mercoledì 24 settembre 2014

Riso con astice scottato in court bouillon e tartufo nero


Torno oggi con la mia seconda proposta per l'MTChallenge di questo mese, che verte su un argomento tanto vasto quanto poco conosciuto, almeno da me: il riso.
Personalmente non sono mai andata più in là della cognizione che i risi semifini servono per il risotto; quando ero giovane si trovava sugli scaffali il Maratelli, considerato l'eccellenza per i risotti e oggi soppiantato dal Carnaroli. Ci è voluto l'MTChallenge di novembre 2012 per farmi scoprire che la varietà più indicata per fare le arancine è l'Originario, ma onestamente non sono mai andata oltre.
Ci ha pensato Acquaviva Scorre, vincitrice della scorsa edizione, a riportare la mia attenzione su uno dei cereali più importanti e diffusi del mondo, che è stato (ed è tutt'ora) l'alimento base di moltissime popolazioni sul pianeta. Dovere la propria vita a un pugno di riso non è cosa da poco, visto che la sua coltivazione esige molte cure e un lavoro ininterrotto, dalla semina alla raffinazione, fino alla vendita al minuto; e proprio perché non è cosa da poco occorre soffermarsi e acquisire maggiore consapevolezza di quello che abbiamo davanti, come ben dice la mia amica Francy.

E visto che questo mese trattiamo il riso, tanto vale imparare qualcosa di nuovo, no? Ecco che Acquaviva ci propone di cimentarci su 3 tecniche di cottura del riso poco conosciuti, ma che garantiscono una dispersione pressoché nulla delle sostanze nutritive del riso, e quindi una intensità di sapore che altre modalità di cottura non hanno.

Se con la mia prima proposta ho esplorato la tecnica del pilav, oggi sperimento invece la cottura per assorbimento, detta anche (ed erroneamente) a vapore. Perché erroneamente? Ce lo spiega Acquaviva nel suo interessantissimo post: "[La cottura al vapore] si svolge in un cestino posto sopra acqua bollente. [...] Il fraintendimento sul nome nasce dalla traduzione inesatta (steamed rice) da parte dei primi inglesi che hanno riportato questo metodo in Occidente: in una prima fase il riso bolle fino a che ha assorbito tutta l’acqua, dopo di che in effetti la cottura prosegue al vapore, sia a fornello acceso che nel periodo di riposo fuori dal fuoco. La definizione inglese se non altro è parziale, insomma."

Per sperimentare questo tipo di cottura semplice ed essenziale, che mantiene i sapori puliti, ho scelto di usare un abbinamento collaudatissimo, anche se diametralmente opposto all'idea di sopravvivenza cui ho accennato all'inizio del post: astice e tartufo. Il motivo è molto semplice: benché questa tecnica di cottura sia nata per i risi in bianco, io la trovo talmente sofisticata da poter entrare di diritto nella cucina "dei piani alti", proprio perché esalta le caratteristiche, la bontà e la freschezza di ogni ingrediente. Anzi, a dirla tutta la mia prima idea era quella di abbinare il tartufo all'aragosta, solo che non l'ho trovata dal mio pescivendolo di fiducia, e ho quindi ripiegato sull'astice.

Ripiego per ripiego, non ho avuto il tempo di cercare il pregiato tartufo bianco di Alba e mi sono dovuta accontentare di scaglie di scorzone nero, la varietà di tartufo meno pregiato,  essiccate per giunta. Come dire che ho fatto un "piatto di lusso di seconda scelta"... ^_^

lunedì 22 settembre 2014

Riso pilav esotico nelle foglie di banano


Due mesi di riposo dall'MTChallenge mi hanno fatto male, evidentemente: non riesco a spiegare in altro modo la mancanza assoluta di idee per concorrere alla sfida di questo mese... Anzi no: la spiegazione c'è, ed è pure razionalissima: prendetevi una ventina di minuti, sedetevi comodi e andatevi a leggere lo splendido post della sfida di Acquaviva Scorre, e poi ditemi se non sembra fatto apposta per far tabula rasa con la mente e paralizzarla.
Sì, perché qui si parla di riso, declinato in tre possibili tecniche di cottura, tutte e tre abbastanza conosciute: chi non ha mai sentito parlare del cosiddetto riso al vapore (definizione inesatta su cui tornerò nel prossimo post), dei dolci di riso o del riso pilav? Io però finora le ho applicate davvero poco, visto che difficilmente vado al di là del solito risotto. Fortunatamente sul blog dell'MTChallenge sono stati pubblicati post di approfondimento, ma più leggevo, più la mia mente si rifiutava di collaborare, oppressa dall'aristotelica consapevolezza di nulla sapere.

mercoledì 17 settembre 2014

Musabaha - ceci tiepidi con hummus


Sapevo perfettamente dove si trovava la tahina nella mia dispensa. Ne conoscevo talmente bene l'ubicazione, che avrei potuto prenderla ad occhi chiusi: secondo ripiano, al centro ma un pochino spostata sulla destra, a metà profondità. Lo stesso dicevasi per il bicarbonato e praticamente per tutto quello che ho in dispensa, quella grande che si trova in sgabuzzino: è un mobile molto capiente il cui riempimento e svuotamento gestisco ormai da 16 anni. So dove sono le marmellate, gli sciroppi, le varie qualità di cioccolato e gli ingredienti di cucina etnica, come l'aceto di riso nero, l'olio di senape, lo zucchero di palma e, per l'appunto, la tahina.

Lo so, anzi lo sapevo.

Sì, perché quest'estate, prima di partire per le ferie, ho fatto la consueta operazione di svuotamento, controllo delle date di scadenza, compilazione di elenchi e cancellazione di quanto non c'è più (che magari al momento non avevo cancellato) e per la prima volta in 16 anni ho deciso di dare alla dispensa un ordine più razionale. Tipo abbandonare la classica distinzione dolci/salati e mettere l'etnico tutto insieme. Tipo spostare il bicarbonato, che metterlo dietro ai tetrabrick del latte a lunga conservazione non ha molto senso. Tipo raggruppare gli alimenti pronti al consumo, come la cioccolata o il tonno, e quelli che devono essere lavorati prima di poter essere consumati, come la passata di pomodoro.

Ricordo come fosse ieri la grande soddisfazione provata dopo aver finito quel lavoraccio.
Ed è ancora vivo in me lo sgomento che ho provato quando sono andata a prendere la confezione di tahina e non l'ho trovata al solito posto. Già che c'ero ho deciso di prendere una scatola di bicarbonato, che l'altra era quasi finita, ma al solito posto non c'era e non riesco a ricordare dove l'ho messa.
La tahina l'ho trovata dopo aver mezzo svuotato il ripiano dell'etnico; il bicarbonato no, e l'ho dovuto comprare nonostante sappia benissimo di averne ancora 2 scatole, da qualche parte, in dispensa.

Dicono che cambiare posto alle cose in casa alleni la mente a rimanere elastica, costringendola a fare una salutare "ginnastica". Consigliano ad esempio di cambiare ogni tanto il posto dei piatti e dei bicchieri, e di scambiare il cassetto delle posate e quello delle tovaglie. Sarà, ma forse questa ginnastica è più adatta alle menti giovani. Quando ci si avvicina alla mezza età è molto meglio allenare la mente con il sudoku o con le parole incrociate: piatti, bicchieri e posate lasciateli dov'erano. E soprattutto non toccate la dispensa.

lunedì 15 settembre 2014

Starbooks di settembre: Insalata di granchio con maionese al limone, Honeycomb alla paprika affumicata e mele in agrodolce


Il nome della ricetta è lungo almeno tanto quanto i suoi tempi di preparazione.
La firma invece è breve e significativa: Glynn Purnell.
Il risultato è da urlo e giustifica a mio avviso tutto il lavoro che la preparazione richiede.
Volete saperne di più? Cliccate qui. ;-)

martedì 9 settembre 2014

"Posset" al lime e limone con marmellata di tamarillo al basilico, per lo Starbooks!


Come ogni anno, ai primi caldi noi Starbooker chiudiamo bottega e ci prendiamo 2 mesi di meritato riposo. Beh, sì, se ci fossimo veramente attenute alla regola dei primi caldi quest'anno avremmo lavorato sodo anche in luglio e agosto. Abbiamo però osservato il nostro consueto riposo blogghesco bimestrale, perché in realtà il lavoro c'è stato lo stesso ed è consistito nell'andare a scovare i libri da recensire e soprattutto provare per voi per i prossimi mesi.

Ripartiamo alla grande questo mese con un libro che, almeno a giudicare dal titolo, promette di non essere noioso: Cracking Yolks and Pig Tales (Tuorli rotti e racconti di maiali).

Apro io le danze dei fornelli con un Lemon and Lime Posset with Tamarillo and Basil Jam, perché con autori del calibro di Purnell (che, vale la pena ricordarlo, è un pupillo di Heston Blumenthal) preferisco adottare la politica dei piccoli passi, partendo dalle ricette più semplici prima di cimentarmi con quelle complesse.

Volete sapere se la ricetta mi è piaciuta, oppure più semplicemente che cosa siano il posset e il tamarillo? Cliccate sul link e lo saprete... :-)

Buona lettura e buon appetito.


lunedì 1 settembre 2014

Pane Carasau, esperimento n. 1


Era da mo' che volevo provare a fare il pane Carasau, un pane molto leggero e digeribile che contiene pochissimo lievito di birra.
Avevo una collega Sarda che ogni tanto ci portava da casa sua il Carasau e il suo gustosissimo fratello, il pane Guttiau, che altro non è che un Carasau spennellato di olio extravergine di oliva e a volte insaporito con rosmarino: uno snack golosissimo che è capace di farmi andare fuori di testa al primo assaggio.

venerdì 29 agosto 2014

Gelato al gelsomino


Riprendo le pubblicazioni sul blog dopo la pausa di agosto con il profumo e la dolcezza della mia amata Sicilia.
Da quando Stefania mi ha fatto scoprire il gelo di gelsomino, non riesco più a farne a meno: ogni volta che scendo giù lo preparo almeno un paio di volte, e il giorno della partenza per Milano mi compro sempre una bottiglia da 1 litro di latte fresco, raccolgo i fiori di gelsomino, li pulisco e li metto in infusione nel latte. Prima di chiudere la valigia tiro fuori la bottiglia dal frigo, la imballo per bene e poi la metto nel bagaglio... e prego che la compagnia aerea non me lo smarrisca. Rientrare a casa e potermi preparare ancora una volta un dolce che sa di vacanze, di sole e di Sicilia mi riconcilia molto con la ripresa del tran tran quotidiano.