Donne (St)raordinarie: è questo il titolo del nuovo, entusiasmante progetto delle (st)renne, legato tra l’altro al contest di Stefania Le (St)renne gluten-free, che vede voi impegnati a interpretare lo stesso tema delle (St)renne in chiave gluten-free, e noi in veste di giudici. Le 5 vincitrici del contest di marzo saranno incor(o)nate (St)renne per un mese, e parteciperanno al nostro prossimo progetto nonché a tutto il backstage ad esso legato; tra tutte le vincitrici di ogni mese (da settembre 2011 a giugno 2012) sarà estratto un nominativo che vincerà un week-end per due persone al Baglio Costa di Mandorla di Paceco (TP), sulla via del sale e del vino.
Donne (St)raordinarie dicevamo, e il tema è piuttosto ampio: potete scegliere un’attrice, una scienziata, una donna politica, il personaggio di un romanzo, l’autrice di un libro (anche di cucina!)… Condizione necessaria e sufficiente: che sia una donna famosa (niente mamme, zie e nonne please, lasciamo gli Avi ad Anna di Masterchef!) e che sia chiaro il legame tra la donna e la ricetta.
Per avere qualche esempio e cominciare a macinare qualche idea basta guardare le proposte di noi (St)renne nel corso di queste prime 3 settimane di marzo (Ale e Dani il lunedì, Annalù e Fabio il martedì, Stefania il mercoledì, Flavia il giovedì e io il venerdì), e quelle delle (St)renne per un mese che pubblicheranno la quarta settimana del mese (Mai, Eleonora, Greta, Patty e Gaia).
Forza allora! Spremete le meningi e partecipate numerosi!
E adesso parliamo della prima Donna (St)raordinaria a cui dedicherò post e ricetta: Maria di Nazaret.
Non è facile scrivere di Maria di Nazaret, la Madre di Gesù: della sua vita infatti si conoscono pochi fatti essenziali, mentre sul piano teologico e devozionale di lei si è scritto tantissimo. Eppure in questa celebrazione delle Donne (St)raordinarie non posso fare a meno di dedicare a Lei il mio primo post e la mia prima ricetta.
La prima menzione di Maria nei Vangeli è contestuale all’Annunciazione, di cui tra poco ricorre la festa: l’Arcangelo Gabriele appare a una vergine, promessa sposa di Giuseppe, discendente dalla nobile stirpe di Davide, per annunciarle che sarà la madre del Messia. Associata fin dall’inizio alla storia della Salvezza, Maria con il suo umile sì fa esattamente quello che farà il suo Figlio: assumerà la condizione umana in tutto fuorché nel peccato. Così, mentre Lui vive lo stato del profugo al tempo di Erode, la povertà, il lavoro, la persecuzione, l’ingiusta prigionia, la liberazione al suo posto di un noto ladro e assassino e la morte infamante in croce, lei assume su di se’ la condizione delle ragazze-madri e rischia fin dall’inizio di essere ripudiata dal suo promesso sposo.
La dignità di Maria è tutta in quell’umile e fiducioso sì al disegno di Dio su di lei, ma la sua grande umiltà (umile e alta più che creatura, dice Dante) non le impedisce di prendere parte attiva nella missione del Figlio: il primo miracolo di Gesù, la trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana, avviene proprio perché lei gli forza la mano: accortasi che è terminato il vino, sommo disonore per chi invita, si rivolge direttamente al Figlio con una constatazione (non hanno più vino) che è insieme una richiesta di aiuto; e quando questi un po’ seccato le chiede che cosa vuole che ci faccia (che ho da fare con te, o donna?), lei lo mette alle strette: si rivolge ai servi dicendo loro “fate quello che vi dirà” e lo costringe ad agire.
Donna Ebrea osservante, la sua vita si svolge tra le mura di casa e le botteghe del villaggio, ma con grande discrezione accompagna il Figlio durante tutta la sua missione: lo “costringe” a fare il primo miracolo, è con Lui ai piedi della croce e si trova insieme ai Discepoli nel corso della Sua prima apparizione al cenacolo, dopo la resurrezione.
Sfortunatamente per noi foodblogger le ricette di Maria non ci sono pervenute: ve lo immaginate il ricettario della Madonna? 😇 Sappiamo però per certo che in occasione della Presentazione di Gesù al Tempio preparò pani e focacce per l’offerta rituale.
Uno dei pani della festa tipicamente ebraici è proprio la Challah, un pane ebraico ricco (contiene infatti uova), oggi diremmo un pan-brioche, tradizionalmente consumato in occasione dello Shabbat e di altre feste (tranne Pesach, che richiede un pane azzimo).
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dettagli |
Anticamente le donne Ebree ogni volta che facevano il pane mettevano da parte un pezzetto di impasto, chiamato challah, per il Sacerdote (kohen) del Tempio. In seguito alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 dopo Cristo, il pezzetto di impasto veniva bruciato, a ricordo della porzione destinata al Sacerdote.
Nel tempo il termine challah ha preso a designare l'intero pane più che un pezzetto di impasto, e l'abilità nell'intrecciare si è riversata in questa preparazione, molto semplice e squisita. Si va dalla splendida e complessa treccia a 6 capi, agli intrecci più semplici con 2 capi, che sono quelli che ho realizzato io.
La ricetta che ho scelto è tratta dallo splendido libro di Jeffrey Hamelman, e benché di sicuro non sia la ricetta autentica di Maria, sono certa che Lei lo apprezzerà lo stesso. A casa mia è piaciuta parecchio.