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martedì 1 gennaio 2013

Ravioli di cotechino e lenticchie in salsa di fagioli (Massimo Bottura)


Oooooocchei, anche quest'anno il grosso delle feste natalizie è passato, con il suo carico di bellezza - il piacere di ritrovarsi, la gioia che brilla negli occhi dei bambini, le chiacchiere rilassate tra amici, la magia, la commozione e l'incanto sempre rinnovati della Messa di mezzanotte - e di fatica, in specie la fatica di cucinare (perché è un piacere, sì, ma costa anche fatica e tempo!). 

Terminate le abbuffate, che per me sono state anche meno del solito perché quest'anno abbiamo scelto di preparare poche portate ben scelte e calibrate, che incontrassero il gusto di grandi e piccini, si pone il duplice problema dello smaltimento degli avanzi e... delle calorie di troppo.

Per l'eccesso di calorie personalmente rimando tutto a dopo l'Epifania: al momento urge smaltire gli avanzi, specialmente quelli del cenone di Capodanno. 


Comincio proprio da quest'ultimo, proponendovi dei ravioli farciti con cotechino e lenticchie. Io ho preparato tutto ex novo, ma nulla vi impedisce di utilizzare quanto avanzato dalla tavola di ieri sera. Geniale l'idea di terminare la cottura del cotechino al vapore del Lambrusco: il pezzo si sgrassa meglio e acquisisce un profumo delizioso, direi quasi... inebriante! :-)


TANTI AUGURI A TUTTI DI UN BUON 2013!!!!!

lunedì 12 novembre 2012

Fumetto di pesce


Era da un sacco di tempo che desideravo pubblicare questa ricetta, molto semplice e veloce da preparare e base di tutti i piatti di pesce che si rispettino. Mi ha sempre
trattenuta il fatto che i brodi non siano esattamente preparazioni fotogeniche, e anche se non sono un granché come fotografa non mi andava di mettere delle foto brutte sul blog.
Poi però mi sono detta che una base di cucina così importante non poteva mancare sul mio blog, tanto più che è una preparazione di cui faccio uso frequente, dato che amo molto il pesce. Così questo fine settimana mi sono rassegnata decisa a fotografare carcasse di pesce e brodo in ebollizione in pentola, per pubblicare la ricetta di questo brodo delizioso e di tutte le note ad esso attinenti, tratto da quella miniera di consigli e ricette che è Il Grande Libro dei Cuochi, edito da Rizzoli e curato da Gualtiero Marchesi.

martedì 6 novembre 2012

Pâté di anatra all'arancia


Sono reduce da 2 week-end di fila fuori casa e sono leggermente distrutta, anche se contentissima.
Dal 27 al 29 ottobre infatti sono stata al Salone del Gusto di Torino, di cui parlerò più

venerdì 19 ottobre 2012

Omelette con cozze ed erba cipollina


- Zia, Zia, lo sai che l'altra notte una tartaruga Caretta ha deposto le uova qui in spiaggia, a 3 bagni di distanza?
- Sì Dolce Principe, l'ho sentito dire.
- Ti va se andiamo a vedere?
- Ma certo! Aspetta che prendo il cellulare e scatto qualche foto.

lunedì 4 giugno 2012

venerdì 23 marzo 2012

Cailles en sarcophage


C’è stato un periodo della mia vita, da ragazza (e quindi diversi lustri fa ^_^) in cui ho
sofferto di una leggera forma di depressione. Mi svegliavo al mattino con un nodo allo stomaco e andavo a dormire la sera con il medesimo nodo, come se dovessi sostenere un esame universitario ogni minuto della giornata. La sensazione era talmente familiare che non ci facevo nemmeno più caso, ma non per questo era gradevole. All’epoca ero magrissima – pesavo 48 kg – pur mangiando come un lupo, da tante energie mi faceva consumare questo stato di angoscia perenne.
Una sera davano alla TV un film, Il pranzo di Babette. Sono sempre stata appassionata di cucina e poi il film era tratto da un racconto di Karen Blixen, così ci siamo messi a guardarlo tutti quanti, in famiglia.

Il film era semplicemente magico: la poesia e la delicatezza con cui ogni personaggio era tratteggiato, la bellezza dei paesaggi e delle riprese, lo svolgersi intero della storia intorno alla protagonista, tutto mi ha coinvolta fin dalle prime scene.
Babette, fuggita dalla Francia dove suo marito e suo figlio sono stati uccisi a seguito della repressione dei moti della Comune di Parigi, si rifugia in Danimarca presso due anziane signorine, figlie di un Decano protestante che aveva fondato una piccola congregazione. I fedeli della piccola comunità cominciavano ad essere divisi da forti dissapori, frutto della convivenza stretta in un’isola che offriva poche distrazioni.

Babette lavora come domestica presso le due signorine e con molta umiltà impara da loro le semplici ricette di cucina con cui esse si nutrono e che portano ai poveri. Le insegnano a cucinare una zuppa di pane e birra e lei senza la benché minima spocchia impara la ricetta, per poi migliorarla piano piano, quasi insensibilmente. Le cose durano così per una ventina d’anni, poi la svolta: l’unico legame con la Francia che Babette ha è un biglietto della lotteria nazionale che un amico fedele (Achille Papin, il cantante d’Opera che l’aveva raccomandata alle due signorine e che un tempo aveva desiderato sposare una di esse) acquista per suo conto ogni anno. Quell’anno il biglietto di Babette vince il primo premio, 10.000 franchi.
E’ anche l’anno delle celebrazioni per il centenario della nascita del Decano, e le sue anziane figliole sono molto preoccupate per le divisioni sempre più forti che continuano a lacerare la congregazione.

Babette si offre di preparare un pranzo per celebrare l’anniversario e chiede alle signorine un favore: vuole offrire lei il pranzo. Queste accettano, sebbene un po’ riluttanti, e Babette si mette subito all’opera: fa una lista degli ingredienti e la consegna a un suo nipote, capitano di una nave che fa la spola tra la Francia e la Danimarca. Nel frattempo gli inviti vengono diramati ai membri della congregazione.
Quando gli ingredienti arrivano, la loro abbondanza e varietà sconcerta fortemente le due anziane signorine; in particolar modo una grossa tartaruga turba i sogni di una delle due sorelle, che teme le fiamme dell’inferno per il “sabbath” che si sta preparando nelle loro cucine. In lacrime confida i suoi timori alla congregazione, e tutti decidono che non faranno alcun commento sul cibo.
I preparativi nel frattempo fervono e quando arrivano gli ospiti, tra loro vi è anche il nipote della signora più anziana della congregazione, un Generale che da giovane aveva voluto sposare l’altra figlia del decano e che, respinto dal padre di lei, aveva deciso di seguire la sua ambizione e fatto una brillante carriera.

La sera dei festeggiamenti sarà chiarificatrice per tutti, innanzi tutto per il generale che non ha trovato la felicità nelle sue numerose soddisfazioni professionali e mondane. E’ una serata di resa dei conti, di bilanci della vita, “quegli inventari fatti sempre senza amore”; ed è proprio il Generale, estraneo alla congregazione, che permetterà agli altri invitati di gustare appieno il pranzo preparato da Babette e le gioie che la vita ha da offrire. Il cibo è il mezzo attraverso cui la catarsi si compie e la bellezza della vita emerge in tutto il suo splendore. Il Generale commenta ogni singolo piatto da conoscitore e racconta di una famosa chef donna (cosa insolita per quei tempi) al Café Anglais di Parigi: una cena per 12 lì costava 10.000 franchi, ma quella donna sapeva trasformare il cibo in una specie di avventura amorosa che trascinava i sensi dei commensali. Aveva perfino inventato un piatto, le Cailles en Sarcophage, che erano un po’ la sua “firma” e, meraviglia... le Cailles en Sarcophage vengono presentate in tavola in quel momento, una per ogni commensale!

Gustando il cibo magistralmente preparato da Babette il Generale si rende conto che nessuna scelta della nostra vita va sprecata e il suo toccante discorso conclusivo aiuta anche gli altri commensali a ritrovare la pace con se stessi e con gli altri: “nella vita siamo chiamati a fare delle scelte e a volte ci sembra di dover rinunciare a qualcosa. In realtà non è così: quello che abbiamo scelto ci viene dato e quello cui abbiamo rinunciato ci viene pure accordato, sebbene in un altro modo,  perché Grazia e Verità si sono incontrate, Giustizia e Pace si sono baciate”. La salvezza è un hic et nunc, è qui ed ora, oppure non c’è.
A partire da quel momento tutti i commensali gustano e commentano il cibo con una libertà che non si erano sognati prima. Ognuno fa la pace con se stesso e con il suo prossimo, scherzano anche sui piccoli imbrogli che si sono fatti negli anni e quando escono fanno perfino un girotondo attorno alla fontana del paese.

Babette viene dunque rivelata per quello che è: una grandissima Chef, che pure ha umilmente preparato la zuppa di pane e birra per tutti quegli anni senza far pesare la sua superiorità a nessuno e che continuerà a essere la fedele domestica delle due anziane signorine, perché per acquistare gli ingredienti di quel pranzo ha speso tutti i 10.000 franchi vinti alla lotteria. Quando una delle due signorine osserva che è di nuovo povera, lei ribatte: “Un artista non è mai povero: ho dato solo il meglio di me”. Preparare quel pranzo è stata una vera gioia e una grande soddisfazione per lei, non ha bisogno di altro. Ed è allora che la signorina Filippa, la quasi sposa di Achille Papin tanti anni prima, le ripete una frase che Papin stesso le scrisse nella lettera di raccomandazione di Babette: “Quando arriverete in Cielo, sarete l’artista che Dio ha voluto che foste: oh, come farete gioire gli angeli!”. 

Il film si conclude con una frase bellissima che si scambiano le due anziane sorelle prima di ritirarsi per la notte: "Le stelle sono venute più vicine. Forse verranno più vicine ogni sera".

Me lo ricordo ancora, benché siano passati tanti anni: il film è terminato e io mi sento più leggera. C’è qualcosa di diverso, ma non riesco a capire cosa… e poi capisco: quella sensazione di angoscia, il nodo perenne allo stomaco che mi accompagnava da mesi, è scomparso. Sono andata a letto rasserenata, con quell’ “oh, que vous ferez réjouir les anges” che mi risuonava ancora nelle orecchie.
Certo, il mattino dopo il nodo era ricomparso, ma quel magico film lo aveva rimosso per qualche ora e mi aveva donato tanta pace e tanta serenità.
A poco a poco ho risolto i miei problemi e il nodo allo stomaco non si è più presentato, però ogni volta che mi sento triste, depressa o giù di corda prendo il DVD del Pranzo di Babette e me lo riguardo: il suo effetto su di me rimane immutato negli anni.

E’ per questo che l’ultima Donna (St)raordinaria a cui voglio dedicare una ricetta è lei, Babette, e lo faccio con il suo “signature dish”, le Cailles en Sarcophage. 


Ho cercato a lungo la ricetta; su tutti i siti italiani che ho visitato ho trovato sempre la stessa identica ricetta, scritta con le medesime parole e senza che da un sito all’altro cambiasse una virgola; siccome nessuno scriveva la sua fonte è difficile capire chi l’abbia scritta per primo. Tuttavia la versione italiana non mi convinceva fino in fondo. Mi sono rivolta alla Francia allora, Terra natia di Babette, e lì ho trovato una ricetta decisamente migliore, che vi presento.

Ma prima di passare alla ricetta permettetemi di spendere due parole sul concorso legato al progetto Donne (St)raordinarie, legato al contest di Stefania Le (St)renne gluten-free, che vede voi impegnati a interpretare lo stesso tema delle (St)renne in chiave gluten-free, e noi in veste di giudici. Le 5 vincitrici del contest di marzo saranno incor(o)nate (St)renne per un mese, e parteciperanno al nostro prossimo progetto nonché a tutto il backstage ad esso legato; tra tutte le vincitrici di ogni mese (da settembre 2011 a giugno 2012) sarà estratto un nominativo che vincerà un week-end per due persone al Baglio Costa di Mandorla di Paceco (TP), sulla via del sale e del vino.
Questa settimana è l'ultima in cui noi (St)renne ufficiali pubblichiamo: la prossima settimana sarà la volta delle vincitrici del concorso di gennaio: Mai, Eleonora, Greta, Patty e Gaia. 

Partecipate anche voi al concorso, dedicando una ricetta gluten-free a una Donna (St)raordinaria: un’attrice, una scienziata, una donna politica, il personaggio di un romanzo, l’autrice di un libro… L'importante è che sia una donna famosa (niente mamme, zie e nonne please, lasciamo gli Avi ad Anna di Masterchef!) e che sia chiaro il legame tra la donna e la ricetta.   

E adesso tutti pronti a gustare le 

giovedì 26 gennaio 2012

Tagliatelle all'arancia con ragù bianco di anatra


Driving lesson number one: open your car. 

Come scrivevo qui, di recente ho rottamato il vecchio e fedele Catorcino e acquistato una nuova auto usata (è quasi un ossimoro! ^_^).
Il Catorcino aveva la chiusura centralizzata (fino a quando non ho dovuto farla disabilitare per i problemi che mi dava con pioggia e nebbia), ma non aveva certo il telecomando a distanza. Non che la cosa mi abbia mai turbata più di tanto, ma a volte quando arrivata al parcheggio dell'iper con un carrello pieno di spesa non mi ricordavo più dove lo avevo messo, mi è capitato di pensare che un telecomando mi sarebbe stato utile.
La mia nuova auto usata il telecomando ce l'ha, anzi ha due pulsanti: uno per aprire e chiudere l'auto, l'altro per l'allarme. Fico, no? Il venditore mi ha mostrato i due pulsanti e abbiamo fatto due prove insieme, poi ognuno è andato per la sua strada. 
Tappa n. 1, l'ACI per il passaggio di proprietà. Parcheggio l'auto, scendo e con nonchalance pigio il bottoncino. Immediatamente l'auto ha cominciato a suonare, rompendo la quiete pomeridiana. Mi affretto a ripremere il tastino e poi pigio il secondo. Fiùùùù!
Entro all'ACI, sbrigo la pratica ed esco. 
Questa volta ci faccio attenzione: osservo attentamente i due tastini e ne premo uno. 
Allarme attivato in tutto il suo fragore. Lo disattivo mentre una vecchietta si affaccia al balcone, salgo sull'auto e parto.
Tappa n. 2, il supermercato. A questo punto comincio ad avere l'ansia del pulsante. Li studio attentamente, valuto ogni probabilità, mi dico che 10 minuti prima avevo premuto questo e quindi adesso devo premere l'altro, premo con trepidazione e l'auto strombazza all'impazzata. Qualcuno si stupisce se da quel momento ho deciso di usare la chiave e di lasciar perdere i pulsantini? Ma di una cosa non ho alcun dubbio: se un giorno dovesse partirmi l'allarme in un luogo pubblico e io cercassi di disattivarlo, di sicuro aprirei l'auto. Dopo tutto l'importante è riuscire a salirci sopra, no?

lunedì 12 dicembre 2011

Soufflé di foie gras nella mela


"Cari genitori, a seguito dell'esperienza positiva dello scorso anno, anche quest'anno gli alunni della scuola daranno vita a un Presepe vivente per le vie della città.
Così cominciava la mail recapitata a mia sorella, e in effetti l'anno scorso era stato proprio bello. La scuola aveva fornito a tutti i bimbi i costumi da indossare sopra al piumino, e
tutti erano stati entusiasti dell'iniziativa.
Quest'anno però le cose sono un po' diverse: i genitori devono provvedere a far confezionare i costumi per i loro figli. Seguono indicazioni precise sul tipo di tessuti da usare (niene fodera che costa poco, per intenderci) e sui colori, in modo da essere quanto più fedeli ai costumi dell'epoca.
Con mia sorella ci siamo date appuntamento davanti al negozio che vende tessuti della nostra città. Appena entrate siamo state accolte a braccia aperte: "Tesorini, amorini, venite! In che cosa vi posso servire? Entrate, prego, accomodatevi!". Non so perché, ma tutte queste smancerie mi avevano fatto pensare alla strega di Hansel e Gretel. Entriamo e spieghiamo ciò di cui abbiamo bisogno. Loro sanno già perché altre mamme e zie ci hanno precedute, e ci propongono subito i tessuti di cui abbiamo bisogno. Spiego che per le tuniche di sotto ho già la stoffa in casa (un vecchio lenzuolo) e la signora dice che va bene, e di passare alla tunica sopra. Poi sciorina rotoli su rotoli di stoffa e mi consiglia di lasciar perdere la stoffa che ho già in casa e di comperare tutto nuovo da loro, Amorini, su che vi faccio un prezzaccio! Ci lasciamo tentare perché gli abbinamenti sono belli e azzeccati. Poi arriva il momento del conto. "Vi faccio un prezzaccio, vedrete!" Dice garrula la signora, poi va alla cassa e batte lo scontrino. Settantasette euro. € 77,00!!!!! Gli amorini pagano, troppo annichilite per essere in grado di dire alcunché, e la signora pronta ci chiede: "Sapete cucire o avete bisogno che vi raccomandi una sartina?". Non sappiamo cucire ma entrambe ci arrangiamo con la macchina da cucire, e con quello che abbiamo speso solo di tessuti direi che va bene così. Mi addosso l'onere ed è subito subbuglio in casa, con tessuti di qui e di là, cartamodelli in carta velina, forbici, macchina da cucire montata, etc.
Onestamente pensavo che sarebbe stato più semplice, ma come si suol dire l'ho sfangata anche stavolta, maledicen pensando con una certa intensità a Preside, insegnanti, comitato organizzatore e tutto il resto. Non so se a Natale si debba per forza essere più buoni; so per certo che questo Natale la scuola della Pulcetta e del Dolce Principe ha messo alla dura prova la mia pazienza. 

Al termine dei lavori ho deciso che preferisco mille volte fare un soufflé che cucire una tunichetta, così ho festeggiato con queste strepitose delizie, dal sapore delicato e perfette per aprire il pranzo del giorno di Natale.
La ricetta è facilissima e di sicuro effetto; il problema più grosso è mettere le mani su del foie gras fresco. :-)


lunedì 5 dicembre 2011

Quaglie all'uva (Paul Bocuse)



Sono reduce dal week-end più divertente che riesca a ricordare: per il primo anniversario dalla nascita delle (St)renne abbiamo infatti voluto fare un piccolo raduno tra di noi, per poterci finalmente riabbracciare tutti quanti, raccontarci le ultime novità, abbozzare qualche progetto per il futuro e soprattutto stare insieme.
Non abbiamo dormito un granché (la prima sera, dopo aver mandato mariti e figli a dormire, siamo stati su a chiacchierare fino a lle 3 passate) ma abbiamo riso a crepapelle, roba da avere le lacrime agli occhi, abbiamo mangiato divinamente e ci siamo divertiti enormemente. 
Il week-end è trascorso in un lampo, eppure siamo stati proiettati in una dimensione spazio-temporale diversa in cui il tempo si è dilatato, tanto è stato vissuto intensamente da tutti noi. Le gag si sono moltiplicate, alcuni scherzi programmati hanno preso una piega inaspettata e sono riusciti in un modo inaspettato anche per chi li ha programmati.
(St)renne forever insomma, ed è proprio alle (St)renne e alle (St)rennine che dedico questa splendida ricetta del grande Bocuse.

I LOVE YOU, MY FRIENDS!!!!
 
◕‿◕

QUAGLIE ALL'UVA
Da Paul Bocuse – La cucina del mercato – Guido Tommasi Editore

venerdì 2 dicembre 2011

Foie gras ai fichi nella brioche con riduzione al Porto


Con oggi noi (St)renne fondatrici (Ale e Dani, Anna Luisa e Fabio, Stefania, Flavia e io, in rigoroso ordine di pubblicazione nel corso della settimana lavorativa) terminiamo la
pubblicazione delle nostre ricette per la tavola delle feste, ma il progetto non è ancora terminato: la settimana prossima infatti posteranno, passandosi la staffetta, le 5 blogger che hanno vinto la prima tornata del contest di Stefania "(St)renne sì, for gluten-free", consistente nel reinterpretare il tema corrente delle (st)renne in chiave gluten-free.
Dalla settimana prossima quindi potrete vedere altre ricette (St)rè chic dalle nostre adorate (St)renne per un mese: lunedì pubblicherà Eleonora, martedì  Mai, mercoledì Emanuela, giovedì Stefania e venerdì Giulia e vi dico fin da subito che dovete aspettarvi grandi cose.
Il pdf finale conterrà quindi anche le loro ricette, perché la vostra tavola delle feste sia autenticamente (St)rè Chic!


Questa seconda tornata del contest scade il 10 dicembre e i 5 vincitori parteciperanno al prossimo progetto delle (St)renne, postando in coda a noi e soprattutto partecipando al nostro divertentissimo backstage. 
Il contest globale scade in giugno, e tra tutti i vincitori di tutte le tornate ne sarà scelto uno, che vincerà uno splendido week-end per due persone al Baglio Costa di Mandorla di Paceco (TP), quindi invito tutti voi caldamente a partecipare!


La ricetta che vi propongo oggi è un pochino laboriosa, ma per le Feste uno sforzo in più vale la pena farlo, vero? ^_^ Si tratta di una soffice brioche che racchiude un cuore di foie gras farcito con fichi secchi e accompagnato da una raffinata riduzione al Porto e arancia.
Anziché fare un'unica brioche io ho preferito fare tante briochine monoporzione.

mercoledì 9 novembre 2011

Soufflé di castagne su salsa di cachi



Domenica intorno a mezzogiorno, mentre terminavo di preparare questi soufflé, mi è squillato il telefono. La cosa in se' non ha nulla di strano, ma da un po' di tempo a questa parte ricevo telefonate da gente che chiede di Lucia anche ad orari poco opportuni, e se

in genere sono tollerante con chi sbaglia numero, cominciavo ad essere un  po' seccata. Giustappunto quando sono andata a rispondere c'era un sottofondo un po' confuso e non ho riconosciuto subito la voce. "Pronto, prooontoooo!!!" ho esclamato nella cornetta, mentre con la mano sinistra infilata nel guantone da forno cercavo di sformare i soufflé. Finalmente una vocina che conosco bene ha detto: "Zia ma insomma, non riconosci nemmeno più la mia voce???". Era il Dolce Principe, che mi telefonava per invitarmi a pranzo da loro. 

Di solito la domenica sono a pranzo dai miei, ma rifiutare un invito del Dolce Principe significa fargli un affronto che si pagherà a caro prezzo; d'altra parte mi seccava avvisare mia madre all'alba di mezzogiorno dicendole che non sarei andata da lei, così ho vigliaccamente delegato il compito di avvisare la nonna al nipotino, che per vendicarsi ha aggiunto: "Vieni con quel vecchio catorcio della tua macchina? Beh, ricordati che devi portare a me e alla Pulcetta un dolcetto per Halloween, anche se è già passato.".

Dunque, vediamo un po', piccola peste adorabile: prima mi inviti, poi insulti i miei averi e infine mi intimi di portarti un dolce? Sei fortunato che il dolce è già pronto... faccio qualche foto e arrivo! ^_^

L'autunno è prodigo di frutti deliziosi, che ci consolano per la fine della bella stagione e ci preparano ad affrontare l'inverno, regalandoci tanta energia in più. Due dei frutti che prediligo in questa dorata stagione sono le castagne e i cachi, che si uniscono in questa ricetta per dare vita a un dessert goloso.

venerdì 21 ottobre 2011

Crema di cozze allo zafferano (Alain Ducasse) e... I Love Blog-Shopping


Un anno.
E' già trascorso un anno da quando ho aperto il blog e mi sembra ieri.
Fino a 13 mesi fa, ogni volta che qualcuno mi chiedeva quando avrei aperto un blog rispondevo, convintissima, mai. Troppo impegno, troppo sbattimento, occorreva
fotografare i piatti, scrivere i post, curare le pubbliche relazioni... no, no, io sono una pigra cronica e tutto quel lavoro non faceva per me. Assolutamente no, non ci pensavo nemmeno. Poi le cose sono cambiate, mi sono trovata con la mia voglia di condividere e discutere di cucina - la mia passione - ma senza un luogo adeguato dove poterlo fare in tutta serenità. Come fare? La soluzione era lì, a portata di mano: apriamo questo benedetto blog e vediamo come va.
Alle spalle a dire il vero avevo una vera e propria squadra: Fabio che mi aveva promesso assistenza tecnica su blogger (e senza il suo aiuto di sicuro non l'avrei sfangata), Alessandra che mi prometteva assistenza e dritte sul piano operativo (e anche qui, senza il suo aiuto e i suoi preziosi suggerimenti questo blog sarebbe rimasto all'età della pietra) e Flavia, che proprio in quel periodo stava pensando di aprire un blog, che faceva il tifo e mi incitava e così, pur con timore e tremore, mi sono lanciata.
Non avevo fatto in tempo ad aprirlo, che mi è arrivata una mail di Alessandra con le prime dritte: "Ti serviranno tovaglie, piatti, ciotoline e materiali da finger food, posate, vassoi, bicchieri... se vuoi vengo a Milano per aiutarti nello shopping, oppure perché non vieni tu a Genova?". "Ah, toh, ho pensato. Credevo che esistessero solo le caccavelle, invece ci sono anche le bloggavelle!" A dire il vero ho anche avuto un moto di sgomento al pensiero dell'avventura in cui mi ero imbarcata, ma oramai ero in ballo e poi la prospettiva di un bel week-end di shopping con Ale era troppo allettante, così sono saltata sul primo treno per Genova e lì, carta di credito tra i denti e Alessandra al mio fianco, siamo andate all'assalto di tutti i negozi che ci sono capitati a tiro. E' stato un fine settimana molto divertente,  istruttivo e memorabile (la mia banca se lo ricorda ancora ^_^), con Ale che mi dava consigli sul blog e suo marito che mi dava lezioni accelerate di fotografia. Ho razziato negozi di casalinghi e librerie e quando la domenica pomeriggio Giulio mi ha accompagnata alla stazione carica come un mulo, mi ha chiesto se per caso avessi nascosto un cadavere nel trolley, da tanto pesava. :-D
Non sono mancate le note folkloristiche e le risate conseguenti, e il ritorno è stato a dir poco rocambolesco: pioveva a dirotto ma io sono partita da casa di Ale con il trolley e due sacchetti di carta strapieni di bloggavelle. Naturalmente avevamo i sacchetti di plastica ma non fa fine viaggiare con quelli, quindi ho optato per quelli in scicchissima carta. Che si sono prontamente inzuppati non appena ho messo il naso fuori, e che essendo strapieni si sono prontamente strappati alle maniglie. Arrivata a Milano presentavo uno spettacolo pietoso: un trolley che pesava una tonnellata per i libri, due sacchetti di carta tenuti insieme con la pura forza di volontà, pioggia a dirotto e zero scale mobili (i lavori di ristrutturazione erano ancora in corso) da cui scendere. Non so come ho trascinato tutte le mie masserizie giù per quella interminabile scalinata; giunta a metà della stessa, un nugolo di extracomunitari mi si è precipitato incontro. "Che gentili ho pensato, vogliono aiutarmi". Macché: volevano vendemi un ombrello per ciascuno, e al mio rifiuto si sono dileguati. Ancora oggi non ho idea di come mai tutto quanto sia giunto a destinazione intatto visto che i sacchetti mi sono rovinati a terra innumerevoli volte, con me che prima esclamavo costernata: "Le mie pentoline!" e poi cominciavo a ridere, fatto sta che tutto è arrivato in perfetto stato e una volta giunta a casa ho avuto soltanto il problema di trovare spazio per i miei nuovi acquisti.

Tante cose sono successe da allora: ho conosciuto Stefania, un mese dopo sono nate ufficialmente le (st)Renne, inizialmente come esperimento e poi, visto che ci abbiamo preso sempre più gusto, come gruppo ufficiale. La nostra amicizia si è stretta ancora di più grazie al lavoro, alla condivisione e agli scambi di battute; ho conosciuto tantissime persone meravigliose, sono cresciuta umanamente, ho mandato a ramengo la dieta, grazie all'MTC ho scoperto in me una vena creativa di cui non sospettavo nemmeno l'esistenza e soprattutto mi sono divertita e mi sto divertendo da matti.
Un bilancio positivo insomma, e per questo festeggio il mio primo CompleBlog con una ricetta strepitosa, da grandi occasioni.
La ricetta è alquanto complessa, ma basta scomporla nei suoi fattori costitutivi per rendersi conto che è perfettamente realizzabile anche da noi, Desperate Housewives. Alessandra nell'ultima niusletter ce ne aveva presentato una versione semplificata, ma siccome ho il libro di Ducasse - regalatomi da lei medesima a Natale - ho voluto preparare the original one: in fondo il CompleBlog viene solo una volta all'anno, no?

lunedì 3 ottobre 2011

Uova di quaglia alla boscaiola (e brodo di pollo, per non farci mancare niente)



- Buongiorno Maria Pia, vedo che ha cambiato idea!
- Buongiorno signora V., mi scusi ma... rispetto a cosa avrei cambiato idea?
- Sull'appartamento!
- Sull'appartamento?
- Sì, ho visto che non lo mette più in vendita.
- In vendita, il mio appartamento??? Ma da quando???
- Qualche mese fa, si ricorda? Era stato appeso al cancello condominiale un cartello di vendita e noi naturalmente abbiamo capito che si trattava di lei.
(VOI avete NATURALMENTE capito che io voglio vendere casa????? O_o)
- Mi ricordo del cartello: mi ero chiesta infatti chi fosse il venditore...
- Beh, nel palazzo tutti dicono che è lei!
- Allora signora mi dispiace deludere tutto il palazzo perché non solo non ho mai messo in vendita il mio appartamento, ma non ho neanche intenzione di farlo in futuro...

Questo piacevole scambio con una mia condomina mi è tornato improvvisamente alla mente l'altro giorno quando è apparso un cartello di vendita, corredato di numero di cellulare da chiamare per maggiori informazioni. "Ci risiamo", mi sono detta, "ho messo di nuovo in vendita l'appartamento!" :-D

Abito qui da diversi lustri, ma evidentemente per i condomini "anziani", quelli che ci abitano da una vita, io sono sempre la forestiera, l'estranea, quella che è di passaggio e che prima o poi se ne andrà. Ricordo ancora - ero lì già da 8 anni - quando la mia vicina di balcone mi disse che era stufa del viavai di proprietari di casa mia, e che non se ne poteva più di cambiare vicini ogni 2 anni senza sapere chi sarebbe arrivato, il tutto col rimprovero sottinteso che anch'io me ne sarei andata via presto e l'avrei lasciata in balia di chissà chi. 

E adesso qualcuno ha di nuovo deciso di mettere in vendita un appartamento nel palazzo, scatenando una ridda di pettegolezzi condominiali. La signora V. dirà di sicuro che l'ultima volta non ero io, si aprirà un bel toto scommesse e alla fine del processo - sempre che la compravendita vada a buon fine - qualcuno dichiarerà soddisfatto "io l'avevo detto".
Questa volta però sono preparata: comincerò a fare su e giù con le valigie, mi farò vedere con degli scatoloni in mano (tanto sto facendo le grandi pulizie e mi sto liberando di un bel po' di fuffa) e scatenerò la curiosità di tutti quei vecchietti nullafacenti, il cui passatempo preferito è ficcare il naso negli affari altrui.Visto che ho messo in vendita la casa per l'ennesima volta, tanto vale divertirmi un po'... ^_^

Questa ricetta è indicata come antipasto (ma potrebbe trattarsi anche di un secondo piatto) per 4 persone. In tempi di monoporzioni come questi però si può servire in ciotoline individuali, accontentando molte più persone e facendo bella figura.


venerdì 23 settembre 2011

Soufflé di Castelmagno (gluten-free) con salsa di fichi al Porto

Le esternazioni di Stefania-Nata-Stanca ^_^ di mercoledì mi hanno fatto riflettere sulle nostre similitudini, date forse dalle comuni origini che affondano le radici nella bella e assolata Trinacria. Pensandoci meglio però, direi che non sono nata stanca, non proprio; diciamo che preferisco riposarmi prima ancora di stancarmi, così sono meglio in grado di affrontare le fatiche che mi aspettano. ^_^

Da che mi ricordo poi, sono sempre stata del partito del Minimo Sforzo per un Massimo Risultato, anche se purtroppo ho spesso dovuto constatare che questa politica non paga, perché se si vuole riuscire - nella vita o in cucina - qualche piccolo sforzo in più occorre farlo. Qualche sforzo, sì, ma sempre commisurato al risultato cui si mira, e se è possibile
sforzarsi un pochino di meno, è meglio.

Questo è uno dei motivi che mi hanno sempre spinta ad evitare i soufflé, preparazioni particolarmente difficili che hanno il difetto di sgonfiarsi rovinosamente non appena escono dal forno, malgrado la cura che si mette a prepararli.
Mi sono invece dovuta ricredere quando ho provato le meravigliose ricette di Knam, così perfette e bilanciate che la preparazione, pur sgonfiandosi inevitabilmente un pochino, rimane soffice e compatta e resiste tranquillamente anche all'operazione sforma-e-capovolgi fatta dalla più maldestra delle cuoche in erba, cioè la sottoscritta. 
Credetemi, benché un pochino si sia adagiato, come testimonia la "ruga" a metà altezza, è rimasto sofficissimo ed è favoloso, oltre ad essere semplice e abbastanza veloce da preparare. Un minimo sforzo per un massimo risultato, insomma. :-))








SOUFFLE' DI CASTELMAGNO CON SALSA DI FICHI AL PORTO
Da E. Knam – Soufflé mignon – Bibliotheca Culinaria





Per 4 persone

Per i soufflé:
100 g Castelmagno
100 g latte fresco intero
50 g burro
30 g farina di riso (ma va bene anche la 00)
20 g Parmigiano Reggiano grattugiato
10 g senape di Digione (1 cucchiaio)
4 albumi
3 tuorli
1 pizzico di noce moscata
sale
pepe bianco di mulinello
burro e farina per gl stampi

Per la salsa di fichi:
200 g fichi freschi maturi
50 g Porto


Imburrare e infarinare 4 stampi monoporzione da soufflé.
Preriscaldare il forno a 200 °C e mettervi dentro una capace teglia con 2-3 dita d'acqua.

Preparare la salsa: pelare i fichi e farli macerare nel Porto per 1 ora.
Frullare e servire con i soufflé (io ho preferito lasciare la polpa dei fichi intera, schiacciandola con una forchetta).

Preparare i soufflé: versare in una casseruola il latte, il burro, una grattatina di noce moscata, il sale e una macinata di pepe bianco. Portare a bollore, aggiungere la farina e mescolare bene per 1 minuto.
Togliere dal fuoco, incorporare i 3 tuorli, il Castelmagno grattugiato*, il Parmigiano e la senape. Montare gli albumi a neve non troppo ferma (stadio dei picchi morbidi) e unirli delicatamente al composto precedente.
Versare negli stampi riempiendoli fino a ¾ e cuocerli a bagnomaria per 16 minuti.
Far raffreddare qualche minuto (io li tengo nel forno spento, con lo sportello leggermente aperto, per altri 5 minuti), poi metterli nei piatti e servire insieme alla salsa di fichi al Porto.



*Io non so come abbia fatto Knam a grattugiare il Castelmagno: a me si sbriciolava, tanto che ho ben presto abbandonato l'epica impresa e mi sono messa a sbriciolarlo a mano. Non preoccupatevi di qualche eventuale grumo più grosso, si scioglieranno al calore dolce della cottura a bagnomaria.


A lunedì con Ale e Dani e partecipate tutti al contest di Stefania "Le (st)Renne gluten-free"! :-D   Il premio finale è un favoloso week-end per due persone in un agriturismo, i premi intermedi sono... far parte delle (st)renne per un mese!!! :-D

mercoledì 27 luglio 2011

Soufflé glacé quasi cassata nella bbrioscia


Altro giro altro regalo, mi sono detta leggendo la ricetta della sfida lanciataci dalla bravissima Loredana per l'MTC di luglio; e davvero di regali si tratta, perché ad ogni nuova sfida sono costretta a confrontarmi con una nuova ricetta, un ingrediente, una tecnica mai provata prima. Grazie a questo stimolo ho imparato un sacco di cose nuove nel corso di quest'anno, e adesso è toccato alla meringa italiana. Io delle meringhe ho sempre avuto molta soggezione; avevo l'impressione che si facessero beffe di me, dall'alto della loro spumosità. Ho scoperto invece che grazie a questa tecnica facilissima si possono pastorizzare le uova crude e mangiare quindi il preparato che ne risulta in tutta sicurezza.

A dire il vero è un mese che mi lambicco inutilmente il cervello per pensare alle combinazioni di sapori; il problema è che le idee più fantasiose (non sto certo dicendo le migliori, si badi) mi vengono in mente in situazioni in cui non ho penna e taccuino a portata di mano, tipo quando sono sotto la doccia, per poi evaporare grazie all'azione del phon mentre mi asciugo i capelli. Avevo quasi tirato fuori dal cassetto la bandiera bianca, ma quando ho tirato fuori dal forno quelle belle bbriosce col tuppo dorate e fragranti, ho avuto una folgorazione: noi consumiamo la bbrioscia col gelato, perché non metterci dentro il soufflé glacé? Magari un soufflé glacé alla ricotta, che ricordi la Cassata siciliana... La ricotta della cassata è quella di pecora; a questo pensiero se ne è sovrapposto un altro, quello della ricotta di bufala che ho assaggiato quando ho preparato la torta crumble di Knam. Bufala è sinonimo di Campania, Campania di un sacco di amici che ho da quelle parti, come Annalù e Fabio, Mario e Daniela... e poi mi è venuta in mente la Cassata siciliana.

Insomma, per farla breve ecco la mia proposta per il Menù Turistico Challenge di luglio 2011: 

SOUFFLE' GLACE' QUASI CASSATA NELLA BBRIOSCIA 


Per 4 porzioni

4 bbriosce, con o senza tuppo
250 g panna montata
200 g ricotta di bufala (va bene anche quella di pecora)
100 g zucchero semolato
50 g acqua
2 albumi

Per decorare:
canditi a piacere
ciliegie giulebbate con il loro sciroppo, oppure amarene sciroppate

Svuotare le bbriosce aiutandosi con un tagliapasta rotondo di diametro adeguato: infilare il tagliapasta dentro la bbrioscia, poi con l'aiuto di un coltello rimuovere il cilindro di pasta tagliato in questo modo, ottenendo il contenitore.
Mettere all'interno del contenitore una striscia di acetato (oppure di carta forno) in modo che sporga di 5 o 6 cm. 

Preparare la meringa italiana: versare lo zucchero in un pentolino, versarci sopra l'acqua, porre il pentolino sul fornello più piccolo e mettere la fiamma al minimo. Portare a bollore e attendere che lo zucchero si sciolga e raggiunga i 120 °C. Nel frattempo montare a neve gli albumi. Versarvi a filo lo sciroppo bollente continuando a montare e proseguire finché il composto non si raffredda (per velocizzare il raffreddamento io ho immerso la ciotola in acqua fredda). 

In una ciotola schiacciare la ricotta aiutandosi con una forchetta, finché raggiunge una consistenza cremosa. Montare la panna, unirvi la ricotta continuando a montare, quindi amalgamare gli albumi aiutandosi con un cucchiaio di legno, facendo il classico movimento dall'alto in basso e ruotando la ciotola di 1/4 di giro ogni volta. 

Versare il composto dentro le bbriosce preparate in precedenza e passare in freezer per almeno 3 ore. 

Togliere a delicatamente le strisce di acetato, decorare con i canditi e le ciliegie giulebbate e un pochino del loro sciroppo e servire.

Le ciliegie giulebbate si fanno così: quando è stagione di ciliegie si lavano e asciugano, poi si mettono nei barattoli di vetro alternandole a strati di zucchero (non troppo zucchero: io ne uso circa 300 g per 1 kg di ciliegie). Tappare bene, sterilizzare in acqua bollente o in forno, lasciar raffreddare nell'acqua o nel forno, poi riporre al buio per un paio di mesi. Sono buonissime.


Dedico questa ricetta a mia cugina, che oggi compie gli anni: AUGURI FRANCY !!!

mercoledì 13 luglio 2011

Soufflé di albicocche e patate, gluten-free

E' da trovate come questa che si vedono i geni culinari.
I soufflé sono ostici, ti si afflosciano con niente e bisogna trovare il perfetto, magico equilibrio tra i vari ingredienti. Ernst Knam, in questa sua creazione, ha pensato di sostituire la farina con le patate, ottenendo un soufflé delizioso, unico per consistenza e sapore e assolutamente privo di glutine per chi, come Stefania, Daniele, Gaia e molti altri, deve stare attento agli ingredienti che adopera.

L'unica osservazione che ho da fare a questo dessert è che è poco dolce, e se da un lato questo consente di gustare appieno le albicocche in una tiepida mousse, dall'altro lato può dare fastidio a chi si aspetta un dolce vero e proprio. La prossima volta che lo preparerò pertanto, aumenterò le dosi di zucchero.

SOUFFLE' DI ALBICOCCHE E PATATE
Da Ernst Knam - Soufflé - Idea Libri

Per 4 soufflé (ma a me ne sono venuti 6)

200 g albicocche
50 g zucchero di canna (la prossima volta ne metto 100 g)
50 g vino bianco
100 g patate
1/2 limone (succo)
3 tuorli
4 albumi
50 g zucchero semolato
1 pizzico sale fino
20 g zucchero a velo
burro e zucchero per gli stampi



Lavare le albicocche, tagliarle in 2 ed eliminare il nocciolo.
Imburrare gli stampini da soufflé e passarvi dello zucchero (al posto della classica farina) per evitare che il soufflé si attacchi alle pareti.
Preriscaldare il forno a 200 °C in modalità statica e mettervi una teglia con due dita d'acqua.

In un pentolino versare il vino bianco, il succo di limone e lo zucchero di canna. Disporvi sopra le albicocche e farle cuocere per 15 minuti circa, poi frullarle ottenendo una purea omogenea.

In un altro pentolino mettere a bollire l'acqua con un pizzico di sale. Lavare la patata, sbucciarla e tagliarla a fettine, quindi metterla nell'acqua bollente salata e farla cuocere per 10 minuti circa, finché sarà tenera ma non sfatta. Frullarla insieme alla purea di albicocche, ottenendo una crema omogenea, a cui si aggiungeranno i tuorli, amalgamandoli benissimo.

Montare a neve gli albumi insieme allo zucchero semolato fino allo stadio dei becchi morbidi. Incorporarli delicatamente alla purea di albicocche e patate.
Versare il composto negli stampi riempiendoli fino a 3/4, infornarli nel bagnomaria già caldo per 18 minuti circa.
Spolverarli con lo zucchero a velo e servirli subito nel loro stampo.

venerdì 15 aprile 2011

SOUFFLE' AI TRE CIOCCOLATI (e l'importanza di non chiamarsi... Ernst!)

Domenica mattina mentre preparavo questi meravigliosi soufflé, riflettevo su un fatto: io non sono Ernst Knam. Ora, che io non sia Knam è una cosa evidentissima a chiunque mi conosca ed è anche normale: un mondo fatto di soli Knam sarebbe un posto dove si mangia benissimo, ma essenzialmente noioso, tanto che non ci si renderebbe neppure conto di mangiare benissimo.

Ma non pensavo tanto a questo, domenica mattina, quanto ai lati positivi di non essere Knam: è vero infatti che il Maestro è un genio incontrastato della pasticceria, ma dietro a tanto estro creativo c'è parecchio lavoro, ci sono anni di studio e sperimentazioni sul campo, c'è un rigore insieme alla passione e al pizzico di follia che lo muove, e ci sono tanti, tantissimi sacrifici. Per contro i risultati che lui ottiene sono impeccabili, mentre i miei qualche pecca ce l'hanno... eppure è proprio ai vantaggi di queste pecche che pensavo, nel corso delle mie riflessioni.

Prendiamo ad esempio questi soufflé, che sono assolutamente divini: Knam di sicuro avrebbe approntato 3 bastardelle nelle quali far fondere i 3 tipi di cioccolato.
Io no: io ho usato un'unica bastardella, in cui ho fatto fondere prima il cioccolato bianco, poi quello al latte e infine quello fondente. E quella minuscola quantità di ogni cioccolato che si mischia al seguente, "contaminandolo"? Con un'alzata di spalle mi sono detta: tanto io non sono mica Knam! Eh sì, perché Knam non può permettersi il lusso di ottenere risultati meno che perfetti, io invece sì. E' per questo che, parafrasando Oscar Wilde, ho pensato: "L'importanza di NON chiamarsi Ernst"!!!! ^_^

Questa ricetta è a mio avviso spettacolare.
E' stato proprio Knam a farmi scoprire il meraviglioso mondo dei soufflé, aggiungendo alle ricette quelle note e quei trucchi che permettono a tutti, anche ai principianti, di ottenere ottimi risultati fin da subito.
Un buon soufflé è il risultato del perfetto equilibrio tra le consistenze dei vari ingredienti che lo compongono. Per questo ho preferito seguire le dosi della crema pasticcera di Knam, nonostante nel mio database ricette io abbia decine di collaudatissime ricette per la medesima: volevo essere certa che la consistenza fosse proprio quella pensata dal Maestro per questa sua creazione sopraffina.
Per il resto l'esecuzione è facile e veloce, basta organizzarsi predisponendo 3 ciotole in cui amalgamare le 3 basi.
Ricordarsi che gli albumi non vanno montati a neve fermissima, ma devono rimanere piuttosto cremosi, per potersi sviluppare ulteriormente durante la cottura e conferir loro maggiore sofficità.
Il bagnomaria inoltre dev'essere già caldo, risultato che otterremo facilmente introducendo la teglia con l'acqua nel forno, al momento di accenderlo.

Chiedo infine scusa per le foto, che sono così così perché ho maneggiato un po' la preparazione, a riprova che questa regge anche le manipolazioni degli imbranati come me: ci ho messo infatti una decina di foto prima di capire che era meglio capovolgere la preparazione con la parte bianca verso il basso (si capisce che non sono Knam? :-D).


SOUFFLE' AI TRE CIOCCOLATI
Da Ernst Knam – Soufflé – Idea Libri


Per 4 persone


Per la crema pasticciera:
500 g latte intero
4 tuorli
75 g zucchero
20 g farina
10 g fecola


Per la base al cioccolato fondente:
60 g crema pasticciera
60 g cioccolato fondente all'80%, fuso
2 albumi
20 g zucchero


Per la base al cioccolato al latte:
60 g crema pasticciera
60 g cioccolato al latte fuso
2 albumi
10 g zucchero


Per la base al cioccolato bianco:
60 g crema pasticciera
60 g cioccolato bianco fuso
2 albumi

Preparare la crema pasticciera: portare a bollore il latte. Nel frattempo mescolare i tuorli con lo zucchero, la farina e la fecola. Aggiungervi il latte bollente a poco a poco per non far cuocere le uova, amalgamare molto bene, poi trasferire nella pentola del latte e far bollire per 5 minuti.


Accendere il forno a 200 °C e mettervi dentro una teglia dai bordi alti con dell'acqua, in modo da avere il bagnomaria già caldo quando inforneremo i soufflé.
Imburrare 4 stampi monoporzione da soufflé e spolverizzarli con zucchero a velo.


Cominciare preparando la base bianca: far fondere il cioccolato bianco a bagnomaria, mescolarlo con la crema pasticciera e amalgamarlo benissimo. Aggiungervi gli albumi montati a neve piuttosto cremosa (così in cottura si espande e dà ancora più leggerezza al soufflé) amalgamandoli delicatamente.


Preparare poi la base di cioccolato al latte seguendo lo stesso sistema ma aggiungendo lo zucchero dopo che gli albumi sono stati montati, e infine quella di cioccolato fondente, come quella di cioccolato al latte.


Distribuire la base al cioccolato fondente tra i 4 stampi; proseguire con quella al cioccolato al latte e completare con la base al cioccolato bianco.


Non superare i ¾ degli stampi (ehm... io sono arrivata a 5 mm dal bordo...).
Cuocere in forno a bagnomaria per 20 minuti.
Disporli nei piatti, spolverizzarli con cacao amaro e servire subito (ma reggono alla perfezione anche dopo alcune ore).

Note:



• Un buon soufflé è il risultato del perfetto equilibrio tra le consistenze dei vari ingredienti che lo compongono. Per questo ho preferito seguire le dosi della crema pasticcera di Knam.


• Per il resto l'esecuzione è facile e veloce, basta organizzarsi predisponendo 3 ciotole in cui amalgamare le 3 basi.


* Ricordarsi che gli albumi non vanno montati a neve fermissima, ma devono rimanere piuttosto cremosi, per potersi sviluppare ulteriormente durante la cottura e conferir loro maggiore sofficità.


• Il bagnomaria inoltre dev'essere già caldo, risultato che otterremo facilmente introducendo la teglia con l'acqua nel forno, al momento di accenderlo.







mercoledì 6 aprile 2011

Jus lié: un'alternativa alla salsa spagnola

Modifico questo vecchio post perché ho scoperto in questi giorni (festività natalizie 2012) di aver scritto una corbelleria cosmica: che il jus lié è un'alternativa al fondo bruno.
In realtà il fondo bruno è il brodo preparato a partire da ossa arrostite, ritagli di carne e verdure e il jus lié è un'alternativa alla Salsa Spagnola, che è la madre delle salse brune.
Mi scuso con tutti voi per aver scritto un'enorme sciocchezza.
Mapi, 28/12/2012


* * *

Proseguo con la carrellata delle preparazioni di base, perché sto sperimentando alcune ricette che le richiedono e mi sembra corretto mettere tutti nelle condizioni di prepararle.
Una sola foto e sfocata per giunta, ma dovendo fare da me e non avendo una mano particolarmente ferma, faccio fatica a reggere il mestolo con una mano e scattare con l'altra; questa è stata la miglior foto della serie, figuratevi un po' le altre. :-D

Il jus lié è stato per me un'autentica scoperta. E' l'alternativa moderna alla Salsa Spagnola, laboriosa e costosa, che richiede 2-3 giorni di preparazione ed è la base di numerose altre salse brune classiche.
Benché sia molto più leggero della Spagnola, si trasforma in salse brune esattamente nello stesso modo. Come regola generale, il jus lié (o più semplicemente jus) di vitello è adatto per i piatti a base di carne, mentre quello di pollo è adatto per i piatti di pollame e di pesce.


Non fatevi ingannare dal nome però: parlano di jus chiaro, ma il colore è scurissimo!

mercoledì 30 marzo 2011

FONDO BRUNO DI VITELLO

“Chi, quello? E' buono per farci il brodo...”. Questa espressione evidentemente dispregiativa, tipica dei miei anni ruggenti, :-D stava a indicare un ragazzo poco avvenente e di scarsa simpatia ed era di solito seguita da una risata sarcastica.
Come cambiano le cose con la prospettiva degli anni! Il brodo, liquidato a 20 anni con un'alzata di spalle, viene con il tempo rivalutato al punto tale da diventare un chiodo fisso. “I have a dream... preparare un brodo come si deve!” mi dicevo infatti da diverso tempo, e venerdì scorso ho deciso di realizzare il mio sogno (pazienza se era un venerdì di Quaresima: in fondo io lo stavo solo cucinando, mica l'ho ingerito! :-D).
Nel prepararlo ho imparato un sacco di cose: copio da “Il grande libro dei cuochi”, a cura di Gualtiero Marchesi, le osservazioni e la ricetta dello Chef Shaun Hill a proposito di questa preziosa base della nostra cucina.


“Un brodo ben fatto è la base di una buona salsa o di una buona zuppa: senza, risulterebbero nella maggior parte dei casi meno delicate e meno saporite. In genere l'elemento costitutivo di salse e zuppe è un buon brodo limpido, che esalta il sapore del suo ingrediente principale. Il brodo ha un ruolo importantissimo quando si cucinano piatti cotti per pochi istanti (filetto, costate, sogliole o pesce persico). Tutto quello che viene cotto poco o nel caso della carne rossa non del tutto, mantiene la tenerezza e la consistenza delicata, ma alla fine ciò che viene a mancare è l'intensità del sapore di tutti i suoi ingredienti principali: i sapori più forti e intensi sono sempre il risultato di cotture prolungate e finite. In cucina si devono quindi bilanciare consistenza e sapore; il segreto è raggiungere il punto di equilibrio sotto entrambi gli aspetti. Nella cucina classica francese, la mancanza di sapore di tagli di prima scelta poco cotti, come il petto di pollo alla griglia o il filetto di rombo, viene compensata dalla salsa o dal suo condimento, che accompagnano il piatto.

Per preparare un brodo saporito si utilizzano tutte le ossa, le lische e i ritagli, che servono a dare complessità alle zuppe. Le ossa della carne devono essere attentamente rosolati per evitare che le punte annerite cedano un sapore amaro al brodo. Le lische di pesce dovrebbero essere saltate delicatamente in olio o burro, così che il fumetto acquisti un colore più intenso. La rosolatura altera le proteine di superficie caramellandole, con il risultato di esaltarne il sapore.


Alcune caratteristiche sono comuni a tutti i brodi, indipendentemente dal loro ingrediente principale. Il brodo deve risultare limpido e piuttosto magro, tuttavia deve essere sufficientemente gelatinoso da addensarsi quando è freddo, così da rendere salse e zuppe più corpose al palato. In nessun momento si deve aggiungere il sale: il brodo è una risorsa fondamentale ma non è, se non raramente, un piatto finito. In genere viene ridotto in un punto preciso della ricetta, cosa che ne concentra la salinità; inoltre può essere aggiunto ad ingredienti che sono già di per se' salati, come il formaggio.

Mentre la preparazione di una salsa, in cui il brodo di vitello ha una grande importanza, viene considerata l'espressione più elevata delle capacità di un cuoco, quella di una zuppa viene ritenuta elementare, come se richiedesse meno abilità. In realtà l'abilità necessaria per fare una zuppa è la stessa: il cuoco deve attingere alla capacità e al gusto personali per decidere l'equilibrio, gli aromi, la consistenza e persino la temperatura ideale di cottura nel momento in cui si aggiungono determinati ingredienti in un liquido.


Quattro sono le tipologie di preparazione di una zuppa: zuppe in cui gli ingredienti sono ridotti in purea, zuppe in cui carne o verdure sono sospese nel brodo, zuppe ispessite con tuorli e panna e i consommé, in cui il brodo assurge a vera e propria star del pasto. Per la maggior parte di queste zuppe il brodo di pollo è l'ingrediente principale: se è limpido e ben fatto, è una base straordinaria per preparare una zuppa classica, saporita, davvero appagante.”


Senza aggiungere ulteriori commenti, ecco come ho fatto il