Da sempre io e mia sorella abbiamo l’abitudine di prenderci in giro a vicenda, vuoi con un tono finto arrabbiato, vuoi con rime o con canzoncine inventate al momento. La cosa ci diverte oltre ogni dire e aiuta anche a sdrammatizzare certe situazioni pesanti. Ricordo
ancora quella volta, ragazzine, che lei aveva mangiato qualcosa a base di aglio e ci sfottevamo mentre rigovernavamo la cucina, inventando alternativamente strofe sull'aria della Visaille. A un certo punto io proruppi in un: "e io che dire / lei mi minaccia / se non l'aiuto m'alita in faccia". ^_^
Con il passare
degli anni il fenomeno anziché attenuarsi è aumentato, tanto che se ci
chiamiamo nei rispettivi uffici e troviamo la segreteria telefonica, lasciamo
un messaggio in rima, o cantato, o ancora in codice (e il codice consiste in
una serie di suoni incomprensibili, a cui l’intonazione sola dà senso).
Era inteso
ovviamente (o per lo meno, io ritenevo che fosse ovvio) che il codice fosse
nostro, personale e non cedibile come i biglietti dell’autobus, e assolutamente
da non condividere. Diciamo che l’ho ritenuto ovvio fino a una quindicina di
anni fa, quando ho lasciato un messaggio a base di versi semigutturali nella
segreteria dell’ufficio di mia sorella, ignorando che detta segreteria fosse
rotta.
Mia sorella ha
chiamato il collega preposto per aggiustare la sua segreteria, e costui per
verificare che fosse andato tutto a posto, senza nemmeno chiederle il permesso
ha ascoltato i messaggi registrati.
Il pover’uomo ha
fatto una faccia perplessa e ha cancellato immediatamente il messaggio, e
quando mia sorella gli ha chiesto perché le avesse cancellato un messaggio
senza nemmeno farglielo sentire, lui ha risposto che era probabilmente uno
scherzo, c’era una che faceva degli strani versi al telefono. “Ah, allora era mia sorella!” ha
esclamato lei, così adesso c’è in giro un tizio che, senza avermi mai vista,
pensa che io sia mentalmente disturbata.
Ovviamente è una
ruota che gira, e quest’anno sotto Pasqua l’occasione mi si è presentata su un
vassoio d’argento: mia sorella non trovandomi alla scrivania mi ha lasciato in
segreteria un messaggio cantato, inventato da lei con i suoi bambini; la
canzoncina esortava le pecore e gli agnellini ad essere prudenti sotto Pasqua,
perché si rischia di finire in pentola, e mi ha fatta scoppiare in una sonora
risata. Non l’ho cancellata dalla segreteria telefonica, e ogni tanto me la
vado ad ascoltare e mi faccio due risate.
Ho minacciato mia
sorella di metterla in viva voce e farla ascoltare a tutti i miei colleghi, ma
lei sa benissimo che non lo farò mai; però la mattina di Pasqua, mentre
cucinavo questo arrosto, ho intonato pure io: “Pecora, devi essere prudeeeeeeenteeeee…"
SPALLA DI AGNELLO FARCITA
Da: Meilleur du Chef
1,2
kg di spalla di agnello
200
g polpa di vitello macinata
100
g lardo
150
g mollica di pane
1
uovo
2
spicchi d’aglio piccoli (o 1 grande)
3
gambi di prezzemolo
Latte
freddo
sale
pepe
di mulinello
noce
moscata
Per
la cottura:
Olio
extravergine di oliva
½
bicchiere vino bianco secco
½
bicchiere brodo
1
cipolla
Fare
disossare la spalla di agnello dal macellaio.
Tritare
il lardo e unirlo alla polpa di vitello macinata. Aggiungere la mollica di
pane ammollata nel latte e ben strizzata.
Tritare
finemente l’aglio e il prezzemolo e unirli al composto di carne. Aggiungere
l’uovo, salare, pepare e mettere una grattatina di noce moscata. Impastare
bene per ottenere una farcia omogenea.
|
Aprire
la spalla di agnello, salare e pepare, quindi riempire con la farcia
preparata e cucire con l’apposito ago e filo da cucina, in modo da non
lasciare buchi che permettano alla farcia di fuoriuscire. Se non avete l’ago
apposito, legate la carne il più strettamente possibile con lo spago da
cucina ma rassegnatevi: un pochino di farcia fuoriuscirà.
|
Scaldare
circa 6 cucchiaiate di olio extravergine di oliva in una cocotte e farvi
dorare la spalla di agnello a fuoco dolce, da tutti i lati. Bagnare con il
vino e farlo evaporare, poi aggiungere il brodo e la cipolla tritata.
Insaporire con una cucchiaiata abbondante di dado casalingo, incoperchiare e cuocere a fuoco dolce per un’ora e mezza, rigirando
la carne a metà tempo. Aggiungere altro brodo se necessario (io non ne ho
avuto bisogno).
Al
termine della cottura filtrare il sugo allo chinois, farlo restringere,
aggiustare di sale e pepe e servirlo a parte, insieme all’agnello affettato.
|
Due sere fa sono state cotte le ultime spalle che stazionavano nel freezer da Pasqua. Se ripenso al sapore....provo nostalgia: prima di gustarlo un'altra volta, dovrò quasi sicuramente attendere la prossima Pasqua...
RispondiEliminaMi spiace immensamente per gli agnelli, ma un piatto così mi fa mettere da parte ogni scrupolo!
RispondiEliminaMapi, che bella ricetta, grazie! Me la tengo buona per la prima occasione utile ;-)
RispondiEliminaUn abbraccio
Oh mamma...e' una vita che mia sorella ed io non usiamo il nostro codice...mi hai fatto venire nostalgia!! Sul tuo agnello non posso far altro che sospirare, visto che qui in Olanda sta a 36,00 euri al kg!! Un abbraccio, a presto.
RispondiElimina