lunedì 1 febbraio 2016

Marmellata di kumquat (mandarini cinesi)


Di solito li mangio canditi, e non li candisco io.
Mi è capitato anche di mangiarli freschi, e il loro sapore è davvero interessante: una polpa asperrima, compensata dalla buccia dolcissima e molto aromatica.
Di recente poi, li ho usati per cucinare il petto d'anatra e li ho trovati sensazionali.
Ho in mente qualche altro esperimento con questi deliziosi agrumi esotici, quindi stay tuned!

Quando avevo fatto il petto d'anatra me ne erano rimasti una manciata, e non sapendo come utilizzarli nel breve periodo, ne ho fatto una marmellata. L'ho trovata strepitosa, così questo fine settimana ho voluto produrne una quantità maggiore.

E' una marmellata preziosa, sia per il costo della materia prima, sia per il grande lavoro che comporta la sua preparazione, e non ultimo per il suo gusto esotico, diverso dalle solite marmellate di agrumi. Per questo ho scelto di confezionarla in vasetti piccoli, di 200 g di capienza.

Ecco come ho proceduto:



domenica 31 gennaio 2016

Giornata Nazionale dello Stufato alla Sangiovannese


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale dello Stufato alla Sangiovannese.

Ho avuto il piacere e l'onore di esserne Ambasciatrice, e vi invito a cliccare sul link sopra per leggere articolo di presentazione e ricetta.

Avevo già preparato una volta questo profumatissimo stufato, ma la ricetta che presento oggi sul sito AIFB è diversa e, spero, più aderente a quella tradizionale.

Ringrazio il Direttivo dell'Associazione Nazionale Foodblogger per aver lanciato questo splendido calendario e per avermi permesso di partecipare attivamente alla sua realizzazione e diffusione.

Ringrazio altresì i Blogger che hanno dato il loro contributo alla Giornata Nazionale, pubblicando la loro versione della ricetta.

Buona lettura e buon appetito!

mercoledì 27 gennaio 2016

Belin, TANTI AUGURI !!!!!!

Oggi è un giorno speciale, perché ricorre il genetliaco di una delle persone che mi sono più care nella vita reale, prima ancora che nella blogsfera.

Sto parlando di Alessandra, la nostra amata Old Fashioned Lady, la mente creativa e lungimirante che sta dietro all'MTChallenge e a numerose altre iniziative (lo Starbooks, tanto per dirne una).

Sto parlando di un'amica cara e sincera, leale e generosa, che non nega mai un consiglio, un aiuto, un supporto. Una donna intelligente e simpatica, con cui si può parlare veramente di tutto.

E noi, suoi amici e ammiratori, oggi la festeggiamo con un CALENDARIO speciale, a lei dedicato: il CalendAle, una raccolta delle sue 12 Signature Recipes, ciascuna corredata da una delle sue famosissime massime: perle di saggezza che lei distribuisce generosamente a tutti coloro che passano da lei.

Cliccate qui per scaricarlo e godetevi le sue ricette, ma non aspettate la fine dell'anno per farle tutte!



Buon Compleanno Alessandra, 100 di questi anni!!!!




lunedì 25 gennaio 2016

Crema di zucca e Fontina con crostini di pane di segale


La mia terza proposta per l'MTChallenge n. 53 su Minestroni e Zuppe è un'antica ricetta valdostana, in uso sulle pendici del Monte Bianco.
Mi è piaciuta fin da quando ne ho letto la storia: in Val d'Aosta un tempo il pane, rigorosamente di segale, veniva preparato dalle famiglie una volta l'anno, all'inizio dell'inverno. Cotto nei forni comunitari e conservato su rastrelliere comuni, le ratelë, il pane veniva consumato nei mesi successivi. Ogni famiglia faceva sulle sue pagnotte delle incisioni particolari, per distinguerle dalle altre.

Naturalmente a mano a mano che il tempo passava il pane si seccava, diventando durissimo: una sorta di biscotto, che veniva tagliato con un apposito attrezzo, il copapan, e ammorbidito nel latte, nel brodo o nel vino, oppure nelle zuppe.
In occasione delle feste religiose poi, il pane veniva benedetto e distribuito ai fedeli, diventando quindi simbolo di unione con la comunità e di ringraziamento a Dio.


Colgo ancora una volta l'occasione per ringraziare Vittoria, che con la sua sfida mi ha spinta a studiare tradizioni dell'Italia che non conoscevo.

Ho preso l'antica ricetta così come è stata raccolta da Luciana Faletto Landi, appassionata studiosa della cultura (anche gastronomica) Valdostana, e l'ho ammodernata un po', senza snaturarla. In pratica ho preparato un soffritto con la cipolla per dare corpo, ho cotto la zucca direttamente nel latte anziché lessarla a parte, e visto che avevo del pane di segale fresco, l'ho fatto asciugare un po' e ne ho ricavato dei crostini.
Niente di che, insomma. :-)

venerdì 22 gennaio 2016

Bobba - Suprema di fave secche


"Quando gli dei vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere", diceva Oscar Wilde.
"Quando la Vitto vuole premiarci, esaudisce le nostre preghiere", rispondo io.

Sì, perché è da quando Vittoria ha vinto l'MTChallenge n. 52 lo scorso novembre, che la Community la implora: zuppe, zuppe, vogliamo le zuppe!!! E zuppe sono state, anzi Zuppe con la Z maiuscola: perché se nell'immaginario collettivo la zuppa è un piatto noioso, tanto da dar vita a detti come "è la solita zuppa", "se non è zuppa è pan bagnato" e via dicendo, la nostra cucina in realtà (e pure quella di altri Paesi, come testimonia il tema del mese di questo MTC) vanta una grande tradizione di saporite zuppe, tutte degne di essere presenti nella carta dei ristoranti (e infatti lo sono).

La mia seconda proposta è una ricetta di tradizione, sì, ma non la mia: è una ricetta Tabarchina, tipica di Carloforte. Nella prima metà del 1500, un gruppo di corallatori genovesi ottenne infatti dall'Imperatore Carlo V la concessione di pesca nell'isola di Tabarca, al largo della Tunisia. Vi si insediarono e ci rimasero fino al 1770, ma già nel 1738 ci fu il primo esodo della comunità tabarchina, che si stabilì nell'isola di San Pietro, in Sardegna. Appena in tempo: nel 1740 i tunisini occuparono Tabarca e ridussero in schiavitù i coloni rimasti, che furono riscattati solo nel 1770 e poterono stabilirsi sull'isola di Sant'Antioco, sempre in Sardegna. Nel corso dei secoli però, le comunità tabarchine mantennero sempre vivi i rapporti con Genova, e infatti una caratteristica curiosa delle città di Calasetta e Carloforte è il fatto che dialetto, cucina e cultura sono molto simili a quelle genovesi.

La Bobba, o Suprema di fave secche, è una ricetta tabarchina, originata a Carloforte.

Ho trovato qui la ricetta scritta in dialetto carlofortino, tanto simile a quello genovese, e ve la trascrivo:

A bobba

A l'è 'na meneshtra de fòve secche.
Pè 'na nötte mettè a bagnu inté l'ègua abbundante, 
mezu kilò de föve a shciappe sensa shcorse.

U giurnu doppu, shcuèai ben, mettèai inté 'na pignatta 
pin-a dègua e féai cöje a fögu lentu.

A maité cuttüa azzunzèghe duì shpighi d'aggiu e a piajài:
in busciucchettu, du sellau e de ravanèe taggé suttì, suttì.
Cundì quindi cun öiu d'oviva.
Rumescè ben e purtè a cuttüa.

Quande a menèshtra a l'è bella cremusa, ma nu densa, 
servîa cuà pashta oppüre cun fettin-e de pan brishcau.

La ricetta che ho seguito io però è quella riportata da Sergio Rossi nel suo libro La cucina dei Tabarchini edito da Sagep. A sua volta, Sergio l'ha avuta dal ristorante Da Andrea, Osteria della tonnara di Carloforte.

Il nome non è né bello, né evocativo e confesso di essere stata tentata di invertire i due nomi e intitolare il post Suprema di fave secche (Bobba). Sarebbe stato vigliacco però, e un tradimento della tradizione, e allora... io la chiamo Bobba e soprattutto me la mangio. E voi?

martedì 19 gennaio 2016

Potage Parmentier al fieno di malga


MTC time signori, un appuntamento che mi era davvero mancato, con tutta che il periodo natalizio comporta sempre parecchio lavoro in più, sia in ufficio, sia in cucina.
L'anno si apre con la sfida di Vittoria, vincitrice della scorsa edizione, che ci ha chiesto di inondarla di minestroni e zuppe a base di verdure. Una manna per me, che al liceo ero soprannominata Minestrina perché in gita scolastica chiedevo sempre il bis delle minestre che ci servivano, e che di regola erano snobbate dagli altri compagni.


Zuppe e minestre sono piatti che mi accompagnano spesso durante l'anno, specialmente nelle fredde serate invernali. Piatti apparentemente umili e semplici, richiedono invece un sapiente equilibrio di sapori e consistenze e quindi uno studio accurato, se non vogliamo tirare fuori un triste piatto svuota frigo.

La mia prima proposta è una delle mie zuppe preferite: il Potage Parmentier, cioè la crema di patate e porri. Questa zuppa deve il suo nome ad Antoine Augustin Parmentier, agronomo e nutrizionista sotto Luigi XVI, che scoprì le patate durante la prigionia in Germania (fu catturato dal nemico durante la guerra dei sette anni) e al suo ritorno in patria scrisse un trattato per raccomandarne la coltivazione e il consumo, indicandole come alimenti sostitutivi del grano in caso di carestia.

Il Potage Parmentier ha un sapore molto delicato ed è gradito a tutti; ha elevate proprietà drenanti e depurative, il che non guasta, e può essere servito sia caldo, sia tiepido.

Nella mia versione "da MTChallenge" ho voluto aggiungervi un sapore delicato e particolare, quello del fieno di malga. E' un sapore difficile da descrivere per chi non lo abbia assaggiato: erbaceo, fresco, dolce e fiorito, come un campo appena falciato. Mi sono procurata del fieno per uso alimentare acquistandolo on line qui e in questa ricetta l'ho messo in infusione nel brodo vegetale, alla fine della sua preparazione, prima di usarlo per il potage.
Questa ricetta è anche anti spreco: fa uso infatti di tutto il porro (parte verde e parte bianca), in modo che nulla vada perduto.