sabato 30 aprile 2011

Pasta con pomodoro, sgombro e fagioli, perché siamo stati tutti studenti!

Siamo stati tutti studenti, ed è per questo che ho provato subito un profondo sentimento di simpatia quando ho visto il contest "La pasta degli studenti" e ho deciso di partecipare.

Il motivo per cui arrivo solo oggi, ultimo giorno utile, è che ho fatto un po' fatica a trovare la pasta Garofalo vicino casa. Finalmente giovedì dopo il lavoro l'ho trovata, e oggi ho preparato una pasta che cucinavo spesso da studentessa quando avevo poco tempo e molta fame. Il formato che ho scelto è in assoluto il mio preferito di Garofalo, perché raccoglie il sugo alla perfezione: i radiatori, n. 87 ('e perucchie :-D).

venerdì 29 aprile 2011

Chocolate Biscuit Cake e tanti auguri a William e Kate!!!

É da quando Ale lo ha pubblicato, che me lo sogno la notte: il Chocolate Biscuit Cake, la torta che il Principe William ha scelto per il ricevimento serale delle sue nozze, come spiega con profusione di particolari l'informatissima Marina di Altezza Reale.
E allora mi sono detta: perché non trasformare il sogno in realtà, magari proprio nel giorno delle Nozze Reali?
Oltre tutto queste sono le prime Nozze Reali del secolo e la loro importanza è tale, che persino in America hanno tacciato di antipatriottismo chiunque non faccia il tifo per William e Kate, come testimoniato qui
Così, come si conviene a tutte le cose belle e buone condivise nell'era di internet, dopo aver invitato Paul A. nella mia cucina per preparare insieme la ricetta dell'MTC di aprile, gusterò il Chocolate Biscuit Cake assieme a Kate, William e i loro ospiti, questa sera. Se volete unirvi a me per brindare a questa giovane coppia e augurare loro tanta felicità, siete ancora in tempo: il dolce è semplicissimo, non richiede cottura e potrete gustarlo questa sera anche voi.

Tanti auguri di felicità, William e Kate!!!

mercoledì 27 aprile 2011

Mini quiches ai cipollotti e prezzemolo

«Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core»

Così cantava Leopardi nel Passero Solitario, e così mi sento anch'io in questa magica e leggiadra stagione dell'anno, quando la natura si stiracchia sotto le coltri del gelido inverno e comincia a fare capolino con teneri germogli e freschi boccioli.
E come avviene per il resto della natura, in primavera sono colta dalla smania del rinnovamento, della freschezza, della leggerezza... e comincio dalla casa. La voglia di rinnovare il mio nido di solito si arresta di netto davanti al budget che sarebbe necessario per fare quello che vorrei, così mi accontento, come la maggior parte delle desperate housewives, di darmi alle pulizie forsennate.
Quest'anno ho cominciato dalla dispensa, anche per inventariare quello che c'è e magari è finito sul retro degli scaffali, dare un'occhiata alle date di scadenza e stabilire l'ordine di priorità delle cose da cucinare (e qui mi viene da ridere, perché le mie capacità di programmazione sono notoriamente scarse e si scontrano puntualmente con una pigrizia atavica). Ho scoperto così che dall'ultima promozione sotto costo del mio caffé preferito, di quelle con un massimo di pezzi a cui lo sconto è applicabile, mi erano rimasti ancora un bel po' di pacchetti. Niente di male per carità, anzi; solo che quei malnati pacchetti di caffé occupavano parecchio spazio in dispensa, impedendomi di metterci altri articoli acquistati via via. E' per questo che nel corso delle ultime pulizie di primavera ho pensato di dare un assetto più razionale alla mia dispensa.
Intendiamoci, io cerco sempre di posizionare gli alimenti in dispensa secondo un ordine razionale in modo da trovarli immediatamente al bisogno, peccato che quello che al momento mi sembra la razionalità fatta space allocation, si dissolva miseramente al momento in cui li vado a cercare.
Come è successo per il caffè, per l'appunto.
La mattina di Pasqua vado per farmi il caffè e mi accorgo che ho terminato il barattolo. Mi dirigo con passo sicuro verso la dispensa, apro gli sportelli e rimango perplessa. Dagli scaffali occhieggiavano buste di zucchero a velo, pacchi di pasta, scatole di zucchero, lattine di pomodori pelati, pesche sciroppate, marmellate, gelatine e un sacco di altre cose una più buona dell'altra. Nessuna però adatta ad essere adagiata in una nuvola fragrante nel filtro della moka per fare un buon caffè.
Io lo so che ho la casa piena di caffè.
Lo so.
E' che non riesco più a trovarlo, e così mi tocca andarmelo a comperare di nuovo.
OK, sabato mi metterò di buzzo buono, svuoterò la dispensa, troverò quel caffè e darò agli alimenti un assetto così razionale, che la prossima volta che cercherò una marmellata tirerò fuori il pesto di pistacchi siciliano dop, igp, docg che sono sicura di avere ma non trovo da mesi.
Giuro.

Che io abbia scelto questa ricetta è di per se' strano: non sono esattamente una fan delle cipolle e non mi piace il prezzemolo. Eppure leggere il titolo, guardare la foto sul libro e decidere di provarla è stato un tutt'uno, e mi è piaciuta così tanto che a Pasqua l'ho riproposta sotto forma di mini quiches. Chi come me non ama la preponderanza del gusto cipolloso la preferirà sotto questa forma, mentre gli amanti della cipolla preferiranno un'unica, grande torta salata, dove il gusto della briséé alle noci farà da contrappunto senza smorzare troppo il cipollotto.



MINI QUICHES AI CIPOLLOTTI E PREZZEMOLO
Da Il grande libro dei cuochi - a cura di Gualtiero Marchesi


Per 20 mini quiches o 1 torta di 25 cm di diametro

Per la briséé alle noci:
150 g farina 00
120 g burro
100 g gherigli di noci (circa 250 g noci col guscio)
70 g circa acqua molto fredda
1 pizzico di sale

Per la farcia (mini quiches):
150 g doppia panna
3 cipollotti tritati
15 g grana grattugiato
1 uovo e 1 tuorlo
2 cucchiai di latte
1 cucchiaio colmo di prezzemolo tritato
noce moscata
sale
pepe

Per la farcia (1 tortiera da 25 cm di diametro):
6 cipollotti
300 g doppia panna
3 uova e 1 tuorlo
25-30 g grana grattugiato
3 cucchiai di latte
2 cucchiai colmi di prezzemolo tritato
noce moscata
sale
pepe



Preparare la briséé alle noci: tritare le noci, mescolarle alla farina e al sale e intridere il miscuglio con il burro a dadini. Aggiungere gradualmente l'acqua molto fredda e lavorare velocemente l'impasto con la punta delle dita fino a quando non si ammassa. Meglio ancora, lavorarlo nell'impastatrice con la frusta a foglia. Avvolgere la briséé in un foglio di pellicola trasparente e farla riposare in frigo almeno un'ora.

Spianare la briséé a 3 mm di spessore e tagliarla in tanti dischi quante sono le formine da tartellette. Foderare le formine con la briséé e metterla in frigo a riposare per un'altra ora.

Preriscaldare il forno a 190 °C, foderare le tartellette con carta forno, distribuirvi sopra dei pesi e far cuocere in bianco per 15 minuti. Sfornare, togliere i pesi, far riposare 10 minuti e abbassare il forno a 180 °C, rimettere in forno le tartellette e far cuocere per altri 5 minuti.

Preparare la farcia: mettere nel mixer tutti gli ingredienti e frullarli. Aggiustarli di sale e pepe, aggiungere una grattatina di noce moscata e distribuire tra i gusci di tartellette.

Infornare a 180 °C in modalità statica nella parte più bassa del forno per 20-25 minuti, fino a quando la superficie è dorata e il ripieno rappreso, ma ancora soffice.
Se si fa una tortiera da 25 cm di diametro, infornare per 30-35 minuti.


Con questa ricetta partecipo al contest di Marcella "Dimmi che fai e ti dirò QUICHEi".

venerdì 22 aprile 2011

Tonnarelli con pesto al cioccolato e basilico



Con oggi si conclude la nostra avventura di (st)Renne pasquali all'insegna del riciclo del cioccolato delle uova di Pasqua che saranno aperte domenica; quello che non si conclude affatto, ma che anzi continua a prosperare, è il legame che si è instaurato tra noi 7, fatto di risate, condivisione, bonarie prese in giro e tanta, tanta autoironia. E' per questo che alla conclusione di ogni progetto cominciamo a discutere di cosa fare dopo: se infatti ci siamo incontrati prima virtualmente e poi realmente in cucina, questa è solo una scusa per continuare a chiacchierare, a ridere, scherzare, come suggerisce l'immagine che abbiamo scelto per questa tornata.
Ho perfino trovato marito per celia e mi sono ingegnata a riprodurre qualche sua ricetta per "corteggiarlo", ed è solo grazie alle (st)Renne e a questo progetto specifico che l'ho "conosciuto", visto che personalmente non vado matta per il cioccolato e se non fossi stata spinta dalla necessità di trovare qualche ricetta un po' diversa, mai avrei acquistato il suo libro.
Per fortuna però le (st)renne ci sono, ho acquistato il libro e scoperto che il cioccolato si abbina meravigliosamente anche a dei piatti salati, che sono molto più di mio gusto di quelli dolci.

La ricetta che vi propongo oggi è sorprendente, e vale davvero la pena di provarla.
Come per l'MTC di questo mese, una parte della ricetta - quella della pasta - è mia (o meglio, appartiene alla tradizione italiana) e l'altra, il condimento, è di quel geniaccio di Paul A. Devo dire che io che detesto gli spaghetti, vado invece matta per i tonnarelli, la versione romana degli spaghetti alla chitarra, perfetti per la pasta cacio e pepe ma non solo. Se non avete l'apposita chitarra preparate dei tagliolini o delle tagliatelle: andranno benissimo lo stesso.

mercoledì 20 aprile 2011

Pane integrale alla birra

Il flash mi è venuto sabato sera, mentre mi truccavo per uscire: stavo applicando il correttore, ho sentito l'odore di cipolla sulle mie mani e all'improvviso mi sono rivista a 22 anni mentre affettavo una cipolla tenendola cautamente con la punta delle unghie per evitare che il persistente odore mi appestasse le mani. Mia madre rideva e mi prendeva in giro, ma per me quella era una cosa molto seria: non volevo certo che il fidanzato del momento fuggisse a gambe levate per colpa di una stupida cipolla!!! Dopo quell'episodio mi sono evoluta e per un po' di anni ho indossato i guanti di lattice per maneggiare le cipolle, e sabato sera ripensando a quelle manovre ho sorriso: i fidanzati susseguitisi in quegli anni sono un lontano ricordo, e l'odore di cipolla sulle mani non turba più i miei sonni, al massimo ci bevo su un buon bicchiere di birra.
E già che ho la birra in mano aspetta, che tiro fuori farina e lievito e preparo un ottimo

PANE INTEGRALE ALLA BIRRA

Da N. Negri - Fare il pane - Mondadori


350 g farina 0 o di forza
150 g farina di segale
100 g farina integrale
5 g lievito di birra fresco
330 ml birra  
1 cucchiaio malto d'orzo
1 cucchiaio miele di castagno
30 g strutto
2 cucchiaini scarsi da tè di sale
olio extravergine di oliva

Facoltativo: altra birra e semi a piacere per rifinire

Sbriciolare il lievito e versarlo in una ciotola insieme al malto e al miele. Diluire con la birra e mescolare fino a sciogliere il tutto.
Setacciare la farina sulla spianatoia, formare la fontana, versare al centro la soluzione lievitante e incorporare la farina fino a terminarla, quindi aggiungere lo strutto e il sale. Impastare energicamente per 10 minuti almeno, arrotolando e sbattendo la massa, ma cosiderando che dovrà rimanere piuttosto appiccicosa.
Se fosse troppo umida, coprire a campana con una ciotola e aspettare 10 minuti, per dar modo alla crusca di assorbire bene i liquidi. Riprendere la lavorazione dell'impasto e solo se risultasse davvero troppo umido, aggiungere con molta parsimonia altra farina bianca.
Al contrario, se l’impasto risultasse troppo asciutto, diluire con 1 cucchiaio di birra (o anche acqua) alla volta.
Continuare a lavorare l’impasto per renderlo elastico, aiutandosi all’inizio con una spatola. Trasferirlo in una terrina dai bordi molto alti e ungerne tutta la superficie con olio extravergine di oliva.
Sigillare con la pellicola e lasciar riposare per almeno 8 ore, fino al raddoppio dell’impasto.

Riprendere la massa e sgonfiarla. Formare una pagnotta e metterla in una ciotola infarinata, coprirla con carta da forno bagnata e strizzata e lasciarla lievitare per altre 2 ore o fino a quando raddoppia di volume.
Preriscaldare il forno a 200 °C e rivestire la placca con carta da forno.
Rovesciare delicatamente il pane sulla placca e spennellare la superficie con altra birra e cospargere di semi a piacere (io non l'ho fatto).
Far cuocere per 35-40 minuti o fino a quando il pane avrà assunto un bel colore dorato. Sformarlo e metterlo a raffreddare su una gratella.

lunedì 18 aprile 2011

Pescatrice in marinata di cumino, nigella e pepe nero

E' sabato mattina e io sono come al solito indaffarata con le pulizie di casa.
Squilla il telefono...

- Pronto?
- Buongiorno signora, è TeleTu. Volevamo dirle che da oggi con noi non paga più il canone Telecom.
- Ma io veramente ho staccato la linea da voi da un paio di anni almeno, e sono passata a un altro operatore. Cioè non eravate ancora TeleTu, vi chiamavate Tele2...
- Ma noi non siamo Tele2, noi siamo TeleTu, una società nuova e diversa e con noi non paga il canone Telecom.
- Beh, ma neanche con Tele2 pagavo il canone Telecom...
- Ma noi non siamo Tele2, noi siamo TeleTu, una società diversa...
- Ho capito che siete una società diversa, ma le sto dicendo che anche quando vi chiamavate Tele2 non si pagava il canone Telecom...
- Ma noi non siamo...
- Signora, quello che sto cercando di dirle è che non offrite niente di diverso da quanto offre il resto del mercato: neanche col mio operatore pago il canone Telecom.
- Perché, lei è con Telecom?
- NO, SONO CON UN ALTRO OPERATORE E NON PAGO IL CANONE!
- Ma con che operatore è?
- Non con Telecom, e neppure con voi (niente nomi per carità, che poi mi dice che non sono loro...). Ho annullato il contratto con voi che non siete più gli stessi e sono passata a un altro operatore.
- Ah... perché noi stiamo chiamando i clienti Telecom.
- Io non sono più cliente Telecom da una vita...
- Ma questo noi non possiamo saperlo, ci danno solo i numeri e i nomi, il resto è protetto dalla privacy.
- Ma allora se vi danno solo nomi e numeri, perché lei pensava che io fossi cliente Telecom?
- Ma lei che operatore ha? E comunque con noi non paga il canone Telecom!
- Senta, io il mio operatore non lo lascio. E mi faccia una cortesia: cancelli il mio numero dai vostri elenchi.
- Ma certo signora, per noi sarà un piacere! Buona giornata.

Riattacco la cornetta e scuoto la testa sconsolata: se è un piacere cancellarmi dai loro elenchi, perché si sono presi il disturbo di chiamarmi? Ah già... per farmi sapere che non pago più il canone Telecom....

La ricetta di oggi sarà apprezzata solo da quelli che amano i piatti piccanti.
Molto piccanti.
Se siete i tipi che preferiscono avvertire appena un vago pizzicore, lasciate perdere (oppure metteteci molto meno pepe), ma se amate il gusto piccante e il profumo delle spezie ve la consiglio. Questa marinata è ottima anche per la carne di maiale o di agnello.

RANA PESCATRICE IN MARINATA DI CUMINO, NIGELLA E PEPE NERO

Da Il grande libro dei cuochi, a cura di Gualtiero Marchesi




Per 4 persone:


4 code di pescatrice con l'osso centrale di circa 200 g l'una, private della membrana
150 ml yogurt naturale
1,5 cucchiai semi di nigella
1 cucchiaio semi di cumino
1 cucchiaio pepe nero macinato al momento
1 cucchiaio menta essiccata
1 manciata foglie di menta fresca
4 cucchiai olio extravergine di oliva
1 cucchiainio sale


Versare in una padellina 2 cucchiai di olio e unirvi i semi di cumino e il pepe nero. Porre su fuoco dolce e far cuocere finché i semi cominciano a scoppiettare e a emanare profumo. Unire la nigella e il sale e contare fino a 15. Versare il composto in una ciotola, aggiungere la menta essiccata e mescolare. Far raffreddare e aggiungere lo yogurt.
Mettere le code di pescatrice nella ciotola e massaggiarvi bene la marinata, facendola penetrare. Coprire con pellicola trasparente e porre in frigorifero a marinare per 4-6 ore.

Preriscaldare il forno a 200 °C e scaldarvi una pirofila di ceramica.
Togliere il pesce dalla ciotola e pulirlo bene per eliminare la marinata in eccesso. Versare nella pirofila un cucchiaio di olio e disporvi il pesce. Farlo cuocere per 15-18 minuti o finché sarà ben cotto (nel mio forno ci sono voluti 40 minuti buoni).
Per saggiare la cottura separare con un coltellino affilato la carne dall'osso nel punto più alto: dovrebbe staccarsi facilmente.
Al momento di servire, staccare le foglie di menta dagli steli e distribuirle sul pesce, condire con un filo d'olio e portare immediatamente in tavola.

venerdì 15 aprile 2011

SOUFFLE' AI TRE CIOCCOLATI (e l'importanza di non chiamarsi... Ernst!)

Domenica mattina mentre preparavo questi meravigliosi soufflé, riflettevo su un fatto: io non sono Ernst Knam. Ora, che io non sia Knam è una cosa evidentissima a chiunque mi conosca ed è anche normale: un mondo fatto di soli Knam sarebbe un posto dove si mangia benissimo, ma essenzialmente noioso, tanto che non ci si renderebbe neppure conto di mangiare benissimo.

Ma non pensavo tanto a questo, domenica mattina, quanto ai lati positivi di non essere Knam: è vero infatti che il Maestro è un genio incontrastato della pasticceria, ma dietro a tanto estro creativo c'è parecchio lavoro, ci sono anni di studio e sperimentazioni sul campo, c'è un rigore insieme alla passione e al pizzico di follia che lo muove, e ci sono tanti, tantissimi sacrifici. Per contro i risultati che lui ottiene sono impeccabili, mentre i miei qualche pecca ce l'hanno... eppure è proprio ai vantaggi di queste pecche che pensavo, nel corso delle mie riflessioni.

Prendiamo ad esempio questi soufflé, che sono assolutamente divini: Knam di sicuro avrebbe approntato 3 bastardelle nelle quali far fondere i 3 tipi di cioccolato.
Io no: io ho usato un'unica bastardella, in cui ho fatto fondere prima il cioccolato bianco, poi quello al latte e infine quello fondente. E quella minuscola quantità di ogni cioccolato che si mischia al seguente, "contaminandolo"? Con un'alzata di spalle mi sono detta: tanto io non sono mica Knam! Eh sì, perché Knam non può permettersi il lusso di ottenere risultati meno che perfetti, io invece sì. E' per questo che, parafrasando Oscar Wilde, ho pensato: "L'importanza di NON chiamarsi Ernst"!!!! ^_^

Questa ricetta è a mio avviso spettacolare.
E' stato proprio Knam a farmi scoprire il meraviglioso mondo dei soufflé, aggiungendo alle ricette quelle note e quei trucchi che permettono a tutti, anche ai principianti, di ottenere ottimi risultati fin da subito.
Un buon soufflé è il risultato del perfetto equilibrio tra le consistenze dei vari ingredienti che lo compongono. Per questo ho preferito seguire le dosi della crema pasticcera di Knam, nonostante nel mio database ricette io abbia decine di collaudatissime ricette per la medesima: volevo essere certa che la consistenza fosse proprio quella pensata dal Maestro per questa sua creazione sopraffina.
Per il resto l'esecuzione è facile e veloce, basta organizzarsi predisponendo 3 ciotole in cui amalgamare le 3 basi.
Ricordarsi che gli albumi non vanno montati a neve fermissima, ma devono rimanere piuttosto cremosi, per potersi sviluppare ulteriormente durante la cottura e conferir loro maggiore sofficità.
Il bagnomaria inoltre dev'essere già caldo, risultato che otterremo facilmente introducendo la teglia con l'acqua nel forno, al momento di accenderlo.

Chiedo infine scusa per le foto, che sono così così perché ho maneggiato un po' la preparazione, a riprova che questa regge anche le manipolazioni degli imbranati come me: ci ho messo infatti una decina di foto prima di capire che era meglio capovolgere la preparazione con la parte bianca verso il basso (si capisce che non sono Knam? :-D).


SOUFFLE' AI TRE CIOCCOLATI
Da Ernst Knam – Soufflé – Idea Libri


Per 4 persone


Per la crema pasticciera:
500 g latte intero
4 tuorli
75 g zucchero
20 g farina
10 g fecola


Per la base al cioccolato fondente:
60 g crema pasticciera
60 g cioccolato fondente all'80%, fuso
2 albumi
20 g zucchero


Per la base al cioccolato al latte:
60 g crema pasticciera
60 g cioccolato al latte fuso
2 albumi
10 g zucchero


Per la base al cioccolato bianco:
60 g crema pasticciera
60 g cioccolato bianco fuso
2 albumi

Preparare la crema pasticciera: portare a bollore il latte. Nel frattempo mescolare i tuorli con lo zucchero, la farina e la fecola. Aggiungervi il latte bollente a poco a poco per non far cuocere le uova, amalgamare molto bene, poi trasferire nella pentola del latte e far bollire per 5 minuti.


Accendere il forno a 200 °C e mettervi dentro una teglia dai bordi alti con dell'acqua, in modo da avere il bagnomaria già caldo quando inforneremo i soufflé.
Imburrare 4 stampi monoporzione da soufflé e spolverizzarli con zucchero a velo.


Cominciare preparando la base bianca: far fondere il cioccolato bianco a bagnomaria, mescolarlo con la crema pasticciera e amalgamarlo benissimo. Aggiungervi gli albumi montati a neve piuttosto cremosa (così in cottura si espande e dà ancora più leggerezza al soufflé) amalgamandoli delicatamente.


Preparare poi la base di cioccolato al latte seguendo lo stesso sistema ma aggiungendo lo zucchero dopo che gli albumi sono stati montati, e infine quella di cioccolato fondente, come quella di cioccolato al latte.


Distribuire la base al cioccolato fondente tra i 4 stampi; proseguire con quella al cioccolato al latte e completare con la base al cioccolato bianco.


Non superare i ¾ degli stampi (ehm... io sono arrivata a 5 mm dal bordo...).
Cuocere in forno a bagnomaria per 20 minuti.
Disporli nei piatti, spolverizzarli con cacao amaro e servire subito (ma reggono alla perfezione anche dopo alcune ore).

Note:



• Un buon soufflé è il risultato del perfetto equilibrio tra le consistenze dei vari ingredienti che lo compongono. Per questo ho preferito seguire le dosi della crema pasticcera di Knam.


• Per il resto l'esecuzione è facile e veloce, basta organizzarsi predisponendo 3 ciotole in cui amalgamare le 3 basi.


* Ricordarsi che gli albumi non vanno montati a neve fermissima, ma devono rimanere piuttosto cremosi, per potersi sviluppare ulteriormente durante la cottura e conferir loro maggiore sofficità.


• Il bagnomaria inoltre dev'essere già caldo, risultato che otterremo facilmente introducendo la teglia con l'acqua nel forno, al momento di accenderlo.







mercoledì 13 aprile 2011

GNOCCHI DI SEMOLINO CON VELLUTATA DI TOPINAMBUR E CIOCCOLATO BIANCO

Vi ho già detto che voglio sposare Paul A. Young (anche se lui non lo sa)? Sì? Beh, ve lo ripeto. Anzi, per cominciare a muovere i primi passi in questa direzione ho pure pensato di cucinare qualcosa insieme a lui.
Apparentemente la cosa è un po' difficile, visto che lui sta a Londra e io a Milano, ma l'MTChallenge - Dio benedica Alessandra e Daniela per aver avuto quest'idea strepitosa - me ne ha dato l'opportunità.
Dio benedica anche Stefania l'Araba Felice, che ha scelto come ricetta della sfida gli gnocchi alla romana, svelandoci come li faceva la sua mamma in un post pieno di dolcezza e di struggimento che mi fa venire i brividi ogni volta che ci ripenso.

Ha voglia la Ale a dirci che possiamo anche replicare la ricetta tale e quale, come si fa? Intendo dire: preparerò senz'altro la ricetta passataci da Stefania per la famiglia o gli amici, ma per l'MTC proprio non si può, ed è tutta colpa delle due Menù Turistiche, che per dimostrarci come funzionava il Challenge si sono sfidate con l'uovo fritto.

Adunque venerdì sera, mentre ero accasciata sul divano pensando a come interpretare gli gnocchi di semolino e sfogliavo distrattamente (sacrilegio! :-D) il libro Avventure al Cioccolato di Paul A. Young, i miei occhi cerulei dalla palpebra calante sono caduti sulla ricetta di una vellutata di topinambur e cioccolato bianco, che Paul A. accompagna a delle cialde di pecorino e fave di cacao. La palpebra si è innalzata all'istante, io sono saltata su dal divano con un balzo felino che alla mia età non credevo più possibile e ho urlato "Eureka!" e Archimede si è sporto da una nube per vedere chi è che lo aveva nominato, borbottando che lui al Grande Fratello non ci sarebbe andato neanche morto.
A me invece del GF non importava un accidenti: grazie a un'illuminazione ho pensato che gli gnocchi di semolino, insaporiti con tanto pecorino grattugiato al posto del parmigiano, erano perfetti per accompagnare la vellutata di Paul A., anche senza le cialde.
Anche perché devo confessarvi che i topinambur li avevo già in casa, le fave di cacao no. Ma che importa? Ho trovato il modo di cucinare qualcosa insieme a Paul A. e mi pare lo splendido inizio di un meraviglioso rapporto platonico e unilaterale pieno ed appagante, reso possibile dall'MTC nonostante la distanza geografica (e anagrafica... ma cosa sono 9 anni confronto all'eternità? :-D) che ci separa.




GNOCCHI DI SEMOLINO CON VELLUTATA DI TOPINAMBUR E CIOCCOLATO BIANCO

Paul A. Young & Me
 

Per 6 persone

Per gli gnocchi di semolino:

250 g semola per semolino
20 g burro
80 g pecorino romano grattugiato
1 l latte
½ l acqua
2 tuorli*
sale


Per la vellutata di topinambur e cioccolato:
(da Paul A. Young – Avventure al cioccolato – De Agostini)


800 g topinambur
1,2 litri brodo vegetale
150 g panna fresca
75 g cioccolato bianco
1 cipolla
1 porro
1 piccola patata farinosa
1 manciata di foglie di sedano
2 spicchi d'aglio
2 cucchiaini di sale
1 cucchiaino di pepe nero appena macinato
1 cucchiaio di olio d'oliva
1 cucchiaio di foglie di timo

Preparare gli gnocchi di semolino: portare a ebollizione l'acqua, il latte, il burro e una presa di sale, buttarci il semolino a pioggia e mescolare energicamente. Far cuocere per 15 minuti continuando a mescolare perché la polentina non si attacchi. Togliere dal fuoco, unirvi il pecorino grattugiato, incorporare i tuorli*, poi versare in una teglia livellando a 5 mm di spessore e far raffreddare.


Preparare la vellutata di topinambur: pelare e sciacquare i topinambur e ridurli a dadini. Tritare finemente la cipolla e l'aglio, affettare finemente il porro. Ridurre in dadolata anche la patata.


Fare appassire nell'olio d'oliva, a tegame coperto, la cipolla, il porro, le foglie di sedano, l'aglio e i topinambur. Aggiustare di sale e pepe, unire la patata e il brodo caldo e far sobbollire per 20 minuti.


Frullare fino ad ottenere un composto liscio, passarlo al setaccio per eliminare fibre e grumi e passare la vellutata in una pentola pulita. Amalgamarvi il cioccolato bianco spezzettato, la panna e le foglie di timo. Tenere in caldo.

Assemblare il piatto: riprendere la polentina raffreddata, ricavarne con un tagliabiscotti del diametro di circa 5 cm tanti dischi e distribuirli nei piatti da portata. Scaldarli per qualche minuto nel forno caldo o con un colpo di microonde, versarci sopra la vellutata di topinambur e servire.

* conservate gli albumi per la (st)renna di venerdì! :-D




lunedì 11 aprile 2011

ORECCHIETTE ALLA TROTA E TOPINAMBUR

"Pollo con cous-cous al profumo di agrumi", diceva l'invitante copertina di Oggi io cucino di febbraio, e io ho ceduto alla lusinga con lo stesso entusiasmo con cui i marinai cedevano al canto delle sirene. Solo che mentre i marinai affogavano in mare, io mi sono limitata a non cucinare (ancora) la summenzionata ricetta. Di più: dopo aver sfogliato la rivista ed essermi annotata mentalmente le ricette che volevo provare, l'ho messa via e non ci ho pensato più.

Non sono ancora in grado di dirvi com'è che venerdì sera me la sono ritrovata tra le mani, fatto sta che lusingata dal pollo l'ho sfogliata di nuovo, e mi sono soffermata su una ricetta che due mesi fa non avevo neanche preso in considerazione, in ragione del fatto che tra gli ingredienti c'era un pesce d'acqua dolce.
Io sono nata, è vero, in riva a "quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti", ma le mie radici stanno molto più a sud, nell'assolata e bella Trinacria, e il pesce d'acqua dolce proprio non mi piace.
Sarà forse la Quaresima e l'imperativo di mangiar pesce al venerdì che mi hanno fatto soffermare sulla ricetta, fatto sta che l'ho voluta provare e ne sono assolutamente entusiasta. E' facile, veloce e saporita, e il delicato profumo di arancia le dà quel tocco in più.

L'unica variante che ho apportato è stata l'omissione del prezzemolo tritato, che a me non piace; avrebbe dato più colore alle foto, così come l'utilizzo di una trota salmonata, ma per quanto mi riguarda non avrebbe aggiunto molto al piatto... questione di gusti, naturalmente. Se a voi il prezzemolo piace però mettetecelo... ;-)

Ricetta molto saporita, facile e veloce: che cosa vogliamo di più dalla vita? :-)

ORECCHIETTE ALLA TROTA E TOPINAMBUR

Da Oggi io cucino – febbraio 2011


Per 4 persone


400 g orecchiette fresche
300 g topinambur
160 g trota senza pelle (2 filetti circa)
1 spicchio di arancia biologica, con la buccia
1 spicchio d'aglio
2 cucchiai prezzemolo tritato
2 gambi interi di prezzemolo
olio extravergine di oliva
sale
pepe




Portare a bollore abbondante acqua salata per le orecchiette, che hanno un tempo di cottura piuttosto lungo, e farle cuocere. Controllare comunque i tempi di cottura, in modo che vengano pronte insieme al condimento.


Portare a bollore in un'altra pentola dell'acqua salata con uno spicchio di arancia biologica, comprensivo della buccia, e 2 gambi di prezzemolo.


Pelare e sciacquare i topinambur, tagliarli a fettine sottili (½ cm circa) e farli lessare insieme all'arancia e al prezzemolo per 20 minuti.


Nel frattempo diliscare i filetti di trota con l'apposita pinza (oppure usare una pinzetta per sopracciglia che dedicherete esclusivamente al diliscamento del pesce), tagliarli a metà nel senso della lunghezza e ridurli a dadini.


Far rosolare i dadini di trota per 2 minuti in una padella antiaderente insieme a 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva e allo spicchio d'aglio sbucciato e leggermente schiacciato. Togliere l'aglio.


Scolare i topinambur, eliminare arancia e prezzemolo, ridurli a dadini di 5 mm di lato e unirli ai dadini di trota. Far rosolare per altri 3 minuti mescolando spesso, e togliere dal fuoco. Aggiustare di sale, profumare con una macinata di pepe e il prezzemolo tritato (io non l'ho messo perché... non mi piace ;-) )

Scolare le orecchiette e farle saltare nel sugo per 1 minuto, poi servirle in tavola ben calde.

venerdì 8 aprile 2011

RISOTTO CON CIOCCOLATO AL PEPERONCINO, FICHI CARAMELLATI E SALSA AL PORTO

Ogni settore della vita, in particolar modo quelli professionali, ha un suo linguaggio specifico. Parliamo genericamente di linguaggio tecnico per designare appunto una serie di espressioni che in un dato settore hanno significato, mentre fuori contesto non dicono nulla o risultano addirittura buffi o surreali. Tanto per fare un esempio, quando ho cominciato ad avere a che fare con la Grande Distribuzione per lavoro, inizialmente restavo perplessa di fronte a termini come "testata di gondola". Potevo al limite immaginare che in occasione di un dato anniversario la galleria di un centro commerciale a Mestre esponesse una gondola, ma a Napoli, o a Milano? Poi ho imparato che la parte finale di ogni scaffale è detta così, in termini tecnici per l'appunto.

Non che di solito io stia ad arrovellarmi sui termini tecnici, intendiamoci, ma la faccenda della testata di gondola mi è tornata in mente qualche giorno fa, mentre leggevo la ricetta di un dolce descritta da uno Chef professionista. E' apparso subito chiaro fin dalle prime righe del procedimento che quel dolce era fuori della mia portata, ma ho continuato ugualmente a leggere la ricetta e sono scoppiata a ridere quando a un certo punto l'autore intimava di abbattere il dolce. Termini come julienne, concassé e brunoise sono oramai patrimonio comune e chiunque è in grado di capirli, ma io immaginavo un neofita alle prese con il suddetto dolce, che a un certo punto imbracciava una doppietta e diceva: "mi dispiace amico, niente di personale ma adesso devo abbatterti: c'è scritto qui!". :-D

Quando cuciniamo poi, veniamo anche in contatto con termini generici, come il famigerato "q.b.". Che cosa vuol dire quanto basta? Come regolarsi? Se si tratta di regolare la sapidità di una pietanza è sufficiente assaggiarla aumentando via via la dose di sale; se devo rosolare la cipolla in olio q.b. so regolarmi sulla quantità di olio da usare, ma che fare quando ci si trova davanti a una ricetta a noi ignota? Quello che secondo noi basterebbe, magari per lo Chef è eccessivo, oppure troppo poco. E allora? Allora andiamo a tentoni, sperando di averci azzeccato.
E' quanto è successo a me con questa ricetta, che prevede la preparazione di una salsa bruna che non avevo mai fatto. Sarà stata giusta la quantità che ho usato? Non lo so. So però che a me è piaciuto da matti, questo


RISOTTO CON CIOCCOLATO AL PEPERONCINO, FICHI CARAMELLATI E SALSA AL PORTO
(Chef Fabrizio Gnugnoli – da “Come il cioccolato sui maccheroni” - Mondadori)


Per 4 persone


Per il risotto:
300 g riso Carnaroli
150 ml vino bianco secco
80 g burro
80 g cioccolato fondente al 100% al peperoncino
50 g scalogno
brodo vegetale q.b.
Parmigiano Reggiano grattugiato q.b.
Sale e pepe q.b.


Per i fichi caramellati:
4 fichi grandi
250 g zucchero
2 cucchiai acqua
1 cucchiaio aceto


Per la salsa bruna al Porto:
100 ml di Porto
50 g scalogno
25 g burro
fondo bruno q.b. (io ne ho messo un mestolo, sperando che bastasse...)
olio extravergine di oliva q.b.
Sale q.b.


Caramellare i fichi: portare lo zucchero, l'acqua e l'aceto a 120 °C. Pulire bene i fichi con la buccia e tuffarli per alcuni minuti nello sciroppo; estrarli e farli sgocciolare e raffreddare su una gratella.


Io ho usato dei fichi che avevo caramellato l'autunno scorso, e che quindi sono molto più scuri di quelli caramellati al momento; d'altra parte non so voi, ma io in aprile in Italia non riesco proprio a trovarli, i fichi... :-D


Preparare la salsa al Porto: tritare lo scalogno e rosolarlo nell'olio extravergine di oliva. Bagnarlo con il Porto, aggiungere il fondo bruno e far restringere per qualche minuto, fino ad ottenere una salsina sciropposa (quanto sciropposa? Boh, quanto basta... :-D).
Filtrare al colino, poi montare la salsa con il burro ben freddo (io l'ho diviso in 4 dadini e li ho tenuti in freezer mentre preparavo la salsa; li ho tirati fuori uno alla volta a mano a mano che li univo alla salsa bruna), un dadino alla volta, aiutandosi con una frusta: il burro dev'essere emulsionato perfettamente alla salsa e non deve galleggiare in superficie. Regolare di sale.


Preparare il risotto: tritare finemente lo scalogno. Far fondere metà del burro in una casseruola di capacità adeguata e rosolarvi lo scalogno. Aggiungere il riso, farlo tostare per 3 minuti a fuoco vivace, poi bagnarlo col vino, farlo evaporare e aggiungere il brodo bollente un mestolo alla volta. Portare il risotto a cottura regolandolo di sale e pepe, poi spegnere il fuoco, mantecarlo con il restante burro, il cioccolato spezzettato e il parmigiano.


Servire il risotto nei piatti e completarlo con un fico caramellato per ogni commensale e un paio di cucchiai di salsa bruna al Porto.




A lunedì, da Ale e Dani!!!

Con questa ricetta partecipo al contest "Risottiamo?" della Cucina PiccoLINA.

Con questa ricetta partecipo al contest di Vaniglia e Cannella J'adore le chocolat.

mercoledì 6 aprile 2011

Jus lié: un'alternativa alla salsa spagnola

Proseguo con la carrellata delle preparazioni di base, perché sto sperimentando alcune ricette che le richiedono e mi sembra corretto mettere tutti nelle condizioni di prepararle.
Una sola foto e sfocata per giunta, ma dovendo fare da me e non avendo una mano particolarmente ferma, faccio fatica a reggere il mestolo con una mano e scattare con l'altra; questa è stata la miglior foto della serie, figuratevi un po' le altre. :-D

Il jus lié è stato per me un'autentica scoperta. E' l'alternativa moderna alla Salsa Spagnola, laboriosa e costosa, che richiede 2-3 giorni di preparazione ed è la base di numerose altre salse brune classiche. Benché sia molto più leggero della Spagnola, si trasforma in salse brune esattamente nello stesso modo. Come regola generale, il jus lié (o più semplicemente jus) di vitello è adatto per i piatti a base di carne, mentre quello di pollo è adatto per i piatti di pollame e di pesce.

Non fatevi ingannare dal nome però: parlano di jus chiaro, ma il colore è scurissimo!

lunedì 4 aprile 2011

Forfar Bridies

Non so come stiano le cose da voi, ma le mie to-do lists assomigliano molto alle liste d'attesa di certi ospedali: alcune ricette aspettano anni prima che io le realizzi, mentre altre balzano in cima alla classifica saltando tutta la coda, al pari dei raccomandati di casa nostra.
E' il caso della ricetta che vi propongo oggi, che è nella mia to-do list da qualche anno e che deve l'arrivo (finalmente!) del suo turno a due circostanze:  il contest degli Assaggi di Viaggio e il fatto che per festeggiare l'apertura del mio blog,  Alessandra mi ha regalato un librino, Favourite Scottish Recipes. La primissima ricetta ivi riportata era proprio quella dei Bridies!!!

La versione della nonna Scozzese di Francesca Dodero, è stata pubblicata nel 2005 o 2006 sul forum della Cucina Italiana e mi è piaciuta da subito; a causa della mia eterna lotta contro i rotolini di grasso però, ne ho sempre rimandato la preparazione. Adesso che ho aperto il blog mi sono rassegnata a fare la dieta nei ritagli di tempo (il che significa che le ricette che posto sono intervallate da giornate a base di verdure, per compensare) e quando però Annalù e Fabio hanno deciso di lanciare il contest "Cosa metto nel cestino?" ho deciso che era giunto il momento di prepararla.


Francesca ci ha lasciati nell'agosto 2007, dopo avere a lungo combattuto contro un brutto male. Era una donna allegra, solare e spiritosa, che ogni tanto sul forum pubblicava "Paperissima": le nostre affermazioni prese fuori contesto, che suonavano comicissime.
Dedico quindi a lei questa ricetta, e sono grata al Destino per avermela fatta incontrare.

Questa ricetta è un misto di quelle in mio possesso: la shortcrust pastry è di Francesca, così come il suggerimento di usare il brodo caldo per scaldare i Bridies, che non ho trovato da nessun'altra parte (evidentemente lo danno per scontato); il ripieno invece è del libretto di cui sopra, perché quello di Francesca era un po' troppo basic per i miei gusti. ;-)

venerdì 1 aprile 2011

Ravioli di zucca e scampi di Mazara del Vallo con massa di cacao



Lo sapevate che la nostra personalità si esprime anche attraverso i nostri piatti preferiti? Beh, sicuramente, al pari di me, lo sospettavate già da tempo. Anche il cioccolato non è esente dai test sulla personalità: secondo il ricercatore Murray Langham, autore del libro Cioccolatoterapia, la personalità di un soggetto è strettamente legata al tipo di cioccolato che preferisce. Innanzi tutto le persone che amano il cioccolato amano anche la vita e tutto ciò che ha da offrire, inoltre sono in sintonia con tutto quello che può migliorare la condizione umana. Inoltre...
  • Amate il cioccolato bianco? Siete portati a considerare le facce opposte dei problemi, cosa però che porta ad avere dubbi e incertezze.
  • Preferite il cioccolato al latte? Rimpiangete la dolcezza dell'infanzia e siete tendenzialmente proiettati nel passato.
  • Adorate il cioccolato fondente? Siete una persona sempre in movimento, avete una mente attiva che sforna sempre idee nuove.
  • Siete golosi del cioccolato extra fondente? Avete l'animo del conoscitore, cosa che vi rende un po' insofferenti e dittatoriali nei confronti di chi non ritenete all'altezza.
  • Vi piacciono tutti i tipi di cioccolato? Avete una personalità flessibile ed adattabile, capace di vivere con chiunque e di adattarsi a qualunque situazione.
Forse vi siete ritrovati in quanto sopra riportato, magari solo in parte, o forse no. In ogni caso, io direi di passare a goderci un'altra ricetta a base di cioccolato, all'insegna del RinnUoviamoci delle (st)Renne.

Il cioccolato racchiude in se' una miriade di sapori che vanno dall'acido all'amaro, e anche se dà il meglio di se' nella versione dolce, sicuramente più popolare, si presta a tanti piatti salati veramente stuzzicanti, come la ricetta che propongo oggi, tratta da un libro molto interessante: Come il cioccolato sui maccheroni, edito da Mondadori

Questa ricetta mi ha intrigata da subito, anche se l'ho catalogata come "per molti, ma non per tutti". A casa mia ad esempio la proporrei a mio fratello Enrico e signora, che sono dei veri gourmet, mentre ai miei altri familiari preparerei piatti più tradizionali, perché con questi riceverei senza dubbio il pollice verso.
A me però è piaciuta assai...