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domenica 3 gennaio 2016

Cavatelli integrali di Tumminìa con ragout di coniglio al caffè


Oggi 3 gennaio, secondo il Calendario del cibo italiano è la Giornata Nazionale dei Cavatelli.
Patty, Ambasciatrice AIFB di questo piatto, ha scritto uno splendido post che vi consiglio caldamente di leggere: al pari di quelli che lo hanno preceduto infatti, darà interessanti informazioni storiche sulle sue origini e sul perché vale la pena celebrarlo a livello nazionale.

Originari del Molise, questi gnocchetti di semola di grano duro sono diffusi in tutto il Sud Italia e conosciuti con nomi leggermente diversi, che dipendono anche dal numero di dita usate per dar loro la tipica foggia. Se si usa un dito sono infatti detti cavatelli; fatti con tre dita prendono il nome di capunti e con 4 dita vengono chiamati strascinati. Pare che con 2 dita non li faccia quasi nessuno, motivo per cui ho deciso di farli io. :-) Indipendentemente dal numero di dita che usiamo per farli, invito tutti a provarli: ripetere gesti antichi crea un legame misterioso tra noi e il passato, aiutandoci a fare memoria della nostra storia e del vissuto quotidiano.

Una volta deciso di preparare i cavatelli (mai fatti in vita mia), avevo un problema: con quale sugo condirli? Mi sono lambiccata il cervello per giorni, finché non ho scoperto lo splendido blog di Alessia (leggete il suo manifesto e ditemi se non è una grande!) e ho trovato una sua ricetta di ragout di coniglio al caffè. Leggerla e innamorarmene è stato tutt'uno, e guarda caso questo magnifico ragout si sposava a meraviglia con la mia idea di cavatelli, che ho voluto preparare usando della semola integrale di grano duro Tumminìa, un grano antico siciliano usato tra l'altro per fare il pane nero di Castelvetrano. Una farina delle mie parti insomma, dal gusto unico e che porta il calore della mia Sicilia anche a Milano. Come dice Alessia, il gusto caffè non predomina, ma costituisce una piacevole nota di fondo che è pressoché impossibile associare alla bevanda così come la conosciamo. Da provare, ecco! ;-)

sabato 2 gennaio 2016

Consommè chiarificato di manzo con Zuppa Imperiale


Oggi è la Giornata Nazionale del Consommé, secondo il Calendario del cibo italiano lanciato quest'anno dall'Associazione Nazionale Food Blogger.
Poteva forse un'amante dei brodi come me esimersi dal prepararlo? Certo che no! Anzi, ho approfittato dell'occasione per chiarificare il brodo, cosa non strettamente indispensabile nel Consommé, ma che volevo provare da tempo.

Il Consommé infatti è un brodo di carne, semplice o chiarificato, che può essere servito da solo o accompagnato da vari complementi. Nella cucina classica dell'800 apriva i pranzi eleganti, mentre oggi questa abitudine è andata perduta. Distinguiamo in cucina il Consommé semplice, cioè un brodo di carne di manzo o vitellone abbastanza limpido; il Consommé chiarificato, che viene servito nelle cene eleganti o al ristorante; il Consommé di pollo e quello di selvaggina, più delicato il primo, perfetto per aprire un pranzo dove la selvaggina è il piatto forte il secondo.
Troverete notizie più approfondite nel bellissimo post odierno di Betulla, qui mi limito a dire che tra gli accompagnamenti tipici del Consommé troviamo i classici tortellini, ma vi è anche una preparazione tipica dell'Emilia Romagna che ero curiosa di provare da un po': la Zuppa Imperiale.
Preparazione sostanziosa e nutriente, la Zuppa Imperiale viene prima cotta in forno, poi è fatta raffreddare e tagliata a cubetti, infine viene tuffata nel brodo bollente per qualche minuto, giusto il tempo di scaldarsi. Quando i quadrotti salgono a galla, sono pronti per essere serviti.

Al fine di preservare la trasparenza del mio consommé ho deciso di chiarificare solo 1 litro di brodo -la quantità che mi serviva per 4 persone - e di utilizzare quello rimanente per riscaldarvi la zuppa imperiale.
Per la chiarificazione con il metodo della zattera sono debitrice a Cristiana, e allo splendido articolo che ha scritto per il blog MTChallenge: un metodo semplicissimo e molto efficace, che ha anche il pregio di rinforzare il sapore del brodo.
La ricetta della Zuppa Imperiale invece l'ho tratta dal blog di Marina, e l'ho trovata magnifica.


CONSOMME' CHIARIFICATO DI MANZO CON ZUPPA IMPERIALE



Per 4 persone

Per il brodo:

700 g di muscolo di manzo
1 cipolla media
1 carota
1 gambo di sedano
1 chiodo di garofano
1 foglia di alloro
1 rametto di timo fresco
5 gambi di prezzemolo
5 grani di pepe nero
3 bacche di ginepro
3 l di acqua fredda

Per chiarificare:
(da: MTChallenge, post di Cristiana Di Paola)

150 g di carne macinata di vitellone
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
2 albumi
1,2 litri di brodo

Per la zuppa imperiale:
Da: La tarte maison

150 g di semola di grano duro
125 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
5 uova
100 g di burro fuso e freddo
5 g di lievito chimico per torte salate (io ho usato del cremor tartaro)
1/2 cucchiaino di sale (il Parmigiano era sufficientemente saporito e non l'ho messo)
Noce moscata
Sale
Pepe macinato al momento
Burro per la teglia

Preparare il brodo.
Siccome avevo deciso di chiarificarlo ho evitato di aggiungere il consueto osso, in quanto la gelatina che questo rilascia, pur aggiungendo sapore, lo intorbida parecchio e non permette una chiarificazione ottimale. Il sapore del brodo è comunque stato rafforzato dalla zattera usata per la chiarificazione, e il risultato è stato veramente favoloso.
Mettere in una pentola di adeguata capienza il pezzo di carne con tutti gli altri ingredienti; la carota deve essere raschiata e tagliata a pezzi di circa 2,5 cm, il sedano lavato e tagliato a segmenti di 2,5 cm e la cipolla steccata con il chiodo di garofano. Coprire con l'acqua fredda e portare a bollore, schiumando con cura. Quando l'acqua avrà spiccato il bollore ridurre la fiamma e far cuocere il brodo per 4 ore, schiumando ogni tanto per eliminare le impurità che salgono in superficie. E' importante che il brodo frema senza bollire fortemente, per evitare che risulti torbido.
Assicurarsi che la carne sia coperta dall'acqua di almeno 2,5 cm, se è il caso aggiungere altra acqua calda via via che si rende necessario.
Terminato il tempo di cottura, filtrare il brodo attraverso un colino rivestito con un telo di cotone sottile e pulitissimo (non lavato con ammorbidente!) e farlo raffreddare.
Le verdure a questo punto avranno ceduto tutte le loro sostanze nutritive e possono essere buttate; riservare la carne per altri usi (avendo cotto per sole 4 ore non ha fatto in tempo a cedere tutti i suoi nutrienti al brodo), ad esempio un'insalata di lesso o delle polpette.

Chiarificare il brodo con il metodo della zattera.
Ho messo 200 ml di brodo in più da chiarificare perché la zattera ne assorbe inevitabilmente un po', e volevo darne 250 ml per ciascun commensale.
Mondare  e tritare le verdure, unirle alla carne macinata e agli albumi.
Versare il tutto in una pentola e aggiungervi il brodo freddo, portare a ebollizione mescolando in continuazione, abbassare la fiamma e proseguire la cottura, facendo sobbollire il brodo dolcemente (per evitare di rompere la zattera) per 45 minuti.
Se anche la zattera dovesse rompersi, come è accaduto a me, non disperate: la chiarificazione avverrà ugualmente. Dall'esperienza ho imparato che bisogna far sobbollire sul fornello più piccolo, con la fiamma ridotta al minimo.
La zattera mi si è rotta, ma la chiarificazione è riuscita ugualmente.
A questo punto in superficie si sarà formato il coperchio proteico; con l'aiuto di un cucchiaio aprire un cratere. Foderare un colino con delle garze inumidite e strizzate  (io uso la carta-filtro che si usa per le bustine del tè, di cui posseggo un bel rotolo) e filtrare delicatamente il brodo, poco per volta.

So che è una questione di chimica, ma per me la chiarificazione del brodo ha del miracoloso: vedere un brodo torbido diventare trasparente dà un'emozione incredibile! Ecco la differenza tra il brodo normale e quello chiarificato. Probabilmente se non si fosse rotta la zattera sarebbe venuto ancora più limpido, ma anche così mi ritengo soddisfatta.


Anche la zattera usata per la chiarificazione può essere consumata a parte. Io confesso di averla mangiata così com'era, da tanto il sapore era buono (l'aspetto no, ne convengo), ma se non volete terrorizzare i vostri familiari potete strizzarla, unire del pangrattato e un tuorlo (così sfruttate uno dei due tuorli usati per la chiarificazione) e farne delle polpette che potrete friggere oppure passare in forno o ancora cuocere alla piastra. In alternativa, aggiungendo della passata di pomodoro e facendola cuocere ancora un po', potete ottenere un sugo di carne. Non è propriamente un ragù, ma di sicuro sarà buono.

Preparare la Zuppa Imperiale: preriscaldare il forno a 170 °C in modalità statica. Montare le uova in una ciotola con il Parmigiano Reggiano, il burro fuso e freddo, una macinata di pepe e una bella grattata di noce moscata. Aggiungere il semolino fatto cadere a pioggia e mescolare fino a ottenere un composto omogeneo. Assaggiare e regolare di sale.
Imburrare una teglia di cm 30x40 e versarvi il composto, livellandolo perché abbia uno spessore regolare di circa 1 cm. Infornare per 20-30 minuti, finché il composto non sarà appena dorato. Togliere dal forno, far raffreddare e tagliare a quadretti regolari.


Impiattare e servire: portare il brodo non chiarificato a ebollizione e tuffarvi i cubetti di Zuppa Imperiale, scolandoli con la schiumarola quando verranno a galla.
Portare a ebollizione anche il Consommé e salarlo. Versarlo nelle apposite tazze, unirvi i cubetti di Zuppa Imperiale e servire.



lunedì 5 ottobre 2015

'Mpanata di baccalà


Vivere a Milano mi piace, diciamolo.
Sarà che in Lombardia ci sono nata e ho vissuto la maggior parte della mia vita, sarà che affetti, lavoro e amici sono qui, sarà che hai a portata di mano praticamente tutto quello che vuoi, fatto sta che, benché ogni tanto vagheggi di trasferirmi altrove, in realtà difficilmente cambierei città.
Però... Però vivere a Milano non mi impedisce di sognare la Terra dei miei Avi, la bella Trinacria da cui proviene la mia famiglia e dove trascorro le mie estati da quando sono nata.
Ho avuto la fortuna di avere una nonna viva fino a qualche mese fa, una nonna bravissima in cucina e con un grande amore per tutto quello che faceva.
La sua focaccia ai fiori di zucca ha allietato la mia infanzia, e non solo quella: il cuscus "incocciato" a mano da lei a partire dalla semola, li sfinci, la pignolata e tante altre cose buone che mi si affollano alla mente, di pochissime delle quali ho annotato la ricetta quando potevo.

La cucina di Nonna Sara era profondamente radicata nella tradizione del territorio, anche perché all'epoca il concetto di km 0 non era neppure teorizzato: lo si praticava e basta. Si cucinava con gli ingredienti disponibili sul mercato, tutti rigorosamente locali: le cipolle rosse di Partanna, pomodori, peperoni, melanzane, zucche, zucchine e tinnirumi dell'orto o comunque di produttori locali e via discorrendo.

Uno dei nostri piatti invernali preferiti era la 'mpanata di baccalà, una focaccia ripiena di baccalà, cavolfiore e patate, semplicissima e squisita.
Il cavolfiore fa parte di moltissime ricette invernali della tradizione siciliana, lo troviamo nei ricchi timballi di Natale insieme alla carne di maiale e nella povera ma squisita pasta cu li vrocculi arriminati, che ho rivisitato solo l'anno scorso trasformandoli in una sontuosa lasagna.
Del cavolfiore non si butta via niente: le cime sono la parte più tenera consumata più di frequente, ma foglie e torsolo possono essere ridotti a striscioline e a dadini e far parte di gustose minestre (addirittura con la parte verde delle foglie ho fatto le lasagne verdi nella ricetta sopra menzionata).

Oggi, nell'ambito del contest indetto da Cucina Semplicemente in collaborazione con Grandi Molini Italiani, vi propongo la 'mpanata di baccalà di Nonna Sara. Lei usava la semola di grano duro, io ho preferito usare la farina integrale Frumenta che mi è stata mandata per il contest, un po' perché ne amo moltissimo il sapore (ed è molto più ricca di fibre delle farine integrali che si trovano sul mercato: ne contiene il 10%!!!), un po' perché sono convinta che le primissime 'mpanate siano state fatte proprio con farine integrali, quelle più facilmente disponibili sul mercato all'epoca.

lunedì 8 giugno 2015

Spaghetti Cacio e Pepe su crema di fave al pecorino


Finalmente è arrivata l'Estate, la mia stagione preferita: amo il caldo, e benché come tutti non ami gli eccessi (l'afa milanese, per esempio) e lavori in un ambiente con aria condizionata, devo dire che nessuna stagione mi rende felice come quella estiva.
Mi piace il senso di gioia e di spensieratezza che comunica, e pure il senso di libertà: a cominciare dagli abiti che si alleggeriscono, passando dalle scarpe che si aprono e diventano sandali, e finendo con l'assenza di cappotti e piumini, così ingombranti.

E poi le giornate che si allungano, la luce che rimane fino a tardi dando l'impressione che la giornata sia ancora tutta da vivere anche la sera dopo il lavoro...

Ma una delle gioie più grandi dell'estate è la profusione di frutta e verdura fresca, dissetante e colorata che affolla gli scaffali dei fruttivendoli, e permette di realizzare tanti piatti freschi, leggeri, saporiti e ricchi di sali minerali e vitamine.

Pensavo proprio a questo quando ho adocchiato dei bei baccelli di fave, esposti ordinatamente dal mio fruttivendolo. Sarà che di recente ho preparato gli spaghetti Cacio e Pepe per il tema del mese dell'MTChallenge, ma mi è venuto in mente all'improvviso di associare le fave al pecorino - abbinamento classico - a questa gustosissima pasta, che è una delle mie preferite.



giovedì 25 dicembre 2014

Panettone del Maestro Giorilli... e tanti auguri di Buon Natale dalla Redazione dell'MTChallenge!!!


Quest'anno, complice l'uscita del libro Dolci Regali alla cui stesura noi tutti della Redazione dell'MTChallenge abbiamo partecipato attivamente, coordinati dalla grandissima Alessandra Gennaro, abbiamo pensato di fare a tutti voi gli auguri collettivi, realizzando una ricetta di panettone o di pandoro a nostra scelta e pubblicandola il 25 dicembre.
Oggi abbiamo tra l'altro una sorpresa per voi: Valeria Pizzolato, produttrice di panettoni artigianali eccezionali, ci ha regalato una sua ricetta di panettone, che troverete pubblicata sul sito dell'MTC.

Ho cominciato a fare il panettone nel 2004, anno di nascita del mio lievito madre, ;-) e da allora a quasi ogni Natale fare il panettone per me era un must. Curiosamente però, dall'anno in cui ho aperto il blog non ho mai trovato il tempo per farlo - sono 3 giorni di lavoro, i cui ritmi sono dettati dal lievito madre e non dall'orologio (ad esempio il mio primo impasto ci ha messo 18 ore a triplicare, perché la temperatura di casa era troppo fredda) - motivo per cui ho accolto con gioia la proposta, che mi ha finalmente costretta a riprendere un dolce natalizio da me amatissimo.

Erano anni che volevo provare la ricetta del Maestro Giorilli e quest'anno, complice la Redazione, ce l'ho fatta. La ricetta è meravigliosa e vi è una ricetta nella ricetta: quella dell'aroma panettone home-made: una meraviglia!!!

Ho ridotto le quantità date dal Maestro (20 panettoni erano un po' troppi per me ^_^ ) e ho aggiunto le proporzioni tra la farina e gli altri ingredienti, in modo che ciascuno possa adattarle alle proprie esigenze produttive.
Ho anche ridotto drasticamente la quantità di zucchero: lui ne usa il 47%, un po' troppo per i miei gusti. Io ho portato la proporzione al 35% e alla prova assaggio si è rivelata perfetta per il mio palato. Ho comunque riportato le quantità indicate dal Maestro, sbarrandole e mettendo quelle utilizzate da me: fate vobis. ;-)

Per portare il lievito madre alla giusta forza ho usato il metodo delle Sorelle Simili, che riporto nella ricetta. Il lievito madre va rinfrescato con la stessa farina che si userà per il panettone, in modo da uniformarlo al resto dell'impasto (data la quantità di grassi che deve reggere, una farina 0 normale non sarebbe sufficiente).

Per la prima volta ho sperimentato l'uso della farina Petra Panettone: eccezionale, l'impasto si è incordato in men che non si dica. La consiglio a tutti e poco male se la dovete comprare a pacchi da 5 kg: con Dolci Regali, le ricette in cui usarla non vi mancano di certo (e garantisco che ci mettete meno di 3 giorni a prepararle). ;-)

lunedì 13 ottobre 2014

Lasagne "del cavolo" ai vrocculi arriminati, con besciamella alla bottarga


Oggi lasagne verdi, per un MTChallenge spaziale che ci ha proposto la nostra Sabrina, vincitrice della scorsa edizione. Sua Maestà La Lasagna è il titolo di un post colmo di passione per la preparazione di un piatto sontuoso, che può essere declinato in mille modi. Dalla classica lasagna bolognese, la più conosciuta, passando per la variante romagnola propostaci da Sabrina e che prevede la lasagna verde, le varianti sono infinite e noi MTChallengers siamo state chiamate a scatenare fantasia e inventiva per creare sontuosi piatti della festa.

Piatto della festa, sì, ma anche comfort food per eccellenza, con la sua consistenza morbida, la varietà di sapori che si percepiscono chiaramente al palato e poi si fondono in una armonia cremosa che avvolge i sensi e abbraccia con il calore di una mamma.
Perché in fondo i cibi delle feste sono questo: la declinazione culinaria dell'amore che si prova per le persone per le quali cuciniamo un determinato piatto.

Facciamoci caso: gira e rigira, quando dobbiamo selezionare il nostro comfort food di elezione, è sempre ai nostri ricordi d'infanzia che attingiamo. Ed è proprio a un piatto della tradizione siciliana, la mia terra di origine, che si ispira la mia lasagna di oggi.

martedì 30 settembre 2014

Pane Guttiau per #imagnifici6 ! (Pane Carasau, esperimento n. 2)


Chi di noi non ha mai sentito parlare della Dieta Mediterranea?
Famosa in tutto il mondo perché sana e salutare, la dieta mediterranea è basata su cereali, legumi, olio d'oliva e vino, che combinati insieme formano i piatti che hanno garantito la sopravvivenza dei popoli del bacino del Mediterraneo, favorendo una dieta (nel senso etimologico del termine, e cioè stile di vita) variata e saporita, mai noiosa e soprattutto sana ed equilibrata.

Ai Foodblogger soci di AIFB è data la possibilità di partecipare a questo contest di eccezione, che vede protagonista la Dieta Mediterranea, declinata in 6 categorie di cibi: pane, pasta, pesto, timballo, scapece e pani dolci. Sono tutti metodi di preparazione e di cottura delle materie prime menzionate sopra, antichi quanto la Dieta Mediterranea stessa, eppure moderni.

Oggi partecipo anche io a questo contest per la categoria PANE, e lo faccio con una ricetta che mi incuriosisce da sempre e che ho sperimentato di recente. 


lunedì 1 settembre 2014

Pane Carasau, esperimento n. 1


Era da mo' che volevo provare a fare il pane Carasau, un pane molto leggero e digeribile che contiene pochissimo lievito di birra.
Avevo una collega Sarda che ogni tanto ci portava da casa sua il Carasau e il suo gustosissimo fratello, il pane Guttiau, che altro non è che un Carasau spennellato di olio extravergine di oliva e a volte insaporito con rosmarino: uno snack golosissimo che è capace di farmi andare fuori di testa al primo assaggio.

venerdì 29 agosto 2014

Gelato al gelsomino


Riprendo le pubblicazioni sul blog dopo la pausa di agosto con il profumo e la dolcezza della mia amata Sicilia.
Da quando Stefania mi ha fatto scoprire il gelo di gelsomino, non riesco più a farne a meno: ogni volta che scendo giù lo preparo almeno un paio di volte, e il giorno della partenza per Milano mi compro sempre una bottiglia da 1 litro di latte fresco, raccolgo i fiori di gelsomino, li pulisco e li metto in infusione nel latte. Prima di chiudere la valigia tiro fuori la bottiglia dal frigo, la imballo per bene e poi la metto nel bagaglio... e prego che la compagnia aerea non me lo smarrisca. Rientrare a casa e potermi preparare ancora una volta un dolce che sa di vacanze, di sole e di Sicilia mi riconcilia molto con la ripresa del tran tran quotidiano.

lunedì 21 luglio 2014

Lumaconi con crema di melanzane su fonduta di ricotta stagionata: la mia Pasta alla Norma rivisitata


Il mese scorso l'MTChallenge ha compiuto 4 anni, e io ho l'orgoglio di aver partecipato fin dalla primissima edizione, quando ancora non avevo il blog e non pensavo neppure di aprirne uno.
Da allora, ne è passata di acqua sotto ai ponti: l'MTC è cresciuto e ora conta circa 150 sfidanti tra blogger e no blogger; ha inaugurato nel dicembre dello scorso anno la sua collana di libri con L'Ora del paTE', e proprio la scorsa settimana è uscito il secondo libro: Insalata da Tiffany (in ciascuno dei quali c'è una mia ricetta, WOW!!! J).

E' sempre stato un punto d'onore per me partecipare a ogni sfida, ma ahimé nel corso degli anni sono stata costretta a saltarne due: la prima che ho saltato è stata la Pasta alla Norma, seconda sfida dell'MTChallenge, quando sono entrata in ospedale per un intervento programmato, ma che mi ha tenuta pressoché immobile per un paio di mesi. Curiosamente, se avessi vinto la tornata precedente è proprio sulla Pasta alla Norma che avrei sfidato gli MTChallengers dell'epoca!

Per fortuna all'MTC non è mai troppo tardi per recuperare: da due anni a questa parte in luglio la sfida è sospesa, sostituita dalle E-saltate, cioè dalla possibilità per tutti i Challengers vecchi e nuovi (e perché no, anche per chi desidera entrare a far parte dell'MTC e della sua folle Community) di riproporre ricette delle sfide passate, a cui per un motivo o per l'altro non hanno potuto partecipare.

Con 4 anni di ritardo quindi, presento la mia versione di Pasta alla Norma.

lunedì 26 maggio 2014

Babà analcolico con crema cioccomenta


Devo confessare una cosa: anni fa mi era venuto il trip del babà, avevo comperato anche gli stampini monoporzione e avevo provato diverse ricette. Nel corso di un viaggio a Napoli mi ero pure procurata il Rum Fantasia, che si usa appositamente per questo meraviglioso dolce.
Non avendo metri di giudizio personali mi sono affidata a dei carissimi amici napoletani che abitano vicino a casa mia, ma ogni volta il verdetto era negativo: c'era qualcosa che non andava, il babà non era abbastanza spugnoso e non assorbiva bene la bagna. Dopo 3 tentativi falliti con 3 ricette diverse ho rinunciato e gli stampini erano tristemente lì, a fare la polvere.

Poi Antonietta ha vinto l'MTChallenge e ci ha sfidati sul babà: EVVAI!!!! Ho tirato fuori gli stampini, ho studiato le ricette - DUE! - che Antonietta ci ha regalato e mi sono messa all'opera.

La prima ricetta che ho voluto provare è stata quella con il lievito di birra, benché la mia passione (neanche tanto segreta) sia proprio lui, il lievito madre.
E forse è stata questa passione disattesa che mi ha fatto dimenticare di lucidare il primo babà che ho fatto per questa sfida.

Questa volta invece l'ho tirato lucido, ma prima ancora ho messo all'opera il mio amato lievito madre.
Dal momento che i destinatari del dolce erano i miei nipoti, ho scelto di preparare un babà analcolico, ma con una crema che ingolosisse grandi e piccini e rinfrescasse il palato dalle prime arsure estive. Per questa crema ho pensato di esaltare al massimo i due aromi principali, quello del cioccolato e della menta, e ho quindi omesso i tuorli, utilizzando come unico addensante l'amido di mais (ottimo anche quello di frumento), come facciamo noi Siciliani per le nostre creme: il risultato è semplicemente strepitoso, una crema morbida, setosa dal gusto unico.

Ho anche scelto di fare un babà unico, inaugurando il mio stampo da Kugelhopf in silicone, acquistato un paio di anni fa ma mai utilizzato. :-)

Ecco quindi la mia seconda proposta, il

lunedì 19 maggio 2014

Babà all'Alchermes con crema allo zenzero


Non so se avete in mente quella strana sensazione di aver dimenticato qualcosa.
State facendo una cosa, siete convinte di aver fatto tutto per bene, eppure c'è qualcosa che vi disturba.
Non riuscite a individuare che cosa sia, il che rende la sensazione ancora più irritante.
Poi, finalmente, scatta un click nella memoria e vi ricordate il passaggio mancante.


venerdì 4 aprile 2014

Pizza bianca a lievitazione naturale con carciofi alle arance di Ribera e mozzarella di bufala


Qualche tempo fa sono stata presa dal sacro fuoco di conoscere meglio la cucina siciliana, e con questo obiettivo mi sono messa a navigare su Amazon in cerca di ispirazione.
Nossignore, non stavo cercando una scusa per fare acquisti su Amazon, che cosa andate mai a pensare? 😇

Fatto sta che nel corso delle mie peregrinazioni internettiane sono inciampata in un libretto dal titolo molto interessante: A tavola con le arance di Ribera. Promozione di un'eccellenza regionale, prefazione di Filippo La Mantia, gli elementi per tentarmi c'erano tutti. Un po' meno tentante era il prezzo, 18 euro, ma il ricavato era devoluto in beneficienza, proprio come L'Ora del Paté, quindi non è stato certo questo a fermarmi. Peccato che le analogie con L'Ora del Paté si siano fermate qui: il libro è stato una grande delusione, con poche ricette descritte con imperizia (la primissima è di muffin salati, ma la ricetta parla di 80 g di zucchero su 180 di farina, fate un po' voi). Peccato, perché l'idea era buona e qualche buono spunto si può trarre, ma la beneficienza da sola non giustifica l'esistenza di un libro e di questo si poteva benissimo fare a meno.
Ma visto che oramai si trova negli scaffali della mia libreria, tanto vale fare qualcosa...

La ricetta che ho realizzato oggi è discreta. Ho preferito usare il mio impasto per pizza perché quello delle autrici contiene una quantità di lievito esorbitante, aumentata dal fatto che fanno pure un lievitino: con quelle dosi si potrebbero far lievitare 3 kg di farina!!! Il condimento è buono, ma se non ci avessi aggiunto la scorzetta grattugiata dell'arancia, questa non si sarebbe sentita proprio, e da lì a toglierla il passo sarebbe stato breve. insomma, vogliamo o non vogliamo promuoverle, queste arance di Ribera, tutelate da un consorzio?


lunedì 24 febbraio 2014

Strudel dolce ai carciofi e ricotta, con crema di ricotta e yogurt greco



L'idea mi è balenata all'improvviso.
Stavo facendo la spesa al mercato, e non c'è niente che mi piaccia di più che vedere tante belle verdure fresche esposte in bell'ordine nelle bancarelle, specialmente in una giornata di sole (dopo tutta la pioggia che è caduta in queste ultime settimane). Ero lì ad ammirare gli ortaggi, quando mi sono bloccata davanti a una bella cassetta di carciofi mammola, quelli senza spine.
E' stato a quel punto che è nata l'associazione: carciofi mammola - Tina Mamola (un'amica di forum conosciuta tanti anni fa) - crostata dolce ai carciofi di Giuseppe Berardi, postata da Tina diversi anni fa.
L'avevo provata, io, quella crostata dolce ai carciofi, e mi era pure piaciuta; l'unica pecca che avevo trovato era l'eccessiva dolcezza: il ripieno era molto dolce, la pasta frolla ci metteva del suo e il risultato finale era un po' stucchevole. Non l'avevo più rifatta quindi, ma evidentemente il mio subconscio non aveva archiviato del tutto la ricetta, perché guardando quegli splendidi carciofi mi è tornata in mente la crostata e mi sono detta felice che la pasta strudel, che è neutra, era perfetta per un ripieno necessariamente molto dolce per "inglobare" il carciofo. E giustappunto l'MTChallenge di questo mese verte sullo Strudel, proposto dalla bravissima Mari.

Detto fatto ho acquistato i miei carciofi e una volta tornata a casa ho ripreso in mano la ricetta, che ho leggermente rimaneggiato diminuendo un po' lo zucchero del ripieno. Ho inoltre deciso di sostituire la ricotta vaccina con quella di pecora, più saporita.
Per accompagnare il mio strudel avrei voluto fare un gelato; purtroppo me ne è mancato il tempo, così ho adattato l'idea a una crema.
Ho pensato di usare yogurt greco, la cui acidità ripulisce la bocca e bilancia la dolcezza del ripieno; ricotta di pecora, per richiamare il ripieno, e zucchero. Semplicissima ma davvero buona, e perfetta per questo strudel così particolare: è buonissimo, ma mi rendo conto che non può essere proposto a chiunque, tanto è "strano": richiama molto il cannolo siciliano, ma con la sorpresa dei carciofi.

venerdì 21 febbraio 2014

Jota-Strudel, ovvero Strucolo ai crauti e stinco di maiale affumicato, con crema di fagioli di Lamon


E' da un sacco di tempo che ho una voglia matta di Jota, ma per un motivo o per l'altro non trovo mai il tempo di farla. Il procedimento infatti è un po' lunghetto, e vi si aggiunge il fatto che è meglio farla il giorno prima per consentire ai sapori di amalgamarsi. L'MTC di questo mese mi ha permesso di soddisfare questa voglia: Mari infatti ci ha proposto lo Strudel, da declinare nella sua versione dolce o salata (e in questo caso si chiama Strucolo e viene lessato, avvolto in uno strofinaccio) e io ho colto al volo l'occasione di destrutturare la saporita Jota, che da minestra diventa così un piatto asciutto.




Naturalmente per destrutturare la Jota ho dovuto per così dire rovesciare il procedimento di cottura dei vari ingredienti: nel mio Strucolo i fagioli - rigorosamente di Lamon - vengono lessati nell'acqua di cottura dei crauti, e non viceversa, ad esempio.



Il risultato è stato uno Strucolo di tutto rispetto, che è stato letteralmente spazzolato dai miei commensali. Vi dico solo che la coppia di amici vegetariani presente alla cena mi ha confessato di avere per un attimo rimpianto tale scelta alimentare. J

Come dite? Sto strizzando esageratamente l'occhio alla bella Trieste, dove il nostro giudice di questo mese vive? Ma noooooooooooooo, che cosa andate pensando?????? J

lunedì 17 febbraio 2014

Strudel di mele, zucca e cranberries con crema inglese speziata alla zucca


MTC Time, signori, e che sfida ci aspetta, questo mese!!!
La bravissima Mari, che ha vinto la scorsa edizione (ed era ora, dico io! J), ci ha sfidati con una Signora Ricetta: lo Strudel, che può essere declinato anche sul salato (e in questo caso si chiama strucolo).
Io sono notoriamente più amante del salato che dei dolci, ma si dà il caso che lo Strudel di mele sia il mio dolce preferito: potevo dunque astenermi dal cominciare le danze proprio con questo? Assolutamente no, tanto più che nelle ricette che si trovano in giro, difficilmente vedo unita alla cannella quella spezia che secondo me nei dolci di mele fa tutta la differenza del mondo: il chiodo di garofano. Il profumo che il chiodo di garofano regala ai dolci di mele è inimitabile e a mio avviso li trasforma completamente.

Però l'MTC non è solo il mero rifacimento di una ricetta: è sfida, interpretazione, creatività; ed è stata questa la chiave del mio Apfelstrudel di oggi: non solo mele quindi, ma anche un pochino di zucca, per regalare un sapore insolito; cranberries al posto dell'uva passa e gherigli di noce al posto dei pinoli.
Accompagna questo Strudel una crema inglese delicatamente speziata alla zucca, per richiamare il ripieno e i suoi profumi.

Fondamentale per lo Strudel è la pasta: non la solita sfoglia che vediamo di solito e che appesantisce notevolmente il dolce, ma una pasta molto particolare, leggerissima, resistentissima e neutra (adatta quindi anche alla versione salata), che si tira a mano fino a renderla trasparente. Per preparare questa pasta un elemento fondamentale è il calore: che sia l'acqua calda, come nella ricetta di Mari, o il riposo coperta a campana sotto una pentola previamente scaldata a dovere come suggerisce Ada Boni (e che è la ricetta che ho sempre seguito, fin da ragazza), il calore è determinante per favorire l'estensibilità dell'impasto.

venerdì 22 novembre 2013

Bruschette alle castagne


Piancastagnaio, novembre 1853.
Maria ha appena terminato di rigovernare la cucina e si appresta a rammendare i panni accanto al camino, quando il figlio maggiore, Pietro, torna trafelato dall'uliveto dove era andato ad aiutare il babbo, nella faticosa raccolta delle olive.
Le reti sono state stese sotto ai rami carichi e gli uomini scuotono i rami aiutandosi con i bastoni, per far cadere le olive mature. I ragazzi si affrettano a raccogliere quelle che cadono al suolo, in modo che vi rimangano a contatto il meno possibile: l'olio infatti è meno buono se le olive rimangono troppo a lungo a contatto col terreno, e il padrone dell'uliveto è particolarmente fiero del suo olio, che vende a caro prezzo proprio in ragione della sua qualità sopraffina.
Sfortunatamente però in questa stagione il terreno sotto agli ulivi è scivoloso e Pietro, dodicenne, è scivolato proprio mentre portava al padre il cesto con il loro pranzo. E' finito tutto per terra, e benché abbiano cercato di recuperare e mangiare il possibile, il loro pranzo è stato insufficiente.
Antonio è un omone grande e grosso; è un gran lavoratore, ma ha bisogno di tanto cibo per sostenersi. Sa benissimo che non è colpa del figlioletto se è scivolato, ma la giornata sarà lunga e il lavoro è pesante. Ha mandato quindi Pietro dalla mamma per chiederle di preparare una merenda sostanziosa per entrambi, per poter giungere fino a sera.
Maria capisce benissimo l'emergenza. Dice a Pietro che provvederà e che manderà la merenda col fratellino minore, così il ragazzo torna al lavoro nell'uliveto.
Abbandonato il rammendo, Maria toglie svelta dalle braci l'ultima manciata di castagne che aveva arrostito per il loro pranzo. Le sbuccia e le trita, poi corre in dispensa e decide che il suo Antonio merita un extra: un pochino di carne anche se non è domenica. Prende un pezzetto di coppa fresca, poi le vengono in mente gli occhioni dispiaciuti del suo Pietro e stacca anche una salamella.
Svelta, prepara il soffritto. Rosola le carni, vi aggiunge le castagne arrostite, fa cuocere e mescola vigorosamente finché il tutto è ridotto quasi in crema.
Abbrustolisce del pane, parte dell'infornata che fa ogni sabato, e lo spalma generosamente di crema. Poi aggiunge al cesto un quartino di vino e due pezzetti di baldinsecco, per addolcire la bocca. Chiama il secondogenito e lo manda dal padre e dal fratello con quel delizioso spuntino, e solo allora riprende serena il suo lavoro in casa.
Perché la grande gioia di Maria è proprio questa: accudire con amore la sua famiglia, consolare i suoi ometti piccoli e grandi quando hanno un dispiacere, e far sapere loro che il loro benessere per lei è più prezioso del pur prezioso cibo che è andato sprecato. Faranno tutti insieme qualche piccola rinuncia più tardi, ma è importante che sappiano che lei sarà sempre al loro fianco.

Maria non sa nulla dell'MTChallenge; non ha idea che una sua futura concittadina, Serena, inviterà un gruppo di blogger un po' pazze ma molto appassionate di cucina a ideare piatti intorno alle castagne. Per Maria le castagne sono un cibo quotidiano di cui non potrebbe fare a meno. Per me invece sono un pretesto per proporvi queste


lunedì 18 novembre 2013

Pici con ragù di verzini e castagne


Piancastagnaio, 10 novembre 1853.

Maria sta preparando il pranzo per domani, festa di San Martino.
Il suo Antonio è andato in città con Pietro, il figlio maggiore, per vendere i funghi e le castagne che hanno raccolto nel bosco nei giorni precedenti. Sua sorella Lena è aiuto cuoca presso una famiglia di signori, e pagherà un prezzo onesto per il loro raccolto.

A San Martino ogni mosto diventa vino, recita la saggezza popolare, e siccome il padrone ha confermato ad Antonio che gli rinnoverà il contratto anche per l'anno prossimo, festeggeranno stappando una bottiglia di vino novello e gustandolo con le castagne.
Nonno Gianni è nel bosco a raccogliere castagne e funghi insieme al secondogenito di Antonio e Maria, mentre Nonna Anna sta sferruzzando una copertina per l'ultima nata e la piccola Matilde sta giocando accanto alla culla della sorellina con una bambola di pezza fattale dal nonno.
Maria canticchia mentre va in dispensa a vedere che cosa può preparare con quello che ha in casa. Vuole fare una sorpresa al suo Antonio e sta meditando un pranzetto speciale con i suoi piatti preferiti, perché avere la sicurezza di una casa e di un lavoro non è cosa da tutti, e lei lo sa bene.
Il maiale è stato ammazzato un mese fa e una ghirlanda di salsicce adorna le pareti, mentre salami e prosciutti pendono dalle robuste travi del soffitto. Le castagne sono ammucchiate in un canto, la loro spettanza ben divisa dalla parte che spetta al padrone del castagneto. I funghi meno belli sono stati puliti, affettati e messi a essiccare per l'inverno. In un cantuccio della dispensa vi è un sacchetto di tela mezzo vuoto: contiene il residuo dei funghi secchi dell'anno scorso. La farina a casa loro non manca mai, frutto di uno scambio con la cucina dei padroni presso cui lavora Lena, che volentieri a volte danno un piccolo extra in natura ad Antonio. Gli ortaggi più comuni e le erbe aromatiche vengono amorevolmente coltivate da Antonio in un fazzoletto di terra che si è ricavato dietro casa, e sono anch'esse fonte di sostentamento per la famiglia. Quando Antonio lavora i campi del padrone ci pensano Nonno Gianni e Maria a curare l'orticello e ad accudire gli animali.
E così Maria si mette all'opera: cipolla, sedano e carota per il soffritto; un po' di polpa di maiale e qualche verzino, e poi tante castagne per il ragù preferito del suo Antonio. Il tegame di coccio è già sulla cucina economica e intanto che sobbolle il ragù Maria impasta i pici con le sue abili mani; la piccola Matilde si divertirà a tirarli, visto che da grande vuole fare la cuoca come la Zia Lena.

Ed ecco che cosa hanno gustato l'11 novembre 1853 Antonio e Maria, insieme ai Nonni e ai loro figli; quello che Maria non sapeva è che 150 anni dopo una Siciliana trapiantata a Milano avrebbe preparato le stesse cose, per raccogliere il guanto della sfida dell'MTChallenge lanciatole da una certa Serena da Piancastagnaio...

sabato 16 novembre 2013

Pappa alle castagne


Sono molto presa ultimamente e si può dire che il mio blog va avanti grazie all'MTChallenge, visto che non cucino quasi per niente altro. Da un lato mi dispiace che la mia vena creativo-culinaria si debba esaurire con le sfide che si succedono di mese in mese, ma dall'altro lato devo dire che tali sfide sono così appassionanti e impegnative da assorbire veramente tante energie.

Questo mese l'impegno sale alle stelle: la sfida infatti non è su una ricetta da reinterpretare, ma su un ingrediente: la castagna. Serena di Pici e Castagne infatti ci ha introdotti con un post commovente alla sua Piancastagnaio nel pieno dell'atmosfera invernale, con l'aria pungente profumata di bosco e la legna che arde nel camino.
Per me è più facile reinterpretare una ricetta che inventarne una a partire da un ingrediente, ma proprio per questo la sfida novembrina è ancora più appassionante, tanto più che l'uso della castagna va inquadrato nell'ambito della cucina povera, di cui questo umile ma squisito ingrediente è stato una colonna portante nella sussistenza degli strati più poveri della popolazione, nei secoli passati.

E castagna sia! Mi son detta dopo aver letto il tema della sfida, e quasi senza che me ne rendessi conto il mio cervello ha cominciato a rimuginare la cosa.
Alla sera tornata a casa mi sono messa a buttare giù idee, facendo un brain storming con me stessa. Poi ho cominciato a limare la lista, a pensare più attentamente agli ingredienti da usare per ogni ricetta, ma... ma c'era sempre qualcosa che non mi convinceva.
Ci ho dormito su e il mattino dopo, EUREKA!!!! E' arrivata la prima idea.
Uno dei miei piatti preferiti della cucina povera toscana è la pappa al pomodoro. Perché non provare a preparare una pappa alle castagne?
Più ci pensavo e più l'idea mi piaceva. Occorreva solo perfezionare gli ultimi dettagli, come ad esempio il tipo di castagne da utilizzare. Dopo attenta riflessione e dopo aver pelato un chilo e mezzo di castagne fresche ho deciso che per una pappa alle castagne era molto meglio usare quelle secche e così ho fatto.
Poi ci voleva il pane toscano, ma quello era il minore dei problemi: bastava prepararlo; e poi... e poi ancora un po' di sapore, regalato dai funghi e dalle erbe aromatiche.

Per farla breve, vi presento la prima ricetta che ho ideato per la sfida di questo mese:

lunedì 11 novembre 2013

Pane Toscano "veloce"


Poche cose in cucina mi regalano la soddisfazione che mi dà il preparare il pane in casa. C’è un che di magico nell’impasto che lievita e matura, sviluppando profumi e aromi; c’è un che di rassicurante nei gesti antichi eppure attuali con cui impastiamo il pane, gli diamo