mercoledì 27 luglio 2011

Soufflé glacé quasi cassata nella bbrioscia


Altro giro altro regalo, mi sono detta leggendo la ricetta della sfida lanciataci dalla bravissima Loredana per l'MTC di luglio; e davvero di regali si tratta, perché ad ogni nuova sfida sono costretta a confrontarmi con una nuova ricetta, un ingrediente, una tecnica mai provata prima. Grazie a questo stimolo ho imparato un sacco di cose nuove nel corso di quest'anno, e adesso è toccato alla meringa italiana. Io delle meringhe ho sempre avuto molta soggezione; avevo l'impressione che si facessero beffe di me, dall'alto della loro spumosità. Ho scoperto invece che grazie a questa tecnica facilissima si possono pastorizzare le uova crude e mangiare quindi il preparato che ne risulta in tutta sicurezza.

A dire il vero è un mese che mi lambicco inutilmente il cervello per pensare alle combinazioni di sapori; il problema è che le idee più fantasiose (non sto certo dicendo le migliori, si badi) mi vengono in mente in situazioni in cui non ho penna e taccuino a portata di mano, tipo quando sono sotto la doccia, per poi evaporare grazie all'azione del phon mentre mi asciugo i capelli. Avevo quasi tirato fuori dal cassetto la bandiera bianca, ma quando ho tirato fuori dal forno quelle belle bbriosce col tuppo dorate e fragranti, ho avuto una folgorazione: noi consumiamo la bbrioscia col gelato, perché non metterci dentro il soufflé glacé? Magari un soufflé glacé alla ricotta, che ricordi la Cassata siciliana... La ricotta della cassata è quella di pecora; a questo pensiero se ne è sovrapposto un altro, quello della ricotta di bufala che ho assaggiato quando ho preparato la torta crumble di Knam. Bufala è sinonimo di Campania, Campania di un sacco di amici che ho da quelle parti, come Annalù e Fabio, Mario e Daniela... e poi mi è venuta in mente la Cassata siciliana.

Insomma, per farla breve ecco la mia proposta per il Menù Turistico Challenge di luglio 2011: 

SOUFFLE' GLACE' QUASI CASSATA NELLA BBRIOSCIA 


Per 4 porzioni

4 bbriosce, con o senza tuppo
250 g panna montata
200 g ricotta di bufala (va bene anche quella di pecora)
100 g zucchero semolato
50 g acqua
2 albumi

Per decorare:
canditi a piacere
ciliegie giulebbate con il loro sciroppo, oppure amarene sciroppate

Svuotare le bbriosce aiutandosi con un tagliapasta rotondo di diametro adeguato: infilare il tagliapasta dentro la bbrioscia, poi con l'aiuto di un coltello rimuovere il cilindro di pasta tagliato in questo modo, ottenendo il contenitore.
Mettere all'interno del contenitore una striscia di acetato (oppure di carta forno) in modo che sporga di 5 o 6 cm. 

Preparare la meringa italiana: versare lo zucchero in un pentolino, versarci sopra l'acqua, porre il pentolino sul fornello più piccolo e mettere la fiamma al minimo. Portare a bollore e attendere che lo zucchero si sciolga e raggiunga i 120 °C. Nel frattempo montare a neve gli albumi. Versarvi a filo lo sciroppo bollente continuando a montare e proseguire finché il composto non si raffredda (per velocizzare il raffreddamento io ho immerso la ciotola in acqua fredda). 

In una ciotola schiacciare la ricotta aiutandosi con una forchetta, finché raggiunge una consistenza cremosa. Montare la panna, unirvi la ricotta continuando a montare, quindi amalgamare gli albumi aiutandosi con un cucchiaio di legno, facendo il classico movimento dall'alto in basso e ruotando la ciotola di 1/4 di giro ogni volta. 

Versare il composto dentro le bbriosce preparate in precedenza e passare in freezer per almeno 3 ore. 

Togliere a delicatamente le strisce di acetato, decorare con i canditi e le ciliegie giulebbate e un pochino del loro sciroppo e servire.

Le ciliegie giulebbate si fanno così: quando è stagione di ciliegie si lavano e asciugano, poi si mettono nei barattoli di vetro alternandole a strati di zucchero (non troppo zucchero: io ne uso circa 300 g per 1 kg di ciliegie). Tappare bene, sterilizzare in acqua bollente o in forno, lasciar raffreddare nell'acqua o nel forno, poi riporre al buio per un paio di mesi. Sono buonissime.


Dedico questa ricetta a mia cugina, che oggi compie gli anni: AUGURI FRANCY !!!

lunedì 25 luglio 2011

Bbrioscia col tuppo

Cominciamo con una nota fonetica: in Sicilia il classico termine francese non si pronuncia briosh, ma bbrioscia, con la b e la sc fortemente scandite. La precisazione è importante perché in realtà il termine designa un prodotto unico nel suo genere per forma, sapore e uso. La forma è una variazione della classica brioche à tête, solo che mentre questa è inserita e cotta nelle forme scannellate e ha una "testa" piuttosto grossa, le nostre sono delle bbriosce tonde con una testina piccola che non a caso è chiamata tuppo, come lo chignon che questa piccola protuberanza ricorda.

Un uso classico della bbrioscia da noi, è con il gelato; e a Mazara del Vallo, città di cui sono originaria, bbrioscia col gelato è sinonimo di Ciolla (si pronuncia sholla). 
Già vedo sobbalzare i lettori Siculi e quelli che, pur non essendo originari della Trinacria sanno che ciolla è un termine dialettale che designa il membro virile, ma lasciate che vi spieghi.

Il chiosco "Punto Gelato" si trova da 70 anni a Mazara del Vallo in Piazza Regina, al Porto, e il suo fondatore, nonno o bisnonno dell'attuale proprietario, era stato così denominato, vai a sapere perché, a causa di una di quelle ingiurie che si appioppano in marina, un po' come fanno gli Indiani d'America (cfr. Balla Coi Lupi).
Se il brav'uomo non avesse aperto un'attività commerciale l'ingiuria si sarebbe spenta con lui (posto che non so se si sia spento o meno e gli auguro una lunghissima vita); lui invece decise di aprire un chiosco di gelati, che divenne ben presto noto in tutta la città per la bontà dei suoi prodotti, cosa che ha assicurato per così dire l'immortalità dell'ingiuria stessa. Ogni Mazarese (e parecchi turisti) ogni tanto esclama: "amuninni a pigghiari 'na bbrioscia ni Ciolla" (andiamo a prendere una bbrioscia da Ciolla). Le signore della Mazara-bene in pubblico diranno "andiamo a prendere una bbrioscia da Diadema" (il cognome del proprietario), ma state sicuri che nell'intimità delle loro case utilizzano il fatidico termine pure loro, e senza arrossire per giunta. Ma non è questo il punto: il punto è che il chiosco di Ciolla a Mazara del Vallo è una vera e propria istituzione, assolutamente imprescindibile non solo dalla città, ma pure dalla piazza dove sorge, tanto che quando l'anno scorso il sindaco ha tentato di sfrattarlo in un'ottica di riqualificazione della città la città intera è insorta in sua difesa, pur di preservare lo storico chiosco nella sua storica posizione.

Negli anni ci si è chiesti spesso l'origine dell'ingiuria appioppata al Signor Diadema, ma nessuno è mai riuscito a venirne a capo. Mio fratello spiega che il termine deriverebbe dal jolly che figura nella loro insegna, in quanto pure questa enigmatica figura delle carte viene denominata ciolla; questa spiegazione però non convince per due motivi: il primo è che nella ragione sociale del chiosco non compare alcun jolly (e di sicuro non c'era all'epoca della fondazione) e la seconda è che se questa storia fosse vera, non si spiegherebbe la risposta data dal signor Diadema a un amico di mio cugino qualche decennio fa, quando eravamo adolescenti. Il ragazzino era genuinamente curioso di conoscere la genesi dell'epiteto e una sera che eravamo andati al chiosco a prendere il gelato gli aveva chiesto:
- Scusi signor Ciolla, ma perché la chiamano ciolla?
- E a te perché ti chiamano minchia?

BBRIOSCIA COL TUPPO
Ricetta di Antonio Cafiero, modificata da Anna Luisa Vingiani: http://assaggidiviaggio.blogspot.com/2009/11/lievito-madre-se-non-vi-sentite-pronte.html


La ricetta passataci da Annalù qualche anno fa è sensazionale; ho modificato leggermente le dosi, mentre per il procedimento ho preferito attenermi alle indicazioni di Hamelman, perché per i lievitati ricchi di grassi preferisco di gran lunga il metodo dell'impasto indiretto.

Per 8 bbriosce:

500 g farina manitoba (io uso la Lo Conte, la più forte di quelle reperibili al supermercato)
100 ml latte intero
100 g di burro
75 g zucchero semolato
50 g acqua
25 g lievito di birra fresco
3 uova
5 g sale
1 baccello di vaniglia (semi)
1 limone (scorza grattugiata)

Per pennellare:
1 uovo
1 cucchiaio di acqua



La sera prima versare in una ciotola il latte e le uova e sbattere abbastanza da rendere fluido l'albume, che così sarà assorbito più agevolmente dalla farina.
Sciogliere il lievito di birra nell'acqua.
Mettere nella ciotola dell'impastatrice tutti gli ingredienti tranne il burro, avviare l'apparecchio a velocità 1 e farlo andare per 5 minuti, finché tutti gli ingredienti non si saranno amalgamati.
Aggiungere a questo punto il burro a pezzetti (non è necessario attendere che ogni pezzetto sia incorporato, scopo dell'operazione è farlo assorbire più uniformemente e velocemente dall'impasto) e fare andare l'impastatrice sempre a velocità 1 per una decina di minuti circa, fino a quando l'impasto non si sarà incordato.
Lavorarlo brevemente a mano, formare una palla e adagiarla sul fondo di una ciotola spolverata di farina. Sigillare con pellicola trasparente, far riposare a temperatura ambiente per 1 ora, poi riporre in frigorifero per tutta la notte.


Il mattino dopo tirarla fuori dal frigo, sgonfiarla, lavorarla brevemente e farla rilievitare per un'oretta, sempre sigillata con la pellicola, a temperatura ambiente. 
Fare a questo punto le pieghe del secondo tipo spiegate da Adriano Continisio, arrotolare coi pollici (questa tecnica me l'hanno insegnata le bravissime Sorelle Simili quando ho fatto il corso di panificazione con loro; per capire come si fa, guardare il video "formare la pagnotta" qui; fra l'altro prima di arrotolare l'autrice fa proprio le pieghe di cui parla Adriano), formare una palla stretta con l'impasto e farla riposare per 10-15 minuti, coprendola a campana con una ciotola.

Suddividerla a questo punto in 9 parti uguali; dare alle prime 8 una forma sferica come si vede nel video che ho segnalato sopra, e disporle sulla placca rivestita di carta forno distanziandole bene, perché lieviteranno parecchio. Suddividere il nono pezzo d'impasto in 8 pezzi, da cui ricavare delle palline più piccole (i tuppi) e adagiarli al centro di ogni bbrioscia. 

Far lievitare le bbriosce a 30 °C per mezz'ora e nel frattempo tirare fuori dal frigo l'uovo che si userà per pennellarle, in modo da portarlo a temperatura ambiente. Trascorso questo tempo portare il forno a 180 °C (nel frattempo tenere le bbriosce al riparo da correnti d'aria) in modalità statica, spennellare ogni bbrioscia con l'uovo sbattuto insieme a un cucchiaio d'acqua. Infornarle e farle cuocere per 15 minuti, poi estrarle dal forno e farle raffreddare su una gratella.

Io a dire il vero ho seguito per la cottura un procedimento un po' diverso, grazie al mio meraviglioso forno, che ha la funzione cottura hydro apposta per pane e lievitati, evitando così la noiosa procedura di mettere la ciotolina con l'acqua in fondo al forno. Siccome il mio forno si scalda molto rapidamente e ha un range di temperature tra i 30 °C e i 275 °C, non le ho nemmeno tirate fuori dal forno: terminata la lievitazione ho impostato il termostato a 180 °C, avviato il riscaldamento rapido (ci ha messo 4 o 5 minuti) e poi le ho cotte per 10-12 minuti da quando il forno è arrivato in temperatura.

Il risultato? Strepitoso!!! :-D
 


Con questa ricetta, dedicata alla mia Mazara, partecipo al contest Lievitami il cuore di Mamma Papera's Blog, nella sezione Dolci.

venerdì 22 luglio 2011

Torta "incredibile" cocco e limone


Posso dire una cosa? A mio avviso ci sono cose che una food-blogger può permettersi, ma una rivista no. Come quella di chiamare "incredibile" una torta. Questa è una cosa che ad esempio Alessandra può fare (ricordiamo tutti, con una certa emozione, la sua Stupendissima, che è diventata in un amen la torta preferita di mio nipote e non solo), ma  una rivista del calibro di "A tavola" a mio avviso farebbe bene ad evitare nomi del genere, perché correi il rischio di fare delle figuracce con i suoi lettori.
Scrive infatti Alessandra: «Secondo gli autori della rivista, l'attributo "incredibile" deriva dal fatto che in cottura l'impasto di questa torta si divide in due strati, senza che ci sia stato bisogno di qualche accorgimento particolare in precedenza». Ora, sui motivi per cui l'impasto si divide in due non sto a discettare perché non ne ho la più pallida idea, ma secondo me un laureato in chimica troverebbe agevolmente la soluzione all'arduo dilemma; senza contare il fatto che uno chef che manifesta stupore per l'aspetto della sua creazione, dà l'idea di aver mescolato qualche ingrediente a caso per vedere che cosa ne usciva fuori, cosa che facciamo noi Desperate Housewives, d'accordo, ma da uno chef ci si aspetta ben altro.

Detto questo, la torta in effetti è buonissima. Che l'accoppiata cocco-limone fosse particolarmente riuscita lo sapevo già, proprio grazie alla Stupendissima di cui sopra, e questa torta non ha fatto che confermare l'impressione iniziale.
Anzi, vi dirò di più: la famosa e incredibile divisione, che nella preparazione di Alessandra non si è prodotta, nella mia invece si è puntualmente verificata, nonostante abbia seguito puntualmente tutti i di lei accorgimenti. Misteri della chimica, della tecnica e pure del linguaggio: l'avessero chiamata semplicemente "Torta cocco e limone" avrebbero fatto miglior figura. ^_^ 

L'ho preparata con grande entusiasmo, anche perché ricordavo di avere della farina di cocco in dispensa e quale migliore occasione di utilizzarla, sottraendola alla furia devastatrice delle farfalline? Quando però, preparati tutti gli ingredienti sul piano di lavoro, sono andata a pesarla, ho visto che ne avevo solo 40 grammi. Pazienza mi son detta, dimezzerò le dosi e userò una tortiera piccina. Così ho fatto, e dopo averla messa in forno mi sono detta che potevo anche ingannare l'attesa pulendo e riordinando gli stipetti della cucina. E' stato proprio durante questa operazione che ho scoperto, in fondo a uno scaffale, una busta da 120 g di farina di cocco, ancora sigillata. Mi pareva di ricordare di averne di più, in effetti... cavoli, adesso mi tocca rifarla... magari insieme alla Stupendissima, per decidere quale delle due mi piace di più! ^_^

mercoledì 20 luglio 2011

Torta crumble alle albicocche di Knam

Quando è arrivata la nius ho fatto una doppia OLA: una volta perché Ale sta ricominciando con le nius, e un'altra per la ricetta. Questa ricetta. Ero arrivata fino al punto a cui arrivo di solito, e cioè ad aggiungerla alla lista di cose da fare, ma quando Ale l'ha anche realizzata e pubblicata non ho saputo resistere e l'ho fatta balzare in cima alla lista, alla stregua di un raccomandato qualsiasi.
Venerdì sera ho fatto la spesa ed oltre alla centrifuga e alle mele ho comperato pure la ricotta di bufala (che costa un Perù, però è davvero buona) e le albicocche, con l'idea di portarla a casa di mia sorella per il pranzo del giorno dopo.


Le albicocche nella nostra famiglia hanno assunto un significato particolare quando il Dolce Principe era piccolino e aveva appena imparato a parlare. All'epoca farlo mangiare era una vera impresa (adesso è un'impresa farlo smettere), e ogni volta che gli chiedevamo se voleva questo o quello lui rispondeva: "neenteee!!!". Niente e no per lui erano sinonimi, e ogni volta che non voleva fare qualcosa rispondeva immancabilmente con il suo "neenteee!!!".
Quella sera mia sorella aveva appena faticosamente finito di farlo cenare e voleva dargli un omogeneizzato di frutta, così ha cominciato a chiedergli:
- Vuoi la pera?
- Neenteee!!!
- Vuoi la mela?
- Neenteeee!!
- Vuoi la prugna?
- Neeeeenteeeeee!!!
- Vuoi l'albicocca?
All'albicocca il ragazzo si è fermato a pensare.
- Albicoccaaaaaa..., ha detto con l'aria di chi fosse tentato, e già mia sorella si stava apprestando ad aprire il prezioso vasetto, quando la vocina del Dolce Principe ha decretato in tono categorico:
- Albicocca nente.




TORTA CRUMBLE ALLE ALBICOCCHE
(Ernst Knam - Viva le torte)
Ricetta e note prese da Menù Turistico: http://menuturistico.blogspot.com/2011/07/chi-di-crumble-alle-albicocche-ferisce.html




per 8 persone


per il crumble:
50 g di burro morbido
50 g di farina 0
50 g di zucchero semolato
50 g di farina di mandrole


per la torta:
240 g di farina 00
120 g di albicocche fresche (io ho triplicato questa dose)
120 g di burro
120 g di ricotta di bufala
90 g di zucchero a velo
2 uova
la scorza grattugiata di un limone non trattato
1 baccello di vaniglia
9 g di lievito chimico in polvere
un pizzico di sale



Imburrare uno stampo rettangolare di cm 20x30 e rivestirlo con carta forno, che trasborderà dai lati.
Accendere il forno a 170 °C in modalità statica.

Preparare il crumble: in una ciotola, unire tutti gli ingredienti e impastare velocemente con la punta delle dita, fino ad ottenere una consistenza granulosa. Mettere in frigorifero fino al momento di utilizzarlo.lavare, asciugare denocciolare le albicocche e tagliarle a pezzetti.

Preparare la torta: setacciare la farina con il sale e il lievito; con lo sbattitore elettrico montare a lungo il burro ammorbidito con lo zucchero a velo fino a quando diventa spumoso e soffice, aggiungere le uova uno alla volta e i semi del baccello di vaniglia, continuando a sbattere.
Unire un po' di farina, poi la ricotta e infine la restante farina, amalgamando bene con una spatola, facendo un movimento dall'alto in basso. Terminare con l'aggiunta della scorza di limone e delle albicocche, distribuendole bene nell'impasto.


Versare l'impasto in uno stampo rettangolare di 20x 30 cm imburrato e infarinato, riempiendolo fino a tre quarti. Ricoprirlo con il crumble e infornare a 170 °C per 50 minuti (prova stecchino).
Sfornare il dolce, lasciarlo riposare per 15 minuti nello stampo, poi aiutandosi con la carta forno toglierlo dallo stampo facendo attenzione a non romperlo e farlo raffreddare su una gratella.
Trasferirlo infine sul piatto da portata.


Accompagnare con una pallina di gelato al pistacchio o al fiordilatte oppure con una crema inglese, perché non è molto dolce.
 

lunedì 18 luglio 2011

Gelatina di basilico

Questa ricetta era nella mia lista delle cose da fare da qualche anno, ma non mi decidevo mai perché avevo più di una perplessità. Poi la scorsa settimana ne ho parlato con Alessandra nella "stanza delle (St)renne" che ci siamo creati su FB, esternandole tutti i miei dubbi: innanzi tutto era previsto l'uso del succo di mela, ma la ricetta alludeva a quello comprato. Ora, che senso ha usare del succo di mela che ha perso tutta la pectina? Io avrei usato del succo centrifugato di fresco dalle mele, però dovevo acquistare la centrifuga e non mi andava di spendere i soldi. Avrei inoltre dimezzato lo zucchero e raddoppiato il basilico, e se fosse dipeso da me ci avrei aggiunto anche un pizzico di sale. Ne abbiamo discusso per un po' e venerdì, andando a fare la spesa, ho improvvisamente deciso di comperarmi anche questa benedetta centrifuga. Fatto il grande passo, l'acquisto di mele e basilico è stato una conseguenza così naturale che nemmeno me ne sono accorta.

Mi sono accorta del guaio in cui mi ero cacciata solo una volta arrivata a casa però: dal centrifugato di mele che aveva un aspetto e un colore orrendi, al fatto che la disgraziata gelatina non volesse saperne di gelificarsi: l'ho imbarattolata tre volte, ho aggiunto dell'agar-agar ma era troppo poco e continuava a rimanere liquida... alla fine presa dalla disperazione l'ho rimessa in pentola e ho aggiunto agar-agar fino a quando non si è rappresa. E' stato a quel punto che mi sono resa conto che tutto sommato il succo di mela già pronto in brick non era una cattiva idea... ^_^


In ogni caso vi racconto come ho fatto e in coda alla ricetta vi metto gli ingredienti e le quantità originali. Fate vobis... ;-)

mercoledì 13 luglio 2011

Soufflé di albicocche e patate, gluten-free

E' da trovate come questa che si vedono i geni culinari.
I soufflé sono ostici, ti si afflosciano con niente e bisogna trovare il perfetto, magico equilibrio tra i vari ingredienti. Ernst Knam, in questa sua creazione, ha pensato di sostituire la farina con le patate, ottenendo un soufflé delizioso, unico per consistenza e sapore e assolutamente privo di glutine per chi, come Stefania, Daniele, Gaia e molti altri, deve stare attento agli ingredienti che adopera.

L'unica osservazione che ho da fare a questo dessert è che è poco dolce, e se da un lato questo consente di gustare appieno le albicocche in una tiepida mousse, dall'altro lato può dare fastidio a chi si aspetta un dolce vero e proprio. La prossima volta che lo preparerò pertanto, aumenterò le dosi di zucchero.

SOUFFLE' DI ALBICOCCHE E PATATE
Da Ernst Knam - Soufflé - Idea Libri

Per 4 soufflé (ma a me ne sono venuti 6)

200 g albicocche
50 g zucchero di canna (la prossima volta ne metto 100 g)
50 g vino bianco
100 g patate
1/2 limone (succo)
3 tuorli
4 albumi
50 g zucchero semolato
1 pizzico sale fino
20 g zucchero a velo
burro e zucchero per gli stampi



Lavare le albicocche, tagliarle in 2 ed eliminare il nocciolo.
Imburrare gli stampini da soufflé e passarvi dello zucchero (al posto della classica farina) per evitare che il soufflé si attacchi alle pareti.
Preriscaldare il forno a 200 °C in modalità statica e mettervi una teglia con due dita d'acqua.

In un pentolino versare il vino bianco, il succo di limone e lo zucchero di canna. Disporvi sopra le albicocche e farle cuocere per 15 minuti circa, poi frullarle ottenendo una purea omogenea.

In un altro pentolino mettere a bollire l'acqua con un pizzico di sale. Lavare la patata, sbucciarla e tagliarla a fettine, quindi metterla nell'acqua bollente salata e farla cuocere per 10 minuti circa, finché sarà tenera ma non sfatta. Frullarla insieme alla purea di albicocche, ottenendo una crema omogenea, a cui si aggiungeranno i tuorli, amalgamandoli benissimo.

Montare a neve gli albumi insieme allo zucchero semolato fino allo stadio dei becchi morbidi. Incorporarli delicatamente alla purea di albicocche e patate.
Versare il composto negli stampi riempiendoli fino a 3/4, infornarli nel bagnomaria già caldo per 18 minuti circa.
Spolverarli con lo zucchero a velo e servirli subito nel loro stampo.