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lunedì 15 aprile 2013

Chili con carne di cinghiale, melanzana arrosto e pane chapati


And the winner is….ANN!!!!!
Ann è una cuoca eccezionalmente talentuosa che vive Oltreoceano; sposata con un Ebreo, fa una deliziosa cucina kosher ricca di spunti e di fantasia. Era da un pezzo che avevo notato le sue ricette strepitose e molto particolari, e finalmente è venuto il suo turno: la rutilante Mai l’ha scelta come vincitrice dell’MTChallenge di marzo, quindi toccava a lei
proporre la ricetta della sfida di aprile. Chili con carne è stato il verdetto, con un post molto ricco e dettagliato che ci ha fatti entrare nell’atmosfera del Wild, Wild West.


La prima cosa che mi è venuta in mente quando ho letto che la ricetta della sfida dell’MTC di questo mese era il chili con carne, è stato  un acquisto d’impulso fatto una quindicina di giorni prima. Avevo trovato della polpa di cinghiale e mi ero detta che per uno spezzatino sarebbe stata perfetta. Poi non ho avuto tempo di cucinarla, e l’ho messa in freezer. Se il tema della sfida è la cucina dei cow boy, quale animale la rappresenta meglio del selvatico cinghiale (anche se probabilmente il mio è di allevamento)?
La seconda cosa che mi è venuta in mente, beh… è stata quella di consultare Martha’s American Food di Martha Stewart, splendido libro che abbiamo esaminato con le ragazze dello Starbooks qualche mese fa, e cosa ho trovato lì? La ricetta del Venison Chili, il chili di selvaggina. Detto fatto: con qualche variante da parte mia (Martha fa rosolare i bocconcini di carne mentre Ann ha chiesto una cottura stufata; Martha non prevede la marinatura della carne nel vino, io ho voluto farla) ho realizzato il mio personalissimo Wild Boar Chili. A dire il vero non so se la ricetta sia valida ai fini della gara, perché in nessuna ricetta di chili con carne da me consultata (incluse quelle di Laurel Evans e della sua cucina Tex-Mex) si parla di marinatura; la presento lo stesso, con l’assicurazione che a me è piaciuta tantissimo.
La sfida prevede di presentare il nostro chili insieme a un contorno e a un pane. Ho deciso di accostare al mio chili una bella melanzana arrostita, il cui sapore piccantino si sposa bene con quello di questo saporitissimo stufato di carne, ammorbidendolo; e come pane ho optato per un chapati, un pane indiano senza lievito che di solito accompagna pietanze speziate.

lunedì 25 febbraio 2013

PETTO D’ANATRA ARROSTO IN SALSA DI GOJI E CONFETTURA DI ROSA CANINA


Nevica a Milano, nevica a larghe falde e questa volta, a differenza di quanto accaduto in settimana, la neve attacca. Si è avvinghiata ai rami spogli degli alberi rivestendoli della sua candida magia, e mi ha fatta tornare indietro di due mesi, ricordandomi

lunedì 18 febbraio 2013

Anitra all'arancia


Ero stata in tensione tutto il giorno, perché una persona a me cara doveva sostenere un esame importante e volevo con tutte le mie forze che andasse bene. Stare con le mani in mano serviva solo a farmi innervosire, quindi ho sfogato la tensione cucinando qualcosa, e stavolta ho optato per un piatto da gran festa: era da tempo che tenevo d'occhio questa ricetta del Pellaprat, e quale migliore occasione di prepararla, se non questa?

La persona ha superato brillantemente l'esame, così a cena abbiamo potuto festeggiare degnamente!

mercoledì 13 febbraio 2013

Quaglie brasate alle albicocche secche e ribes: è di nuovo Starbooks!!!


Lo Starbooks di questo mese riguarda una cucina che mi entusiasma particolarmente: la cucina Ebraica.
Ricca di spezie, saporita e colorata, questa cucina ha la capacità di trasmettermi una grande vitalità e gioia di vivere, e di trasportarmi magicamente per le vie affollate della
splendida Gerusalemme, che ho visitato due volte. 
Città ricca di contrasti, dove le tradizioni delle più importanti religioni del Mondo convivono fianco a fianco insieme a un'avanzatissima tecnologia al loro servizio (si pensi agli ascensori degli Hotel Kosher, che di sabato fanno su e giù tutto il giorno fermandosi a ogni piano per consentire agli ospiti ortodossi di andare e venire senza dover schiacciare il bottone), la cucina di Gerusalemme è un compendio di sapori, profumi e colori senza eguali.

Autori del libro del mese sono Yotam Ottolenghi, Ebreo di origini italiane, e Sami Tamimi, Musulmano. Entrambi nati e cresciuti a Gerusalemme, sebbene in quartieri diversissimi, si sono conosciuti soltanto da adulti a Londra e hanno iniziato un sodalizio professionale e di vita da cui è nato quel capolavoro dell'arte culinaria che è Jerusalem.



Fin dall'introduzione, Yotam e Sami immergono il lettore nell'atmosfera della città, complici anche le splendide fotografie che mi hanno immediatamente riempita di nostalgia. Il primo passo per l'unità delle persone, avvertono gli autori, potrebbe passare per la cucina. E perché no? Pur venendo da tradizioni diverse, l'infanzia di entrambi è stata scandita da piatti molto simili, che ci propongono con sapiente maestria e con quel pizzico di ironia che non guasta mai.

Che cosa hanno pensato le altre Starbookers di questo libro? Vediamolo insieme, prima di passare alla mia ricetta:


Ema - Arricciaspiccia: Basmati and Wild Rice with Chickpeas, Currants and Herbs
Stefania - Araba Felice in cucina: Ghraybeh
Alessandra - Ale Only Kitchen: Falafel
Gaia - La Gaia Celiaca: Balilah
Cristina - Vissi d'Arte e di Cucina: Spice Cookies
Patrizia - Andante con Gusto: Semolina, Coconut and Marmalade Cake

La prima ricetta che ho testato è un secondo di carne piccantissimo ma così ricco di sapori che mi ha fatto innamorare. Evitatela se non amate il piccante, ma se siete amanti del genere vi garantisco che questo è il piatto che fa per voi. 



mercoledì 16 gennaio 2013

Petto d'anatra arrosto con salsa di more - ricomincia lo Starbooks!


No, non siete voi ad avere le traveggole, sono io che ho sbagliato.

La ricetta parla chiaramente di more, nella foto ci sono dei mirtilli.

Probabilmente è un chiaro sintomo che ho bisogno di ferie - ho lavorato durante il periodo delle festività natalizie e d'inizio anno - fatto sta che ho letto molto chiaramente
"blackberry", ma ho pensato istantaneamente "blueberry" e non mi sono interrogata neppure per un istante.

Il punto di domanda sulla testa mi è spuntato alla prova assaggio: la salsa era un po' dolcina e necessitava di un correttivo. Ho provveduto ad aggiustarla con una cucchiaiata di aceto di lamponi, ma intanto sono andata a riprendere il libro, ho compreso il mio errore e mi sarei francamente presa a sberle.
E' solo che avevo fatto fatica a trovare il petto d'anatra da solo (tendenzialmente i macellai cercano di venderti tutta l'anatra), avevo trovato le condizioni di luce perfette per le foto e non avevo più tempo, quindi apro lo Starbooks di gennaio con una ricetta che andrebbe fatta con un ingrediente, ma ne contiene un altro.



Ma partiamo dal principio: per lo Starbooks di gennaio abbiamo testato per voi un libro che, almeno finora, si è rivelato delizioso e ben fatto. 
Ispirato a una nota serie televisiva che è giunta alla terza stagione, Downton Abbey, è impaginato nello stile dell'epoca, in un gradevole color seppia, e non contiene neanche una fotografia. Questo per me è un segnale positivo: l'editoria culinaria ci ha abituati a libri con foto invitanti e ricette spesso deludenti, mentre qui finalmente abbiamo l'assenza di immagini, a cui fa da contraltare l'impeccabilità e la cura con cui sono scritte le ricette. 

Le ricette si succedono secondo l'ordine delle portate in una cena di epoca Edoardiana, e ognuna di queste è corredata da una nota sulle preferenze o le occasioni di consumo da parte dei protagonisti di Downton Abbey, e una notizia che può riguardare le origini del piatto, il bon ton dell'epoca o curiosità legate alla portata.


Una ulteriore suddivisione del libro distingue le ricette destinate alla tavola dei Piani Alti e quelle cucinate per il sostentamento della servitù, perché se i nobili Upstairs mangiavano pâté de foie gras, gli stessi manicaretti non venivano di certo consumati ai piani bassi. Ecco allora sfilare davanti a noi cibi meno raffinati ma sicuramente nutrienti, per sostenere il durissimo lavoro della servitù, tenendo presente che cibo meno raffinato non è assolutamente sinonimo di piatti meno buoni, e che talvolta parliamo di vero e proprio comfort food.

La ricetta che presento oggi è decisamente da Piani Alti: un saporito petto d'anatra grigliato, accompagnato da una deliziosa salsa di more. L'abbinamento è azzeccatissimo, ma se come me sbagliate frutto basterà correggere l'eccessiva dolcezza della salsa con uno o due cucchiai di profumato aceto di lamponi.


Prima di leggere la mia ricetta però vi invito a passare dalle altre Starbookers, che hanno preparato:

Alessandra - Menù Turistico: Edwardian Tikka Masala Chicken
Patrizia - Andante con gusto: The Grief Apple Tart
Stefania - Araba felice in cucina: Creamy Russet Leek Soup
Roberta - Le chat égoiste: Filet Mignon con foie gras e salsa al tartufo
Cristina - Vissi d'arte e di cucina: Classic Vanilla Rice Pudding
Alessandra - Ale Only Kitchen: Soupe à l'Oignon
Emanuela - Arricciaspiccia: Mrs Isabel Crawley's Smoked Salmon Sandwich + Cucumber Sandwich

E ora passiamo al mio

martedì 6 novembre 2012

Pâté di anatra all'arancia


Sono reduce da 2 week-end di fila fuori casa e sono leggermente distrutta, anche se contentissima.
Dal 27 al 29 ottobre infatti sono stata al Salone del Gusto di Torino, di cui parlerò più

mercoledì 26 settembre 2012

Magret de canard aux framboises - Petto d'anatra ai lamponi


Confesso che c'è stato un momento, mentre scrivevo questo post, in cui mi sono sentita in colpa e mi sono chiesta se non fossi troppo severa. Poi però mi sono detta che lo Starbooks, che di certo non è una caccia alle streghe, talvolta ti fa scoprire delle bufale che è nostro dovere segnalare. Noi 8 guardiamo quello che offre il panorama editoriale,

venerdì 23 marzo 2012

Cailles en sarcophage


C’è stato un periodo della mia vita, da ragazza (e quindi diversi lustri fa ^_^) in cui ho
sofferto di una leggera forma di depressione. Mi svegliavo al mattino con un nodo allo stomaco e andavo a dormire la sera con il medesimo nodo, come se dovessi sostenere un esame universitario ogni minuto della giornata. La sensazione era talmente familiare che non ci facevo nemmeno più caso, ma non per questo era gradevole. All’epoca ero magrissima – pesavo 48 kg – pur mangiando come un lupo, da tante energie mi faceva consumare questo stato di angoscia perenne.
Una sera davano alla TV un film, Il pranzo di Babette. Sono sempre stata appassionata di cucina e poi il film era tratto da un racconto di Karen Blixen, così ci siamo messi a guardarlo tutti quanti, in famiglia.

Il film era semplicemente magico: la poesia e la delicatezza con cui ogni personaggio era tratteggiato, la bellezza dei paesaggi e delle riprese, lo svolgersi intero della storia intorno alla protagonista, tutto mi ha coinvolta fin dalle prime scene.
Babette, fuggita dalla Francia dove suo marito e suo figlio sono stati uccisi a seguito della repressione dei moti della Comune di Parigi, si rifugia in Danimarca presso due anziane signorine, figlie di un Decano protestante che aveva fondato una piccola congregazione. I fedeli della piccola comunità cominciavano ad essere divisi da forti dissapori, frutto della convivenza stretta in un’isola che offriva poche distrazioni.

Babette lavora come domestica presso le due signorine e con molta umiltà impara da loro le semplici ricette di cucina con cui esse si nutrono e che portano ai poveri. Le insegnano a cucinare una zuppa di pane e birra e lei senza la benché minima spocchia impara la ricetta, per poi migliorarla piano piano, quasi insensibilmente. Le cose durano così per una ventina d’anni, poi la svolta: l’unico legame con la Francia che Babette ha è un biglietto della lotteria nazionale che un amico fedele (Achille Papin, il cantante d’Opera che l’aveva raccomandata alle due signorine e che un tempo aveva desiderato sposare una di esse) acquista per suo conto ogni anno. Quell’anno il biglietto di Babette vince il primo premio, 10.000 franchi.
E’ anche l’anno delle celebrazioni per il centenario della nascita del Decano, e le sue anziane figliole sono molto preoccupate per le divisioni sempre più forti che continuano a lacerare la congregazione.

Babette si offre di preparare un pranzo per celebrare l’anniversario e chiede alle signorine un favore: vuole offrire lei il pranzo. Queste accettano, sebbene un po’ riluttanti, e Babette si mette subito all’opera: fa una lista degli ingredienti e la consegna a un suo nipote, capitano di una nave che fa la spola tra la Francia e la Danimarca. Nel frattempo gli inviti vengono diramati ai membri della congregazione.
Quando gli ingredienti arrivano, la loro abbondanza e varietà sconcerta fortemente le due anziane signorine; in particolar modo una grossa tartaruga turba i sogni di una delle due sorelle, che teme le fiamme dell’inferno per il “sabbath” che si sta preparando nelle loro cucine. In lacrime confida i suoi timori alla congregazione, e tutti decidono che non faranno alcun commento sul cibo.
I preparativi nel frattempo fervono e quando arrivano gli ospiti, tra loro vi è anche il nipote della signora più anziana della congregazione, un Generale che da giovane aveva voluto sposare l’altra figlia del decano e che, respinto dal padre di lei, aveva deciso di seguire la sua ambizione e fatto una brillante carriera.

La sera dei festeggiamenti sarà chiarificatrice per tutti, innanzi tutto per il generale che non ha trovato la felicità nelle sue numerose soddisfazioni professionali e mondane. E’ una serata di resa dei conti, di bilanci della vita, “quegli inventari fatti sempre senza amore”; ed è proprio il Generale, estraneo alla congregazione, che permetterà agli altri invitati di gustare appieno il pranzo preparato da Babette e le gioie che la vita ha da offrire. Il cibo è il mezzo attraverso cui la catarsi si compie e la bellezza della vita emerge in tutto il suo splendore. Il Generale commenta ogni singolo piatto da conoscitore e racconta di una famosa chef donna (cosa insolita per quei tempi) al Café Anglais di Parigi: una cena per 12 lì costava 10.000 franchi, ma quella donna sapeva trasformare il cibo in una specie di avventura amorosa che trascinava i sensi dei commensali. Aveva perfino inventato un piatto, le Cailles en Sarcophage, che erano un po’ la sua “firma” e, meraviglia... le Cailles en Sarcophage vengono presentate in tavola in quel momento, una per ogni commensale!

Gustando il cibo magistralmente preparato da Babette il Generale si rende conto che nessuna scelta della nostra vita va sprecata e il suo toccante discorso conclusivo aiuta anche gli altri commensali a ritrovare la pace con se stessi e con gli altri: “nella vita siamo chiamati a fare delle scelte e a volte ci sembra di dover rinunciare a qualcosa. In realtà non è così: quello che abbiamo scelto ci viene dato e quello cui abbiamo rinunciato ci viene pure accordato, sebbene in un altro modo,  perché Grazia e Verità si sono incontrate, Giustizia e Pace si sono baciate”. La salvezza è un hic et nunc, è qui ed ora, oppure non c’è.
A partire da quel momento tutti i commensali gustano e commentano il cibo con una libertà che non si erano sognati prima. Ognuno fa la pace con se stesso e con il suo prossimo, scherzano anche sui piccoli imbrogli che si sono fatti negli anni e quando escono fanno perfino un girotondo attorno alla fontana del paese.

Babette viene dunque rivelata per quello che è: una grandissima Chef, che pure ha umilmente preparato la zuppa di pane e birra per tutti quegli anni senza far pesare la sua superiorità a nessuno e che continuerà a essere la fedele domestica delle due anziane signorine, perché per acquistare gli ingredienti di quel pranzo ha speso tutti i 10.000 franchi vinti alla lotteria. Quando una delle due signorine osserva che è di nuovo povera, lei ribatte: “Un artista non è mai povero: ho dato solo il meglio di me”. Preparare quel pranzo è stata una vera gioia e una grande soddisfazione per lei, non ha bisogno di altro. Ed è allora che la signorina Filippa, la quasi sposa di Achille Papin tanti anni prima, le ripete una frase che Papin stesso le scrisse nella lettera di raccomandazione di Babette: “Quando arriverete in Cielo, sarete l’artista che Dio ha voluto che foste: oh, come farete gioire gli angeli!”. 

Il film si conclude con una frase bellissima che si scambiano le due anziane sorelle prima di ritirarsi per la notte: "Le stelle sono venute più vicine. Forse verranno più vicine ogni sera".

Me lo ricordo ancora, benché siano passati tanti anni: il film è terminato e io mi sento più leggera. C’è qualcosa di diverso, ma non riesco a capire cosa… e poi capisco: quella sensazione di angoscia, il nodo perenne allo stomaco che mi accompagnava da mesi, è scomparso. Sono andata a letto rasserenata, con quell’ “oh, que vous ferez réjouir les anges” che mi risuonava ancora nelle orecchie.
Certo, il mattino dopo il nodo era ricomparso, ma quel magico film lo aveva rimosso per qualche ora e mi aveva donato tanta pace e tanta serenità.
A poco a poco ho risolto i miei problemi e il nodo allo stomaco non si è più presentato, però ogni volta che mi sento triste, depressa o giù di corda prendo il DVD del Pranzo di Babette e me lo riguardo: il suo effetto su di me rimane immutato negli anni.

E’ per questo che l’ultima Donna (St)raordinaria a cui voglio dedicare una ricetta è lei, Babette, e lo faccio con il suo “signature dish”, le Cailles en Sarcophage. 


Ho cercato a lungo la ricetta; su tutti i siti italiani che ho visitato ho trovato sempre la stessa identica ricetta, scritta con le medesime parole e senza che da un sito all’altro cambiasse una virgola; siccome nessuno scriveva la sua fonte è difficile capire chi l’abbia scritta per primo. Tuttavia la versione italiana non mi convinceva fino in fondo. Mi sono rivolta alla Francia allora, Terra natia di Babette, e lì ho trovato una ricetta decisamente migliore, che vi presento.

Ma prima di passare alla ricetta permettetemi di spendere due parole sul concorso legato al progetto Donne (St)raordinarie, legato al contest di Stefania Le (St)renne gluten-free, che vede voi impegnati a interpretare lo stesso tema delle (St)renne in chiave gluten-free, e noi in veste di giudici. Le 5 vincitrici del contest di marzo saranno incor(o)nate (St)renne per un mese, e parteciperanno al nostro prossimo progetto nonché a tutto il backstage ad esso legato; tra tutte le vincitrici di ogni mese (da settembre 2011 a giugno 2012) sarà estratto un nominativo che vincerà un week-end per due persone al Baglio Costa di Mandorla di Paceco (TP), sulla via del sale e del vino.
Questa settimana è l'ultima in cui noi (St)renne ufficiali pubblichiamo: la prossima settimana sarà la volta delle vincitrici del concorso di gennaio: Mai, Eleonora, Greta, Patty e Gaia. 

Partecipate anche voi al concorso, dedicando una ricetta gluten-free a una Donna (St)raordinaria: un’attrice, una scienziata, una donna politica, il personaggio di un romanzo, l’autrice di un libro… L'importante è che sia una donna famosa (niente mamme, zie e nonne please, lasciamo gli Avi ad Anna di Masterchef!) e che sia chiaro il legame tra la donna e la ricetta.   

E adesso tutti pronti a gustare le 

giovedì 26 gennaio 2012

Tagliatelle all'arancia con ragù bianco di anatra


Driving lesson number one: open your car. 

Come scrivevo qui, di recente ho rottamato il vecchio e fedele Catorcino e acquistato una nuova auto usata (è quasi un ossimoro! ^_^).
Il Catorcino aveva la chiusura centralizzata (fino a quando non ho dovuto farla disabilitare per i problemi che mi dava con pioggia e nebbia), ma non aveva certo il telecomando a distanza. Non che la cosa mi abbia mai turbata più di tanto, ma a volte quando arrivata al parcheggio dell'iper con un carrello pieno di spesa non mi ricordavo più dove lo avevo messo, mi è capitato di pensare che un telecomando mi sarebbe stato utile.
La mia nuova auto usata il telecomando ce l'ha, anzi ha due pulsanti: uno per aprire e chiudere l'auto, l'altro per l'allarme. Fico, no? Il venditore mi ha mostrato i due pulsanti e abbiamo fatto due prove insieme, poi ognuno è andato per la sua strada. 
Tappa n. 1, l'ACI per il passaggio di proprietà. Parcheggio l'auto, scendo e con nonchalance pigio il bottoncino. Immediatamente l'auto ha cominciato a suonare, rompendo la quiete pomeridiana. Mi affretto a ripremere il tastino e poi pigio il secondo. Fiùùùù!
Entro all'ACI, sbrigo la pratica ed esco. 
Questa volta ci faccio attenzione: osservo attentamente i due tastini e ne premo uno. 
Allarme attivato in tutto il suo fragore. Lo disattivo mentre una vecchietta si affaccia al balcone, salgo sull'auto e parto.
Tappa n. 2, il supermercato. A questo punto comincio ad avere l'ansia del pulsante. Li studio attentamente, valuto ogni probabilità, mi dico che 10 minuti prima avevo premuto questo e quindi adesso devo premere l'altro, premo con trepidazione e l'auto strombazza all'impazzata. Qualcuno si stupisce se da quel momento ho deciso di usare la chiave e di lasciar perdere i pulsantini? Ma di una cosa non ho alcun dubbio: se un giorno dovesse partirmi l'allarme in un luogo pubblico e io cercassi di disattivarlo, di sicuro aprirei l'auto. Dopo tutto l'importante è riuscire a salirci sopra, no?

lunedì 23 gennaio 2012

Tagliatelle al Nebbiolo con ragù di cervo


Ci risiamo: è tornato l'MTChallenge dopo la pausa natalizia, ed è tornato alla grande con una sfida meravigliosa: la  pasta fatta in casa e tirata rigorosamente a mano. Tutto merito di Alessandra C. di Ale Only Kitchen, vincitrice della scorsa edizione, e della sua passione per questa preparazione.

lunedì 5 dicembre 2011

Quaglie all'uva (Paul Bocuse)



Sono reduce dal week-end più divertente che riesca a ricordare: per il primo anniversario dalla nascita delle (St)renne abbiamo infatti voluto fare un piccolo raduno tra di noi, per poterci finalmente riabbracciare tutti quanti, raccontarci le ultime novità, abbozzare qualche progetto per il futuro e soprattutto stare insieme.
Non abbiamo dormito un granché (la prima sera, dopo aver mandato mariti e figli a dormire, siamo stati su a chiacchierare fino a lle 3 passate) ma abbiamo riso a crepapelle, roba da avere le lacrime agli occhi, abbiamo mangiato divinamente e ci siamo divertiti enormemente. 
Il week-end è trascorso in un lampo, eppure siamo stati proiettati in una dimensione spazio-temporale diversa in cui il tempo si è dilatato, tanto è stato vissuto intensamente da tutti noi. Le gag si sono moltiplicate, alcuni scherzi programmati hanno preso una piega inaspettata e sono riusciti in un modo inaspettato anche per chi li ha programmati.
(St)renne forever insomma, ed è proprio alle (St)renne e alle (St)rennine che dedico questa splendida ricetta del grande Bocuse.

I LOVE YOU, MY FRIENDS!!!!
 
◕‿◕

QUAGLIE ALL'UVA
Da Paul Bocuse – La cucina del mercato – Guido Tommasi Editore

mercoledì 26 ottobre 2011

Profiterole salato alle quaglie e salsa di prugne


Uno o due giorni prima che ci venisse comunicata la ricetta per la sfida di ottobre, Alessandra ha cominciato con gli indizi su FB; è partita da piccioni e palline - una citazione dal Gargantua di Rabelais, ha precisato, e io che pure ho studiato bene la letteratura francese al liceo non ho colto il legame. Poi si è messa a parlare di tartufi: di male in

lunedì 24 gennaio 2011

Faraona ripiena arrosto con patate e castagne



"Questo coso non funziona", mi sono detta stizzita mentre cercavo di utilizzare una caccavella portata dall'America due anni fa e non ancora usata.
Stavo infatti cucinando un arrosto in forno - cosa insolita per me, che prediligo la cottura sui fornelli - e avevo deciso di usare l'apposita pompetta per irrorare la carne di sugo.
La pompetta però non ne voleva sapere di irrorare l'arrosto: la parte in gomma rimaneva schiacciata e non restituiva il sugo raccolto. Ho provato due o tre volte e poi indispettita l'ho lanciata nel lavello, pensando "tu bella mia, sei destinata alla pattumiera".
La cosa mi seccava oltre ogni dire: non solo per la prima volta in vita mia una caccavella non era stata all'altezza della situazione, ma aveva anche occupato in valigia uno spazio prezioso che avrebbe potuto essere destinato a un'altra caccavella. Sgrunt.

Terminata la cottura del mio arrosto ho proceduto a lavare gli utensili utilizzati, e non so perché ho lavato pure lei, anche se avevo già deciso di disfarmene. La insapono all'esterno, tolgo la pompetta in gomma rossa e... un momento... che cos'è quel coso metallico che sporge?


Ah...
Ah, già....


Morale della favola: mai dubitare dell'efficacia di una caccavella; dubitate piuttosto del vostro modo di utilizzarla...