venerdì 23 marzo 2012

Cailles en sarcophage


C’è stato un periodo della mia vita, da ragazza (e quindi diversi lustri fa ^_^) in cui ho
sofferto di una leggera forma di depressione. Mi svegliavo al mattino con un nodo allo stomaco e andavo a dormire la sera con il medesimo nodo, come se dovessi sostenere un esame universitario ogni minuto della giornata. La sensazione era talmente familiare che non ci facevo nemmeno più caso, ma non per questo era gradevole. All’epoca ero magrissima – pesavo 48 kg – pur mangiando come un lupo, da tante energie mi faceva consumare questo stato di angoscia perenne.
Una sera davano alla TV un film, Il pranzo di Babette. Sono sempre stata appassionata di cucina e poi il film era tratto da un racconto di Karen Blixen, così ci siamo messi a guardarlo tutti quanti, in famiglia.

Il film era semplicemente magico: la poesia e la delicatezza con cui ogni personaggio era tratteggiato, la bellezza dei paesaggi e delle riprese, lo svolgersi intero della storia intorno alla protagonista, tutto mi ha coinvolta fin dalle prime scene.
Babette, fuggita dalla Francia dove suo marito e suo figlio sono stati uccisi a seguito della repressione dei moti della Comune di Parigi, si rifugia in Danimarca presso due anziane signorine, figlie di un Decano protestante che aveva fondato una piccola congregazione. I fedeli della piccola comunità cominciavano ad essere divisi da forti dissapori, frutto della convivenza stretta in un’isola che offriva poche distrazioni.

Babette lavora come domestica presso le due signorine e con molta umiltà impara da loro le semplici ricette di cucina con cui esse si nutrono e che portano ai poveri. Le insegnano a cucinare una zuppa di pane e birra e lei senza la benché minima spocchia impara la ricetta, per poi migliorarla piano piano, quasi insensibilmente. Le cose durano così per una ventina d’anni, poi la svolta: l’unico legame con la Francia che Babette ha è un biglietto della lotteria nazionale che un amico fedele (Achille Papin, il cantante d’Opera che l’aveva raccomandata alle due signorine e che un tempo aveva desiderato sposare una di esse) acquista per suo conto ogni anno. Quell’anno il biglietto di Babette vince il primo premio, 10.000 franchi.
E’ anche l’anno delle celebrazioni per il centenario della nascita del Decano, e le sue anziane figliole sono molto preoccupate per le divisioni sempre più forti che continuano a lacerare la congregazione.

Babette si offre di preparare un pranzo per celebrare l’anniversario e chiede alle signorine un favore: vuole offrire lei il pranzo. Queste accettano, sebbene un po’ riluttanti, e Babette si mette subito all’opera: fa una lista degli ingredienti e la consegna a un suo nipote, capitano di una nave che fa la spola tra la Francia e la Danimarca. Nel frattempo gli inviti vengono diramati ai membri della congregazione.
Quando gli ingredienti arrivano, la loro abbondanza e varietà sconcerta fortemente le due anziane signorine; in particolar modo una grossa tartaruga turba i sogni di una delle due sorelle, che teme le fiamme dell’inferno per il “sabbath” che si sta preparando nelle loro cucine. In lacrime confida i suoi timori alla congregazione, e tutti decidono che non faranno alcun commento sul cibo.
I preparativi nel frattempo fervono e quando arrivano gli ospiti, tra loro vi è anche il nipote della signora più anziana della congregazione, un Generale che da giovane aveva voluto sposare l’altra figlia del decano e che, respinto dal padre di lei, aveva deciso di seguire la sua ambizione e fatto una brillante carriera.

La sera dei festeggiamenti sarà chiarificatrice per tutti, innanzi tutto per il generale che non ha trovato la felicità nelle sue numerose soddisfazioni professionali e mondane. E’ una serata di resa dei conti, di bilanci della vita, “quegli inventari fatti sempre senza amore”; ed è proprio il Generale, estraneo alla congregazione, che permetterà agli altri invitati di gustare appieno il pranzo preparato da Babette e le gioie che la vita ha da offrire. Il cibo è il mezzo attraverso cui la catarsi si compie e la bellezza della vita emerge in tutto il suo splendore. Il Generale commenta ogni singolo piatto da conoscitore e racconta di una famosa chef donna (cosa insolita per quei tempi) al Café Anglais di Parigi: una cena per 12 lì costava 10.000 franchi, ma quella donna sapeva trasformare il cibo in una specie di avventura amorosa che trascinava i sensi dei commensali. Aveva perfino inventato un piatto, le Cailles en Sarcophage, che erano un po’ la sua “firma” e, meraviglia... le Cailles en Sarcophage vengono presentate in tavola in quel momento, una per ogni commensale!

Gustando il cibo magistralmente preparato da Babette il Generale si rende conto che nessuna scelta della nostra vita va sprecata e il suo toccante discorso conclusivo aiuta anche gli altri commensali a ritrovare la pace con se stessi e con gli altri: “nella vita siamo chiamati a fare delle scelte e a volte ci sembra di dover rinunciare a qualcosa. In realtà non è così: quello che abbiamo scelto ci viene dato e quello cui abbiamo rinunciato ci viene pure accordato, sebbene in un altro modo,  perché Grazia e Verità si sono incontrate, Giustizia e Pace si sono baciate”. La salvezza è un hic et nunc, è qui ed ora, oppure non c’è.
A partire da quel momento tutti i commensali gustano e commentano il cibo con una libertà che non si erano sognati prima. Ognuno fa la pace con se stesso e con il suo prossimo, scherzano anche sui piccoli imbrogli che si sono fatti negli anni e quando escono fanno perfino un girotondo attorno alla fontana del paese.

Babette viene dunque rivelata per quello che è: una grandissima Chef, che pure ha umilmente preparato la zuppa di pane e birra per tutti quegli anni senza far pesare la sua superiorità a nessuno e che continuerà a essere la fedele domestica delle due anziane signorine, perché per acquistare gli ingredienti di quel pranzo ha speso tutti i 10.000 franchi vinti alla lotteria. Quando una delle due signorine osserva che è di nuovo povera, lei ribatte: “Un artista non è mai povero: ho dato solo il meglio di me”. Preparare quel pranzo è stata una vera gioia e una grande soddisfazione per lei, non ha bisogno di altro. Ed è allora che la signorina Filippa, la quasi sposa di Achille Papin tanti anni prima, le ripete una frase che Papin stesso le scrisse nella lettera di raccomandazione di Babette: “Quando arriverete in Cielo, sarete l’artista che Dio ha voluto che foste: oh, come farete gioire gli angeli!”. 

Il film si conclude con una frase bellissima che si scambiano le due anziane sorelle prima di ritirarsi per la notte: "Le stelle sono venute più vicine. Forse verranno più vicine ogni sera".

Me lo ricordo ancora, benché siano passati tanti anni: il film è terminato e io mi sento più leggera. C’è qualcosa di diverso, ma non riesco a capire cosa… e poi capisco: quella sensazione di angoscia, il nodo perenne allo stomaco che mi accompagnava da mesi, è scomparso. Sono andata a letto rasserenata, con quell’ “oh, que vous ferez réjouir les anges” che mi risuonava ancora nelle orecchie.
Certo, il mattino dopo il nodo era ricomparso, ma quel magico film lo aveva rimosso per qualche ora e mi aveva donato tanta pace e tanta serenità.
A poco a poco ho risolto i miei problemi e il nodo allo stomaco non si è più presentato, però ogni volta che mi sento triste, depressa o giù di corda prendo il DVD del Pranzo di Babette e me lo riguardo: il suo effetto su di me rimane immutato negli anni.

E’ per questo che l’ultima Donna (St)raordinaria a cui voglio dedicare una ricetta è lei, Babette, e lo faccio con il suo “signature dish”, le Cailles en Sarcophage. 


Ho cercato a lungo la ricetta; su tutti i siti italiani che ho visitato ho trovato sempre la stessa identica ricetta, scritta con le medesime parole e senza che da un sito all’altro cambiasse una virgola; siccome nessuno scriveva la sua fonte è difficile capire chi l’abbia scritta per primo. Tuttavia la versione italiana non mi convinceva fino in fondo. Mi sono rivolta alla Francia allora, Terra natia di Babette, e lì ho trovato una ricetta decisamente migliore, che vi presento.

Ma prima di passare alla ricetta permettetemi di spendere due parole sul concorso legato al progetto Donne (St)raordinarie, legato al contest di Stefania Le (St)renne gluten-free, che vede voi impegnati a interpretare lo stesso tema delle (St)renne in chiave gluten-free, e noi in veste di giudici. Le 5 vincitrici del contest di marzo saranno incor(o)nate (St)renne per un mese, e parteciperanno al nostro prossimo progetto nonché a tutto il backstage ad esso legato; tra tutte le vincitrici di ogni mese (da settembre 2011 a giugno 2012) sarà estratto un nominativo che vincerà un week-end per due persone al Baglio Costa di Mandorla di Paceco (TP), sulla via del sale e del vino.
Questa settimana è l'ultima in cui noi (St)renne ufficiali pubblichiamo: la prossima settimana sarà la volta delle vincitrici del concorso di gennaio: Mai, Eleonora, Greta, Patty e Gaia. 

Partecipate anche voi al concorso, dedicando una ricetta gluten-free a una Donna (St)raordinaria: un’attrice, una scienziata, una donna politica, il personaggio di un romanzo, l’autrice di un libro… L'importante è che sia una donna famosa (niente mamme, zie e nonne please, lasciamo gli Avi ad Anna di Masterchef!) e che sia chiaro il legame tra la donna e la ricetta.   

E adesso tutti pronti a gustare le 

domenica 18 marzo 2012

Le Strenne Inc. presentano...

Clicca qui per visionare il video

"Parlami D'Amore Annalù"- antologia degli scatti più emozionanti, coinvolgenti e commoventi della Strenna più esilarante, creativa e meravigliosamente incorreggibile di tutte, che oggi compie 38 anni. 

Vogliamo festeggiarlo con un piccolo pensiero, che è un regalo per tutti: perchè le sue fotografie sono un'iniezione di emozioni allo stato puro, una staffilata che va dritta al cuore, un groppo in gola che blocca il respiro- e meriterebbero per questo ben altri prosceni, più affollati ed autorevoli di quelli che possiamo offrirgli noi. 




L'augurio è che siano tutte dietro l'angolo, le mille occasioni che si merita-e pure tutte in fila, in modo che possa coglierle ad una ad una, senza tralasciarne nessuna. Da parte nostra, vogliamo comunque tributargli il riconoscimento più ambito, più agognato, la statuetta che tutti bramerebbero avere e che da oggi risplenderà nel suo palmares, a perenne memoria di un compleanno da ricordare.
Buon compleanno, Fabio!

venerdì 16 marzo 2012

Salmone "radioattivo" di Marie Curie


La Donna (st)raordinaria di cui voglio parlarvi oggi e a cui ho dedicato una ricetta è Maria Sklodowska Curie.



Nata a Varsavia il 7 novembre 1867 ultima di 5 sorelle, Maria Sklodowska compie i primi studi sotto l’egida del padre, ma è costretta a recarsi a Parigi nel 1892 per approfondirli, perché l’università di Varsavia non ammetteva le donne agli studi. Si laurea in Matematica e Fisica nel 1894 e quell’anno conosce Pierre Curie, un docente di Fisica, che sposa l’anno seguente.

I coniugi Curie si dedicano fin da subito allo studio delle radiazioni, stimolati dalle ricerche di illustri scienziati dell’epoca, e nel luglio 1898 annunciano alla comunità scientifica la scoperta di un nuovo elemento chimico, ribattezzato polonio in onore della patria di Maria. Quello stesso anno scoprono un'altra sostanza sconosciuta e potente, che chiamano radio a causa dell’intensità delle radiazioni che emette. Durante i successivi quattro anni i Curie raffinano una tonnellata di pechblenda, una roccia contenente tanti minerali radioattivi tra cui uranio, polonio e radio, isolando una frazione di radio sufficiente per analizzarne a fondo le proprietà. Intuendo che la radiazione è una proprietà atomica dell'uranio, ma che potevano esistere altri elementi con caratteristiche simili, Maria Curie conia il termine "radioattivo" per designare elementi instabili, il cui nucleo decade con emissione di radiazioni.

Donna di grande cuore e innamorata della scienza, Maria Curie decide di non depositare il brevetto internazionale per il processo di isolamento del radio e sceglie invece di lasciarlo libero per permettere alla comunità scientifica di effettuare ricerche senza ostacoli e favorire così il progresso in questo campo.

Prima donna ad essere ammessa all’insegnamento alla Sorbona, premio Nobel per la Fisica nel 1903 e per la Chimica nel 1911, Marie Curie è stata l'unica donna tra i quattro vincitori di più di un Nobel e, insieme a Linus Pauling, l'unica ad averlo vinto in due aree distinte.

La prima guerra mondiale la vede al fronte intenta a curare i soldati grazie all’aiuto di automobili attrezzate con apparecchiature ai raggi X e gli anni successivi la vedono negli Stati Uniti a raccogliere fondi per continuare le ricerche sul radio.
Fonda a Parigi l’Institut du Radium (oggi noto come Institut Curie) nel 1909 e nel 1923 ne fonda uno analogo a Varsavia.

Muore il 4 luglio del 1934 di anemia aplastica, conseguenza della lunga esposizione alle sostanze radioattive, e dona all'umanità i risultati delle sue ricerche.  

Dal 1995 riposa al Panthéon accanto al marito Pierre, prima donna ad esservi sepolta per meriti propri; per timore delle radiazioni però, la sua bara è stata avvolta da una camicia di piombo.

A tutt'oggi i suoi appunti di laboratorio successivi al 1890 e perfino i suoi ricettari di cucina sono considerati pericolosi a causa della lunga esposizione alle sostanze radioattive e sono conservati in apposite scatole piombate; chiunque voglia consultarli deve indossare apposite tute protettive.


Ancora una volta quindi mi trovo ad aver scelto una donna di cui non è possibile – sebbene per motivi diversi – consultare il ricettario, ma questo non è un problema: Maria Curie ha coniato il termine radioattivo… e io in suo onore ho preparato un salmone marinato dall’aspetto radioattivo! ^_^ Per darvi un'idea della differenza con il salmone gravlax normale, vi mostro la foto del prima e dopo la cura:



lunedì 12 marzo 2012

Salmone Gravlax


Driving lesson nr.... a che numero siamo? ^_^ 
Ma più che di una lezione di guida, qui parliamo di una lezione di meccanica.

venerdì 9 marzo 2012

Challah, un pane della Madonna!


Donne (St)raordinarie: è questo il titolo del nuovo, entusiasmante progetto delle (st)renne, legato tra l’altro al contest di Stefania Le (St)renne gluten-free, che vede voi impegnati a interpretare lo stesso tema delle (St)renne in chiave gluten-free, e noi in veste di giudici. Le 5 vincitrici del contest di marzo saranno incor(o)nate (St)renne per un mese, e parteciperanno al nostro prossimo progetto nonché a tutto il backstage ad esso legato; tra tutte le vincitrici di ogni mese (da settembre 2011 a giugno 2012) sarà estratto un nominativo che vincerà un week-end per due persone al Baglio Costa di Mandorla di Paceco (TP), sulla via del sale e del vino.
Donne (St)raordinarie dicevamo, e il tema è piuttosto ampio: potete scegliere un’attrice, una scienziata, una donna politica, il personaggio di un romanzo, l’autrice di un libro (anche di cucina!)… Condizione necessaria e sufficiente: che sia una donna famosa (niente mamme, zie e nonne please, lasciamo gli Avi ad Anna di Masterchef!) e che sia chiaro il legame tra la donna e la ricetta. 
Per avere qualche esempio e cominciare a macinare qualche idea basta guardare le proposte di noi (St)renne nel corso di queste prime 3 settimane di marzo (Ale e Dani il lunedì, Annalù e Fabio il martedì, Stefania il mercoledì, Flavia il giovedì e io il venerdì), e quelle delle (St)renne per un mese che pubblicheranno la quarta settimana del mese (Mai, Eleonora, Greta, Patty e Gaia).
Forza allora! Spremete le meningi e partecipate numerosi!
E adesso parliamo della prima Donna (St)raordinaria a cui dedicherò post e ricetta: Maria di Nazaret.

Non è facile scrivere di Maria di Nazaret, la Madre di Gesù: della sua vita infatti si conoscono pochi fatti essenziali, mentre sul piano teologico e devozionale di lei si è scritto tantissimo. Eppure in questa celebrazione delle Donne (St)raordinarie non posso fare a meno di dedicare a Lei il mio primo post e la mia prima ricetta.
La prima menzione di Maria nei Vangeli è contestuale all’Annunciazione, di cui tra poco ricorre la festa: l’Arcangelo Gabriele appare a una vergine, promessa sposa di Giuseppe, discendente dalla nobile stirpe di Davide, per annunciarle che sarà la madre del Messia. Associata fin dall’inizio alla storia della Salvezza, Maria con il suo umile fa esattamente quello che farà il suo Figlio: assumerà la condizione umana in tutto fuorché nel peccato. Così, mentre Lui vive lo stato del profugo al tempo di Erode, la povertà, il lavoro, la persecuzione, l’ingiusta prigionia, la liberazione al suo posto di un noto ladro e assassino e la morte infamante in croce, lei assume su di se’ la condizione delle ragazze-madri e rischia fin dall’inizio di essere ripudiata dal suo promesso sposo.
La dignità di Maria è tutta in quell’umile e fiducioso al disegno di Dio su di lei, ma la sua grande umiltà (umile e alta più che creatura, dice Dante) non le impedisce di prendere parte attiva nella missione del Figlio: il primo miracolo di Gesù, la trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana, avviene proprio perché lei gli forza la mano: accortasi che è terminato il vino, sommo disonore per chi invita, si rivolge direttamente al Figlio con una constatazione (non hanno più vino) che è insieme una richiesta di aiuto; e quando questi un po’ seccato le chiede che cosa vuole che ci faccia (che ho da fare con te, o donna?), lei lo mette alle strette: si rivolge ai servi dicendo loro “fate quello che vi dirà” e lo costringe ad agire.
Donna Ebrea osservante, la sua vita si svolge tra le mura di casa e le botteghe del villaggio, ma con grande discrezione accompagna il Figlio durante tutta la sua missione: lo “costringe” a fare il primo miracolo, è con Lui ai piedi della croce e si trova insieme ai Discepoli nel corso della Sua prima apparizione al cenacolo, dopo la resurrezione.

Sfortunatamente per noi foodblogger le ricette di Maria non ci sono pervenute: ve lo immaginate il ricettario della Madonna? 😇 Sappiamo  però per certo che in occasione della Presentazione di Gesù al Tempio preparò pani e focacce per l’offerta rituale.
Uno dei pani della festa tipicamente ebraici è proprio la Challah, un pane ebraico ricco (contiene infatti uova), oggi diremmo un pan-brioche, tradizionalmente consumato in occasione dello Shabbat e di altre feste (tranne Pesach, che richiede un pane azzimo).


dettagli
Anticamente le donne Ebree ogni volta che facevano il pane mettevano da parte un pezzetto di impasto, chiamato challah, per il Sacerdote (kohen) del Tempio. In seguito alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 dopo Cristo, il pezzetto di impasto veniva bruciato, a ricordo della porzione destinata al Sacerdote.


Nel tempo il termine challah ha preso a designare l'intero pane più che un pezzetto di impasto, e l'abilità nell'intrecciare si è riversata in questa preparazione, molto semplice e squisita. Si va dalla splendida e complessa treccia a 6 capi, agli intrecci più semplici con 2 capi, che sono quelli che ho realizzato io.
La ricetta che ho scelto è tratta dallo splendido libro di Jeffrey Hamelman, e benché di sicuro non sia la ricetta autentica di Maria, sono certa che Lei lo apprezzerà lo stesso. A casa mia è piaciuta parecchio.

lunedì 5 marzo 2012

Torta Promessa di Primavera


Quando ho preparato la torta per il contest di Montersino di quelle due pazze scatenate di Annalù e Stefania, ho accennato a un miserabile fallimento; Stefania giustamente mi ha chiesto di dettagliare in un'ottica di sana critica costruttiva ed è quanto mi appresto a fare oggi (buon lunedì, eh? :-D). Le regole del contest richiedevano di preparare una delle torte del Maestro, oppure di creare una torta nuova ma utilizzando solo le basi del Maestro. 
Io di Montersino ho un solo libro, Peccati di gola, e di primo acchito l'ho trovato ben fatto: ogni capitolo è preceduto da un'introduzione didattica che spiega il perché e il percome delle singole basi; seguono poi le ricette. 
Una prima delusione a dire il vero l'avevo avuta al tempo dei bigné: una spiegazione estremamente esauriente, ma nel libro non ho trovato indicazioni precise sui tempi di cottura, e se non fosse stato per il post di Stefania avrei avuto qualche problema. Però i bigné mi erano venuti bene, ero rimasta soddisfatta dei 3 profiteroles che avevo preparato e non ci ho pensato più.

La faccenda mi è tornata in mente quando mi sono messa a pensare alla ricetta da realizzare per il contest di cui sopra: la mia scelta era caduta sulla Torta Giardino di Fragole e siccome una mia amica compiva gli anni in quel periodo e le avevo promesso una torta, ho colto due piccioni con una fava pensando di realizzare quella. Non l'avessi mai fatto, il fallimento era dietro l'angolo e ho dovuto rimediare facendo un'altra torta di corsa (di cui vi parlerò prossimamente), mentre maledicevo pensavo intensamente a Montersino e al suo libro.