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giovedì 16 dicembre 2010

Paté di lenticchie rosse al pepe rosa



Tra 10 giorni è Natale, e adesso comincia la vera frenesia.
Cene aziendali, pizzate con quelli della palestra, aperitivi con gli amici, brindisi vari con scambio di pacchetti e pacchettini.
Io arrivo sempre a questi appuntamenti con l'acqua alla gola nonostante mi sia preparata con largo anticipo: è dall'inizio di novembre che preparo (st)renne varie e l'acquisto di piccoli doni è diluito nell'arco dell'anno: appena vedo una cosa che mi fa pensare a una persona cara l'acquisto e la metto da parte. Con queste premesse arrivata in questo periodo dovrei essere a buon punto, giusto? Sbagliato.
Perché c'è sempre la persona per cui non avevi trovato nulla durante l'anno, e bisogna scervellarsi per trovare qualcosa di carino e se possibile originale (il più delle volte non è possibile); e soprattutto perché ci sono i pacchettini da fare.

Già, i pacchettini.
Io odio fare i pacchettini. O D I O impacchettare alcunché. Chiedetemi tutto, ma non di fare pacchetti. E invece questo è esattamente quello che mi viene chiesto, più spesso che no. Mia madre, bravissima a fare gli oggettini con il Biedermeier (avete presente quei graziosi bouquet con spezie, perline e canutiglia dorata? Ecco, quelli) e con una manualità mirabile che purtroppo sono ben lungi dall'avere ereditato, se ne esce puntualmente con frasi del tipo "Tu che sei brava a fare i pacchetti...".
Questo NON significa che io sia brava a fare i pacchetti; evidenzia semmai la sua non voglia di assupparsi anche questa seccatura e la ferma volontà di affibbiarla a qualcun altro, e più precisamente a me. Non le ho mai sentito dire una cosa del genere a mia sorella, eppure lei è forse quella che ha ereditato più di tutti la manualità materna, visto che ogni tanto fa lavori di découpage. Ma no: abbiamo un bel vivere a qualche km di distanza, i suoi pacchetti sono strettamente di mia competenza e non c'è modo di sfuggirvi, e mica solo a Natale!
Deve andare a cena fuori con mio padre? Toh guarda, ho comperato questa cosa da portare: non è che mi faresti il pacchettino?
E' il compleanno di un nipotino? Lei compera il regalo e io lo impacchetto.
Siamo perfino giunte al punto di esserci comperate lo stesso identico libro da regalarci, e avendolo scoperto poco prima di Natale lei mi ha consegnato la sua copia intimandomi di impacchettarlo per me, e chiedendomi di impacchettare anche quello destinato a lei, che a Natale mica si può presentare un regalo senza pacchetto! Per distinguere il suo regalo dal mio ho dovuto fare un segnino sulla carta... :-D

lunedì 1 novembre 2010

Zuppa di fagioli al pomodoro

Sono reduce da un week-end a Genova ricco di affetto, risate, divertimento, ottima cucina e... shopping, su cui mi dilungherò in un altro post.
Ieri sera ho preso il treno carica come un mulo, ma ho lasciato dalla Ale i banali sacchetti di plastica perché quelli di carta sono decisamente più trendy.
Peccato che piovesse.
Sono arrivata a casa con un sacchetto tenuto in braccio, un altro tenuto in equilibrio precario sul trolley (pesantissimo perché pieno di libri di cucina), niente ombrello perché non dispongo di terza mano per reggerlo - e sa il Cielo se avrei avuto bisogno di una terza mano, per reggere il secondo sacchetto.
Naturalmente l'ascensore non funzionava e ho dovuto trascinare me stessa e il precario bagaglio su per le scale, ridendo come una deficiente pensando che io a Fantozzi faccio un baffo. I sacchetti di carta sono collassati non appena oltrepassata la soglia di casa, e io ho esclamato: "le mie pentoline!!!". Fortunatamente tutti i miei acquisti in ceramica sono arrivati a destinazione sani e salvi, resistendo Dio sa come a cadute, urti e quant'altro. Non sorprendentemente, oggi sono leggermente in coma...

Quando ero ragazzina Cesare Battisti cantava "Ma che colore ha una giornata uggiosa?"; la mia risposta è sempre stata "dipende" e così continua ad essere.
Se però la giornata uggiosa coincide con una pigra giornata di inizio novembre, ecco che il colore diventa quello delle zuppe, dei brasati, di tutti quei piatti a cottura lenta il cui aroma si spande per la casa.
Nel quadro ideale che ho in mente c'è anche un camino con un bel fuoco allegro e scoppiettante, un buon libro in mano, musica di sottofondo, etc., etc. Nella vita reale invece c'era una montagna di roba da stirare e una lavatrice da mandare avanti.
Mi sono consolata realizzando almeno una parte del sogno: in settimana al mercato mi ero lasciata tentare da dei bei baccelli di fagioli borlotti freschi; oggi li ho sgranati, sciacquati e posti su un telo ad asciugare. 
Consultato il libro Ricette d'oro della Cucina Italiana (comperato con il 50% di sconto), ho trovato la ricetta che faceva per me; qualche piccola variazione, quanto basta per sentirla più "mia", ed ecco qui: