venerdì 22 gennaio 2016

Bobba - Suprema di fave secche


"Quando gli dei vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere", diceva Oscar Wilde.
"Quando la Vitto vuole premiarci, esaudisce le nostre preghiere", rispondo io.

Sì, perché è da quando Vittoria ha vinto l'MTChallenge n. 52 lo scorso novembre, che la Community la implora: zuppe, zuppe, vogliamo le zuppe!!! E zuppe sono state, anzi Zuppe con la Z maiuscola: perché se nell'immaginario collettivo la zuppa è un piatto noioso, tanto da dar vita a detti come "è la solita zuppa", "se non è zuppa è pan bagnato" e via dicendo, la nostra cucina in realtà (e pure quella di altri Paesi, come testimonia il tema del mese di questo MTC) vanta una grande tradizione di saporite zuppe, tutte degne di essere presenti nella carta dei ristoranti (e infatti lo sono).

La mia seconda proposta è una ricetta di tradizione, sì, ma non la mia: è una ricetta Tabarchina, tipica di Carloforte. Nella prima metà del 1500, un gruppo di corallatori genovesi ottenne infatti dall'Imperatore Carlo V la concessione di pesca nell'isola di Tabarca, al largo della Tunisia. Vi si insediarono e ci rimasero fino al 1770, ma già nel 1738 ci fu il primo esodo della comunità tabarchina, che si stabilì nell'isola di San Pietro, in Sardegna. Appena in tempo: nel 1740 i tunisini occuparono Tabarca e ridussero in schiavitù i coloni rimasti, che furono riscattati solo nel 1770 e poterono stabilirsi sull'isola di Sant'Antioco, sempre in Sardegna. Nel corso dei secoli però, le comunità tabarchine mantennero sempre vivi i rapporti con Genova, e infatti una caratteristica curiosa delle città di Calasetta e Carloforte è il fatto che dialetto, cucina e cultura sono molto simili a quelle genovesi.

La Bobba, o Suprema di fave secche, è una ricetta tabarchina, originata a Carloforte.

Ho trovato qui la ricetta scritta in dialetto carlofortino, tanto simile a quello genovese, e ve la trascrivo:

A bobba

A l'è 'na meneshtra de fòve secche.
Pè 'na nötte mettè a bagnu inté l'ègua abbundante, 
mezu kilò de föve a shciappe sensa shcorse.

U giurnu doppu, shcuèai ben, mettèai inté 'na pignatta 
pin-a dègua e féai cöje a fögu lentu.

A maité cuttüa azzunzèghe duì shpighi d'aggiu e a piajài:
in busciucchettu, du sellau e de ravanèe taggé suttì, suttì.
Cundì quindi cun öiu d'oviva.
Rumescè ben e purtè a cuttüa.

Quande a menèshtra a l'è bella cremusa, ma nu densa, 
servîa cuà pashta oppüre cun fettin-e de pan brishcau.

La ricetta che ho seguito io però è quella riportata da Sergio Rossi nel suo libro La cucina dei Tabarchini edito da Sagep. A sua volta, Sergio l'ha avuta dal ristorante Da Andrea, Osteria della tonnara di Carloforte.

Il nome non è né bello, né evocativo e confesso di essere stata tentata di invertire i due nomi e intitolare il post Suprema di fave secche (Bobba). Sarebbe stato vigliacco però, e un tradimento della tradizione, e allora... io la chiamo Bobba e soprattutto me la mangio. E voi?

martedì 19 gennaio 2016

Potage Parmentier al fieno di malga


MTC time signori, un appuntamento che mi era davvero mancato, con tutta che il periodo natalizio comporta sempre parecchio lavoro in più, sia in ufficio, sia in cucina.
L'anno si apre con la sfida di Vittoria, vincitrice della scorsa edizione, che ci ha chiesto di inondarla di minestroni e zuppe a base di verdure. Una manna per me, che al liceo ero soprannominata Minestrina perché in gita scolastica chiedevo sempre il bis delle minestre che ci servivano, e che di regola erano snobbate dagli altri compagni.


Zuppe e minestre sono piatti che mi accompagnano spesso durante l'anno, specialmente nelle fredde serate invernali. Piatti apparentemente umili e semplici, richiedono invece un sapiente equilibrio di sapori e consistenze e quindi uno studio accurato, se non vogliamo tirare fuori un triste piatto svuota frigo.

La mia prima proposta è una delle mie zuppe preferite: il Potage Parmentier, cioè la crema di patate e porri. Questa zuppa deve il suo nome ad Antoine Augustin Parmentier, agronomo e nutrizionista sotto Luigi XVI, che scoprì le patate durante la prigionia in Germania (fu catturato dal nemico durante la guerra dei sette anni) e al suo ritorno in patria scrisse un trattato per raccomandarne la coltivazione e il consumo, indicandole come alimenti sostitutivi del grano in caso di carestia.

Il Potage Parmentier ha un sapore molto delicato ed è gradito a tutti; ha elevate proprietà drenanti e depurative, il che non guasta, e può essere servito sia caldo, sia tiepido.

Nella mia versione "da MTChallenge" ho voluto aggiungervi un sapore delicato e particolare, quello del fieno di malga. E' un sapore difficile da descrivere per chi non lo abbia assaggiato: erbaceo, fresco, dolce e fiorito, come un campo appena falciato. Mi sono procurata del fieno per uso alimentare acquistandolo on line qui e in questa ricetta l'ho messo in infusione nel brodo vegetale, alla fine della sua preparazione, prima di usarlo per il potage.
Questa ricetta è anche anti spreco: fa uso infatti di tutto il porro (parte verde e parte bianca), in modo che nulla vada perduto.



lunedì 18 gennaio 2016

Petto d'anatra ai kumquat


Oggi per il Calendario del cibo italiano di AIFB si apre la Settimana degli agrumi, frutti che ci conducono per mano durante tutto l'inverno, regalandoci preziose vitamine e minerali che aiutano l'organismo a superare indenni la stagione fredda.

Gli agrumi sono frutti antichissimi di piante del genere Citrus;  l'uomo li coltiva da 4000 anni, ma le prime notizie circa la loro esistenza risalgono al 2205 A.C.,  nello scritto cinese Tributo a Yu, dove vengono menzionati alcuni agrumi, probabilmente mandarini e pomelo, mentre nell'800 A.C. il Vajaseneyi sambita indiano cita limoni e cedri.

Quello che non tutti sanno, è che gli agrumi che conosciamo attualmente sono il frutto di incroci tra tre specie originarie: il cedro, il mandarino e il pomelo.
L'immagine che riporto, tratta dal blog di Dario Bressanini (che a sua volta l'ha presa da Nature), illustra gli incroci che hanno portato alla creazione di 9 tra le 25 varietà di agrumi ad oggi conosciute.

Immagine da Le Scienze Blog di Dario Bressanini
Mi fermo qui con le notizie generali sugli agrumi, rimandandovi alla lettura del post di Aurelia, ambasciatrice della Settimana a loro dedicata e restringo il campo a quelli che ho scelto per la ricetta che propongo oggi: i kumquat, o mandarini cinesi.

Inizialmente classificati come Citrus Japonica, sono stati spostati nel genere Fortunella Japonica nel 1915, e di recente qualcuno ha perfino messo in discussione la loro appartenenza al genere Citrus. E' però certo che si tratti di agrumi, e al pari di questi ultimi appartengono alla famiglia delle rutacee.
Caratterizzati dalla forma piccola e molto allungata, hanno una polpa molto aspra rivestita da una buccia dolcissima, motivo per cui vengono consumati interi in modo che i due elementi si equilibrino tra loro.
Dal punto di vista nutrizionale sono ricchi di Vitamine C e A, acido folicopotassiomagnesio e calcio e sono  ottimi digestivi se consumati a fine pasto. Sono anche ricchi di carotenoidi e contengono quantità apprezzabili di fibra dietetica, che limita l'assorbimento dei grassi e contrasta la fame nervosa.

Oggi li propongo in una variante della classica anatra all'arancia. Fatto curioso, ho trovato la ricetta in una rivista dedicata alle diete dimagranti. Ero stupita inizialmente vedendo proporre una ricetta col petto d'anatra, notoriamente grasso, ma dopo averne studiato le caratteristiche ho capito il perché! ;-)

giovedì 14 gennaio 2016

Farinata al limone e rosmarino


Oggi il Calendario del cibo italiano celebra la giornata nazionale della farinata.
La farinata è una specialità ligure a base di farina di ceci, ma è diffusa un po' ovunque in Italia, con qualche variante di procedimento, e prende via via nomi diversi: in Toscana si chiama cecina ed è profumata con il rosmarino, a Livorno prende il nome di torta e viene venduta dai tortai: ancor oggi è uso entrare dal tortaio e chiedere un "cinque e cinque", cioè un panino ripieno di torta di ceci. L'espressione richiama l'uso antico di comperare cinque soldi di pane e cinque di torta.
In Sicilia si prepara una polenta di ceci cuocendola sul fornello, poi la si versa in una teglia e la si fa raffreddare completamente; a questo punto si taglia a quadrotti, che vengono fritti in olio profondo, salati e spolverati di pepe: abbiamo così le panelle, che si gustano da sole o come companatico, esattamente come accade a Livorno.
Se volete sapere qualcosa di più sull'affascinante storia di questo piatto, andate a leggere il post di Sara sul sito AIFB: ne vale davvero la pena!

La farinata si cuoce in un'apposita teglia di rame stagnato, detta testo. Se non la possedete potete ugualmente preparare un'ottima farinata, usando la leccarda del forno o una teglia normale. Io ho la fortuna di possederne una, regalata a mia madre dalla sua consuocera e passata a me, causa inutilizzo nella casa paterna. :-)

La farinata classica prevede il solo uso di farina di ceci, acqua, sale, pepe e un ottimo olio extravergine di oliva. Ne esistono però diverse varianti: dalla già citata cecina al rosmarino alla farinata di Oneglia con i cipollotti; c'è anche chi vi unisce i bianchetti, quando è stagione.

Io per celebrarne la Giornata Nazionale ho voluto studiare una variante: al classico rosmarino ho aggiunto la scorza grattugiata di mezzo limone. Il motivo è molto semplice: la farinata mi piace moltissimo, ma mi stucca facilmente. Ho pensato che la nota acidula del limone potesse pulire la bocca, e non ho sbagliato: ne è uscita la miglior farinata che abbia preparato finora.

venerdì 8 gennaio 2016

Crema di foglie e gambi di carciofo



La settimana che sta volgendo al termine, secondo il Calendario del cibo italiano, celebra la Settimana degli avanzi. Sistemata strategicamente dopo le Feste, quando si presenta il problema di riciclare in maniera gustosa gli avanzi degli ultimi banchetti, questa settimana ci ricorda in realtà che lo spreco è esecrabile in ogni tempo dell'anno.
Non faccio il solito discorso "con tutta la gente che muore di fame", perché il rispetto per il cibo viene ancora prima di queste considerazioni. Il cibo è nutrimento per la vita, sostentamento del corpo. E' quindi mancanza di rispetto per la vita stessa, sprecarlo.

Il bellissimo articolo di Cinzia, Ambasciatrice della Settimana degli Avanzi, si apre con un'affermazione provocatoria di Oldani, secondo cui gli avanzi non dovrebbero esistere proprio. Di fatto però sappiamo bene che esistono, eccome. Tutto sta a presentarli in una veste nuova e appetitosa, che non ce li faccia percepire come "minestra riscaldata" ma come piatti aventi una dignità propria.

Vi è anche un'altra categoria di cibi però, che pur non essendo veri e propri avanzi viene spesso buttata, mentre ha un potenziale alimentare notevole. Si tratta degli scarti di cucina, quelle parti meno nobili dei cibi che un tempo venivano utilizzati appieno - anche perché c'era penuria di tutto - e oggi vengono spesso buttati via senza pensarci troppo.

E' questo genere di scarti che ho deciso di valorizzare per celebrare questa importante settimana.
Il risultato è delizioso, nonostante l'umiltà degli ingredienti di partenza, che richiedono un po' di lavoro in più per estrarne il sapore.