per assistere al Palio!!!
EliminaUn bacione Leila!
Mapi sto sbavando davanti allo schermo del pc! Che buono questo piatto!
RispondiEliminaGrazie! :-)
EliminaHo letto tutto e naturalmente resa cartaceo non so se la farò... l'abbiamo letta assieme maritozzo ed io e mi guarda dicendo...non sarai mica matta di farla un lavoraccio... a parte che ha ragione, ma farla solo per due penso sia sprecato e 8/10 dove lio trovo :D
RispondiEliminaGrazie carissima e scusa il commento lungo buona serata.
Che dirti Edvige? Io vivo da sola e me lo sono fatto ugualmente: ho porzionato e congelato quello che non ho mangiato, etichettandolo con la data di preparazione, e ti assicuro che mi ha fatto parecchio comodo avere la cena pronta, le volte che sono arrivata dal lavoro tardi, stanca e affamata! ;-)
EliminaUn abbraccio.