mercoledì 26 ottobre 2011

Profiterole salato alle quaglie e salsa di prugne


Uno o due giorni prima che ci venisse comunicata la ricetta per la sfida di ottobre, Alessandra ha cominciato con gli indizi su FB; è partita da piccioni e palline - una citazione dal Gargantua di Rabelais, ha precisato, e io che pure ho studiato bene la letteratura francese al liceo non ho colto il legame. Poi si è messa a parlare di tartufi: di male in

lunedì 24 ottobre 2011

Profiterole alla crema di cioccolato bianco e basilico



Quando ho letto il bellissimo post di Stefania, ho pensato: ma quanto è bello l'MTChallenge??? Si provano ricette nuove, ci si sfida su quelle già conosciute e si ha l'occasione di preparare un dolce che non si era mai fatto prima! Sì, perché devo
confessare che l'unico periodo della mia vita in cui preparavo regolarmente il profiterole è stato l'anno della terza media, solo che all'epoca usavo le scatole con i preparati. Ogni tanto invitavo a casa mia per il pomeriggio una o due compagne di scuola con la domanda "facciamo una torta?", acquistavo la scatola per i profiteroles, aggiungevamo al preparato uova, acqua o latte e burro e preparavamo le palline di impasto sulla placca del forno, aiutandoci con un cucchiaino (altro che la sac-à-poche! ^_^).
I problemi si presentavano regolarmente al momento di farcire i bignè gonfi e dorati che uscivano fragranti dal forno: la scatola che comperavo io prevedeva una farcitura di crema pasticcera e la copertura di cioccolata. Solo che a noi ragazzine non è mai venuto in mente di far raffreddare la crema prima di farcire i bignè (e sulla scatola non c'era scritto ^_^), sicché ogni volta ci scottavamo le dita. Che divertimento però! Alla fine del pomeriggio ogni amica portava a casa metà o un terzo dei profitteroles preparati - dipendeva da quante eravamo - da far gustare alla sua famiglia la sera, dicendo con orgoglio "questo l'ho fatto io".

Ne è passato di tempo da allora, ma io stranamente non ho mai più preparato i profitteroles, dedicandomi invece ad altri tipi di preparazione. Non che la ricetta mi fosse comunque sconosciuta: qualche anno dopo una zia l'ha svelata a mia madre e li ho visto preparare i bigné tante volte, solo che non l'avevo mai fatto personalmente. Non posso quindi che ringraziare di cuore Stefania di Profumi & Sapori con il suo preziosissimo post dettagliato fino all'ultimo grammo, per avermi trasportata magicamente per un istante dentro gli allegri e sereni pomeriggi della mia infanzia e per aver proposto questa magnifica ricetta su cui sfidarci in questo dorato mese di ottobre. 

Solo che... solo che ottobre mi è volato, letteralmente. Ero ancora convinta di avere tutto il tempo del mondo quando, venerdì sera, ho cominciato a leggere le proposte delle sfidanti. E' a quel punto che ho cominciato seriamente a preoccuparmi, perché oltre a rendermi conto che di tempo non ce n'era più tanto, ho constatato che l'MTC di questo mese non riguarda solo una ricetta di cucina, ma anche la vita personale. Sì, perché più di una sfidante, per realizzare i bigné, ha fatto ricorso all'aiuto del marito; e i mariti non si sono limitati a fotografare o a stare in cucina incitando con un "dai che ce la fai", no: hanno partecipato attivamente, qualcuno addirittura improvvisando un mandrino per sac-à-poche con il fermaciuccio del bébé! 


Occorreva correre ai ripari, solo che avevo 8 giorni per mettere un annuncio sul giornale (qualcosa del tipo donna sola, bella presenza, cerca marito per fare i bigné), scegliere il candidato tra i tanti che si sarebbero presentati, fare le pubblicazioni, sposarlo e preparare il profiterole. Capite bene anche voi che mi mancavano i tempi tecnici. Stavo per gettare la spugna, quando mi sono ricordata una cosa: ma io ce l'ho un marito!!! Un marito virtuale, che non sa neppure che esisto e che naviga sull'altra sponda, è vero, ma data la situazione non era certo il caso di fare la schizzinosa. A quel punto sono corsa alla libreria, ho agguantato emozionata il libro di Paul e mi sono messa a sfogliarlo avidamente. La mia scelta è caduta su una ganache che avevo già provato in una ricetta diversa e che mi era piaciuta assai; mi è bastato raddoppiare la dose di panna per avere una crema della consistenza adatta per farcire i miei bigné. 


Per i bigné stessi ho usato la ricetta di Montersino ma preparando la dose intera, per due motivi: il primo è che immaginavo i bigné fossero come le crepes: le prime non vengono bene, poi ci prendi la mano. Il secondo motivo è che intanto che preparavo i bigné dolci mi è venuta in mente una versione salata, di cui vi parlerò presto. :-)

venerdì 21 ottobre 2011

Crema di cozze allo zafferano (Alain Ducasse) e... I Love Blog-Shopping


Un anno.
E' già trascorso un anno da quando ho aperto il blog e mi sembra ieri.
Fino a 13 mesi fa, ogni volta che qualcuno mi chiedeva quando avrei aperto un blog rispondevo, convintissima, mai. Troppo impegno, troppo sbattimento, occorreva
fotografare i piatti, scrivere i post, curare le pubbliche relazioni... no, no, io sono una pigra cronica e tutto quel lavoro non faceva per me. Assolutamente no, non ci pensavo nemmeno. Poi le cose sono cambiate, mi sono trovata con la mia voglia di condividere e discutere di cucina - la mia passione - ma senza un luogo adeguato dove poterlo fare in tutta serenità. Come fare? La soluzione era lì, a portata di mano: apriamo questo benedetto blog e vediamo come va.
Alle spalle a dire il vero avevo una vera e propria squadra: Fabio che mi aveva promesso assistenza tecnica su blogger (e senza il suo aiuto di sicuro non l'avrei sfangata), Alessandra che mi prometteva assistenza e dritte sul piano operativo (e anche qui, senza il suo aiuto e i suoi preziosi suggerimenti questo blog sarebbe rimasto all'età della pietra) e Flavia, che proprio in quel periodo stava pensando di aprire un blog, che faceva il tifo e mi incitava e così, pur con timore e tremore, mi sono lanciata.
Non avevo fatto in tempo ad aprirlo, che mi è arrivata una mail di Alessandra con le prime dritte: "Ti serviranno tovaglie, piatti, ciotoline e materiali da finger food, posate, vassoi, bicchieri... se vuoi vengo a Milano per aiutarti nello shopping, oppure perché non vieni tu a Genova?". "Ah, toh, ho pensato. Credevo che esistessero solo le caccavelle, invece ci sono anche le bloggavelle!" A dire il vero ho anche avuto un moto di sgomento al pensiero dell'avventura in cui mi ero imbarcata, ma oramai ero in ballo e poi la prospettiva di un bel week-end di shopping con Ale era troppo allettante, così sono saltata sul primo treno per Genova e lì, carta di credito tra i denti e Alessandra al mio fianco, siamo andate all'assalto di tutti i negozi che ci sono capitati a tiro. E' stato un fine settimana molto divertente,  istruttivo e memorabile (la mia banca se lo ricorda ancora ^_^), con Ale che mi dava consigli sul blog e suo marito che mi dava lezioni accelerate di fotografia. Ho razziato negozi di casalinghi e librerie e quando la domenica pomeriggio Giulio mi ha accompagnata alla stazione carica come un mulo, mi ha chiesto se per caso avessi nascosto un cadavere nel trolley, da tanto pesava. :-D
Non sono mancate le note folkloristiche e le risate conseguenti, e il ritorno è stato a dir poco rocambolesco: pioveva a dirotto ma io sono partita da casa di Ale con il trolley e due sacchetti di carta strapieni di bloggavelle. Naturalmente avevamo i sacchetti di plastica ma non fa fine viaggiare con quelli, quindi ho optato per quelli in scicchissima carta. Che si sono prontamente inzuppati non appena ho messo il naso fuori, e che essendo strapieni si sono prontamente strappati alle maniglie. Arrivata a Milano presentavo uno spettacolo pietoso: un trolley che pesava una tonnellata per i libri, due sacchetti di carta tenuti insieme con la pura forza di volontà, pioggia a dirotto e zero scale mobili (i lavori di ristrutturazione erano ancora in corso) da cui scendere. Non so come ho trascinato tutte le mie masserizie giù per quella interminabile scalinata; giunta a metà della stessa, un nugolo di extracomunitari mi si è precipitato incontro. "Che gentili ho pensato, vogliono aiutarmi". Macché: volevano vendemi un ombrello per ciascuno, e al mio rifiuto si sono dileguati. Ancora oggi non ho idea di come mai tutto quanto sia giunto a destinazione intatto visto che i sacchetti mi sono rovinati a terra innumerevoli volte, con me che prima esclamavo costernata: "Le mie pentoline!" e poi cominciavo a ridere, fatto sta che tutto è arrivato in perfetto stato e una volta giunta a casa ho avuto soltanto il problema di trovare spazio per i miei nuovi acquisti.

Tante cose sono successe da allora: ho conosciuto Stefania, un mese dopo sono nate ufficialmente le (st)Renne, inizialmente come esperimento e poi, visto che ci abbiamo preso sempre più gusto, come gruppo ufficiale. La nostra amicizia si è stretta ancora di più grazie al lavoro, alla condivisione e agli scambi di battute; ho conosciuto tantissime persone meravigliose, sono cresciuta umanamente, ho mandato a ramengo la dieta, grazie all'MTC ho scoperto in me una vena creativa di cui non sospettavo nemmeno l'esistenza e soprattutto mi sono divertita e mi sto divertendo da matti.
Un bilancio positivo insomma, e per questo festeggio il mio primo CompleBlog con una ricetta strepitosa, da grandi occasioni.
La ricetta è alquanto complessa, ma basta scomporla nei suoi fattori costitutivi per rendersi conto che è perfettamente realizzabile anche da noi, Desperate Housewives. Alessandra nell'ultima niusletter ce ne aveva presentato una versione semplificata, ma siccome ho il libro di Ducasse - regalatomi da lei medesima a Natale - ho voluto preparare the original one: in fondo il CompleBlog viene solo una volta all'anno, no?

mercoledì 19 ottobre 2011

Crostata ricotta e mandorle



Me ne sono ricordata leggendo un post su un blog questa settimana. Non chiedetemi quale post di quale blog, perché onestamente in questo periodo sono presissima con il lavoro - è periodo di chiusura budget - e faccio molta fatica a ritagliare tempo per il blog, ancora di
più a leggere il resto della blogsfera.
Fatto sta che leggendolo mi è tornato alla mente un episodio della mia infanzia: avrò avuto 5 anni e mia nonna stava contando delle monetine dal suo borsellino. Io le ho chiesto se mi dava un soldino, e lei mi ha dato una moneta da 50 lire. Cinquanta liiireeeee??? A meeeee??? Gliel'ho rimesso sul tavolo indignata, esclamando: "Questo non è un bravo soldo!!!!" 
Morale della favola: state attenti a quando insegnate a un bambino il valore del denaro... :-D


La ricetta di oggi potrei ribattezzarla "crostata della dimenticanza". Mi spiego: ricordate quando vi avevo parlato di un notissimo chiosco di gelati a Mazara del Vallo, chiamato Ciolla? Ecco, nel frattempo le cose si sono evolute: lo storico chiosco è sempre in Piazza Regina Margherita, ma sul lungomare uno degli eredi ha aperto un suo bar gelateria pasticceria: Ciolla's. 


La scatola della torta: non trovate che il logo sia bellissimo?

Eravamo lì una sera con i miei fratelli quando Salvino, il proprietario, ci ha fatto assaggiare una fetta di una mitica crostata che stava sperimentando. Noi l'abbiamo trovata deliziosa, e dopo la nostra approvazione entusiastica la torta è entrata a pieno titolo tra le proposte del locale.
Questa è la crostata originale, acquistata da Ciolla's quest'estate
 Naturalmente io non potevo esimermi dal provare a rifarla, dietro pressione tra l'altro delle mie cognate. Ho subito capito che la particolare friabilità della frolla era dovuta al fatto che era stata impastata con lo strutto e, una volta tornata a casa, ho cominciato a sperimentare. La crostata qui fotografata è stata cucinata lo scorso week-end per la solita cena mensile che facciamo con alcuni amici, in cui ognuno porta qualcosa. 
Solo che... nella crostata originale c'erano gocce di cioccolato, pistacchi, mandorle e una spolverata di zucchero a velo. In quella portata agli amici ho dimenticato le gocce di cioccolato e i pistacchi, mentre nella tortina fotografata per questo post ho dimenticato la spolverata di zucchero a velo... Voi non dimenticate nulla e mi raccomando, provatela: è semplicemente meravigliosa!!!

I segreti di questa crostata sono due: la frolla con lo strutto e la ricotta di pecora. 
Naturalmente è sempre possibile prepararla con una normale frolla al burro e con ricotta vaccina, ma vi garantisco che il risultato finale sarà molto inferiore all'originale, per cui vale la pena fare lo sforzo in più. 
La frolla con lo strutto era la norma anticamente, almeno al Sud, dove lo strutto costava poco ed era disponibile in quantità, mentre il burro era un lusso da signori. Oggi si è un po' persa l'abitudine a usare questo grasso in casa, ed è un peccato: dà fritti leggerissimi.
Per preparare la frolla sono partita dalla ricetta di Adriano Continisio, il cui post a mio avviso è da incorniciare. Siccome il burro contiene il 18% di acqua, ho pensato di effettuare la sostituzione mettendo il 20% (ho preferito arrotondare) di strutto in meno rispetto al burro. La frolla che ne è risultata era friabilissima e deliziosa, molto delicata.


venerdì 14 ottobre 2011

Impastare il pane a mano

I dialoghi tra me e mia sorella sono talvolta surreali. Noi due ci capiamo benissimo perché conosciamo gli antefatti, quindi per noi è normale cominciare un discorso da dove lo avevamo interrotto la volta precedente, ma talvolta gli astanti restano esterrefatti quando ci sentono parlare. 

E' quello che è successo alla signora seduta accanto a me in metropolitana il mese scorso, quando mi ha visto chiudere il libro che stavo leggendo, tirare fuori il cellulare e, dopo i convenevoli di rito, mi ha sentito dire: "Senti, non è che sabato mi presteresti tuo marito, che lo devo portare in discarica?"
La poveretta ha strabuzzato gli occhi e si è voltata verso di me sbalordita e io stupidamente, rendendomi a quel punto conto dell'effetto che quella strana conversazione poteva avere presso il grande pubblico, ho pensato bene di chiarire ciò che tra me e mia sorella era ovvio: "Cioè, lui deve portare me in discarica!".
La signora ha scosso mestamente il capo e si è rituffata nella lettura da cui la mia malaugurata frase l'aveva distolta e io mi sono trovata a ridere da sola come una cretina, mentre mia sorella consultava la tabella di marcia familiare per ritagliare una mezz'oretta a me e suo marito, in discarica. Quello che abbiamo fatto una volta giunti lì ve lo lascio solo immaginare. 😂

Il post di oggi è puramente didattico e non è nemmeno recente: l'avevo scritto infatti nel 2005 per un forum, con foto passo-passo fatte con la digitale compatta che avevo allora. Si tratta di una lezione sull'impasto a mano del pane, così come l'ho appreso dalle mitiche Sorelle Simili al corso sulla panificazione che mi sono regalata per un compleanno.
Non dò quindi una ricetta di pane precisa, ma le indicazioni su come eseguire a regola d'arte un impasto a mano, qualunque sia la nostra ricetta di partenza.

Avvertenza che dopo l'aneddoto sulla discarica ritengo necessaria: non ho impastato il pane sul pavimento di casa, è il mio asse per impastare che è stato fatto con listelli avanzati da un parquet. 😀

mercoledì 12 ottobre 2011

Ciambelline al vino


Carissimi amici, vorrei farvi partecipi della mia gioia: lunedì 3 ottobre la mia amica Elena ha passato l'esame per ottenere il patentino di Guida Turistica della Provincia di Milano, e lunedì 11 ottobre lo stesso esame lo ha passato la mia amica Cristina. Il motivo per cui la
sua macedonia nell'ultimo MTC è stata chiamata "crossed fingers" risiedeva tutto lì: lei era sotto esame e temeva di sbilanciarsi. 
Elena e Cristina hanno studiato insieme: sono diventate amiche perché le rispettive figlie maggiori, oggi studentesse universitarie, erano compagne di scuola e amiche per la pelle fin dalla prima elementare: potevano le mamme astenersi dallo stringere amicizia? Certamente no! E siccome nuddu si pigghia c'un s'assimigghia, come si dice nella Terra dei miei Avi (Dio li fa e poi li accoppia), entrambe sembrano serie, ma sono matte come cavalli. 
Sono due anni che queste due donne splendide affiancano al lavoro e agli impegni familiari ore e ore di studio, cui hanno dedicato tutti i minuti liberi del poco tempo libero che avevano. Hanno seguito corsi, hanno studiato storia, storia dell'arte, geografia e diritto, in italiano e in inglese (Elena anche in francese), con tutti i termini tecnici che queste discipline richiedono; conoscono miti e leggende della città dove sono nate e che amano alla follia, quindi sono stata davvero strafelice che tanta fatica, serietà e passione siano state coronate dal meritatissimo successo.  
E poi c'è un'altra cosa ancora che hanno fatto, senza neanche rendersene conto: in una società dove vige l'imperativo del tutto-subito-senza-fatica, Elena e Cristina hanno dimostrato fattivamente ai loro figli che per ottenere qualcosa bisogna investire tempo, energia, intelligenza e passione. Con il loro esempio hanno fatto toccare con mano ai loro ragazzi che un successo ottenuto con il lavoro dà molto più gusto di uno ottenuto facilmente. E questa lezione di vita i loro figli se la porteranno dentro per sempre. 

Lunedì dunque Cristina non era in ufficio; io mi sono svegliata con un patema d'animo come se l'esame avessi dovuto sostenerlo io, e a mano a mano che passavano le ore, l'ansia aumentava. Intorno alle 16.30 mi è arrivato un sms: ho finito ora, sono ragionevolmente tranquilla. Mi sono ragionevolmente tranquillizzata pure io, ma fino all'esito sapevo che non avrei chetato, e la settimana prima l'sms di Elena mi era arrivato alle 19:30. Mentre in ufficio avevo la distrazione del lavoro, a casa avevo bisogno di inventarmi qualcosa che mi occupasse le mani; ho quindi aperto il mio archivio ricette e l'occhio mi è caduto su questa ricetta, presa dal forum di C.I. un bel po' di anni fa.

L'unico inconveniente erano le dosi in bicchieri e quel fatidico "farina quanta ne richiede l'impasto", che se hai visto mamma, nonna o zia preparare il benedetto impasto sai come regolarti, altrimenti no. Recita infatti la ricetta:

CIAMBELLINE AL VINO
  


1 bicchiere di zucchero
1 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere di olio (io ho usato l'olio di frutti olys)
1 pugno di semi di anice
farina 0 e 00 mescolate quanta ne vuole l'impasto
1 punta di coltello di lievito per dolci
 
mettere tutti gli ingredienti liquidi e i semi di anice nella ciotola dell'impastatore e aggiungere gradualmente la farina e il lievito fino ad ottenere un impasto morbido ma manipolabile.
Trasferire su un piano infarinato e tirare dei rotolini da cui ricavare delle ciambelline.
Spennellare con latte e spolverare di zucchero.
Infornare a 180 per circa 20 minuti.
Si servono pucciate nel vin santo.
Ciao! laura  malavasi   roma

Ooocchei, mi sono detta, ho preso il bicchiere più piccolo che avevo e ho cominciato allegramente a versare vino, olio, zucchero e semini di anice nella ciotola del Kenwood. Poi ho aggiunto un pizzico di sale, anche se la ricetta non lo menzionava, e mi sono data arie da precisina pesando la farina che ci versavo a mano a mano. Sono partita da 250 g sapendo che erano pochi e che probabilmente ce ne sarebbe voluto il doppio - e così ho fatto. Poi ho aggiunto altri 100 g, ma ancora non bastava. Altri 100 e poi altri 100, dopo di che ho manipolato l'impasto e ho visto che la consistenza andava bene. 800 g di farina mi ha preso l'impasto, e ho pensato con compassione a quella punta di coltello di lievito per dolci, che doveva sentirsi come la particella di sodio nell'acqua Lete. ^_^

Terminato l'impasto, è stata la volta delle ciambelline: suddividere l'impasto, tirarne dei rotolini e ricavare le ciambelline. Non c'è stato bisogno di infarinare il piano di lavoro, l'impasto scorreva a meraviglia senza appiccicarsi. Solo, il glutine dopo un po' diceva la sua e i rotolini si accorciavano, tornando ad essere cicciottelli. Ho dovuto procedere a step ricavando prima dei cordoncini spessi due dita e lasciandoli riposare mentre tiravo gli altri, poi li ho ripreso assottigliandoli via via, fino a quando hanno raggiunto lo spessore di un dito. La prossima volta li faccio spessi mezzo dito e li faccio riposare ancora un po', perché dopo che ho formato le ciambelline quelli si sono ritirati e incicciti di nuovo, facendo sparire il buco che, giuro, quando li avevo depositati sulla teglia c'era. 

I tempi di cottura dipendono dallo spessore delle ciambelline: se il loro spessore finale è di circa 1 cm, cuociono in 20 minuti; diversamente, mezz'ora ci vuole tutta. 

Le mie ciambelline non sono venute bellissime, ma erano buone da matti.
E sottolineo erano. :-)  

Vi dò di seguito le dosi precise, pesate per voi. ;-)